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La nonviolenza e' in cammino. 244
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 244 del 30 settembre 2001
Sommario di questo numero:
1. Giovanni Scotto, una campagna globale per la pace
2. Albino Bizzotto, proposte contro la guerra
3. Una proposta di ordine del giorno per gli enti locali
4. Deputate per la pace, un appello
5. Francesco Comina, gli eretici della pace
6. David Bidussa, la civilta' impura
7. Massimiliano Pilati, la mia obiezione di coscienza
8. Le levatacce del Criticone: per la chiarezza
9. Letture: Amin Maalouf, L'identita'
10. Letture: Enzo Pace, Renzo Guolo, I fondamentalismi
11. Letture: Gianni Rossi Barilli, Il movimento gay in Italia
12. Gabriela Mistral, se ti odiassi
13. Hannah Arendt, raggiungere l'umanita'
14. Judith Revel, la resistenza
15. Per studiare la globalizzazione: da Renato Sacco ad Andrei Sakharov
16. La "Carta" del Movimento Nonviolento
17. Per saperne di piu'
1. RIFLESSIONE. GIOVANNI SCOTTO: UNA CAMPAGNA GLOBALE PER LA PACE
[Giovanni Scotto e' uno dei piu' rilevanti peace-researcher. Per contatti:
gscotto@zedat.fu-berlin.de]
Provo a buttare giu' ora due righe di riflessione sul da farsi. Diverse
persone amiche della pace hanno gia' preso la parola, mi sembra che stiamo
pian piano schiarendoci le idee sul tipo di situazione che oggi ci troviamo
di fronte.
Vorrei partire da un dato di fatto, gia' evidente nella vicenda della guerra
NATO per il Kosovo: in Europa, lo stato nazionale non e' piu' la sede in cui
vengono decise e condotte le guerre, ne' la sede in cui possono essere
elaborate alternative politiche alla guerra - fuorche' la importante ma
difficilissima decisione di "chiamarsi fuori", ovvero di praticare una forma
di obiezione collettiva. Nella NATO, oggi, nessuno stato e' politicamente in
grado di fare questo.
Il problema che ci troviamo di fronte - il terrorismo globale, la sua forza
di suggestione su masse di spossessati, le ingiustizie strutturali in cui
esso trova alimento, il nodo irrisolto tra Israele e Palestina - e' un
problema di ordine planetario. Per questo serve una risposta politica
globale.
Bisogna avviare l'idea - gigantesca, ma non irrealistica - di una campagna
globale per la pace, la tolleranza e la giustizia tra i popoli.
C'e' poi una seconda articolazione che e' rilevante per l'Italia. L'Unione
Europea e' il luogo deputato a elaborare strategie politiche alternative
alla guerra: perche' riunisce quasi tutti i membri europei della NATO,
perche' e' la principale agenzia al mondo di aiuti umanitari e di
cooperazione allo sviluppo, e non da ultimo perche' rappresenta la
realizzazione di quella che fino al 1945 non era che un'utopia - la
convivenza e la crescita insieme dei popoli dell'Europa occidentale.
E' solo a livello europeo che possiamo articolare un discorso alternativo
alla guerra. Percio' ci serve un campagna paneuropea per la pace, la
tolleranza e la giustizia planetaria. Gli amici dell'Europa sudorientale
potranno essere un aiuto prezioso per costruire questa campagna, perche'
hanno sulla loro pelle dieci anni di lotta ai sistemi di guerra dei loro
paesi.
Ancora non ho udito dalle grandi organizzazioni una proposta del genere, ma
sono certo che gia' in tanti e tante la stanno pensando e discutendo.
Teniamoci pronti. Forse la marcia Perugia-Assisi potrebbe diventare un primo
appuntamento paneuropeo per la pace. Ma una marcia non basta: servono
gruppi, e reti di gruppi, e una nuova cultura e finanche una nuova
rappresentanza nelle istituzioni politiche. Rimbocchiamoci le maniche.
2. RIFLESSIONE. ALBINO BIZZOTTO: PROPOSTE CONTRO LA GUERRA
[Don Albino Bizzotto e' portavoce dei "Beati i costruttori di pace". Per
contatti: via Antonio da Tempo 2, 35131 Padova, tel. 0498070522, fax:
0498070699, e-mail: beati@libero.it, sito: www.beati.org]
Domenica 23 settembre si e' riunito il direttivo dell'associazione Beati i
Costruttori di Pace per un momento di riflessione e per offrire alcune
proposte a tutti.
Mediatiche in questo momento sono principalmente le parole, pesanti come
macigni, e la "monotonia" di tutto il mondo politico occidentale che si
allinea sulle posizioni di Bush. Non sara' la guerra della CNN come nel
Golfo, probabilmente sara' una guerra con qualche colpo di scena (qualche
successo militare), ma con una gestione lunga non a portata
dell'informazione e dell'opinione pubblica. L'operazione complessiva sara'
lunga e non solamente militare.
Ci sono gia' non solo nelle dichiarazioni di Bush e di altri capi di
governo, ma anche negli interventi di persone a livello locale, pericolosi
accostamenti tra quanto avvenuto a Genova e negli USA, tra Osama Bin Laden
e l'Islam, tra immigrati islamici e terrorismo. Mai come in questo momento
si e' puntato al pensiero unico. Abbiamo bisogno di attrezzarcisoprattutto a
livello culturale, di aiutarci a cogliere non solo le ragioni, ma anche le
motivazioni profonde (anche inconsce) dei sentimenti e delle paure della
gente, esprimerci con parole e gesti sempre convintamente nonviolenti.
Saranno importanti gesti condivisi con quante piu' realta' possibili e una
visibilita' paziente e costante perche' tutta la popolazione, passata questa
ondata di immagini e di emozioni, non perda il contatto e il senso della
realta'.
Viviamo una situazione molto difficile e complessa, anche per le ricadute
che avremo nel nostro territorio, specialmente in rapporto agli immigrati,
ma possiamo aiutarci a trovare anche elementi di speranza e di fiducia.
Il tam-tam della societa' che sembrava impermeabile a qualsiasi proposta di
cambiamento e' stato bruscamente interrotto. Si andra' verso un
irrigidimento della societa' e verso lo scontro di forza o ci sono anche gli
spazi per guardare la realta' mondiale con occhi diversi e realizzare nuove
solidarieta'?
Aiutiamoci con riflessioni, suggestioni, proposte e percorsi a comprendere
che a questo punto un mondo diverso non solo e' possibile, ma e' necessario.
Le proposte che vengono presentate sono indicative. Renditi presente e
creativo.
Le cartoline possono essere richieste alla segreteria di Padova. Nel sito
(www.beati.org) cercheremo di mettere materiali utili. Aiutaci.
Ecco le nostre proposte:
- firmare e invitare a firmare la cartolina - indirizzata al Presidente
della Repubblica Ciampi e della Commissione Europea Prodi - che stiamo
predisponendo, che sara' disponibile a partire dal 2 ottobre e il cui testo
sara' il seguente:
Signor Presidente,
mi rivolgo alla sua autorita' di garante della Costituzione e di capo delle
Forze Armate, perche' l'Italia onori la legalita' sia in sede nazionale che
internazionale, anche in questo momento drammatico. Venga chiesto anche ai
governanti come ai cittadini di tutti gli stati il rispetto delle leggi.
