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Non facciamo morire "LA SETTIMANA IN BRAILLE"



si trasmette comunicato stampa con gentile preghiera di diffusione
cordiali saluti
davide cervellin
049/9301555

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Comunicato stampa


Non facciamo morire  "La Settimana in Braille"

Chi scrive e' un imprenditore cieco, Davide Cervellin, che assiste 
alla  vanificazione di ogni suo sforzo ed impegno, per sentirsi persona 
attiva e utile al fine di realizzare una piu' vera integrazione sociale di 
altre persone non vedenti.
Infatti, sto vivendo il paradosso che, tra tutti quelli che producono 
stampa per ciechi in braille e su audiocassette - istituti, organizzazioni, 
enti - la Te.Ma. srl prima, di cui ero Direttore, e l'A.P.E. Onlus oggi, di 
cui sono Presidente, sono le uniche organizzazioni dalle quali l'Ente Poste 
pretende per le spedizioni il pagamento di tariffe postali.
Cerchero' quindi di illustrare sinteticamente quanto sta succedendo da 
circa cinque anni a questa parte. Nel 1997 ho costituito una societa' 
editoriale, la Te.Ma. S.r.l., con lo scopo di realizzare il primo 
settimanale di informazione per ciechi in Italia denominato "La Settimana 
in Braille". Questa iniziativa editoriale, unica ancor oggi nel suo genere 
in Europa, ha dato la possibilita' ai ciechi di avere uno strumento di 
informazione snello e puntuale che tutte le settimane permette loro di 
conoscere cio' che accade a livello mondiale relativamente alle tematiche 
di interesse dei privi della vista e che quasi mai trova spazio sui 
"normali" canali di informazione. Ma "La Settimana in Braille" 
probabilmente portava fin dal suo concepimento un peccato d'origine, 
ovvero, quello di essere rivista libera ed indipendente e non bollettino di 
informazione di questa o quella Organizzazione di ciechi o per i ciechi e 
forse, proprio perche' e' risultata ben presto la rivista piu' letta dai 
ciechi italiani, sono incominciate cosi' a piovere addosso, a poco piu' di 
un anno dalla sua pubblicazione, le prime grane. A marzo '99, le Poste 
bloccano la spedizione della rivista, spedizione che avveniva in esenzione 
tasse postali come ogni altra corrispondenza o periodico braille o su 
audiocassetta spedito dagli altri editori.
Le richieste di chiarimento per garantire la prosecuzione di un servizio 
tanto importante ed atteso dai lettori, anche mediante un'interrogazione 
parlamentare all'allora Ministro Cardinale, sortiscono pero', come unico 
risultato, che se la redazione de La Settimana in Braille vuole continuare 
la pubblicazione e la spedizione della rivista,  deve pagare le tariffe 
postali previste per la spedizione dei periodici. Fatto questo che secondo 
noi determina una grossa discriminazione tra le Associazioni ed 
Organizzazioni dei ciechi o per i ciechi che possono spedire addirittura 
circolari e messaggi pubblicitari in esenzione postale e una libera rivista 
di informazione edita da un editore privato. Poco importa se per questa 
iniziativa l'editore non fa nessun business, anzi deve chiedere contributi 
e sostegni alle persone coinvolte che, guarda caso, sono cieche come quelle 
delle altre Organizzazioni.
In ragione di questo mi sono rivolto al Dott. Enzo Cheli - allora 
Presidente Autorita' per le Garanzie nelle Comunicazioni - facendomi carico 
nel frattempo, degli ulteriori costi per non interrompere la spedizione 
della pubblicazione, senza pero' ottenere delle risposte concrete.
I maggiori costi derivanti dalla decisione ministeriale aggravano, 
ovviamente, il bilancio della Te.Ma srl, tanto da rendere ormai 
insostenibile la prosecuzione di questa esaltante esperienza a meno di 
eventuali finanziamenti a compensazione del subentrato aggravio.
Quello che vorremo cercare di far capire e' che la risposta del Ministro, 
oltre a limitare la liberta' di informazione di soggetti gia' in partenza 
penalizzati, impedisce loro reali opportunita' di collocamento lavorativo 
proprio nell'era in cui lo Stato impone il lavoro per i disabili. Infatti, 
"La Settimana in Braille", con la sua redazione a Loreggia (PD), con il 
centro stampa gestito da una persona sorda a Piombino Dese (PD), con il 
direttore responsabile di Darzo (TN) e il direttore editoriale di Piombino 
Dese (entrambi ciechi), con i suoi corrispondenti-informatori ciechi, 
sparsi qua e la' per l'Italia, era davvero un bell'esempio di lavoro mirato 
per i disabili.  La posta in liquidazione della Te.Ma srl e quindi la 
sospensione delle attivita' de "La Settimana in Braille" ha visto cessare, 
anche questa positiva esperienza lavorativa. Fatto questo che e' risultato 
essere fortemente in contraddizione con le Leggi a favore dei portatori di 
handicap (Legge 68 del 12 marzo 1999 sul diritto al lavoro dei disabili e 
Legge 104, 5 febbraio 1992, ovvero Legge quadro sull'handicap).
Quando poi, la redazione del settimanale ha cercato di soddisfare la sete 
di informazione di quei ciechi, soprattutto anziani, che non conoscono il 
braille, mediante la registrazione del periodico su audiocassetta, ecco 
un'ulteriore discriminazione: le Poste non hanno accettato la spedizione.
  Dopo molteplici e inutili telefonate a destra e a manca, con notevole 
dispendio di soldi e di tempo, si e' scoperto che nessuno sa o puo' 
decidere e che l'avverbio 'analogamente' nel dizionario dei burocrati non 
esiste e che l'audiocassetta puo' essere solo un prodotto fonico e quindi 
mai un periodico registrato ad uso dei ciechi. Abbiamo chiesto che si 
verificasse il contenuto delle cassette manifestando la disponibilita' a 
recarci noi stessi muniti di registratore per permettere questa conoscenza, 
ma nulla da fare. E allora ecco verificarsi l'incredibile sperequazione tra 
ciechi e ciechi: coloro che sanno il braille e che quindi possono ricevere 
in abbonamento postale la rivista e quelli, poverini, che sono la 
maggioranza perche' prevalentemente anziani, che non conoscendo il braille 
grazie all'attenzione, la perspicacia, la flessibilita' delle Poste 
Italiane, saranno discriminati perche' ciechi analfabeti.

