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La nonviolenza e' in cammino. 166



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 166 del 14 luglio 2001

Sommario di questo numero:
1. Dopo tre mesi di silenzio
2. Indice dei numeri 136-165 (marzo 2001) de "La nonviolenza e' in cammino"
3. Norberto Bobbio, una definizione di "disobbedienza civile"
4. Annamaria Rivera, un libro contro il razzismo
5. "Elementi di economia nonviolenta" di Nanni Salio
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. AI CORTESI LETTORI. DOPO TRE MESI DI SILENZIO
Per alcuni mesi il nostro notiziario ha sospeso le pubblicazioni. Un guasto
del computer e varie peripezie. Scusate il lungo silenzio, e un
ringraziamento di cuore a tutti coloro che ci hanno chiesto notizie. Ci
siamo ancora.

2. INDICE DEI NUMERI 136-165 (MARZO 2001) DE "LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO"
[Presentiamo qui l'indice dei fascicoli del notiziario "La nonviolenza e' in
cammino" apparsi nel mese di marzo 2001, e precisamente i numeri 136-165]
* Numero 136 del primo marzo 2001: 1. L'arrivo e gli incontri a Butembo; 2.
Giovanni Scotto, le competenze alla gestione del conflitto; 3. Luisa Muraro,
come la teoria e la pratica dei gruppi di autocoscienza ha cambiato le
relazioni tra i sessi; 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 5. Per
saperne di piu'.
* Numero 137 del 2 marzo 2001: 1. Sofia Basso: armi, un affare da 2.596
miliardi; 2. Antonio Bruno, la contestazione al vertice dei G8 a Genova; 3.
Luisa Muraro, perche' la rivolta delle donne ha superato il fallimento di
socialismo e comunismo; 4. Giovanni Scotto: il nesso tra sicurezza, difesa e
gestione del conflitto; 5. Franco Mori, il "Gruppo Franz Jaegerstaetter per
la nonviolenza" di Pisa; 6. Volontari dell'Operazione Colomba in partenza
per il Messico; 7. Oggi terzo incontro del "corso di educazione alla pace" a





Gubbio; 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 138 del 3 marzo 2001: 1. L'azione nonviolenta di pace in Congo; 2.
"Apertura alla persuasione nonviolenta": un corso a Livorno; 3. Ornella
Faracovi, critica del totalitarismo e nuova socialita' nel pensiero di
Capitini; 4. Luisa Muraro, l'intelligenza dell'amore; 5. Ida Dominijanni:
David Cooper, memorie di famiglia; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento;
7. Per saperne di piu'.
* Numero 139 del 4 marzo 2001: 1. Rientrano i trecento di "Anch'io a
Bukavu"; 2. Luisa Muraro, forse devo dichiarare...; 3. Iaia Vantaggiato:
Capitini, un apostolo laico; 4. Alessandro Rossi, resoconto dell'incontro
del 16 febbraio a Roma; 5. La comunita' cristiana di base di Pinerolo; 6.
L'8 marzo manifestazione in rete per Silvia Baraldini; 7. Il 10 marzo
manifestazione antirazzista a Milano; 8. Invito al Newroz 2001; 9. Ottavo
convegno di teologia della pace a Ferrara; 10. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 11. Per saperne di piu'.
* Numero 140 del 5 marzo 2001: 1. L'esito e le proposte dell'assemblea della
Rete di Lilliput svoltasi a Genova il 23-25 febbraio; 2. Violeta Parra, la
lettera; 3. Emmanuel Levinas, quando si compie un atto morale...; 4. Giulio
Vittorangeli, diritto alla vita anche per Silvia Baraldini; 5. Alessandro
Rossi, dopo l'incontro del 16 febbraio; 6. Maria Teresa Gavazza, il 14 marzo
a Quargnento; 7. Rom, Sinti e Camminanti nel Lazio, un seminario; 8. La
"Carta" del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 141 del 6 marzo 2001: 1. Daniele Barbieri, di ritorno da Butembo;
2. Mao Valpiana, una tegola per la pace; 3. Lidia Menapace, il pensiero
della differenza contro la guerra; 4. Claudio Cardelli ricorda Lamberto
Borghi; 5. Giovanni Fornero, la teologia femminista; 6. Disponibile il film
della marcia Perugia-Assisi del 1961; 7. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 8. Per saperne di piu'.
* Numero 142 del 7 marzo 2001: 1. La Rete Lilliput risponde all'on.