La guerra come risposta a un crimine, per quanto efferato, non e' prevista
da nessuna legislazione civile, ne' da alcun istituto internazionale.
Nessuno ha mai affidato la giustizia agli eserciti.
La sola minaccia della guerra ha gia' creato sofferenze senza fine a
migliaia e migliaia di persone in fuga. La violenza genera altra violenza,
distruzioni e odio per generazioni.
La Costituzione italiana, lo stesso Trattato della Nato riconoscono che
spetta all'Onu garantire la pace e la sicurezza internazionali.
Come per altri crimini contro l'umanita', venga attivato, anche per
l'esecrabile strage negli Stati Uniti, il Tribunale Penale Internazionale,
sostenuto da un'azione di Polizia internazionale sotto l'egida delle Nazioni
Unite.
La supplico di scongiurare la guerra con l'impegnativa autorita' che Le da'
la nostra Costituzione pacifica e democratica.
Faccio appello anche alla Sua umanita': ascolti la voce e il grido dei
popoli, non solamente quella dei governanti.
Da parte mia, per il bene dell'Italia e dell'umanita' intera, mi opporro'
alla guerra con tutte le mie forze, con la nonviolenza, nel rigoroso
rispetto della eguale dignita' e della vita di ogni persona.
Se l'Italia sara' in guerra, io non ci saro'.
- chiedere al proprio Consiglio Comunale di approvare una delibera di
appoggio alla pace e di rispetto della legalita' internazionale (vedi bozza
preparata dal Centro Studi Diritti della Persona e dei Popoli
dell'Universita' di Padova).
- aprire nelle varie piazze italiane, anche insieme ad altri gruppi ed
associazioni, una presenza visibile (tende della pace), dove distribuire la
cartolina, articoli, testimonianze, che anche noi metteremo a disposizione.
Come segreteria ci impegniamo fin d'ora a rilanciare su Internet e via
e-mail i materiali piu' significativi di cui siamo in possesso e a
rilanciare le iniziative che verranno realizzate nelle varie citta'.
- favorire veglie interreligiose, incontri interculturali, ossia ogni
iniziativa che possa favorire il dialogo.
- Rilanciare queste informazioni su siti Internet conosciuti.
- Per la marcia per la Pace Perugia-Assisi del 14 ottobre, chi vorra' potra'
radunarsi dietro lo striscione dei "Beati i Costruttori di Pace", che
partira' da Ponte San Giovanni.
3. MATERIALI. UNA PROPOSTA DI ORDINE DEL GIORNO PER GLI ENTI LOCALI
[La seguente proposta di ordine del giorno e' stata elaborata dal "Centro
Studi Diritti della Persona e dei Popoli" dell'Universita' di Padova, ed e'
stata diffusa dai "Beati i costruttori di pace"]
Il Consiglio Comunale di...
- riaffermando la convinta adesione ai principi e ai fini della Carta delle
Nazioni Unite, che escludono la guerra come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali;
- richiamando l'art. 20 del Patto internazionale sui diritti civili e
politici, ratificato dall'Italia nel 1977: "1. Qualsiasi propaganda a favore
della guerra deve essere vietata dalla legge. 2. Qualsiasi appello all'odio
nazionale, razziale o religioso che costituisca incitamento alla
discriminazione, all'ostilita' o alla violenza deve essere vietato dalla
legge";
- richiamando [nel caso degli enti locali situati nella Regione Veneto]
l'art. 1 della L. R. 55/1999: "La Regione del Veneto, riconosce la pace e lo
sviluppo quali diritti fondamentali della persona e dei popoli, in coerenza
con i principi della Costituzione italiana e del diritto internazionale che
sanciscono la promozione dei diritti della persona e dei popoli, delle
liberta' democratiche e della cooperazione internazionale";
Tutto quanto precede premesso
Il Consiglio Comunale di...
- condanna con forza gli atti terroristici che hanno colpito negli Stati
Uniti migliaia di persone innocenti;
- esprime sentimenti di sincera solidarieta' alle famiglie di tutte le
vittime e al popolo americano;
- condivide il profondo dolore, l'angoscia e il senso di smarrimento che sta
scuotendo il mondo intero;
- condivide quanto enunciato nella Risoluzione del Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite 1368 (2001) del 12 settembre 2001, e cioe' che:
a) gli atti terroristici dell'11 settembre 2001 costituiscono "una minaccia
alla pace e alla sicurezza internazionale";
b) "tutti gli stati devono lavorare urgentemente insieme per assicurare alla
giustizia i responsabili, gli organizzatori e i sostenitori di questi
attacchi terroristici; e che coloro i quali offrono aiuto, supporto o
ospitalita' ai responsabili, agli organizzatori e ai sostenitori di questi
atti saranno ritenuti responsabili";
c) la comunita' internazionale deve "moltiplicare gli sforzi per prevenire e
sopprimere gli atti terroristici" e per dare attuazione "alle principali
convenzioni internazionali e risoluzioni del Consiglio di sicurezza contro
il terrorismo";
d) il Consiglio di sicurezza deve "intraprendere tutti i necessari passi per
rispondere all'attacco terroristico dell'11 settembre 2001 e combattere
tutte le forme di terrorismo in accordo con le proprie responsabilita' nel
rispetto della Carta delle Nazioni Unite";
- condivide integralmente il testo della "Dichiarazione comune dei capi di
stato e di governo dell'Unione Europea, della Presidente del Parlamento
europeo, del Presidente della Commissione europea e dell'Alto Rappresentante
per la politica estera e di sicurezza comune" del 14 settembre 2001, in
particolare quando si afferma che "combattere il terrorismo significa
garantire la sicurezza dei nostri cittadini e la stabilita' delle nostre
societa'. Le organizzazioni internazionali, in particolare l'ONU, dovrebbero
farne una priorita'. Il diritto internazionale consente di perseguire
penalmente gli autori, i mandanti e i complici in tutti i luoghi ovunque
essi si trovino";
- fa appello al senso di responsabilita' dei nostri governanti e dell'intera
classe politica affinche' facciano prevalere le ragioni della giustizia la
piu' rigorosa sugli istinti di vendetta;
- sottolinea con forza che la risposta a un crimine contro l'umanita' non
deve essere una guerra, perche' vietata in quanto tale dalla Carta delle
Nazioni Unite e dal diritto internazionale dei diritti umani, deve invece
essere un'azione di polizia militare, civile e giudiziaria internazionale
condotta sotto l'autorita' delle Nazioni Unite, con la partecipazione di
tutti gli stati amanti della pace, come recita l'art. 4 della Carta delle
Nazioni Unite;
- sottolinea in particolare che la comunita' internazionale, disponendo di
un corpo organico di norme giuridiche internazionali sui diritti umani e di
un sistema organizzato di cooperazione internazionale, deve affrontare crisi
drammatiche come quella in atto nel segno della legalita', applicando il
diritto internazionale penale e procedendo senza indugio alla messa in
funzione della Corte penale internazionale;
- riafferma che i crimini contro l'umanita' devono essere efficacemente
perseguiti e sanzionati in questa nuova dimensione di legalita'
internazionale;
- fa appello al governo italiano perche' intensifichi la sua pressione
presso gli altri stati affinche', mediante ratifica, consentano la rapida
messa in funzione della Corte penale internazionale;
- fa voti perche' gli Stati Uniti d'America siano fra i primi a farsi carico
di rendere subito possibile questo ulteriore passo di civilta' del diritto e
della politica;
- sottolinea la necessita' e l'urgenza di rafforzare e democratizzare l'Orga
nizzazione delle Nazioni Unite (unica casa comune di tutti i popoli del
mondo) e tutte le altre istituzioni internazionali, attraverso le quali
occorre finalmente mettere in funzione un sistema di sicurezza collettiva
dotato di tutte le risorse necessarie;
- sottolinea che la sicurezza collettiva deve essere economica e sociale
oltre che di ordine pubblico;
- manifesta il proprio impegno a partecipare attivamente, in base al
principio di sussidiarieta', alla costruzione di un ordine mondiale piu'
giusto, pacifico, solidale e democratico;
- rinnova la sua adesione al principio del rispetto della dignita' umana e
dei diritti e liberta' fondamentali che ineriscono ad ogni persona;
- riafferma solennemente la sua volonta' e la sua disponibilita' a
collaborare con le scuole e le formazioni di societa' civile per la
diffusione e lo sviluppo della cultura dei diritti umani, della pace e della
solidarieta';
- decide di partecipare il prossimo 14 ottobre alla marcia per la pace
Perugia-Assisi contro ogni forma di violenza e terrorismo, per la pace, la
sicurezza umana, la legalita' internazionale e la riconciliazione fra tutti
i popoli.
