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La nonviolenza e' in cammino. 262



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 262 del 19 ottobre 2001

Sommario di questo numero:
1. Walter Binni ricorda Aldo Capitini
2. Davide Caforio, digiuno per la pace
3. Davide Melodia, il sinistro scenario mondiale
4. Giancarla Codrignani, non per vincere ma per convivere
5. Bruno Giaccone, un tentativo di risposta
6. Le donne dell'Udi di Milano: vogliamo la globalizzazione della pace
7. Hannah Arendt, l'uomo di buona volonta'
8. Guido Pollice: 39.000 tonnellate di riso italiano
9. Ottavio Raimondo: libri contro la guerra
10. Letture: bell hooks, Elogio del margine
11. Letture: Sergio Solmi, Letteratura e societa' (Opere, volume V)
12. Letture: Claudio Tugnoli, Girard
13. Oggi a Palermo
14. Il 22 ottobre a Reggio Emilia con Alberto L'Abate
15. Benedetta Frare, il 25 ottobre a Perugia
16. Per studiare la globalizzazione: da Michele Luciano Straniero a Wislawa
Szymborska
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. WALTER BINNI RICORDA ALDO CAPITINI
[Quelle che seguono sono le parole di commiato pronunciate da Walter Binni
(antifascista, costituente, studioso tra i massimi della nostra letteratura,
recentemente scomparso) al funerale di Aldo Capitini, a Perugia, il 21
ottobre 1968. Il testo, già apparso nel fascicolo speciale di "Azione
Nonviolenta" del novembre-dicembre 1968, lo riprendiamo da Il messaggio di
Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977, dove si trova con il titolo "Un vero
rivoluzionario" alle pp. 497-500]
Queste inadeguate parole che io pronuncio a nome degli amici più antichi e
più recenti che Aldo Capitini ebbe ed ha, per la sua eccezionale
disposizione verso gli altri, vorrebbero più che essere un saluto estremo e
un motivato omaggio alla sua presenza nella nostra storia privata e
generale, costituire solo un appoggio, per quanto esile e sproporzionato, ad
una tensione di concentrazione di tutti quanti lo conobbero e lo amarono:
tutti qui materialmente o idealmente raccolti in un intimo silenzio profondo
che queste parole vorrebbero non spezzare ma accentuare, portandoci tutti a
unirci a lui, nella nostra stessa intera unione con lui e in lui, unione cui
egli ci ha sollecitato e ci sollecita con la sua vita, con le sue opere, con
le sue possenti e geniali intuizioni.
Certo in questo "nobile e virile silenzio" suggerito, come egli diceva,
dalla morte di ogni essere umano, come potremmo facilmente bruciare il
momento struggente del dolore, della lacerazione profonda provocata in noi
dalla sua scomparsa? In noi che appassionatamente sentiamo e soffriamo la
assenza di quella irripetibile vitale presenza, con i suoi connotati
concreti per sempre sottratti al nostro sguardo affettuoso, al nostro
abbraccio fraterno, al nostro incontro, fonte per noi e per lui di
ineffabile gioia, di accrescimento continuo del nostro meglio e dei nostri
affetti più alti. Quel volto scavato, energico, supremamente cordiale,
quella fronte alta ed augusta, quelle mani pronte alla stretta leale e
confortatrice, quegli occhi profondi, severi, capaci di sondare fulminei l'
intimo dei nostri cuori ed intuire le nostre pene e le nostre inquietudini,
quel sorriso fraterno e luminoso, quel gestire sobrio e composto, ma così
carico di intima forza di persuasione, quella voce dal timbro chiaro e
denso, scandito e posseduto fino alle sue minime vibrazioni.
Tutto ciò che era suo, inconfondibilmente e sensibilmente suo, ora ci attrae
e ci turba quanto più sappiamo che è per sempre scomparso con il suo corpo
morto ed inanime, che non si offrirà mai più ai nostri incontri, al nostro
affetto, nella sua casa, o in questi luoghi da lui e da noi tanto amati, su
questi colli perugini, malinconici e sereni, in cui infinite volte lo
incontrammo e che ora ci sembrano improvvisamente privati della loro
bellezza intensa se da loro è cancellata per sempre la luce umana della sua
figura e della sua parola.
Ed ognuno di noi, certo, in questo momento, è come sopraffatto dall'onda dei
ricordi più minuti e perciò struggenti, quanto più remoti risorgono dalla
nostra memoria commossa in quei particolari fuggevoli e minimi, che proprio
dalla poesia del caduco, del sensibile, dell'irripetibile, traggono la loro
forza emotiva più sconvolgente e ci spingerebbero a rievocare, a recuperare
quel particolare luogo di incontro, quella stanzetta della torre campanaria
in cui un giorno -quel giorno lontano- parlammo per la prima volta con lui,
o quella piazzetta cittadina -quella piazzetta- in cui improvvisamente ci
venne incontro con la gioia dell'incontro inatteso, o quel colle coronato di
pini in cui insieme ci recammo con altri amici.
E ognuno di noi ripensa certo ora alla propria vicenda o al segno profondo
lasciato dall'incontro con Capitini, fino a dover riconoscere -il caso di
quanti furono giovani in anni lontani- che essa sarebbe per noi
incomprensibile e non ricostruibile come essa si è svolta, senza l'
intervento di lui, senza la sua parola illuminante, senza i problemi che lui
ci aiutò ad impostare e a chiarire, spesso contribuendo a decisive svolte
nella nostra formazione e nella nostra vita intellettuale, morale, politica.
Ma appunto proprio da questo, dalla considerazione dell'immenso debito
contratto con lui, dalla nostra gratitudine e riconoscenza per quanto, con
generosità e disponibilità inesauribile, egli ci ha dato, veniamo
riportati -al di là del nostro dolore che sappiamo inesauribile e pronto a
risorgere ogni volta che ci colpirà un'immagine, un'eco, una labile traccia
della sua per sempre scomparsa consistenza concreta- a quel momento
ulteriore della nostra unione con lui, in occasione della sua morte, che
soprattutto dalle sue parole e dalle sue opere abbiamo appreso a considerare
come l'apertura del «muro del pianto», della buia barriera della morte.
Perché qualunque siano attualmente le nostre diverse prospettive
ideologiche, esistenziali, religiose o non religiose (e così, coerentemente,
pratiche e politiche), una cosa abbiamo tutti, credo, da lui imparata: la
scontentezza profonda della realtà a tutti i suoi livelli, la certezza dei
suoi limiti e dei suoi errori profondi, la volontà di trasformarla, di
aprirla, di liberarla.
E' qui che il ricordo e il dolore si tramutano in una tensione che ci unisce
con Aldo nella sua più vera presenza attuale, nella sua non caduca presenza
in noi e nella storia, e ci riempie di un sentimento e di una volontà quale
egli ci chiede e ci domanda con tutta la sua vita e la sua opera più
persuasa di combattente per una verità non immobile e ferma, ma profonda ed
attiva, concretata in quella prassi conseguente di cui egli sosteneva
proprio in questi ultimi giorni, parlando con me, l'assoluto primato. Il
morto, il crocifisso nella realtà, come egli diceva, suggerisce infatti
insieme e il senso della nostra limitatezza individuale in una realtà di per
sé ostile e crudele (quante volte abbiamo insieme ripetuto i versi di
Montale con il loro circuito chiuso: la vita è più vana che crudele, più
crudele che vana!) e la nostra possibilità o almeno il nostro dovere di
tentare di spezzare, di aprire quella limitatezza, di trasformare la realtà,
dalla società ingiusta e feroce alla natura indifferente alla sorte dei
singoli e al loro dolore. Lì è il punto in cui convergono tutte le folte
componenti del pensiero originalissimo di Capitini: il tu e il tu-tutti, il
potere dal basso e di tutti, la nonviolenza, l'apertura e l'aggiunta
religiosa. Lì convergono in una profonda spinta rinnovatrice le idee, le
intuizioni (tese da una forza espressiva che tocca spesso la poesia), gli
atteggiamenti pratici di Capitini.
Non accettare nessuna ingiustizia e nessuna sopraffazione politica e
sociale, non accettare la legge egoistica del puro utile, non accettare la
realtà naturale grezza e sorda, e opporre a tutto ciò una volontà persuasa
del valore dell'uomo e delle sue forze solidali e arricchite dalla
«compresenza» attiva dei vivi e dei morti, tutte immesse a forzare ed aprire
i limiti della realtà verso una società e una realtà resa liberata e
fraterna anzitutto dall'amore e dalla rinuncia alla soppressione fisica dell
'avversario e del dissenziente, sempre persuadibile e recuperabile nel suo
meglio, mai cancellabile con la violenza.
Di fronte a questo sforzo consapevole ed ai modi stessi della sua attuazione
e della sua configurazione precisa alcuni di noi possono essere anche
dissenzienti o diversamente disposti e operanti, ma nessuno che abbia
compreso l'enorme portata della lezione di Capitini può sfuggire a questo
nodo centrale del suo pensiero, nessuno può esimersi di dare ad esso
adesione o risposta, tanto esso è stringente, perentorio, come perentoria è
insieme la lezione di intransigenza morale e intellettuale di Capitini, la
sua netta distinzione di valore e disvalore, la severità del suo stesso
amore, pur così illimitatamente aperto e persuaso del valore implicito in
ogni essere umano.
Proprio per questo amore aperto e severo, questa nostra unione in lui e con
lui -in presenza della sua morte- non può lasciarci così come siamo di
fronte alle cose e di fronte a noi stessi, non può non tradursi in un
impegno di suprema lealtà, sincerità, volontà di trasformazione.
Capitini fu un vero rivoluzionario nel senso più profondo di questa grande
parola: lo fu, sin dalla sua strenua opposizione al fascismo, di fronte ad
ogni negazione della libertà e della democrazia (e ad ogni inganno
esercitato nel nome formale ed astratto di queste parole), lo fu di fronte
ad ogni violenza sopraffattrice, in sede politica e religiosa, così come di
fronte ad ogni tipo di ordine e autorità dogmatica ed ingiusta (qualunque
essa sia), lo fu persino, ripeto, di fronte alla stessa realtà e al suo
ordine di violenza e di crudeltà. Questo non dobbiamo dimenticare, facendo
di lui un sognatore ingenuo ed innocuo, e sfuggendo così alle nostre stesse
responsabilità più intere e rifugiandoci nel nostro cerchio individualistico
o nelle nostre abitudini e convenzioni non soggette ad una continua critica
e volontà rinnovatrice.
Forse non a tutti noi si aprirà il regno luminoso della realtà liberata e
fraterna nei modi precisi in cui Capitini la concepiva e la promuoveva, ma
ad esso dobbiamo pur tendere con appassionata energia.
Solo così il nostro compianto per la tua scomparsa, carissimo, fraterno,
indimenticabile amico, diviene concreto ringraziamento e la risposta alla
tua voce più profonda: solo così non ti lasceremo ombra fra le ombre o
spoglia inerte e consumata negli oscuri silenzi della tomba, e proseguiremo
insieme, severamente rasserenati -come tu ci hai voluto- nel nostro
colloquio con te, con il tuo tu-tutti, attuandolo nel nostro faticoso e
fraterno impegno di uomini fra gli uomini, come tu ci hai chiesto e come tu
ci hai indicato con il tuo altissimo esempio.