Frattini; 2. Maria Grazia Bonollo, l'8 marzo la conferenza stampa conclusiva
dell'azione internazionale nonviolenta di pace in Africa; 3. Albino
Bizzotto, domenica 11 marzo per continuare; 4. "Chiama l'Africa", dopo
Butembo; 5. Giancarla Codrignani, un messaggio da Barbiana; 6. "Diotima", la
nota introduttiva a "Mettere al mondo il mondo" (1990); 7. Luisa Muraro, la
prefazione a Diotima "Oltre l'uguaglianza" (1995); 8. Dino Frisullo, per
Silvia Baraldini in Parlamento; 9. "Anch'io ripudio le armi"; 10. Rino
Martinez, "Ali per volare"; 11. "Il condominio delle culture"; 12. "Il paese
delle donne"; 13. Una presentazione di questo notiziario su "A. rivista
anarchica"; 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 15. Per saperne di
piu'.
* Numero 143 dell'8 marzo 2001: 1. Mao Valpiana, e' uscita "Azione
nonviolenta" di marzo; 2. Lidia Menapace ricorda Rosa Luxemburg; 3.
"Femmis", un notiziario telematico al femminile; 4. Educazione alla pace a
Gubbio; 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di piu'.
* Numero 144 del 9 marzo 2001: 1. Il documento finale del simposio di
Butembo; 2. Carlo Cassola ricorda Mohandas Gandhi; 3. Marco D'Eramo ricorda
Luce D'Eramo; 4. Antonia Pozzi, pudore; 5. Gerard Lutte, quale psicologia
per quale societa'?; 6. Una bibliografia degli scritti di Adriana Cavarero;
7. Un film sugli obiettori di coscienza in Turchia; 8. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 145 del 10 marzo 2001: 1. "COS in rete" di marzo; 2. Enrico
Peyretti, difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e
nonviolente; 3. Francesca Di Donato recensisce Adriana Cavarero; 4. La
"Carta" del Movimento Nonviolento; 5. Per saperne di piu'.
* Numero 146 dell'11 marzo 2001: 1. Resoconto dell'incontro su "La sinistra
e la nonviolenza"; 2. Giuliano Riccadonna, riflessioni sull'esperienza a
Butembo; 3. Una bibliografia essenziale degli scritti di Giovanni Scotto; 4.
Eduardo Galeano, una marcia universale; 5. Luisa Muraro, prove generali di
guerra mondiale; 6. Francesca Di Donato, la teoria femminista, una
bibliografia; 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di
piu'.
* Numero 147 del 12 marzo 2001: 1. E' scomparsa Saveria Antiochia; 2. Giulio
Vittorangeli, la disperazione dell'Afghanistan; 3. Piercarlo Racca, facciamo
scendere il P.I.L.; 4. Concetta Brigadeci, proposte bibliografiche su donna
e guerra; 5. Giovanni Scotto, la "capacitazione" e la riflessione di Dolci,
Galtung e Weeks; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di
piu'.
* Numero 148 del 13 marzo 2001: 1. George Orwell, da "Perche' scrivo"; 2.
Gabriele Nissim, la memoria dei giusti; 3. Nadia Neri, la risposta di Etty
Hillesum; 4. Laura Boella, cuori indistruttibili; 5. Gianni Novelli,
religioni, solidarieta' e pace; 6. Il consiglio nazionale dei "Berretti
bianchi" del 4 marzo; 7. Riunione del comitato di coordinamento del
Movimento Nonviolento a Verona; 8. "A. rivista anarchica" di marzo; 9. "Il
giornale della natura" n. 139; 10. "La rivista del manifesto" di marzo; 11.
"Quelli che solidarieta'" di marzo-aprile; 12. "Scuolinfanzia"; 13. "Tempi
di fraternita'" di marzo; 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 15. Per
saperne di piu'.
* Numero 149 del 14 marzo 2001: 1. Giovanni Scotto, prevenzione, gestione e
soluzione dei conflitti; 2. Vittorio Merlini, continua il digiuno di
Jagannathan; 3. Silvia Vegetti Finzi, un'autobiografia minima; 4. Il corso
di filosofia politica di Adriana Cavarero; 5. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 6. Per saperne di piu'.
* Numero 150 del 15 marzo 2001: 1. Francuccio Gesualdi, un incontro a Porto
Alegre; 2. Silvia Vegetti Finzi, sette parole; 3. L'Operazione Colomba in
Messico; 4. Marcos, il colore della terra; 5. Dichiarazione di Giorgio
Cortellessa sugli effetti dell'uranio impoverito; 6. Patrizia Morgante, in
ricordo di Oscar Romero; 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per
saperne di piu'.
* Numero 151 del 16 marzo 2001: 1. Indice dei numeri 108-135 (febbraio 2001)
de "La nonviolenza e' in cammino"; 2. Emma Baeri, un garage e cinque anni
della nostra storia; 3. Jean Toschi Marazzani Visconti, Cinque storie
impoverite; 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 5. Per saperne di piu'.
