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Morire a 9 anni in Palestina
Khan Yunis,
(Striscia di Gaza)
10 agosto 2002
Cara Asmaar,
ti conosco da meno di una settimana ma già posso dire
che mi piaci. Quando sono stato in Congo ho visto
molti bambini e bambine, ma purtroppo sono riuscito a
conoscere pochissimi di loro. La povertà creava una
distanza enorme tra me e loro. La mia condizione di
privilegiato occidentale non mi ha mai permesso di
conoscerli a fondo. Invece sento che con te è diverso.
Non che tu non sia povera: tutt’altro! Ma la tua
poverta’ non è una condizione di lontananza fra noi
due. C’e’ come un’intesa tra di noi. Gli adulti qui
nella Striscia di Gaza sono sempre contenti di sapere
che siamo italiani. E’come un “lascia passare” che ci
permette di entrare nel vostro mondo, nel dolore che
provate per la vostra terra rubata, per le vostre case
violate, per i tuoi giochi interrotti dai soldati...
E forse questo “passe par tout” lo conosci anche tu,
che hai solo 9 anni ma gia’ mi hai dato il permesso di
entrare a piccoli passi nella tua vita. E’ bello
vedere i bambini come te giocare nelle strade di Khan
Yunis e di Qarara: sembra che basti pochissimo a farvi
divertire. Se poi vedete uno di noi italiani subito ci
venite incontro dicendo “Shalom! au ariu’?”. In italia
dovro’ giurarlo che dei bambini palestinesi ci
salutano dicendo “pace” nella lingua dei nemici dei
loro genitori: nessuno mi credera’! Mi hanno spiegato
che voi ragazzini confondete facilmente gli israeliani
con gli stranieri in genere e quindi salutate ogni
forestiero col saluto ebraico. I paradossi della
violenza e l’innocenza di voi bambini: che dolce
dissonanza!
Sai dalla settimana scorsa, quando io, Michele e
mia moglie Eva abbiamo visto quegli spari passarci
sopra la testa, non mi do’ pace. Non riesco a credere
che quei proiettili, che mi hanno cosi’ spaventato, ti
hanno uccisa.
Vedere degli spari e’ un po’ come vedere un film di
guerra: all’inizio non fa tanta paura. Non sembra
vero. Poi vedi gli altri intorno a te ripararsi dietro
qualcosa allora capisci che la faccenda e’ seria.
Anch’io mi sono nascosto dietro un cumulo di macerie e
sabbia, insieme a Eva... abbiamo avuto paura. Ed ora
siamo vivi.
Probabilmente se qualcuno di noi fosse morto il nostro
governo avrebbe fatto “un gran casino diplomatico”
come solo noi grandi sappiamo fare! E forse il
criminale che da quella torretta ti ha ucciso ora
sarebbe in prigione o in una specie di castigo per gli
adulti. Ma tu, non avendo uno Stato, non hai neanche
un governo che ti possa difendere. Mi dispiace tanto
sai che tu sia morta, l’abbiamo detto anche ai tuoi
genitori al tuo funerale. La mamma era giu’, ma il
babbo e’ stato molto forte e le diceva parole di
conforto. C’era un sacco di gente, soprattutto anziani
e bambini, tutti vestiti bene. Ci hanno offerto dei
datteri e del caffe’.
E’ stato al tuo funerale, la settimana scorsa, che ti
ho visto per la prima volta. Il papa’ mi ha dato una
foto di te in un piccolo manifesto in cui sei ritratta
davanti ad una moschea. Sei diventata famosa sai? Quel
manifesto e’ appeso su molte vie di Qarara e la gente
ti chiama “martire”. Oggi l’ho visto con Eva dal taxi
che ci riportava a casa dopo una notte passata in una
famiglia di Qarara, che vive davanti agli insediamenti
israeliani. Ci sono tantissimi altri manifesti in
città’. Alcuni ritraggono giovani armati, altri
mostrano un volto davanti ad una moschea e alla
bandiera della Palestina. Non ti preoccupare non credo
che i grandi ti celebreranno come celebrano i kamikaze
o gli altri “eroi”... tu sei solo una bambina e per
giunta non hai ucciso nessuno. Ma credo che per questo
avrai un posto importante nel mio cuore.
Sai vorrei proprio che si facesse giustizia circa quel
soldato che ti ha ucciso. In fondo conosco l’ora e il
posto e sono stato testimone, insieme ad altri
italiani, degli spari che partivano dalla torretta che
gia’ altre volte abbiamo visitato. Mi hanno detto che
c’e’ un’associazione israeliana a cui mi posso
rivolgere, ma sara’ difficile che riuscira’ a fare
giustizia... i militari sono protetti da mille
armature. Mentre tu avevi solo il tuo corpo. Ma io ci
voglio provare lo stesso. Andro’ da questa
associazione e parlero’ loro di te e di come sei
morta. Credo che la nostra amicizia continuera’ per
molto tempo.
Nell’attesa di farti visita un giorno di persona ti
mando un grande abbraccio
Cecco
Volontario Comunita' Papa Giovanni XXIII - Operazione Colomba
Per contatti e informazioni: 0541751498 - evaovettina@yahoo.com