2. INIZIATIVE. DAVIDE CAFORIO: DIGIUNO PER LA PACE
[Davide Caforio e' impegnato nell'esperienza dell'associazione Eticonomia di
Prato. Per contatti: d.caforio@po-net.prato.it, o anche: Associazione
Eticonomia, via Pomeria 90, 59100 Prato, e-mail: eticonomia@po-net.prato.it,
fax 057431226]
Prosegue il digiuno a staffetta per la pace: ogni giorno una o piu' persone
digiunano per ventiquattro ore in segno di solidarieta' con le vittime della
guerra, per ricordare ai rappresentanti delle istituzioni che ci sono tanti
cittadini che si oppongono alla guerra e chiedono di trovare soluzioni
alternative, per richiamare i mezzi di comunicazione alle proprie
responsabilita' nella corretta e completa informazione sulle cause e sulle
conseguenze della guerra e per dimostrare, attraverso un piccolo sacrificio,
la fermezza della propria opposizione alla guerra e la volonta' di ricercare
soluzioni rispettose della vita e della dignita' della persona.
Ogni giorno una o piu' persone inviano fax ed e-mail ai rappresentanti delle
istituzioni ed ai mass-media per informare del proprio gesto e delle sue
motivazioni:
"Egregio Presidente della Repubblica/Presidente del Consiglio/Onorevole,
Le scrivo per comunicarle la mia decisione, visto il precipitare della crisi
internazionale, di intraprendere un giorno di digiuno.
Digiuno per esprimere il mio dolore per le vittime della guerra e la mia
solidarieta' con i bambini, gli anziani, le donne e gli uomini costretti ad
abbandonare le loro case e a vagare in cerca di un riparo dai bombardamenti
e dai combattimenti.
Digiuno per invitarla a riflettere sulle conseguenze di un attacco che
viola, nella forma e nello spirito, le leggi e la Costituzione della
Repubblica ed i trattati internazionali; che indebolisce ulteriormente
quelle istituzioni quali le Nazioni Unite ed il Tribunale Penale
Internazionale che sole dovrebbero autorizzare azioni di polizia
internazionale; che rischia di aggravare anziche' debellare la piaga del
terrorismo e la spirale di odio e di risentimento che ne costituisce il
terreno di coltura; attacco ancora piu' insensato e foriero di maggiori
sciagure se dovesse rivelarsi motivato, anziche' dalla lotta al terrorismo,
da non dichiarati interessi di egemonia su una regione notoriamente
strategica per le sue risorse naturali e per la sua posizione geografica.
Digiuno per rafforzare la mia volonta' di non contribuire a questa guerra,
rifiutando l'appoggio morale, politico ed economico alle istituzioni
pubbliche e private che la sostengono, continuando invece a lavorare per il
dialogo e la cooperazione tra i popoli e per promuovere una piu' equa
distribuzione delle risorse e stili di vita socialmente ed ambientalmente
compatibili.
Digiuno per esprimerle la fermezza delle mie intenzioni e per prepararmi ai
sacrifici che dovessero rendersi necessari per salvaguardare la vita e la
dignita' di esseri umani innocenti.
In fede,
nome e cognome, indirizzo (obbligatorio nei messaggi inviati al Presidente
della Repubblica)".
Tutti coloro che condividono l'iniziativa possono aderire inviando un
messaggio di posta elettronica o un fax ai seguenti recapiti: e-mail:
eticonomia@po-net.prato.it, fax 057431226. Ricordiamo che per digiunare e'
necessario essere in buona salute e bere, nell'arco delle ventiquattro ore,
almeno due litri d'acqua.