4. MATERIALI. DEPUTATE PER LA PACE: UN APPELLO
[Questo appello e' stato sottoscritto da tutte le deputate dell'opposizione]
Noi, donne elette in Parlamento, donne impegnate nel volontariato, nel
sindacato, nell'associazionismo, nel mondo del lavoro, della cultura e della
politica abbiamo espresso in molte sedi dolore e condanna per l'orrendo
attentato che ha colpito gli Stati uniti, uccidendo migliaia di vite
innocenti.
Come elette in Parlamento esprimiamo la nostra determinazione affinche'
vengano isolati e puniti i responsabili di questa tragedia; grande e' la
nostra preoccupazione di cittadine e di donne per gli effetti di
insicurezza, odio e violenza che stanno diffondendosi in queste ore fra
popoli e nazioni in una spirale sanguinosa che minaccia guerre su scala
mondiale.
Noi siamo impegnate affinche' la tragedia causata dal terrorismo non
degeneri in una drammatica barbarie civile ed umana, in un conflitto aperto
tra "pensieri" e civilta', in nome della supremazia di una sull'altra, in
una guerra ispirata da fondamentalismi che si contrappongono.
Noi non ci rassegniamo che alla violenza del terrorismo si risponda con la
violenza della guerra, che puo' determinare la morte di altre migliaia di
bambini, donne e uomini innocenti che non hanno niente a che fare con i
terroristi, in Afghanistan come in altri territori, e che subiscono il
fondamentalismo talebano responsabile di gravissime violazioni di diritti
civili ed umani, in particolare verso le donne.
Facciamo appello ai capi di Stato, di Governo, ai parlamenti, perche' contro
il terrorismo si riaffermi il primato della politica per impedire che la
lotta al terrorismo si trasformi in guerra contro il mondo islamico; perche'
si sviluppi un'alleanza fra i popoli del mondo fondata sulla convivenza, sul
rispetto dei diritti umani e civili e sulla difesa del diritto.
Come elette ci impegniamo ad indirizzare le nostre iniziative istituzionali
ispirandoci ai valori e alla cultura che mettono al centro il primato della
politica.
In queste ore ancora piu' forte e' la necessita' di rafforzare il ruolo
delle Nazioni Unite e di tutte le istituzioni internazionali democratiche
perche' si costruisca pace e sicurezza per tutte le donne e gli uomini della
terra.
Noi ci impegniamo in questo percorso contro il terrorismo e la guerra e
tutti i fondamentalismi che cancellando le liberta' producono le poverta' e
originano la guerra. A partire dal nostro lavoro quotidiano, dalle nostre
vite, dalle nostre relazioni, ci adopereremo per continuare a rafforzare
quella rete di relazioni, di solidarieta', di impegno concreto fra le donne
native e migranti, fra noi e le donne afghane, palestinesi, israeliane, del
mondo arabo e mediorientale che si battono per la liberta' femminile, per la
pace e la democrazia, per costruire nuovi e piu' forti ponti di convivenza e
di riconciliazione fra i popoli.
Con questo spirito il prossimo 14 ottobre parteciperemo alla marcia a
Perugia e Assisi per un'Europa aperta e solidale, strumento di pace,
giustizia, democrazia e liberta' del mondo.
Titti De Simone, Katia Zanotti, Rosi Bindi, Luana Zanella, Elettra Deiana,
Barbara Pollastrini, Tiziana Valpiana, Carla Rocchi, Giovanna Grignaffini,
Graziella Mascia, Silvana Pisa, Laura Cima, Livia Turco, Laura Pennacchi,
Marisa Abbondanzieri, Giovanna Melandri, Roberta Pinotti, Raffaella Mariani,
Gloria Buffo, Alba Sasso, Franca Bimbi, Carmen Motta, Maura Cossutta, Fulvia
Bandoli, Lalla Trupia, Silvana Dameri, Elena Montecchi, Sesa Amici, Paola
Mariani, Marcella Lucidi, Marina Sereni, Marida Bolognesi, Gabriella
Pistone, Katia Belillo, Rosella Ottone, Anna Finocchiaro, Olga D'Antona,
Alberta De Simone, Beatrice Magnolfi, Elena Cordoni, Giuliana Riduzzi,
Franca Chiaromonte, Paola Manzini, Margherita Coluccini.
5. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA: GLI ERETICI DELLA PACE
[Questo articolo di Francesco Comina e' apparso su "Il Mattino" di Bolzano;
ringraziamo l'autore per avercelo messo a disposizione. Per contatti:
f.comina@ilmattinobz.it]
Gli "eretici" sono scesi in piazza, ieri, oggi e domani ancora sfileranno da
soli, in gruppo, sventolando le loro bandiere con l'arcobaleno della pace,
dei diritti e della solidarieta' fra i popoli.
Un loro avversario li ha appena accusati. Sono loro i veri eretici dentro e
fuori la Chiesa - ha detto il consigliere di Berlusconi don Gianni Baget
Bozzo, un prete che ha cambiato molte bandiere prima di approdare alla fede
neoliberale -, sono loro che contestano lo status quo ad essere fuori pista,
lontano dalla Verita' espressa da questo sistema e - lo ha fatto intendere
benissimo - da questo governo.
Forse pensava ai ragazzi di Genova, don Baget Bozzo, ai "deliri" di piazza
che ora tornano a contestare le ragioni di una guerra in un mondo diviso fra
"buoni" e "cattivi".
Le stesse parole di Wojtyla fatte rimbombare dall'Armenia: "No alla guerra,
si' alla pace fra i popoli". Parole eretiche per il Vaticano, che senza
ascoltarle aveva, in un primo tempo, dato via libera all'azione militare in
Afghanistan, ma il giorno dopo il portavoce Navarro Valls rammaricato era
corso a rettificare: "Noi non abbiamo dato il via libera a nessuna
guerra...".