* Numero 152 del 17 marzo 2001: 1. La LOC promuove la campagna di
tesseramento 2001; 2. I campi estivi nonviolenti 2001; 3. Luisa Morgantini
chiede l'intervento del Parlamento Europeo per la riapertura
dell'Universita' di Birzeit; 4. Gianni Novelli, fare memoria di monsignor
Romero; 5. L'Associazione Obiettori Nonviolenti scrive a Francesco Rutelli;
6. Una bibliografia americana sul femminismo in Italia e su "Diotima"; 7.
"Girodivite"; 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di
piu'.
* Numero 153 del 18 marzo 2001: 1. Alessandro Pizzi, riflessioni di ritorno
dal Congo; 2. Pippo Mancuso, emozioni e sensazioni di ritorno da Butembo; 3.
Licio Lepore, un resoconto dell'iniziativa a Butembo; 4. Rosemary Ruether,
la dimensione comunitaria della personalita'; 5. Massimo Zucchetti, note
critiche a due rapporti; 6. La Rete di Formazione alla Nonviolenza; 7. La
campagna contro le mutilazioni dei genitali femminili; 8. Un libro di
Anna-Vera Sullam Calimani, "I nomi dello sterminio"; 9. Estratti minimi da
alcuni libri di Adriana Cavarero; 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento;
11. Per saperne di piu'.
* Numero 154 del 19 marzo 2001: 1. Silvano Tartarini, la nonviolenza in
azione; 2. Lorenzo Milani, la lettera ai giudici; 3. Emily Dickinson, per
fare un prato; 4. La delegazione italiana alla festa kurda del Newroz; 5. La
"Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di piu'.
* Numero 155 del 20 marzo 2001: 1. Luigi Pintor, un mondo senza chiavi; 2.
Due osservazioni di Hannah Arendt; 3. Lanfranco Binni, Armando Gnisci: per i
nostri amici macedoni; 4. Dalla delegazione italiana in Turchia per il
Newroz; 5. Luisa Morgantini, solidarieta' con Noam Kuzar; 6. Rolando
Cecconi, attivita' dell'ambasciata di pace a Belgrado; 7. Giulio
Vittorangeli, un ragazzo palestinese; 8. Il 21 marzo a Roma; 9. Margherita
Ciervo, incontri con rappresentanti del popolo indigeno U'wa in Italia; 10.
Educazione alla pace a Gubbio; 11. Il 26 marzo per il diritto
all'informazione su quanto accade in Palestina e in Israele; 12. Educazione
alla pace a Orte; 13. La Comunita' Papa Giovanni XXIII invita Nadire Mater
in Italia; 14. Vacanze-studio di filosofia per non filosofi; 15. La Giuntina
pubblica la monografia di Friedrich Georg Friedmann su Hannah Arendt; 16.
"Il grandevetro" ricorda Sebastiano Timpanaro; 17. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 18. Per saperne di piu'.
* Numero 156 del 21 marzo 2001: 1. Tiziano Tissino, da Butembo a Genova
passando per Napoli; 2. Wim Wenders, la ragione smarrita; 3. Bruno
Gravagnuolo intervista Luce Irigaray; 4. Angela Dogliotti Marasso, una
bibliografia essenziale sull'educazione ai diritti umani; 5. Tribunale
Clark: da rifare l'indagine Mandelli; 6. Daniele Passanante intervista padre
Jean-Marie Benjamin; 7. Notizie dalla delegazione italiana in Turchia per il
Newroz; 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 157 del 22 marzo 2001: 1. Scuola di pace a Fano; 2. Norberto
Bobbio, la filosofia di Aldo Capitini; 3. Angela Dogliotti Marasso: una
bibliografia essenziale sulla storia delle donne; 4. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 5. Per saperne di piu'.
* Numero 158 del 23 marzo 2001: 1. Tre poesie di Wislawa Szymborska; 2.
Antonino Drago: i luoghi comuni su Gandhi, dieci pregiudizi da sfatare; 3.
Angela Dogliotti Marasso, una bibliografia minima su Gandhi e l'India; 4.
Luce Irigaray, la forza delle parole; 5. Un appello a Ciampi per la grazia a
Silvia Baraldini; 6. Dino Frisullo, prigionieri in Turchia; 7. Paola
Lucchesi: Croazia, la futura pattumiera nucleare d'Europa?; 8.
"L'informazione impoverita" il 23 marzo a Bologna; 9. Il 23 marzo a Gubbio
l'esperienza sudafricana della commissione per la verita' e la
riconciliazione; 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11. Per saperne
di piu'.