3. RIFLESSIONE. DAVIDE MELODIA: IL SINISTRO SCENARIO MONDIALE
[Davide Melodia e' tra le figure piu' note dell'impegno nonviolento; per
contatti: melody@libero.it]
Fino a ieri i cittadini dei Paesi occidentali potevano realisticamente dire:
"nubi minacciose si addensano nel cielo del mondo", pensando alle guerre nel
resto del pianeta Terra, provocate, foraggiate e armate dai propri governi e
dai fabbricanti di armi. Tali guerre non li riguardavano salvo che
economicamente. Al contempo, dove guerre non c'erano, cercavano,
assimilavano e sfruttavano nel terzo mondo le fonti di petrolio ed ogni
prodotto del sottosuolo o della superficie, utilizzando mano d'opera locale
a basso costo, e perfino lavoro minorile, vendendo il tutto in occidente e
altrove col massimo profitto.
I problemi non mancavano, quali l'urbanizzazione delle masse contadine, col
conseguente abbandono di terre coltivabili; l'esplosione demografica, col
conseguenze disequilibrio delle masse umane; le crisi politiche, sociali,
economiche, dovute alla caduta di regimi e di sistemi fondati sulle
ideologie; l'avvento e il dilagare di un neocapitalismo liberista, e la
crescente disoccupazione risultante da questo e dalle invenzioni e
trasformazioni tecnologiche; l'arrivo massiccio, imprevisto e irrefrenabile
di immigrati dalla aree povere del mondo - o in stato di guerra o di
conflitti etnici, religiosi, politici interni -, nei ricchi paesi
occidentali; la crescita progressiva del divario economico tra Nord e Sud
del mondo; l'inquinamento dei tre regni della natura, piu' l'aria ed altre
componenti del globo terracqueo.
Ed ecco che, all'alba del terzo millennio dell'era cristiana - si fa per
dire - altre nubi, sinistre, cupe, e piu' che minacciose in quanto segni
reali di due uragani, dal nome tragico di terrorismo su larga scala e di
risposta armata al terrorismo, figli a loro volta dello sfruttamento e di
una mentalita' antica, dura a morire: il ricorso alla guerra santa.
Sia i terroristi infatti, che i loro degni corrispettivi, con nomi diversi,
invocano tale guerra, e la santificano nella terminologia e nella
propaganda, in modi diversi ma equivalenti, senza tenere in alcun conto le
sofferenze inaudite delle masse umane sul cui capo cade la lama micidiale
della loro violenza.
In questo scenario mondiale, improvvisamente aggravatosi in poche settimane,
occorrono urgenti risposte, diverse dalla violenza, mediante forme di
prevenzione del terrorismo e di rinuncia alla risposta bellica.
L'occidente doveva e deve porre in essere, in quanto e' capace di farlo,
atti intelligenti e concreti di intervento sociale, economico e umanitario,
tempestivi e massicci, accettando in partenza il fatto che occorrera' molto
tempo perche' tutto cio' produca effetti positivi e irenici.
La risposta bellica richiederebbe altrettanto e piu' tempo, e dopo non
lascerebbe frutti positivi, ma solo morte, distruzione e disperazione.
E cio' non solo per una visione irenica e generosa della vita, ma
soprattutto per una corretta e intelligente assicurazione di un futuro che
il puro egoismo puo' negare alle prossime generazioni.
E cioe':
I. Sul piano dell'economia e su quello socio-politico:
- Ripensare la globalizzazione, per correggerne gli effetti distorti che
arrecano ulteriori squilibri economici e sociali nei Paesi del terzo mondo,
prevedendo in alternativa forme di assistenza tecnica, umanitaria ed
egualitaria nel rispetto dei diritti umani globali.
- Intervenire sulle economie del terzo mondo, che hanno accumulato debiti
insolubili con le banche occidentali, mediante la riduzione o la
cancellazione dei loro debiti, si' da non essere costretti a svendere i
prodotti del suolo e del sottosuolo, e parte dei loro territori ad economie
fiorenti.
- Tenere in considerazione la proposta della Tobin Tax che, incidendo in
modo lieve sulle transazioni internazionali, permette il coacervo di una
immensa somma disponibile per interventi di solidarieta'.
II. Sul piano dell'ecologia mondiale:
- Ricercare le cause dell'"effetto serra", del buco dell'ozono, degli
uragani, della desertificazione avanzante, fra cui il disboscamento di
foreste tropicali e non, e rimuoverle con uno sforzo globale, fra cui il
rispetto dell'Accordo di Kyoto.
- Interrompere le ricerche biotecnologiche laddove, mediante prodotti
transgenici, quali gli OGM, incidono sulla naturalita' dei cibi, ed hanno
riflessi negativi sulla salute di esseri umani e di animali.
- Ridurre progressivamente l'uso di energie pesanti, inquinanti ed
esauribili, quali il petrolio e l'energia nucleare, per introdurre energie
pulite, rinnovabili, inesauribili e non inquinanti, come l'energia solare,
che inoltre non incidono negativamente sulle fragili economie del terzo
mondo.
III. Sul piano della guerra e della pace:
- Bloccare immediatamente ogni intervento bellico dei Paesi occidentali
contro ogni Paese del terzo mondo, quali che siano le sue presunte
responsabilita'.
- Bloccare la vendita di armi e di tecnologie belliche a qualsiasi Paese del
terzo mondo.
- Bloccare la produzione di qualsiasi arma biologica, chimica o
batteriologica, e la loro vendita a Paesi del terzo mondo, distruggendo le
riserve delle stesse nei Paesi occidentali.
- Bloccare la produzione di armi nucleari e di bombe a contenuto nucleare.
- Ridurre gli eserciti nazionali e la loro potenza distruttiva nei Paesi
occidentali, e mettere reparti degli stessi a disposizione dell'Onu o di
organismi internazionali controllabili.
- Autorizzare e legalizzare in tutti i Paesi occidentali, ed in quelli che
sono disponibili, l'obiezione di coscienza al servizio militare, e
realizzare la formazione di un servizio civile non armato, addestrato ad
intervenire per operazioni di soccorso in zone di conflitto o ad alto
rischio di conflitto.
- Prendere in seria considerazione i principi e la prassi della nonviolenza
attiva, che puo', in una vasta gamma di situazioni, ovviare il rischio di
conflitti, interromperli mediante l'intermediazione con corpi civili
disarmati, la mediazione, il dialogo, le ambasciate di pace.

4. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: NON PER VINCERE MA PER CONVIVERE
[Giancarla Codrignani e' da sempre impegnata per la pace e i diritti. Questo
intervento abbiamo ripreso dal sito de "Il paese delle donne",
www.womenews.it]
Non sono sicura di trovare consenso se dico che, quando ci si trova in mezzo
alle tempeste, importa soprattutto cercare di prevedere gli esiti delle
tempeste che non si e' stati capaci di prevenire. Insomma: mettiamoci a
ragionare per non cedere alle paure (indotte).
Dal secolo scorso, breve o lungo che lo si giudichi, abbiamo ereditato sia
la tensione verso ulteriori grandezze dell'ingegno - abbiamo frantumato
l'atomo, siamo andati sulla luna, abbiamo forzato la genetica -, sia la
coscienza del fallimento - due guerre mondiali, la terza copertamente ancora
in corso contro i poveri della terra, la priorita' data alle armi rispetto
alla salute umana e all'ambiente.
Molti e molte di noi accusano il modo capitalistico in cui si organizza il
sistema umano, ormai obbligato a contarsi globalmente e ancora diviso solo
nelle abitudini tradizionali della mente. Ma molti e molte riconoscono che
si tratta di un modo ineludibile: chi non vi si rassegna e' un perdente.
Forse e' proprio qui, nei meccanismi che inducono a giudicare che c'e' chi
vince e chi perde anche tra chi sta da una parte sola o da nessuna, che si
deve indagare per capire come siamo fatti. Non in tutto siamo fatti bene.
Tra uomo e donna anche quando c'e' amore, c'e' chi gioca la parte del
vincitore, anche solo per riflesso condizionato e fa la donna "oggetto". Non
mi riferisco ai fenomeni piu' eclatanti e, purtroppo, piu' diffusi,
dell'uomo che manca di rispetto, che offende o picchia; e tanto meno al Sud
del mondo, dove non c'e' uomo cosi' povero che non abbia al suo fianco un
essere piu' povero di lui che comunque gli "appartiene". Penso all'uomo
fine, intelligente, fedele che presume di conoscere il bene della sua
compagna e decide per lei. A noi non e' dato, perche' per secoli non ci e'
stato affidato il compito di difendere o di tutelare qualcuno, ma di
dedicarci alla cura del difensore.
E infatti nei secoli e nei luoghi, la difesa e la giustizia sono rette da
regole solo apparentemente neutre. Per questo le donne che si emancipano
senza partire da se' aspirano a diventare soldate o giudici sotto queste
regole. Alla radice non ci dovrebbe essere la contrapposizione latente di un
nostro individualismo onnipotente, bensi' la coscienza profonda che per
conoscere il bene dell'altro bisogna essere in grado di conoscere in qualche
modo se stessi. Mi danno molto da pensare i moniti non certo femministi che
stavano incisi sul frontone del tempio di Apollo: "conosci te stesso" e
"attenzione al limite". Disattesi e distorti nel tempo antico, come oggi.
Anche noi donne, per essere andate a scuola, diamo loro un significato
mediato attraverso una filosofia della razionalita' che ignora la difficile,
complessa interezza non dell'essere piu' o meno in se', ma dell'essere
persone singole e singolari nelle infinite differenze che connotano i loro
luoghi e modi di esistere.
Se si parte da un se' integro e - almeno vagamente - conosciuto, si potrebbe
essere piu' attenti/attente nel considerare gli altri, che, proprio per
essere diversi possiamo aiutare ma non espropriare dalla responsabilita' di
conoscere il loro bene. La relazione, allora, sarebbe non per vincere, ma
per con-vivere in senso umano. Un senso umano che impedirebbe di realizzare
scelte comuni sulla base di principi di autorita' e competenza (la mamma
sceglie il frigorifero e il babbo l'automobile), o di comando (a casa di
tizio "comanda la Francia") o di presunto amore (lo-faccio-per-lui/per-lei).
Vincere o perdere servono a poco anche fuori dalle relazioni familiari. La
democrazia non ha ancora esplorato tutta la sua forza/debolezza di essere un
sistema "di concertazione" e non "d'imperio", di diritti da definire e
rispettare nell'equita' e non nella potenza di armi, ricatti, vendette.
La storia studiata e' tutta una sequela di vittorie/sconfitte che, prive
dell'analisi di merito, sembra poco sensata perche', anche scambiando i
termini, non avrebbe mutato di molto la sostanza del mondo. Vi si puo',
tuttavia, leggere un percorso ben preciso: siamo andati avanti lottando per
difendere non solo il nostro essere, ma il nostro avere, e per acquistare
anche l'avere degli altri. Un sistema fondato sulla dialettica interessata
di difesa e guerra, che ha creato vincitori e vinti per definizione piu' che
per virtu'.
Oggi quel sistema e' arrivato al capolinea: abbiamo creato arsenali
nucleari, chimici, batteriologici e perfino virtuali, addirittura a buon
mercato e capaci di annullare ogni rapporto di potenza. Eppure tutti/tutte
stiamo a guardare l'indice che ci indica il pericolo di diventare
"perdenti", e non vediamo che il problema e' chiedersi che senso ha, perfino
nelle lotterie, vincere.
C'e' stato un tempo in cui amiche femministe di Milano si erano proposte "la
voglia di vincere". Io allora vedevo altre amiche, che per essere
parlamentari e avere una "dignita'" superiore a quella del loro uomo e per
non essere piu' disponibili a tempo pieno, hanno perduto l'unita' familiare.
Probabilmente se la politica accettasse la voce autentica e non condizionata
delle donne, si capirebbe di piu' che cosa costa pensare in termini di "chi
vince e chi perde". E si farebbe meno fatica a pensare al futuro in termini
di vita comune nella difficile difesa della liberta' di tutti e non solo di
utopie scollate dal realismo delle azioni di guerra. Cioe' di sconfitte.