Ma gli eretici di Baget Bozzo si nascondono fra i poveri, fra i diseredati,
fra i derelitti della storia che egli non ha mai visto e mai conosciuto
(altre sono le sue frequentazioni). Sono suoi confratelli: don Oreste Benzi,
don Vinicio Albanesi, don Luigi Ciotti, don Antonio Mazzi, padre Alex
Zanotelli, mons. Luigi Bettazzi, mons. Loris Capovilla, mons. Giancarlo
Bregantini. Eretici e contestatori di un modello di sviluppo rinchiuso nelle
torri militarizzate del privilegio dove l'immagine di Cristo allevia la
colpa di non essere fuori, la' dove l'"eretico" di Nazareth ha vissuto e
seminato il suo "Vangelo della pace": "Ogni volta che entrate in una casa,
dite pace a coloro che trovate in quella casa".
Ma se ci voltiamo indietro, la memoria si affolla di questi eretici, che
sono l'immagine viva della Chiesa. San Massimiliano, patrono degli obiettori
di coscienza. Nel terzo secolo, quando l'eresia cristiana era perseguitata
dal "sistema" imperiale, il soldato Massimiliano in Africa disse ai suoi
superiori: "Io non sparo, sono un credente". Fu processato e mori' sulla
croce, come il suo Maestro.
Padre degli eretici pacifisti e ambientalisti e' stato Francesco d'Assisi.
La sua denuncia del "secolo", con il rifiuto del mercato, ha trovato il suo
senso fuori dalle mura di Assisi, nel dissenso piu' scandaloso
dell'emarginazione, "peccatore" fra i lebbrosi. Qualcuno l'ha chiamato
"folle". Baget Bozzo lo accorperebbe fra i cristiani atavici senza senso.
Eppure ha cambiato la storia. Dove arrivava portava la pace. Quando gli
eserciti si muovevano per liberare la Terra Santa dai musulmani "infedeli"
lui si intratteneva in rapporti di fraternita' con il sultano di Damietta e
questi lo riempiva di doni. Ancora oggi, davanti a Francesco credenti e non
credenti se ne stanno muti in ascolto e Assisi e' diventata una delle citta'
piu' cercate al mondo: da Dario Fo a Leonardo Boff, da Pasolini, che vi
medito' il suo Vangelo secondo Marco, a Guenther Grass.
L'eresia ha spezzato il cielo di Londra con il grido mortale di Tommaso
Moro, ghigliottinato per essersi opposto al suo Re. Il giureconsulto fedele,
che aveva sognato Utopia come societa' perfetta, non ha retto al potere
dell'impero e lo ha rifiutato radicalmente.
E ancora, piu' avanti, l'eresia di Bartolome' de Las Casas in centroamerica,
il conquistatore convertito dagli indios, che ha combattuto una lotta
tenacissima contro la violenza del nuovo ordine neoliberista del mondo: un
ordine che ha ucciso, massacrato, schiacciato e denudato i popoli.
I movimenti per la pace e per i diritti, che sono scesi nelle piazze di
Genova e che ora scendono nelle strade delle citta' occidentali per dire no
alla guerra, sono quei movimenti che hanno ben presenti sullo sfondo i
grandi "eretici" del nostro tempo: Gandhi, Martin Luther King, Einstein,
Dorothy Day, Luthuli. Conoscono la persecuzione degli ebrei e dei liberi
pensatori durante la seconda guerra mondiale; leggono le memorie delle
vittime, che non potevano rientrare nell'ordine del sistema: Bonhoeffer,
Simone Weil, Etty Hillesum, gli studenti della Rosa Bianca, Josef
Mayr-Nusser (tanto per fare solo pochi esempi di sommersi), ma anche
l'eresia di coloro che si sono sottratti alla girandola del male, come il
soldato altoatesino delle SS Leonhard Dallasega, che si e' rifiutato di
uccidere il parroco di Giazza don Domenico Mercante.
Ancora sono accompagnati dalle testimonianze di chi ha avuto l'ardire di
contrastare l'ingiustizia e la violenza dei sistemi dittatoriali in Brasile,
Argentina, Salvador, Messico, Uruguay, Paraguay, quel sistema del terrore
che aveva chiari e invadenti compromissioni con gli Usa. Ne sono morti a
migliaia come ci ricordano le cronache dei sopravvissuti.
Eppure oggi la lezione non e' finita. La guerra torna continuamente a
minacciare il futuro dell'umanita', torna con il profilo d'acciaio dei
caccia, con gli slogans bellicosi della forza, con l'individuazione del
nemico da combattere, con la contrapposizione virtuale delle civilta'
secondo orchestrazioni gia' viste.
In questo mondo vivono e operano gli eretici pacifisti. Don Gianni Baget
Bozzo li contrasta, mentre cercano di scrivere pace sulle carte storte della
guerra. Ma intanto sono loro a segnarci la strada per il futuro, la strada
del dialogo fra cristiani e Islam. In barba a Baget Bozzo e al cardinale
Biffi, otto eretici cristiani in Algeria sono stati sgozzati. Ma le loro
parole rimangono scolpite nel testamento spirituale del priore trappista
frere Christian: "Se mi capitasse un giorno di cadere vittima del
terrorismo, che sembra voler coinvolgere tutti gli stranieri che vivono in
Algeria, vorrei che la mia comunita', la mia chiesa, la mia famiglia si
ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese... E anche a
te, amico dell'ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Si',
anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che
ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio".
6. RIFLESSIONE. DAVID BIDUSSA: LA CIVILTA' IMPURA
[Questo articolo di David Bidussa, uno dei piu' lucidi, colti e rigorosi
intellettuali italiani, e' comparso sul quotidiano "Il manifesto" del 28
settembre]
Le riflessioni proposte da Angelo Panebianco sul "Corriere della Sera" del
26 settembre rappresentano un volto della cultura politica circolante in
Italia. Come tali e' giusto che siano discusse. Prendere in parola quanto
sostiene Panebianco significa ritenere che chiunque metta in dubbio la
versione accreditata della storia culturale di cui ci troviamo ad essere
eredi, e' un membro di una "quinta colonna" da isolare prima e poi si
vedra'. Comunque e' un "nemico del popolo". Ma la storia - ancor piu' la
storia culturale - di cui siamo eredi e' un distillato puro? Io sono
convinto dell'opposto. Di solito, come vedremo in conclusione, sostenere che
la storia sia un distillato puro conduce a esiti poco auspicabili per chi
abbia a cuore le sorti democratiche della propria societa'.
Militano dalla parte della riflessione di Panebianco una certa isteria, una
discreta dose di paura dell'ignoto e una buona retorica di esposizione dei
muscoli. Tutte cose che in un paese pieno di retorica e incapace di
autocritica tornano sempre utili. Comunque ingredienti che si fanno
autorevolmente spazio.
Panebianco, se non equivoco, sostiene che avere una dimensione di
relativismo culturale rispetto alla propria storia e alla propria tradizione
culturale implica svendere la propria identita' e di fatto non possederne
una.
Se capisco bene il relativismo culturale secondo Panebianco e' una
dimensione in cui si nega valore alla propria civilta' e si dichiara che i
valori in essa contenuti o contemplati sono interscambiabili, comunque sono
indifferenti. A questo - se non forzo il suo ragionamento - Panebianco
contrapporrebbe un determinismo culturale.
Al di la' di cio' che si puo' dire in buona maniera, la filosofia grezza di
questo ragionamento conduce con piu' o meno celerita' a sostenere che
l'altro non solo e' differente, ma che e' inferiore. Se ciascuna civilta' -
considerata in se' come un kit chiuso e definito - e' il prodotto (e per
certi aspetti il prigioniero) delle sue tradizioni uniche, l'unico metro di
comparazione con qualcos'altro e' solo il proprio specifico assunto a unita'
di misura universale. Difficilmente in queste condizioni qualcuno sostiene
di essere uguale a qualcun altro.