* Numero 159 del 24 marzo 2001: 1. Christa Wolf, non esiste una pace armata;
2. Peppe Sini, cio' che e' mancato; 3. Tiziano Tissino, invito alla via
crucis Pordenone-Aviano del primo aprile; 4. Noam Chomsky, l'alibi
umanitario; 5. Massimo Zucchetti, osservazioni critiche sul Rapporto
Mandelli; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'.
* Numero 160 del 25 marzo 2001: 1. Medici senza frontiere: per
l'accessibilita' dei farmaci contro l'Aids; 2. Intervista a Seyla Benhabib,
la filosofia politica femminista; 3. Donne in nero di Belgrado: fermiamo la
guerra in Macedonia; 4. Associazione per la pace: la guerra non risolve i
problemi, li aggrava; 5. Il 26 marzo educazione alla pace a Orte; 6. La
"Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'.
* Numero 161 del 26 marzo 2001: 1. Davide Melodia, cio' che e' mancato nel
1999; 2. Heinz Loquai: due anni dopo, il Kosovo; 3. Luciana Castellina,
mettereste la vostra firma sotto quell'accordo?; 4. Ivone Gebara, teologia a
partire dalle donne; 5. Comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento,
una nota sulle prossime elezioni; 6. Nove medici del viterbese in Bolivia;
7. Il 27 marzo la nonviolenza a Firenze; 8. Il 28 marzo a Padova; 9. Il 28
marzo a Verona incontro con Gloria Gazzeri; 10. Il 29 e 30 marzo educazione
alla nonviolenza a Gubbio; 11. Il 30 marzo a Palermo con Albino Bizzotto;
12. Il 30 marzo a Sommacampagna (VR) incontro con Elena Gianini Belotti; 13.
Il 31 marzo a Milano assemblea della Rete contro G8; 14. Il 2 aprile a
Verona "Chi ha paura dell'immigrato?"; 15. Il 6 aprile a Sommacampagna (VR)
per Emergency; 16. Campo di lavoro e formazione "Conosci l'Africa?"; 17.
Novita' della casa editrice La Meridiana; 18. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 19. Per saperne di piu'.
* Numero 162 del 27 marzo 2001: 1. Ingeborg Bachmann, discorso ed epilogo;
2. Ramjee Singh, Gandhi; 3. Alessandro Pagnini, ricordo di Sebastiano
Timpanaro; 4. Giulio Vittorangeli, le fragili basi della democrazia; 5. Due
lettere dal Guatemala; 6. Nuovi dossier di "Chiama l'Africa"; 7. Il 28 marzo
a Milano le teologie della liberazione; 8. Il 31 marzo contro la pena di
morte; 9. E' in edicola "Carta"; 10. Il catalogo 2001 della EMI; 11. La
"Carta" del Movimento Nonviolento; 12. Per saperne di piu'.
* Numero 163 del 28 marzo 2001: 1. Aldo Capitini, attraverso due terzi del
secolo; 2. Albino Bizzotto, carissimi fratelli vescovi; 3. Rosa Luxemburg, e
nel buio sorrido alla vita; 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 5. Per
saperne di piu'.
* Numero 164 del 29 marzo 2001: 1. Iaia Vantaggiato intervista Sylvie
Germain su Etty Hillesum; 2. Giulio Vittorangeli, la solidarieta'
internazionale nell'epoca della globalizzazione (parte prima); 3. Il 2
aprile a Orte; 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 5. Per saperne di
piu'.
* Numero 165 del 30 marzo 2001: 1. Agnes Heller, senza il nostro impegno...;
2. Giulio Vittorangeli, la solidarieta' internazionale nell'epoca della
globalizzazione (parte seconda e ultima); 3. Il 3 aprile a Roma "Chiama
l'Africa"; 4. Un invito per i trent'anni de "Il foglio"; 5. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di piu'.

3. RIFLESSIONE. NORBERTO BOBBIO: UNA DEFINIZIONE DI "DISOBBEDIENZA CIVILE"
[Il seguente articolo di Norberto Bobbio (scritto tre decenni fa, il lettore
ne tenga conto) e' tratto dal Dizionario di politica diretto da Norberto
Bobbio, Nicola Matteucci, Gianfranco Pasquino, edito da Utet, Torino 1983
(seconda edizione) e 1990; noi citiamo dalla terza edizione economica, Tea,
Milano 1992.