5. RIFLESSIONE. BRUNO GIACCONE. UN TENTATIVO DI RISPOSTA
[Bruno Giaccone e' un pastore metodista. Per contatti:
astimet@provincia.asti.it]
* Pensieri nella notte
Cerco di addormentarmi in pace con Dio e con gli uomini, cerco di non avere
rancori, e quietare le ansie per non alzarmi domani, al mattino, gia'
stanco. Ma nel sonno sento la sete, sento i morsi della fame, sento i
muscoli irrigidirsi per la paura, sento che gridano nel silenzio della mia
stanza: ho fame, ho sete, ho paura. E trovo riposo nella veglia. Mi tiene
compagnia il gufo sull'albero dietro casa, e una melanconica ninna nanna che
lontano una vecchia si sussurra da sola.
* Meglio riflettere bene
Continuo a pensare che ogni risposta ai grandi interrogativi posti da questa
situazione di crisi mondiale, richieda una seria riflessione, richieda tempo
e non fretta, per non commettere altri errori indotti dall'emotivita', sia
essa personale o collettiva.
L'unica fretta dobbiamo metterla nel portare soccorso alla povera gente che
soffre e nel far si' che cessino subito le operazioni di guerra.
* Azzerare le nostre convinzioni
L'unica convinzione che possiamo avere oggi e' che ogni nostro tentativo di
costruire giustizia, pace e felicita' sulla terra e' fallito. Chi e'
cristiano/a deve anche prendere atto del fallimento di duemila anni di
predicazione dell'evangelo e della testimonianza che di esso abbiamo dato.
Sono sempre stato idealmente comunista, il mio sforzo oggi non e' quello di
rinnegare quegli ideali di giustizia sociale e di fraternita', che avevano
le loro radici anche nella mia fede cristiana, ma piuttosto di considerare
seriamente che quel tentativo non e' riuscito, producendo invece le
aberrazioni che ben conosciamo.
Nonostante abbia personalmente conosciuto il cinismo di quella che una volta
chiamavamo, non senza ragione, la "razza padrona", faccio lo sforzo di
considerare la buona fede anche di chi propose come soluzione il
capitalismo, facendo leva sull'ambizione personale e la competitivita'.
Ne' l'uno ne' l'altro dei sistemi hanno raggiunto il loro scopo. E il mondo
e' sempre piu' infelice. Sono piu' infelici i poveri perche' sempre di piu'
e sempre piu' poveri, sono infelici i ricchi, perche' sempre non abbastanza
ricchi e sempre piu' insicuri.
* Bisogna cercare altrove?
Io penso che bisogna cercare innanzitutto dentro di noi, chiederci con la
massima sincerita' che cos'e' che veramente vogliamo, qual e' il senso che
vogliamo dare alla nostra vita. Penso sia utile chiederci che cosa veramente
ci rende felici e che cosa invece rappresenta solo una felicita' passeggera,
illusoria, spesso facile da acquisire, ma altrettanto spesso pericolosa per
i rapporti interpersonali che, se incrinati, possono vanificare ogni nostro
sforzo.
Personalmente, preferisco giocare con mio nipote, o una serata con gli
amici, che passare la serata a controllare o ricontrollare un listino della
"borsa". Preferisco dimenticare la porta di casa aperta che essere
ossessionato dalle serrature antiscasso e dagli antifurto perche' ho delle
cose da difendere.
Il Signore, di cui tento di essere un po' discepolo, mi ha insegnato a
chiedere il "pane per oggi", che significa tutte quelle cose necessarie per
una vita serena, dignitosa e anche gioiosa: un tetto, un lavoro, un vestito,
pane e istruzione, cure mediche.
E' un pane che non si puo' capitalizzare, altrimenti diventa come la manna
del deserto che, se raccolta in sovrappiu', marcisce e fa marcire i rapporti
tra gli uomini.
Pane per tutti, dunque, obiettivo da realizzare anche attraverso i nostri
vecchi e onesti ideali sia di ispirazione marxista che liberale, non piu' in
contrapposizione ideologica e preconcetta, ma pensati in modo dinamico nella
sola prospettiva del bene comune.
Cercare anche nell'esperienza e nelle tradizioni di altri popoli - penso a
tutta la tradizione orientale - che potrebbero dirci qualcosa di
interessante se le nostre orecchie non soffrissero di presuntuosa
sufficienza.
* Pacifisti uguale neutrali?
No. Il rifiuto della soluzione "guerra" non significa per me essere
neutrale. Come non significa essere neutrale respingere l'imperativo "o con
noi o contro di noi".
I talebani abusano della poverta' e delle ingiustizie subite dal sud del
mondo per la loro propaganda, lo stesso fanno i Paesi occidentali che in
questi giorni, e solo in questi giorni, hanno scoperto la condizione delle
donne afghane (piu' volte e da tempo denunciata invece dalle organizzazioni
umanitarie e dal movimento pacifista) per giustificare il loro intervento
anche con questo motivo.
In entrambi i casi penso che si tratti di un'ipocrisia tanto grave da farmi
pensare ad una bestemmia contro Dio. Quel Dio che si identifica con le sue
creature tanto da portarne l'immagine ("A sua immagini li creo'") e che non
rimase neutrale di fronte alle sofferenze del suo popolo, ma intervenne
nella storia, sia contro Faraone, sia contro quei re di Israele che
tradirono il popolo.
Io non sono neutrale. Io sto con la povera gente.
* Che cosa fareste voi?
Alla contestazione della "soluzione guerra" da parte dei pacifisti, agli
stessi viene chiesto con evidente tono demagogico quale soluzione
alternativa propongono. E la risposta non e' facile.
Domenica scorsa, nella chiesa dove sono pastore, trasformando il sermone in
un momento di riflessione comune, ci siamo fatti la stessa domanda.
Prima ci siamo chiesti se la guerra e' una risposta efficace. La risposta e'
stata no. Pur limitandoci alla prima guerra mondiale, di cui alcuni di noi
possono avere ancora una memoria storica, abbiamo preso atto che lo stato di
guerra nel mondo non e' mai cessato e che nessuna guerra, fino alle ultime
in Iraq e nei Balcani, ha mai avuto come conseguenza ne' giustizia ne' pace.
Infatti, rieccoci in guerra.
La guerra ci sembra una risposta paradossale alla domanda di felicita' da
parte del mondo: uccidere per dare felicita'? Ma forse e' un paradosso a cui
ci siamo purtroppo abituati e per questo non ci facciamo caso, se non quando
veniamo colpiti personalmente.
* E le famose prove?
Gli Stati Uniti dicono di avere le prove. In verita' non mi servono molto in
quanto il coinvolgimento di Bin Laden nell'attentato alle torri sembra
chiaro. Quello che non mi e' chiaro e' che mostrare le prove avvantaggerebbe
il nemico. Quando mai un Pubblico Ministero. non mostra le prove a carico di
un imputato per non avvantaggiarlo nel dibattimento?
O c'e' qualcosa da nascondere? O sotto le bombe si sta trattando da entrambi
le parti per tenere nascoste le prove compromettenti per entrambi?
Perche', in questa emergenza, non si decide che i seimila morti di New York
valgono la sospensione del segreto bancario e non si pubblicano anche le
composizioni delle piu' grandi societa' - per esempio petrolifere?  C'e'
qualcosa da nascondere? Qualcuno ha forse qualcosa di cui vergognarsi? Se
l'occidente e' la patria della legalita', oltre che della liberta', nessuno
dovrebbe temere di rendere pubblico cio' che e' onesto.
* Una prima risposta
Questa potrebbe essere la prima risposta al "Che cosa fareste voi":
sospendiamo il segreto bancario, rendiamo pubblici i nostri bilanci, diamo
l'elenco dei soci in affari e vi dimostriamo cosi' che l'occidente e'
onesto, che ognuno puo' verificare questa onesta', che nessuno ha qualcosa
da nascondere o di cui vergognarsi.
Siccome poi si dice sempre che le guerre, anche quelle di religione, o per
qualsiasi altro ideale, in realta' nascondono degli interessi molto
materiali, e siccome non e' bello che io musulmano faccia la guerra a te
cristiano per interessi, o che io cristiano faccia la guerra a te per
interessi, e visto che le innumerevoli guerre fatte per interesse non hanno
impedito che si facessero altre guerre per interesse, perche' non tentare
un'altra strada che tolga di mezzo il mio interesse, privato o collettivo
che sia, in modo da rendere la guerra meno interessante?
Ed ecco una seconda possibile risposta. Una risposta che personalmente
intendo come una esemplificazione - non semplicistica - dell'Evangelo di
Gesu', e che voglio far mia il piu' possibile nella prassi quotidiana:
smettiamo di fare i nostri interessi, e facciamo gli interessi degli altri.
Se io faccio i tuoi interessi, che motivo hai tu di odiarmi e di farmi la
guerra? Allo stesso modo, se tu fai i miei interessi, che motivo ho io di
odiarti e di farti la guerra?
Un mio maestro nella fede mi spiegava che una traduzione del comandamento
dell'amore verso il prossimo e' la seguente: "Ama il tuo prossimo perche' e'
te stesso". Dunque tutto cio' che farai di bene e per il bene del tuo
prossimo e' come se fosse fatto a te. Gli unici a rimetterci nel breve tempo
sarebbero i produttori e i venditori di armi, ma sono certo che sapremo
aiutarli a riciclarsi in altri lavori.