Non sono un antropologo, ma credo che chiunque abbia un minimo di
dimestichezza con l'antropologia consideri questa tesi alquanto bizzarra.
Almeno a partire da Malinowski, per non parlare di Mauss, Levi-Strauss fino
a Clifford Geertz e James Clifford, l'idea di una civilta' pura, non
ibridata da contaminazioni e da mescolamenti, appartiene piu' alla
fantastoria che non alla storia reale. Per certi aspetti e' propria di una
versione etnicistica e razzizzata della storia.
In ogni caso al di la' del fascino che ciascuno puo' avere per le tesi del
conflitto di civilta' sollevate da Samuel Huntington, lo stesso concetto di
civilta' come dato in se', come prodotto interno a un gruppo dato e
costruito a tutto tondo e' improprio.
Vale per il concetto di civilta' quanto vale per l'idea di eguaglianza.
Ovvero il fatto che non solo l'uguaglianza, ma anche l'idea di eguaglianza
non sia un dato bensi' un risultato, un lungo lavoro su noi stessi per
sostenere l'eguaglianza fra gli esseri che come passeggeri temporanei si
trovano a vivere su questo pianeta, e soprattutto a provare a coabitare. In
merito al concetto di civilta' o alla sfera di civilta' di cui noi siamo
espressione o al cui interno siamo inclusi, non sarebbe disdicevole compiere
uno sforzo e cercare di ricordare a noi stessi che noi non siamo solo il
frutto di una storia che ereditiamo, ma che questa storia, per nostra
fortuna, e' un ibrido.
"Noi siamo fatti di cose in prestito. Lo siamo anche culturalmente, Animali
intrinsecamente insaturi, incompleti e contingenti, ci siamo foggiati
protesi nelle culture in cui ci e' accaduto di avere una vita da vivere e
un'identita', distinta da altre da ricevere, ereditare o inventare,
modellare e costruire. Anche in questo senso, possiamo riconoscere in modo
perspicuo insieme alla nostra contingenza, il nostro essere intrinsecamente
debitori ed eredi. Nello stesso senso in cui siamo fatti di cose prese in
prestito, fisicamente e culturalmente, noi possiamo facilmente riconoscere
di essere tutti immigranti nel mondo del pensiero".
Non lo scrive un noto esponente del nemico, ma Salvatore Veca (La penultima
parola e altri enigmi. Questioni di filosofia, Laterza, pp. 11-12), un
collega di Panebianco, un filosofo della politica che ha profondamente
rinnovato la cultura di un segmento rilevante della sinistra italiana in
senso liberale.
Non che questo dimostri che c'e' un vero liberalismo, ma semplicemente che
non basta dire di aderirvi, per essere gli unici detentori della parola e
del suo significato nel campo del confronto delle idee.
E tuttavia, replicare a Panebianco solo attraverso l'arma dell'ironia o
della considerazione semiseria o con la citazione giusta e pregnante sarebbe
sbagliato. Perche' Panebianco e' l'espressione di uno stato d'animo e dunque
con quello stato d'animo si trattera' di confrontarsi.
Uno stato d'animo che e' trasversale sull'asse destra/sinistra nel mercato
politico di questo paese. Insomma dietro e dentro il ragionamento di
Panebianco, nel suo sguardo rigido su cio' che denomina il "nemico di
civilta'" che ci piaccia o no c'e' anche un pezzo non irrilevante di molti
settori della sinistra presenti nel mercato delle idee che hanno uno sguardo
uguale e contrario. Settori che hanno uno sguardo accattivante e affascinato
dall'idea di esotico e al tempo stesso, proprio per questo, pensano
semplicemente le altre civilta' come "anticivilta'", come civilta'
verticalmente alternative.
Non sara' allora improprio provare a riflettere in altro modo, seguendo
alcune ipotesi avanzate da Ernst Gellner in un piccolo libro prezioso che
converrebbe rileggere di questi tempi (Ragione e religione, il Saggiatore)
in cui si affrontano le strette parentele tra fondamentalismo e relativismo,
i due -ismi che Panebianco dichiara di combattere ma che per molti aspetti
costituiscono lo scheletro del ragionamento che egli vuol difendere.
Secondo Gellner fondamentalismo e relativismo non solo come modi di essere e
di pensare, bensi' come modalita' dell'agire, in apparenza speculari, sono
in realta' correlati. A suo avviso, infatti, il fondamentalismo non e'
decodificabile a partire dal codice normativo cui dichiara di aderire e
dunque non e' analizzabile ne' come ortodossia corazzata dagli strumenti
della modernita' (fede piu' techne), ne' come un generico atteggiamento
astorico in cui la teologia detta i codici culturali di riferimento.
Entrambi questi due livelli, secondo Gellner, concorrono a definire il
fondamentalismo, ma constatarne l'operativita' al suo interno non e'
sufficiente. Gellner, infatti, colloca il problema del fondamentalismo sul
piano della rivoluzione dei costumi e delle costituzioni materiali delle
societa' attraversate dal fenomeno fondamentalista (Gellner si riferisce
essenzialmente al mondo islamico). Ossia il fatto che il fondamentalismo non
sia ne' una rivincita della tradizione contro la modernita', ne' il recupero
di un codice scritto, ma la decisione di aderire ad una forma idealizzata di
civilta'. Ovvero la contrapposizione con il moderno non e' giocata ne' su un
piano filosofico, ne' su quello economico (anche se si danno ricadute su
entrambi i piani), bensi' su quello etnico. Si potrebbe osservare che a
monte delle riflessioni di Panebianco sta proprio questo aspetto e che molte
delle sue considerazioni sono semplicemente omologhe a un'ipotesi di tipo
fondamentalista.
Ma nello stesso senso, l'autoreferenzialita' che sostiene la mentalita'
fondamentalista e' rintracciabile anche all'interno dell'ipotesi
relativista, nominalmente disponibile e aperta al confronto, tanto da non
scegliere nessun valore come il proprio, ma in realta' votata alla retorica
di avere "l'ultima parola". Ovvero il relativismo culturale come retorica
discorsiva attraverso la quale ritrovare e coltivare il proprio narcisismo e
dove dunque la propria presunta identita' pura e non ibridata conferma la
propria superiorita' perche' capace di contemplare l'ipotesi dell'esistenza
anche di civilta' altre (salvo appunto guardarle come "altre").
Una dimensione che sembra disegnare la parabola tragicomica di Robinson
Crusoe: un uomo che si crede "cittadino del mondo", esterofilo quanto altri
mai, attratto da tutto cio' che e' esotico e "altro", la cui massima
aspirazione consiste nell'"invecchiare a casa propria".
Crusoe non e' solo il ritorno a casa, ma, anche, l'idea che l'incontro con
l'altro e' sempre un corpo a corpo da cui si esce o sconfitti o vincenti e
la posta e' semplicemente l'inclusione dell'altro nel proprio sistema o
l'espulsione. Comunque dall'incontro non si esce ne' modificati ne'
arricchiti, ma solo confermati o distrutti, annichiliti. Ovvero: metamorfosi
o trasformazioni della nostra identita' non sono previste.