Norberto Bobbio è nato a Torino nel 1909, antifascista, filosofo della
politica e del diritto, è autore di opere fondamentali sui temi della
democrazia, dei diritti umani, della pace. E' uno dei più prestigiosi
intellettuali italiani del Novecento. Opere di Norberto Bobbio: per la
biografia (che si intreccia con decisive vicende e cruciali dibattiti della
storia italiana di questo secolo) si vedano il volume di scritti
autobiografici De Senectute, Einaudi, Torino 1996; e l'Autobiografia,
Laterza, Roma-Bari 1997; tra i suoi libri di testimonianze su amici
scomparsi (alcune delle figure più alte dell'impegno politico, morale e
intellettuale del Novecento) cfr. almeno Maestri e compagni, Italia civile,
Italia fedele, tutti presso l'editore Passigli. Per la sua riflessione sulla
democrazia cfr. Il futuro della democrazia; Stato, governo e società;
Eguaglianza e libertà; tutti presso Einaudi. Sui diritti umani si veda L'età
dei diritti, Einaudi. Sulla pace si veda Il problema della guerra e le vie
della pace, Il Mulino, varie ristampe; Il terzo assente, Sonda, Torino 1989;
Una guerra giusta?, Marsilio, Venezia 1991; Elogio della mitezza, Linea d'
ombra, Milano 1994. A nostro avviso indispensabile è anche la lettura di
Politica e cultura, Einaudi; Profilo ideologico del Novecento, Garzanti,
Teoria generale del diritto, Giappichelli.  Opere su Norberto Bobbio:
segnaliamo almeno Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante, Bollati
Boringhieri, Torino 1989; Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia: le regole
del gioco, ECP; S. Domenico di Fiesole 1994; Tommaso Greco, Norberto Bobbio,
Donzelli, Roma 2000]
I. Obbedienza e resistenza
Per comprendere che cosa s'intende per "disobbedienza civile" bisogna
partire dalla considerazione che il dovere fondamentale di ogni persona
soggetta a un ordinamento giuridico e' il dovere di obbedire alle leggi.
Questo dovere e' chiamato obbligo politico. L'osservanza dell'obbligo
politico da parte della grande maggioranza dei soggetti, ovvero la generale
e costante obbedienza alle leggi, e' insieme la condizione e la prova della
legittimita' dell'ordinamento, se per "potere legittimo" s'intende
weberianamente quel potere i cui comandi vengono, in quanto comandi, cioe'
indipendentemente dal loro contenuto, obbediti. Per la stessa ragione per
cui un potere che pretende di essere legittimo incoraggia l'obbedienza,
scoraggia la disobbedienza: mentre l'obbedienza alle leggi e' un obbligo, la
disobbedienza e' un illecito e come tale variamente punita.
La "disobbedienza civile" e' una forma particolare di disobbedienza, in
quanto viene messa in atto allo scopo immediato di mostrare pubblicamente
l'ingiustizia della legge e allo scopo mediato di indurre il legislatore a
mutarla; come tale viene accompagnata da parte di chi la compie con tali
giustificazioni da pretendere di essere considerata non soltanto come lecita
ma anche come doverosa, e da esigere di essere tollerata, a differenza di
qualsiasi altra trasgressione, dalle pubbliche autorità. Mentre la
disobbedienza comune e' un atto che disintegra l'ordinamento e quindi deve
essere impedita o rimossa affinche' l'ordinamento venga reintegrato nel suo
pristino stato, la disobbedienza civile e' un atto che mira in ultima
istanza a mutare l'ordinamento, e' insomma un atto non distruttivo ma
innovativo. Si chiama "civile" appunto perche' chi la compie ritiene di non
commettere un atto di trasgressione del proprio dovere di cittadino, ma anzi
ritiene di comportarsi da buon cittadino in quella particolare circostanza
piuttosto disubbidendo che ubbidendo. Proprio per questo suo carattere
dimostrativo e per questo suo fine innovativo, l'atto di disobbedienza
civile tende ad avere il massimo di pubblicita'. Questo carattere della
pubblicita' serve a contraddistinguere nettamente la disobbedienza civile
dalla disobbedienza comune: mentre il disobbediente civile si espone al
pubblico, e solo esponendosi al pubblico puo' sperare di raggiungere il
proprio scopo, il deviante comune deve, se vuole raggiungere il proprio
scopo, compiere l'atto nel massimo segreto.