6. APPELLI. LE DONNE DELL'UDI DI MILANO: VOGLIAMO LA GLOBALIZZAZIONE DELLA
PACE
[Questo intervento abbiamo ripreso dal sito de "Il paese delle donne"
(www.womenews.net)]
"Ho paura che i nostri figli crescano in un mondo pieno di odio": questo ha
appena detto ai giornalisti una madre del Kazachistan. E questo e' uno dei
pericoli piu' grossi ai quali stiamo andando incontro, se avranno attuazione
i piani dissennati che alcuni potenti della terra stanno mettendo in atto
sul globo, "andando alla guerra".
Le stragi negli Usa, provocate da aerei kamikaze, in cui hanno trovato la
morte migliaia di persone, costituiscono un gigantesco assassinio. Solo una
seria azione civile puo' individuarne non soltanto il o i colpevoli, ma
soprattutto i mandanti, e sottoporli a un giusto processo. Non e' una guerra
senza quartiere che potra' rendere giustizia: le vicende irachene lo
dimostrano ampiamente.
E' indispensabile una reale lotta al terrorismo, continua e instancabile. Ma
per eliminare il terrorismo e' fondamentale sradicare le ragioni di fondo
dei conflitti: occorre una lotta da condurre con la diplomazia, la
mediazione, la politica. Rifiutiamo la logica per cui e' sempre
indispensabile schierarsi, perche' non vogliamo legittimare nessuno dei
contendenti, oltre la contesa stessa.
Dichiariamo la nostra estraneita' alle culture speculari che hanno prodotto
la tragedia ancora presente, e chissa' per quanto tempo, nei nostri occhi.
Cosi' come e' ben presente nei nostri ricordi la storia del XX secolo: fino
alla liberazione dal nazismo e dal fascismo piu' di cinquanta milioni di
persone sono morte nelle guerre, nei campi di sterminio e per le bombe
atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Ma piu' di trenta conflitti sono stati
imposti poi in altrettanti Paesi dei diversi continenti dalla tanto
scioccamente conclamata "superiorita' civile" dell'Occidente, producendo in
tutti coloro che li hanno subiti solo morte, miseria e tanto tanto dolore.
La parola deve tornare all'Onu (riformata in senso democratico, cioe'
partecipata da tutti i paesi) e a tutte le teste pensanti. Venga dimostrata
seriamente la civilta' in cui continuiamo a credere, che esclude ogni atto
di violenza.
Un appello particolare lo vogliamo fare alle donne, certamente le piu'
provate per il sangue versato: non smettiamo di adoperarci affinche' in ogni
dove cessi l'uso della forza e delle armi e sia restituito valore alla mente
e alla parola.
Vogliamo lottare con intelligenza e non con le armi.
Vogliamo la globalizzazione della pace.

7. MAESTRE. HANNAH ARENDT: L'UOMO DI BUONA VOLONTA'
[Da Hannah Arendt, Il futuro alle spalle, Il Mulino, Bologna 1995, pp. 34-35
e 40]
[I protagonisti delle opere di Kafka sono] variazioni d'uno stesso tipo
umano la cui unica caratteristica e' quella di concentrarsi fermamente su
quanto vi e' di piu' naturale ed umano. La funzione del protagonista e'
sempre la stessa: scopre che il mondo e la societa' normali sono in realta'
anormali, che i giudizi unanimemente accettati delle persone piu'
rispettabili sono sostanzialmente follie, e che le azioni condotte secondo
le regole del gioco finiscono per rovinare tutti. Gli eroi di Kafka non sono
spinti da convinzioni rivoluzionarie, ma esclusivamente dalla buona volonta'
che, quasi inconsapevolmente ed involontariamente, mette a nudo le strutture
segrete di questo mondo.
(...) E poiche' gli eroi di Kafka non sono persone con cui venga naturale
identificarsi, bensi' soltanto dei modelli che sono abbandonati
nell'anonimato a dispetto dei loro nomi, ci sembra quasi che ognuno di noi
sia chiamato ed esortato con quei nomi. Infatti quest'uomo di buona volonta'
puo' essere chiunque ed ognuno, forse persino io e tu.