La storia non funziona cosi'. La retorica della storia funziona cosi'. Ma
quando la versione retorica della storia pretende di spiegare materialmente
la storia, di cogliere e descrivere vite reali trasformando persone in icone
o feticci, insomma sagome da poligoni di tiro, allora vuol dire
semplicemente che la tolleranza e' diventata un optional e ormai si viaggia
per appartenenze, che la bio-politica, come direbbe Foucault, ha dispiegato
le sue vele al vento.
Di solito quand'e' cosi' si assumono gli uomini e le donne per identita'
fissate senza possibilita' mediative, comunque le figure miste (quali poi
tutti noi siamo) non hanno spazio. Nell'esperienza storica cui si richiama
bin Laden, la conseguenza e' una pratica sterminativa, schiavizzante o
servile. Nell'esperienza storica dell'Occidente, tanto la mia come quella di
Panebianco a cui entrambi apparteniamo, la conseguenza non e' diversa e
materialmente, in tempi non lontani, e' stata quella di strani treni che si
mettono in viaggio "verso Est". Un Est collocato tra Boemia e Polonia, ma
anche situato dalla parti del circolo polare artico. In ogni caso treni che
si riempivano di attori culturalmente dichiarati alieni e "pericolosi"
(fossero essi rom, gay, dissidenti, handicappati, ebrei...). Piu'
recentemente in nome della buona civilta' anche il machete e' sembrato uno
strumento utile per risolvere il problema dello "spazio vitale" minacciato.
E' questa un'ipotesi azzardata e uno scenario fosco? Forse. Ma le parole
hanno un peso e qui, davvero, hanno una storia.
Quando si parla di scontro di civilta' e si assume che qualcuno sia la
quinta colonna di qualcun altro, e comunque contamini la nostra "buona vita"
e infine turbi la nostra buona coscienza, insomma che inquini la nostra
esistenza, allora vuol dire che quei treni hanno ripreso la loro corsa, se
non materialmente certo mentalmente, e che nuovi inquilini sono candidati a
riempirli. Il resto, ed e' ancora molto, e' tutto davanti a noi.
7. ESPERIENZE. MASSIMILIANO PILATI: LA MIA OBIEZIONE DI COSCIENZA
[Massimiliano Pilati e' membro del comitato di coordinamento del Movimento
Nonviolento e coreferente del nodo Lilliput di Bologna. Ha appena concluso
il suo servizio civile di cui fornisce qui una intensa testimonianza, della
quale lo ringraziamo. Per contatti: pilati73@libero.it]
Il 30 novembre 2000 e' cominciata la mia vita da obiettore di coscienza,
oggi, venerdi 21 settembre 2001, entro nella mia ultima settimana di
servizio ed e' quindi giunto per me il momento di fare un bilancio di questa
mia esperienza.
I miei 10 mesi da obiettore di coscienza in servizio civile li ho svolti
presso la segreteria obiettori della Caritas di Bologna.
Sono entrato in servizio pieno di "alti" concetti come nonviolenza,
antimilitarismo, difesa popolare nonviolenta, obiezione di coscienza, invece
il primo impatto con la Caritas e' stato durissimo. In segreteria mi sono
trovato a far compilare moduli CB01, CB02 (di presa contatto con il centro
operativo), moduli A di inizio tirocinio, moduli B di fine servizio, moduli
C di inizio servizio e moduli D di fine servizio (quello che, con mio
disappunto, qui tutti chiamano militarmente: congedo). E ancora, a compilare
licenze e liste di pagamento per gli obiettori, insomma mi sono sentito un
freddo burocrate, un po' come quei "caporaletti" che mi guardavano storto
quando andavo allo sportello "servizio civile" del distretto militare a
portare documenti vari per la Caritas.
Anche i miei compagni obiettori mi sembravano degli stacanovisti
dell'assistenza, dei servi dell'ente pronti ad una sola cosa: servire,
servire, servire. Insomma per me, che arrivavo in servizio pieno di
motivazioni "nonviolente", una doccia fredda.
Poi, un po' alla volta, ecco che finalmente si aprono degli spiragli di luce
in questo mio sentirmi burocrate e questo soprattutto grazie al rendermi
finalmente conto che non potevo comportarmi come "l'ultimo degli obiettori
di coscienza", l'unico, incompreso e superiore portatore del Sacro Verbo di
Pietro Pinna.
Il riuscire a togliermi da quel piedistallo di superiorita' che mi ero
autoimposto mi ha fatto vedere le cose in maniera diversa. Mi sono
finalmente reso conto che potevo parlare, discutere e confrontarmi su molte
cose con le decine di obiettori e aspiranti tali che passavano nel mio
ufficio. Che avevo una splendida opportunita' nel fare i colloqui con gli
aspiranti e che potevo parlare loro del mio sentirmi obiettore di coscienza
in servizio civile.
Finalmente anche i miei colleghi in servizio mi sono apparsi non piu' come
semplici esecutori, ma come splendidi ragazzi con una loro consapevolezza e
con delle loro profonde convinzioni etiche e morali. Certo, la maggior parte
di loro si sente in servizio civile per aiutare il prossimo e non come
obiettore contro tutti gli eserciti e le guerre; ma con ognuno di loro ho
potuto scambiare idee, riflessioni, discutere animatamente sui fatti di
Genova, sui piu' recenti fatti negli USA e soprattutto sui vari significati
che ognuno di noi ha dato a questi dieci mesi di servizio.
Durante la primavera ho poi avuto la possibilita' di spostarmi due giorni
alla settimana presso un Centro di Documentazione alla Mondialita' dove ho
potuto arricchirmi molto grazie alle centinaia di riviste, libri e dossier
che archiviavo e nell'aiutare gli utenti del centro a fare ricerche sui temi
piu' disparati come guerra, pace, globalizzazione, Nord-Sud del Mondo e
moltissimi altri argomenti che sentivo sempre piu' miei mano a mano che
proseguiva questa mia avventura da obiettore.
Sempre in quel centro ho avuto la possibilita', per me importantissima, di
usare alcune ore del mio servizio per contribuire alla nascita e poi, ora,
al consolidamento del nodo bolognese della Rete di Lilliput, entita' nella
quale mi sono buttato a capofitto e che mi ha permesso di conoscere
centinaia di persone e di avere confronti, a volte anche duri, con le altre
realta' del "movimento dei movimenti".
Per me, non credente, e a volte con dei preconcetti sui cattolici, e' stato
molto arricchente conoscere i volontari e gli operatori dei vari centri
operativi della Caritas, entrare in diretto contatto con tremende realta' di
emarginazione, poverta' e degrado. Ho scoperto quanto possa essere brutto
dover dire ad un clandestino: "Posso fare veramente poco per aiutarti".
Quanto a volte siano fredde e stupide certe leggi che fanno fare percorsi
burocratici allucinanti a delle persone che desiderano ottenere il
riconoscimento come profughi e rifugiati politici e che hanno subito sulla
loro pelle la guerra, l'odio e la tortura.
Il senso di rabbia, condiviso con altri obiettori, nel rendersi conto che
molte istituzioni e pubblici servizi scaricano molte persone bisognose alla
Caritas. Le immense discussioni quando il direttore della nostra Caritas
decise di chiudere temporaneamente la mensa dei poveri, l'unica a dare un
pasto serale nella "civilissima" Bologna. Spesso ci siamo sentiti piccoli
ingranaggi di una grande struttura e tuttora molti di noi stentano a capire
le mosse "politiche" della Caritas e dei suoi capi.