Le circostanze in cui i fautori della disobbedienza civile ritengono venga
meno l'obbligo dell'obbedienza e ad esso subentri l'obbligo della
disobbedienza sono sostanzialmente tre: il caso della legge ingiusta, il
caso della legge illegittima (cioe' emanata da chi non ha il potere di
legiferare), e il caso della legge invalida (o incostituzionale). Secondo i
fautori della disobbedienza civile, in tutti questi casi la legge non e'
vera e propria legge: nel primo caso non lo e' sostanzialmente, nel secondo
e nel terzo non lo e' formalmente. L'argomento principale di costoro e' che
il dovere (morale) di ubbidire alle leggi esiste nella misura in cui viene
rispettato dal legislatore il dovere di emanare leggi giuste (cioe' conformi
ai principi di diritto naturale o razionale, ai principi generali del
diritto o come altrimenti li si voglia chiamare) e costituzionali (cioe'
conformi ai principi sostanziali e alle regole formali previste dalla
costituzione). Tra cittadino e legislatore esisterebbe un rapporto di
reciprocita': se e' vero che il legislatore ha diritto all'obbedienza, e'
altrettanto vero che il cittadino ha diritto a essere governato saggiamente
e secondo le leggi stabilite.
*
II. Varie forme di resistenza
Il problema se sia lecito disubbidire alle leggi, in quali casi, entro quali
limiti e da parte di chi, e' un problema tradizionale che e' stato oggetto
d'infinite  riflessioni e discussioni tra filosofi, moralisti, giuristi,
teologi, ecc. L'espressione "disobbedienza civile" che vi si riferisce e'
invece moderna ed e' entrata nell'uso corrente attraverso gli scrittori
politici anglosassoni, a cominciare dal classico saggio di Henry David
Thoreau, Civil Disobedience (1849); nel quale lo scrittore americano
dichiara di rifiutare il pagamento delle tasse al governo che le impiega per
fare una guerra ingiusta (la guerra contro il Messico), affermando: "il solo
obbligo che io ho il diritto di assumere e' di fare a ogni momento cio' che
io ritengo giusto"; e quindi, di fronte alla conseguenza del proprio atto
che potrebbe condurlo in prigione, risponde: "Sotto un governo che
imprigiona chiunque ingiustamente, il vero posto per un uomo giusto e' in
prigione".
In senso proprio la disobbedienza civile e' soltanto una delle situazioni in
cui la violazione della legge viene considerata, da chi la compie o ne fa la
propaganda, eticamente giustificata. Si tratta delle situazioni che vengono
di solito comprese dalla tradizione prevalente di filosofia politica sotto
la categoria del diritto alla resistenza. Alessandro Passerin d'Entrèves ha
distinto otto diversi modi di comportarsi del cittadino di fronte alla
legge: 1° obbedienza consenziente; 2° ossequio formale; 3° evasione occulta;
4° obbedienza passiva; 5° obiezione di coscienza; 6° disobbedienza civile;
7° resistenza passiva; 8° resistenza attiva. Le forme tradizionali di
resistenza alla legge cominciano dall'obbedienza passiva e terminano con la
resistenza attiva: la disobbedienza civile, nel suo significato ristretto,
e' una forma intermedia. Seguendo il Rawls, il d'Entrèves la definisce come
un'azione illegale, collettiva, pubblica e non violenta, che si appella a
principi etici superiori per ottenere un cambiamento nelle leggi.
Le situazioni che rientrano nella categoria generale del diritto di
resistenza possono essere distinte in base a diversi criteri, cioe' secondo
che l'azione di disobbedienza sia: a) omissiva o commissiva, consista cioe'
nel non fare quel che e' comandato (per esempio il servizio militare) o nel
fare quel che e' proibito (e' il caso del negro che si va a sedere in un
locale pubblico interdetto agli uomini di colore); b) individuale o
collettiva, secondoche' sia compiuta da un individuo isolato (tipico e' il
caso dell'obiettore di coscienza, che generalmente agisce da solo e in
virtu' di un dettame della propria coscienza individuale), o da un gruppo i
cui membri condividono gli stessi ideali (ne sono esempio tipico le campagne
gandhiane per la liberazione dell'India dal dominio britannico); c)
clandestina o pubblica, ovvero preparata e compiuta in segreto, come accade
e non può non accadere nell'attentato anarchico che deve contare sulla
sorpresa, oppure proclamata prima del compimento, come sono abitualmente le
occupazioni di fabbriche, di case, di scuole, fatte allo scopo di ottenere
la revoca di norme repressive o preclusive considerate discriminanti; d)
pacifica o violenta, cioe' compiuta con mezzi non violenti, come il sit-in,
e in genere ogni forma di sciopero (s'intende dove lo sciopero e' illegale,
ma anche la' dove lo sciopero e' lecito, vi sono sempre forme di sciopero
considerate illecite) oppure con armi proprie o improprie, come accade
generalmente in ogni situazione rivoluzionaria (da notare che il passaggio
dall'azione non violenta all'azione violenta coincide spesso col passaggio
dall'azione omissiva all'azione commissiva); e) volta al mutamento di una
norma o di un gruppo di norme oppure dell'intero ordinamento; cioe' tale che
non mette in questione tutto l'ordinamento, come e' proprio dell'obiezione
di coscienza all'obbligo di prestare il servizio militare, specie in
circostanze eccezionali, quale una guerra sentita come particolarmente
ingiusta (per fare un esempio recente che ha rimesso in discussione con
particolare intensita' il problema della disobbedienza civile, la guerra del
Viet-Nam) oppure tale che tende a rovesciare l'intero sistema, come e'
proprio dell'azione rivoluzionaria. inoltre, la disobbedienza può essere,
secondo una distinzione che risale alle teorie politiche dell'eta' della
riforma, passiva o attiva: e' passiva quella che e' rivolta alla parte
precettiva della legge e non alla parte punitiva, in altre parole, quella
che e' compiuta con la precisa volonta' di accettare la pena che ne
seguira', e in quanto tale, mentre non riconosce allo Stato il diritto di
imporre obblighi contro coscienza, gli riconosce il diritto di punire ogni
violazione delle proprie leggi; attiva, quella che e' rivolta
contemporaneamente alla parte precettiva e alla parte punitiva della legge,
cosicche' colui che l'effettua non si limita a violare la norma ma tenta con
ogni mezzo di sottrarsi alla pena.