8. INIZIATIVE. GUIDO POLLICE: 39.000 TONNELLATE DI RISO ITALIANO
[Guido Pollice e' presidente nazionale dell'associazione VAS (Verdi Ambiente
e Societa'); per contatti: e-mail: vasbiotech@tin.it, sito:
www.verdiambienteesocieta.it]
Le eccedenze di tre anni di raccolto del riso (39.000 tonnellate in Italia;
7.850 in Spagna; 3.200 in Grecia) sono da oggi all'asta, in una gara
riservata agli operatori del settore mangimistico, come obbligatoria
applicazione di uno scriteriato Regolamento emanato della Commissione UE. Un
Regolamento, il 1940 del 2 ottobre 2001, letteralmente imposto dalla
Commissione nonostante la ferma opposizione dei paesi Ue produttori di riso,
Italia compresa.
Si tratta di stock di riso perfettamente conservato, di qualita' eccelse (ci
sono persino partite di pregiatissimo Carnaroli) che in Italia sono stoccate
nei magazzini dell'Ente Risi e che, sino al 19 dicembre 2001, le industrie
mangimistiche potranno acquistare per mettere all'ingrasso il bestiame.
Siamo con cio' di fronte ad uno scandalo di proporzioni bibliche. Basti
pensare, infatti, che la sola quantita' di riso stoccato in Italia sarebbe
sufficiente a sfamare, per un intero anno, ben 400.000 persone nelle aree
sottoalimentate del pianeta e per le quali il riso costituisce la dieta
abituale.
L'unica concreta possibilita', perche' la Commissione sia indotta a
riconsiderare il proprio orientamento, e' che l'asta in corso vada deserta.
In questo senso ho sollecitato il presidente dell'associazione degli
industriali mangimisti a farsi interprete di una "obiezione di coscienza
umanitaria", che induca gli industriali del settore ad astenersi dal
presentare offerte d'acquisto. Se cosi' fosse la Commissione non avrebbe
altra scelta che destinare l'immenso patrimonio alimentare ai programmi di
aiuto gestiti dalla FAO e dalle Organizzazioni non governative.

9. SEGNALAZIONI. OTTAVIO RAIMONDO: LIBRI CONTRO LA GUERRA
[Padre Ottavio Raimondo e' direttore della benemerita casa editrice EMI; per
contatti: sermis@emi.it]
Siamo in guerra, ma solo con i diversi, con i differenti da noi, e se
chiudiamo le frontiere siamo al sicuro perche' la guerra e' lontano. E'
questo cio' che pensano molte persone.
Ma sara' vero che la guerra e' lontano? Dove arrivera' l'onda d'urto dei
missili e delle bombe? Che succede oggi e cosa succedera' domani con le
popolazioni dei paesi in cui di fatto le operazioni di guerra hanno luogo?
Come risposta a queste domande l'EMI ripropone la lettura di "Il buon
soldato Mehmet" e di "Disegni di guerra". Per approfondimenti in gruppi
suggerisce le videocassette "Ho ucciso", "Transito" e "L'economia del
pentagono".
Certamente la guerra, ogni guerra, prima di essere una realta' vicina o
lontana e', e continuera' ad essere, un'ideologia. Quella che stiamo vivendo
e che qualcuno cerca di farci credere che sia un'indolore operazione di
anterrorismo, e' la guerra del predominio economico che vuole un pianeta
diviso tra chi globalizza e chi e' globalizzato, aumentando i privilegi dei
primi e i doveri per i secondi. "La qualita' della vita nel mondo ne e' una
conferma documentata con dati aggiornati e inseriti nel contesto di numerosi
paesi.
Il IV Incontro nazionale dei centri interculturali, svoltosi ad Arezzo l'11
e il 12 ottobre sul tema "Bambini e famiglie tra due culture", al quale ho
partecipato, accentuava l'importanza della diversita' come stimolo di
crescita. Una delle relatrici, parafrasando il card. Martini, affermava: "La
differenza oggi non e' tanto tra chi segue questa o quella religione quanto
tra chi pensa e chi non pensa". Chi pensa e lo fa con la propria testa, come
i 200 mediatori culturali presenti ad Arezzo, convive con il diverso, lavora
per il diverso, si dedica al diverso con tenerezza e speranza.
Grazie amiche operatrici e amici operatori culturali che mi avete insegnato
che le ideologie producono guerra, l'attenzione alla persona costruisce
convivialita'.
E grazie per la simpatia con la quale state valorizzando i libri EMI.
Grazie a Graziella Favaro, una delle animatrici del Convegno e autrice de "I
mediatori linguistici e culturali nella scuola". Grazie ad Alessio Surian
autore de "L'educazione interculturale in Europa", alle redattrici di
"Orologiaio matto 2002" e alle altre autrici e autori che ho avuto la gioia
di salutare.
Una convegnista mi faceva notare che, e cito le sue parole, "in un momento
nel quale i lontani chiedono di stare vicino, i libri EMI motivano i lettori
a restituire a tutti il loro posto e la loro dignita'; a riconoscerli come
persone; a cercare la loro integrazione".
Questa convinzione era nata in lei dalla lettura di "Per una nuova paideia",
un libro che con le sue prospettive educative e' un manuale programmatico
alla portata di ogni cittadino disposto a vivere non per un'ideologia, che
prima o poi genera guerra, ma per la persona, per ogni persona.

10. LETTURE. BELL HOOKS: ELOGIO DEL MARGINE
bell hooks, Elogio del margine, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 160, lire
32.000. Una raccolta di saggi della grande pensatrice femminista e
antirazzista afroamericana, a cura di Maria Nadotti.

11. LETTURE. SERGIO SOLMI: LETTERATURA E SOCIETA' (OPERE, VOLUME V)
Sergio Solmi, Letteratura e societa' (Opere, volume V), Adelphi, Milano
2000, pp. 704, lire 90.000. Un volume stupendo che oltre a riproporre gli
indimenticabili Saggi sul fantastico raccoglie testi rarissimi e
straordinari di riflessione e di testimonianza civile. Da far acquistare
alle biblioteche pubbliche.

12. LETTURE. CLAUDIO TUGNOLI, GIRARD
Claudio Tugnoli, Girard, Edizioni Messaggero Padova, Padova 2001, pp. 272,
lire 35.000. Una eccellente monografia su Rene' Girard (il grande pensatore
autore de La violenza e il sacro). E' un libro che raccomandiamo vivamente.