Mi rimangono in ogni modo splendidi ricordi: come i venerdi di formazione
(ma attenzione, formazione al servizio, non alla pace, alla nonviolenza)
dove abbiamo avuto la possibilita' di un confronto corale tra tutti noi.
Mi rimangono poi, indelebili nel ricordo, le visite a Pietro Pinna, mio
grande padre spirituale e "cattivo maestro", per una video-intervista e il
successivo coinvolgimento di altri obiettori nella preparazione di un
piccolo documentario sull'obiezione di coscienza. Portero' sempre con me le
sue parole, i suoi racconti sulla nascita del Movimento Nonviolento, sulla
Disobbedienza Civile del Gruppo d'Azione Nonviolenta (GAN) in lotta per il
riconoscimento dell'Obiezione di Coscienza, le mille marce nonviolente e le
mobilitazioni contro i missili a Comiso.
Altro bel ricordo sara' sicuramente la giornata passata a Monte Sole
(storico luogo dove 770 persone tra donne, uomini e bambini, furono
barbaramente trucidati dalle mitragliatrici naziste tra il 29 settembre e il
5 ottobre del 1944). Abbiamo scelto quel luogo cosi' fortemente simbolico e
carico di memoria storica per parlare di conflitto e per discutere tutti
assieme sulle possibilita' di intervenire nella risoluzione di questi,
indipendentemente che siano a livelli micro, meso o macro. Li', io, Max
(casco bianco in Rwanda) e Dario (odc presso lo sportello rifugiati
politici) abbiamo cercato di coinvolgere tutti gli obiettori in un gioco
cooperativo per cominciare a entrare e a vivere da obiettori il conflitto.
Ricordo l'impotenza e la rabbia che mi ha assalito nel vederci passare sopra
le teste e a bassa quota un caccia militare, proprio mentre sostenevo la
necessita' di tornare come obiettori ad un ruolo di cittadini "attivi per la
pace".
Infine anche quei tre interminabili minuti di silenzio che abbiamo dedicato
alle vittime della strage americana. Interminabili perche' vissuti in quel
luogo fuori del tempo, davanti ai resti di una chiesetta distrutta dalle
bombe e dalle mitragliatrici, con i muri con ancora i buchi delle pallottole
e dentro la quale si erano rifugiate donne, uomini e bambini trucidati dalla
furia assassina di un esercito allo sbando.
E' in posti come Monte Sole che ci si rende conto veramente della barbarie
della guerra, quei luoghi ti raccontano di sofferenze, di dolore e di morte
e invocano il nostro intervento per porre fine a tanta violenza.
La giornata a Monte Sole e' arrivata quasi alla fine del mio servizio
civile, quei luoghi mi sono serviti a ricordare a me stesso la necessita' di
un serio impegno e lavoro per la pace, la necessita' di dovermi sentire
obiettore di coscienza anche alla fine e dopo il mio servizio civile, per
tutta la vita.
Mi hanno richiamato le parole di Pietro Pinna nell'intervista sopracitata,
mentre commentava il ruolo di noi obiettori in servizio civile: "E' bello
questo, lodevole. Tu senti di dare il contributo ad una singola persona che
ha, per esempio, delle difficolta' deambulatorie. Ma considera quanto
irrisorio sia questo tuo contributo quando lasci che venga la guerra a
troncare gambe e braccia, se non addirittura l'esistenza intera di centinaia
di vite umane. Questo quindi dovrebbe entrare nella consapevolezza
dell'obiettore di coscienza in servizio civile".
8. LE LEVATACCE DEL CRITICONE: PER LA CHIAREZZA
Che alcuni portavoce pubblici del fondamentalismo piu' aggressivo usino
talora gli stessi argomenti del movimento per la giustizia globale non e'
stupefacente: poiche' quegli argomenti sono forti e veri, chiunque puo'
utilizzarli.
Ma se quel signor Bin Laden affermasse che e' la terra che gira intorno al
sole e non viceversa, per questo diremmo che Copernico e Galilei sono
fiancheggiatori degli sgozzatori che menano strage in Algeria?
E dunque diremo che Susan George o il pontefice cattolico o Vandana Shiva o
Hildegard Goss-Mayr quando criticano un ordine mondiale ingiusto sono ipso
facto arruolati nelle file del terrorismo internazionale?
Cerchiamo di essere seri dinanzi alle cose serie e terribili.
*
Che nel movimento che si oppone alla globalizzazione neoliberista vi siano
settori ambigui sulla violenza, collusi con pratiche violente, e favorevoli
se non alle guerre alle guerriglie o a regimi autocratici o a gruppi che
usano il terrorismo, e' cosa evidente e basta esaminare le loro pubbliche
dichiarazioni, le stesse che fanno si' che i mass-media li coccolino e
propinino all'opinione pubblica ad ogni pie' sospinto.
E proprio per questo e' necessario ed urgente che gli amici della
nonviolenza si separino da essi. Poiche' essi non sono affatto nostri
compagni di strada, ma tra i peggiori avversari del nostro impegno (lo
ripeto: tra i peggiori, peggiori avversari).
*
Che il terrorismo sia pratica non solo di piccoli gruppi criminali ma anche
di governi e di stati e' cosa nota.
Il "Terrore" per antonomasia fu pratica politica e azione stragista adottata
non in una sperduta landa ai confini del mondo conosciuto, ma nella Francia
uscita dalla fioritura dell'Illuminismo in un momento fulgido ed eroico
della lotta per gli "immortali principi dell'89": la liberta',
l'eguaglianza, la fratellanza.
L'embargo all'Iraq e' terrorismo (ed infatti ha fatto morire innumerevoli
uomini e donne e bambini, e consentito al regime di Saddam Hussein di
resistere e consolidarsi).
La guerra dei Balcani e' terrorismo (ed infatti ha favorito trafficanti di
droga e di armi, assassini e mafiosi, e lasciato macerie - non solo
materiali - infinite).
Sul terrorismo non si puo' essere bizantini: o lo si condanna o lo si
accetta, e se lo si accetta si e' complici. Se lo si condanna, lo si deve
condannare sempre. Noi siamo di quelli che lo condannano sempre. I complici
dell'embargo no; chi ha fatto la guerra dei Balcani no. Tanto per la
chiarezza.
*
Coloro che menano scandalo per le dislessie berlusconiane evidentemente non
conoscono l'argomento del cane di Alcibiade. Sarebbe utile si informassero e
ci ragionassero sopra.
Il problema non e' che il presidente del consiglio dei ministri che governa
il nostro paese racconti barzellette razziste o rilasci dichiarazioni
razziste o enunci sillogismi totalitari. Il problema non sono le gaffes a
ripetizione. Esse servono a distrarre l'attenzione da cio' che e'
sostanziale, tutto volgendo in caricatura.
Il problema e' che il nostro paese e' governato, certo dopo vere elezioni e
quindi con il consenso di una parte maggioritaria dei votanti (anche
Mussolini nel '24 e Hitler nel '33 vinsero le elezioni), da un'alleanza
politica che ha come elementi costituenti un partito erede del neofascismo
(di cui autorevoli rappresentanti istituzionali ancor oggi festeggiano ogni
anno l'anniversario della marcia su Roma, ed il cui leader e attuale
vicepresidente del consiglio dei ministri non molto tempo fa dichiaro'
essere Mussolini il massimo statista del XX secolo); un partito che sul
razzismo (dico: il razzismo, che e' un crimine contro l'umanita') ha
costruito le sue fortune (fino a recenti ignominie compiute da suoi
rappresentativi esponenti che si prova vergogna anche solo a descriverle); e
un partito che gode dell'apprezzamento di personalita' legate ai poteri
criminali e che ha fatto dell'aggressione alla magistratura uno degli
elementi fondamentali della sua azione (e vi e' chi ritiene della sua stessa
ragion d'essere).