Combinando ognuno dei diversi caratteri di ogni singolo criterio con tutti
gli altri si ottiene un notevole numero di situazioni che non e' qui il caso
di enumerare. Tanto per fare un esempio. L'obiezione di coscienza al
servizio militare (la' dove le leggi non la riconoscono) e' omissiva,
individuale, pubblica, pacifica, parziale, e realizza una forma di
disobbedienza passiva. Per fare un altro esempio classico, il tirannicidio
e' commissivo, generalmente individuale, clandestino (cioe' non dichiarato
in anticipo), violento, totale (tende, come quello dei monarcomachi delle
guerre religiose del Cinque e Seicento o quello degli anarchici delle lotte
sociali dell'Ottocento, a un mutamento radicale dello Stato presente), e
inoltre realizza una forma di disobbedienza attiva. Venendo alla
disobbedienza civile, cosi' com'e' di solito concepita nella filosofia
politica contemporanea, che prende in considerazione le grandi campagne
nonviolente di Gandhi o le campagne per l'abolizione delle discriminazioni
razziali negli Stati Uniti, essa e' omissiva, collettiva, pubblica,
pacifica, non necessariamente parziale (l'azione di Gandhi fu certamente
un'azione rivoluzionaria) e non necessariamente passiva (le grandi campagne
contro la discriminazione razziale tendono a non riconoscere allo Stato il
diritto di punire i pretesi crimini di lesa discriminazione).
*
III. I caratteri specifici della disobbedienza civile
Allo scopo di distinguere la disobbedienza civile da tutte le altre
situazioni che rientrano storicamente nella vasta categoria del diritto di
resistenza, i due caratteri piu' rilevanti tra quelli elencati sopra sono
l'azione di gruppo e la non violenza. Il primo carattere serve a distinguere
la disobbedienza civile dai comportamenti di resistenza individuale sui
quali si sono soffermate generalmente le dottrine della resistenza nella
storia delle lotte contro le varie forme di abuso di potere. Tipico atto di
resistenza individuale e' l'obiezione di coscienza (almeno nella maggior
parte dei casi, in cui il rifiuto di portare le armi non sia fatto in nome
dell'appartenenza a una setta religiosa, come quella dei Mormoni o dei
testimoni di Geova) o il caso ipotizzato da Hobbes di colui che si ribella
al sovrano che lo condanna a morte e gli impone di uccidersi. Individuale
anche se fa appello alla coscienza di altri cittadini il gesto di Thoreau di
non pagare le tasse. Individuale il caso estremo di resistenza
all'oppressione, il tirannicidio. Il secondo carattere, quello della non
violenza, serve a distinguere la disobbedienza civile dalla maggior parte
delle forme di resistenza di gruppo che, a differenza di quelle individuali
(generalmente non violente), hanno dato luogo, la' dove sono state
effettuate, a manifestazioni di violenza (dalla sommossa alla ribellione,
dalla rivoluzione alla guerriglia).
Se dunque si prendono in considerazione i due criteri piu' caratterizzanti
dei vari fenomeni di resistenza, quello che distingue resistenza individuale
da resistenza collettiva e quello che distingue resistenza violenta da
resistenza non violenta, la disobbedienza civile, in quanto fenomeno di
resistenza insieme di gruppo e non violento, occupa un posto preciso e ben
delimitato tra i due tipi estremi, e storicamente piu' frequenti e anche
piu' studiati, della resistenza individuale non violenta e della resistenza
di gruppo violenta. La disobbedienza civile ha della resistenza collettiva
il carattere del fenomeno di gruppo se non in certi casi di massa, e nello
stesso tempo ha della resistenza individuale il carattere prevalente della
nonviolenza: in altre parole e' un tentativo di fare respingere dal gruppo
"sedizioso" le tecniche di lotta che gli sono piu' familiari (il ricorso
alle armi proprie o improprie) e di fargli adottare comportamenti che sono
caratteristici dell'obiettore individuale (il rifiuto di portare le armi, il
non pagare le tasse, l'astenersi dal compiere un atto che ripugna alla
propria coscienza, come l'adorare dèi falsi e bugiardi, ecc.).