Dopo varia corrispondenza tra il sottoscritto editore Davide Cervellin e 
l'Ente Poste, scoprii a mie spese, ad un certo punto, che le carte stampate 
in Braille possono si' circolare con esenzione tasse postali, perche' sono 
costose da stampare, ma solo se sono scambi fra privati o edite da Onlus, 
organizzazioni non lucrative di utilita' sociale e non una srl come invece 
era la Te.Ma.
La cosa parve scandalosa, perche' il costo per la stampa Braille esiste per 
tutti, non solo per le Onlus. E parve scandalosa financo all'allora 
presidente della Camera dei Deputati, nonche' ad un drappello di 
qualificati uomini politici di tutte le appartenenze (a scanso di 
equivoci), che ricevettero me e il direttore responsabile Giuliano Feltrami 
nel febbraio 2001 a Montecitorio.
Tornammo rinfrancati a casa con in tasca la promessa della sistemazione 
della questione. Delusione: nessuno mise a posto nulla (forse l'avevano 
promesso in troppi). La Settimana in Braille continuo' a pagare la 
spedizione senza esenzione delle tasse postali, cosicche' la rivista 
rischio' lo strangolamento. Prima di morire, comunque, ognuno tenta di 
salvarsi: e' la legge dell'istinto di conservazione.


Dedicai ancora molto del mio tempo a corrispondere inutilmente con le Poste 
fino a che decidemmo di sciogliere la Te.Ma. e costituire un'Associazione 
Onlus, chiamata APE, Associazione Persone per l'Emancipazione.

Giusto in questi giorni, ecco la sorpresa, che se non fosse sconcertante 
sarebbe pure comica. Giunge al sottoscritto Davide Cervellin, presidente 
dell'ApE, una lettera, firmata dal direttore di Padova (da dove parte, o 
dovrebbe partire la rivista) dell'Ente Poste, nella quale si legge 
testualmente:
"... Circa la possibilita' di ottenere l'autorizzazione a spedire  in 
esenzione il settimanale in oggetto (la Settimana in Braille, ndr), e' 
stato ribadito dalla Divisione Corrispondenza che: 'L'esenzione della tassa 
prevista dalle norme vigenti per i ciecogrammi ed invii ad essi assimilati 
non e' estensibile alle  'pubblicazioni (giornali, periodici, rotocalchi, 
quotidiani o stampe speciali) seppure ad esclusivo uso di persone non 
vedenti, editi da societa' editrici che, sia per oggetto sociale che per 
scopo istituzionale, risultano essere differenti dagli istituti per ciechi 
riconosciuti, diversamente tutelati dalla legge".

Servono commenti? Prima dalle Poste Italiane hanno scritto che serviva una 
Onlus, ora che serve un istituto. C'e' coerenza?  Oltretutto sfidiamo a 
trovare, nella pletora di Associazioni che spediscono bollettini 
informativi a periodicita' varia, un istituto riconosciuto. Potremmo 
citarne qualche decina. Eppure essi spediscono tranquillamente in esenzione.
Che sia il caso di cominciare a pensar male? A questo punto forse non ci 
resta che incaricare la Magistratura per trovare la causa di tanto 
accanimento delle Poste nei nostri confronti. E' un problema di giustizia, 
oltre che di liberta' di stampa, ingredienti fondamentali di uno Stato di 
diritto.
Dopo quanto su esposto, Vi chiedo un aiuto concreto, aiuto per non far 
morire la speranza di essere, anche se ciechi, dei cittadini come gli 
altri, la speranza di vivere in un Paese civile dove, se ci sono dei 
diritti, questi valgono per tutti e non solo per chi dichiara 
l'appartenenza ad una categoria.
Vi chiedo di intervenire, per far si' che questa rivista possa godere degli 
stessi diritti e doveri dei periodici braille che l'Unione Italiana Ciechi 
ed altre Organizzazioni, pur ricevendo copiosi finanziamenti pubblici, 
continuano a spedire in esenzione tasse postali.
Il Presidente
Davide Cervellin


Loreggia, 19 novembre 2002