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Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono



Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono

Brani estratti dal "Messaggio di Giovanni Paolo II per la celebrazione della
Giornata Mondiale della Pace, 1º gennaio 2002"



   a.. La speranza che sostiene la Chiesa all'inizio del 2002 è questa: con
la grazia di Dio il mondo, in cui il potere del male sembra ancora una volta
avere la meglio, sarà realmente trasformato in un mondo in cui le
aspirazioni più nobili del cuore umano potranno essere soddisfatte, un mondo
nel quale prevarrà la vera pace.


   a.. La convinzione, a cui sono giunto ragionando e confrontandomi con la
Rivelazione biblica, è che non si ristabilisce appieno l'ordine infranto, se
non coniugando fra loro giustizia e perdono. I pilastri della vera pace sono
la giustizia e quella particolare forma dell'amore che è il perdono.

Si tende a pensare alla giustizia e al perdono in termini alternativi. Ma il
perdono si oppone al rancore e alla vendetta, non alla giustizia.


   a.. La vera pace, pertanto, è frutto della giustizia, virtù morale e
garanzia legale che vigila sul pieno rispetto di diritti e doveri e
sull'equa distribuzione di benefici e oneri. Ma poiché la giustizia umana è
sempre fragile e imperfetta, esposta com'è ai limiti e agli egoismi
personali e di gruppo, essa va esercitata e in certo senso completata con il
perdono che risana le ferite e ristabilisce in profondità i rapporti umani
turbati.


   a.. Il perdono non si contrappone in alcun modo alla giustizia, perché non
consiste nel soprassedere alle legittime esigenze di riparazione dell'ordine
leso. Il perdono mira piuttosto a quella pienezza di giustizia che conduce
alla tranquillità dell'ordine, la quale è ben più che una fragile e
temporanea cessazione delle ostilità, ma è risanamento in profondità delle
ferite che sanguinano negli animi.


   a.. Il terrorismo si è trasformato in una rete sofisticata di connivenze
politiche, tecniche ed economiche, che travalica i confini nazionali e si
allarga fino ad avvolgere il mondo intero.

Il terrorismo nasce dall'odio ed ingenera isolamento, diffidenza e chiusura.
Violenza si aggiunge a violenza.

Il terrorismo si fonda sul disprezzo della vita dell'uomo. Proprio per
questo esso non dà solo origine a crimini intollerabili, ma costituisce esso
stesso, in quanto ricorso al terrore come strategia politica ed economica,
un vero crimine contro l'umanità. È profanazione della religione proclamarsi
terroristi in nome di Dio, far violenza all'uomo in nome di Dio.


   a.. Esiste perciò un diritto a difendersi dal terrorismo. E un diritto che
deve, come ogni altro, rispondere a regole morali e giuridiche nella scelta
sia degli obiettivi che dei mezzi. L'identificazione dei colpevoli va
debitamente provata, perché la responsabilità penale è sempre personale e
quindi non può essere estesa alle nazioni, alle etnie, alle religioni, alle
quali appartengono i terroristi.

La collaborazione internazionale nella lotta contro l'attività terroristica
deve comportare anche un particolare impegno sul piano politico, diplomatico
ed economico per risolvere con coraggio e determinazione le eventuali
situazioni di oppressione e di emarginazione che fossero all'origine dei
disegni terroristici.


   a.. Ma che cosa significa, in concreto, perdonare? E perché perdonare?

In realtà, il perdono è innanzitutto una scelta personale, una opzione del
cuore che va contro l'istinto spontaneo di ripagare il male col male. Tale
opzione ha il suo termine di confronto nell'amore di Dio, che ci accoglie
nonostante il nostro peccato, e ha il suo modello supremo nel perdono di
Cristo che sulla croce ha pregato: "Padre, perdona loro, perché non sanno
quello che fanno" (Lc 23, 34).

La persona, tuttavia, ha un'essenziale dimensione sociale, in virtù della
quale intreccia una rete di rapporti in cui esprime se stessa: non solo nel
bene, purtroppo, ma anche nel male. Conseguenza di ciò è che il perdono si
rende necessario anche a livello sociale.


   a.. Il perdono mancato, al contrario, specialmente quando alimenta la
continuazione di conflitti, ha costi enormi per lo sviluppo dei popoli. Le
risorse vengono impiegate per sostenere la corsa agli armamenti, le spese
delle guerre, le conseguenze delle ritorsioni economiche. Vengono così a
mancare le disponibilità finanziarie necessarie per produrre sviluppo, pace,
giustizia. Quanti dolori soffre l'umanità per non sapersi riconciliare,
quali ritardi subisce per non saper perdonare!

La pace è la condizione dello sviluppo, ma una vera pace è resa possibile
soltanto dal perdono.


   a.. Il perdono infatti comporta sempre un'apparente perdita a breve
termine, mentre assicura un guadagno reale a lungo termine. La violenza è
l'esatto opposto: opta per un guadagno a scadenza ravvicinata, ma prepara a
distanza una perdita reale e permanente.


   a.. Le confessioni cristiane e le grandi religioni dell'umanità devono
collaborare tra loro per eliminare le cause sociali e culturali del
terrorismo, insegnando la grandezza e la dignità della persona e diffondendo
una maggiore consapevolezza dell'unità del genere umano.

Proprio per questa ragione, la preghiera per la pace non è un elemento che
"viene dopo" l'impegno per la pace. Al contrario, essa sta al cuore dello
sforzo per l'edificazione di una pace nell'ordine, nella giustizia e nella
libertà. Pregare per la pace significa aprire il cuore umano all'irruzione
della potenza rinnovatrice di Dio.

Per tutti questi motivi ho invitato i rappresentanti delle religioni del
mondo a venire ad Assisi, la città di san Francesco, il prossimo 24 gennaio,
a pregare per la pace. Vogliamo con ciò mostrare che il genuino sentimento
religioso è una sorgente inesauribile di mutuo rispetto e di armonia tra i
popoli: in esso, anzi, risiede il principale antidoto contro la violenza ed
i conflitti.


Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono: questo monito
non mi stancherò di ripetere.