13. INCONTRI. OGGi A PALERMO
[Riceviamo e diffondiamo]
Il gruppo palermitano del Movimento Nonviolento torna a riunirsi venerdi 19
ottobre alle 18.30 in via Re Federico 102, zona Palazzo di Giustizia (la
strada che congiunge piazza Stazione Lolli con corso Olivuzza/Finocchiaro
Aprile all'altezza dell'UPIM e di Spatafora, tra via Pacini e via Serpotta,
di fronte ai Vini di Corleone) bus 106, 108, 110, 118, 122, 124.
A fine riunione, chi vuole si intrattiene a cenare insieme.
Per informazioni: pxp@interfree.it

14. INCONTRI. IL 22 OTTOBRE A REGGIO EMILIA CON ALBERTO L'ABATE
[Riceviamo e diffondiamo]
Lunedi 22 ottobre alle ore 21 presso la sala azzurra del Casino
dell'Orologio in via Massenet 23, a Reggio Emilia, si terra' un incontro con
il professor Alberto l'Abate dell'Universita' di Firenze sul tema:
"Esperienze e riflessioni sull'azione diretta nonviolenta".
Alberto L'Abate e' docente alla facolta' di Scienze della Formazione
dell'universita' di Firenze. E' membro dell'IPRI (Italian Peace Research
Institute) e del Comitato scientifico del Movimento Nonviolento. Ha dato
vita a numerose azioni nonviolente in Italia ed all'estero, ha promosso
campi di formazione alla nonviolenza ed e' autore di numerosi saggi e libri
sulla ricerca sociale, sui processi di emarginazione, sulla nonviolenza, sui
giovani e la pace. Come ricercatore e programmatore socio-sanitario e' stato
anche un esperto dell'ONU, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione
Mondiale della Sanita'. Ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata
di pace a Pristina, ed e' impegnato nella "Campagna Kossovo per la
nonviolenza e la riconciliazione". Tra le opere di Alberto L'Abate
segnaliamo almeno Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985;
Consenso, conflitto e mutamento sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la
guerra nel Kossovo, La Meridiana, Molfetta 1997; Kossovo: una guerra
annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999.
L'incontro e' organizzato dall'Associazione Resistenza e Pace.
Per contatti: Associazione Resistenza e Pace, c/o Mag 6, via Vittorangeli
7/d, 42100 Reggio Emilia, telefax 0522454832, e-mail: ass-rep@libero.it

15. INCONTRI. BENEDETTA FRARE: IL 25 OTTOBRE A PERUGIA
[Da TransFair Italia (transfai@intercity.it) riceviamo e diffondiamo]
Save the Children, il piu' grande movimento internazionale per la difesa dei
diritti dei bambini, e TransFair Italia, marchio internazionale di garanzia
che adotta le condizioni del Commercio Equo e Solidale, promuovono la
Conferenza Stampa per la presentazione di "Cioccolatopositivo": una campagna
di sensibilizzazione sul legame tra produzione di cioccolata e le condizioni
di vita e i diritti dei bambini.
Presso la sede della Giunta Regionale dell'Umbria, in Palazzo Donini nella
sala Fiume, corso Vannucci 96, Perugia, il 25 ottobre alle ore 12.
L'incontro vedra' la presenza dei rappresentati dell'amministrazione del
Comune di Perugia.
Eurochocolate sta per aprire le porte di Perugia alle grandi e piccole
aziende che hanno fatto del cacao, l'oro dei maya, motivo di guadagno e di
prestigio. Ma la produzione di questo prodotto, fonte di gioia per il palato
e oggetto della passione di milioni di persone, determina in molti casi
precarie condizioni di vita di migliaia di individui e la negazione dei
diritti dei bambini nei paesi fornitori di cacao.
TransFair Italia e Save the Children lanciano una campagna di informazione
sul legame tra produzione di cioccolata e le condizioni di vita e i diritti
dei bambini.
Per maggiori informazioni: Filippo Ungaro, Save the Children Italia, Via
Gaeta 19, 00185 Roma, tel. 064740354, cell. 3492117059; o anche: Benedetta
Frare, TransFair Italia, Passaggio De Gasperi 3, 35131 Padova, tel.
0498750823, cell. 3488243386.

16. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA MICHELE LUCIANO STRANIERO
A WISLAWA SZYMBORSKA

* MICHELE LUCIANO STRANIERO
Profilo: musicologo ed autore, ricercatore e promotore della cultura
popolare, scrittore e poeta, uomo di forte impegno civile. E' scomparso nel
dicembre 2000.

* BERTHA VON SUTTNER
Profilo: appassionata pacifista, Premio Nobel per la Pace nel 1905. Opere di
Bertha von Suttner: Giù le armi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1989; Abbasso
le armi! Storia di una vita, Centro stampa Cavallermaggiore (Torino) 1996.

* ITALO SVEVO
Profilo: pseudonimo di Ettore Schmitz, nato a Trieste nel 1861, muore in un
incidente automobilistico nel 1928. Scrittore di straordinaria penetrazione
psicologica e sociale, non si può leggere la pagina conclusiva della
Coscienza di Zeno senza sentire profondo un brivido. Opere di Italo Svevo:
fondamentali ovviamente i tre grandi romanzi: Una vita, Senilità, La
coscienza di Zeno, pubblicati da vari editori. Opere su Italo Svevo:
fondamentali gli studi di Bruno Maier e di Eugenio Montale; in volume
segnaliamo anche almeno i lavori di Giorgio Luti, Italo Svevo, La Nuova
Italia, Firenze; di Enrico Ghidetti, Italo Svevo, Editori Riuniti, Roma; di
Mario Lavagetto, L'impiegato Schmitz e altri saggi su Svevo, Einaudi,
Torino.

* PAUL M. SWEEZY
Profilo: intellettuale marxista, nato nel 1910, nel 1949 con Leo Huberman ha
fondato la "Monthly Review". Opere di Paul M. Sweezy: Il presente come
storia, Einaudi; (con Paul Baran), Il capitale monopolistico, Einaudi; La
teoria dello sviluppo capitalistico, Boringhieri. Opere su Paul Sweezy: un
punto di partenza può essere l'articolo di Joseph Halevi, Il secolo breve di
Paul, in "Il manifesto" del 17 aprile 2000, in occasione dei novant'anni di
Sweezy.

* THOMAS S. SZASZ
Profilo: psichiatra e psicoanalista americano, nato a Budapest nel 1920,
docente universitario di psichiatria, critico del modello medico della
psichiatria, oppositore delle ideologie e delle pratiche autoritarie e
repressive. Opere di Thomas S. Szasz: segnaliamo almeno Il mito della
malattia mentale, Il Saggiatore, Milano; I manipolatori della pazzia,
Feltrinelli, Milano; L'etica della psicoanalisi, Armando, Roma;
Disumanizzazione dell'uomo, Feltrinelli, Milano; Il mito della droga,
Feltrinelli, Milano. Suoi interventi sono anche in Franca e Franco Basaglia
(a cura di), Crimini di pace, Einaudi, Torino; Laura Forti (a cura di), L'
altra pazzia, Feltrinelli, Milano; Luigi Onnis e Giuditta Lo Russo, La
ragione degli altri, Savelli, Roma.

* WISLAWA SZYMBORSKA
Profilo: poetessa polacca, ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura
nel 1996. Opere di Wislawa Szymborska: per un primo incontro: 25 poesie,
Mondadori, Milano 1998.

17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

18. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 262 del 19 ottobre 2001