Di questo dovremmo ragionare, piu' che dei tic linguistici che questo
background rivelano.
*
Non amo la parola civilta', preferisco piuttosto il termine cultura, e lo
uso cosi' come ho imparato leggendo i classici dell'antropologia.
Ma se non mi piace il sostantivo astratto mi piace l'aggettivo concreto:
persone civili, un comportamento civile: il contrario di barbaro e brutale;
popolazione civile: il contrario del militare, del guerriero, dell'uccisore;
costumi civili, civile convivenza: il contrario delle strutture autocratiche
e gerarchiche, della "personalita' autoritaria" (Fromm), della muta
(Canetti), delle culture dogmatiche e sacrificali; il contrario del
totalitarismo, dell'integralismo, del maschilismo, del fascismo indagato da
Dostoevskij e da Cechov, da Hannah Arendt e da Virginia Woolf.
*
Siamo tutti meticci, grazie al cielo. E siamo anche tutti impastati di luce
e di ombra, per fortuna. E poiche' siamo tutti esposti al male, alla
sofferenza, alla morte, avvertiamo ognuno il desiderio e il diritto di
vivere e di essere felici. Lo avvertiamo, ognuno di noi, ognuno per se': e
riconoscendoci l'un l'altro esseri umani capiamo che lo stesso diritto che
io rivendico per me a che altri non mi facciano del male, ogni altro
parimenti per se' lo rivendica. Questa e' la civilta': il riconoscere agli
altri esseri umani gli stessi diritti che chiedi per te.
9. LETTURE. AMIN MAALOUF: L'IDENTITA'
Amin Maalouf, L'identita', Bompiani, Milano 1999, pp. 192, lire 16.000. Un
saggio appassionato e persuasivo dello scrittore nato in Libano e residente
a Parigi. Il titolo originale, esatto e denso, e' "Les identites
meurtrieres".
10. LETTURE. ENZO PACE, RENZO GUOLO: I FONDAMENTALISMI
Enzo Pace, Renzo Guolo, I fondamentalismi, Laterza, Roma-Bari 1998, pp. 172,
lire 14.000. Un lavoro sintetico ed introduttivo che fornisce utili spunti e
percorsi per ulteriori ricerche.
11. LETTURE. GIANNI ROSSI BARILLI: IL MOVIMENTO GAY IN ITALIA
Gianni Rossi Barilli, Il movimento gay in Italia, Feltrinelli, Milano 1999,
pp. 246, lire 13.000. Scritto con stile forse troppo giornalistico e' un
utile contributo storiografico particolarmente sugli ultimi decenni.
12. FRASI COLTE AL VOLO. GABRIELA MISTRAL: SE TI ODIASSI
[E' la prima quartina de "L'amore che tace", la traduzione e' quella in
Roberto Paoli (a cura di), Cent'anni di poesia ispanoamericana, Le Lettere,
Firenze 1993, p. 325. Gabriela Mistral (1889-1957), poetessa grandissima,
premio Nobel per la letteratura nel 1945]
Se ti odiassi, il mio odio con parole
ti colpirebbe, nitido e sicuro;
ma ti amo e il mio amore non si affida
a questo umano idioma cosi' oscuro.
13. FRASI COLTE AL VOLO. HANNAH ARENDT: RAGGIUNGERE L'UMANITA'
[Hannah Arendt e' tra le nostre maestre piu' grandi. Questa frase abbiamo
estratto da una citazione a p. 58 di Archivio Arendt 1. 1930-1948,
Feltrinelli, Milano 2001]
L'umanita' non si raggiunge mai in solitudine.
14. FRASI COLTE AL VOLO. JUDITH REVEL: LA RESISTENZA
[Da Judith Revel, Foucault, le parole e i poteri, Manifestolibri, Roma 1996,
p. 102. Judith Revel e' una prestigiosa intellettuale francese]
La resistenza non e' altro, dunque, che l'abbozzo interminabile di una
pratica della liberazione.
15. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA RENATO SACCO AD ANDREI
SAKHAROV
* RENATO SACCO
Profilo: sacerdote cattolico, impegnato in molteplici rilevanti iniziative
di solidarieta'.
* WOLFGANG SACHS
Profilo: ricercatore al Wuppertal Institut, impegnato nei movimenti
ambientalisti e per i diritti. Opere di Wolfgang Sachs: Archeologia dello
sviluppo, Macroedizioni, S. Martino di Sarsina 1992; (a cura di), Dizionario
dello sviluppo, EGA, Torino 1998. Del Wuppertal Institut cfr. anche Futuro
sostenibile, Emi, Bologna 1997.
* GINETTA SAGAN
Profilo: partecipò alla Resistenza, fondò poi Amnesty International. E'
deceduta nell'agosto 2000. Meravigliosa, indimenticabile Ginetta.
* EDWARD SAID
Profilo: prestigioso intellettuale democratico palestinese, docente alla
Columbia University. Opere di Edward Said: Orientalismo, Bollati
Boringhieri, Torino, poi Feltrinelli, Milano; La questione palestinese,
Gamberetti, Roma; Cultura e imperialismo, Gamberetti, Roma; Tra guerra e
pace, e Dire la verità, ambedue presso Feltrinelli, Milano; cfr. anche la
raccolta di articoli, La convivenza necessaria, Indice internazionale, Roma.
E' stata recentemente pubblicata in italiano la sua autobiografia, Sempre
nel posto sbagliato, Feltrinelli, Milano.
* ANTOINE DE SAINT-EXUPÉRY
Profilo: scrittore francese (1900-1944), aviatore, propugnatore di una
morale eroica e di un caldo umanitarismo ad un tempo. Opere di Antoine de
Saint-Exupéry: tra i suoi libri i più noti sono Corriere del Sud, Volo di
notte, Terra degli uomini, Pilota di guerra, ed ovviamente il delizioso
racconto Il piccolo principe.
* ANDREI SAKHAROV
Profilo: brillante scienziato sovietico, dopo esser stato lungamente
impegnato nella ricerca atomica, dal 1957 intraprese un'azione contro i
pericoli del nucleare. Successivamente sempre più fu impegnato nel dissenso
democratico e nel'azione per la difesa dei diritti umani. Premio Nobel per
la pace nel 1975. Opere di Andrei Sakharov: Il mio paese e il mondo,
Bompiani, Milano (contiene anche il testo di Progresso, coesistenza e
libertà intellettuale, il primo celebre libro di Sakharov). Opere su Andrei
Sakharov: al suo nome è stata intitolata l'iniziativa del Tribunale
internazionale sulla violazione dei diritti dell'uomo nell'Urss, noto
appunto come "Tribunale Sakharov"; cfr. il volume di AA. VV., Le
testimonianze del Tribunale Sacharov sulla violazione dei diritti dell'uomo
nell'Unione Sovietica, La Casa di Matriona, Milano 1976.
16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
17. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 244 del 30 settembre 2001