La disobbedienza civile, in quanto e' una delle varie forme che puo'
assumere la resistenza alla legge, e' pur sempre caratterizzata da un
comportamento che mette in atto intenzionalmente una condotta contraria a
una o a piu' leggi. Deve essere quindi ulteriormente distinta da
comportamenti, che spesso le si accompagnano e che, pur avendo lo stesso
fine di contrastare l'autorita' legittima al di fuori dei canali normali
della opposizione legale e della pubblica protesta, non consistono in una
violazione intenzionale della legge. La prima distinzione da fare e' quella
tra la disobbedienza civile e il fenomeno recente, e altrettanto clamoroso,
della contestazione, anche se spesso la contestazione sia sfociata in
episodi di disobbedienza civile. Il miglior modo di distinguere
disobbedienza civile da contestazione e' di ricorrere ai due rispettivi
contrari: il contrario di disobbedienza e' obbedienza, il contrario di
contestazione e' accettazione. Chi accetta un sistema lo ubbidisce, ma si
puo' ubbidirlo anche senza accettarlo (anzi la maggior parte dei cittadini
ubbidisce per forza d'inerzia o per abitudine o per imitazione o per una
vaga paura delle conseguenze di un'eventuale infrazione, senza peraltro
essere convinta che il sistema cui ubbidisce sia il migliore dei sistemi
possibili). Di conseguenza, la disobbedienza in quanto esclude l'ubbidienza
costituisce un atto di rottura contro l'ordinamento o una sua parte; la
contestazione in quanto esclude l'accettazione (ma non l'obbedienza)
costituisce un atto di critica che mette in questione l'ordinamento
costituito o una sua parte ma non lo mette effettivamente in crisi. Mentre
la disobbedienza civile si risolve sempre in una azione se pur soltanto
dimostrativa (come lo stracciare la cartolina di chiamata alle armi), la
contestazione si realizza in un discorso critico, in una protesta verbale,
nell'enunciazione di uno slogan (non a caso il luogo dove si esplica piu'
frequentemente l'atteggiamento contestativo e' l'assemblea, cioe' un luogo
dove non si agisce ma si parla). L'altro comportamento che conviene
distinguere dalla disobbedienza civile e' quello della protesta sotto forma
non di discorso ma di azione esemplare, come il digiuno prolungato, o il
suicidio pubblico mediante forme clamorose di autodistruzione (come il darsi
fuoco dopo essersi cosparsi il corpo di materie infiammabili). Anzitutto
queste forme di protesta non sono, come la disobbedienza, illegali (se si
puo' discutere la liceita' del suicidio, non e' certo discutibile la
liceita' di digiunare dal momento che non esiste l'obbligo giuridico di
mangiare), e in secondo luogo mirano allo scopo di modificare una azione
della pubblica autorita' considerata ingiusta non direttamente, cioe'
facendo il contrario di quel che dovrebbe essere fatto, ma indirettamente,
cioe' cercando di suscitare un sentimento di riprovazione o di esecrazione
contro l'azione che si vuol combattere.
*
IV. La disobbedienza civile e le sue giustificazioni
La disobbedienza civile e', come si e' detto all'inizio, un atto di
trasgressione della legge che pretende di essere giustificato e quindi trova
in questa giustificazione la ragione della propria differenziazione da tutte
le altre forme di trasgressione. La fonte principale di giustificazione e'
l'idea originariamente religiosa, in seguito laicizzata nella dottrina del
diritto naturale, di una legge morale, che obbliga ogni uomo in quanto uomo,
e come tale indipendentemente da ogni coazione, e quindi in coscienza,
distinta dalla legge posta dall'autorita' politica, che obbliga soltanto
esteriormente e, se mai in coscienza, soltanto nella misura in cui e'
conforme alla legge morale. Ancora oggi i grandi movimenti di disobbedienza
civile, da Gandhi a Martin Luther King, hanno avuto una forte impronta
religiosa. Disse una volta Gandhi a un tribunale che doveva giudicarlo per
un atto di disobbedienza civile: "Oso fare questa dichiarazione non certo
per sottrarmi alla pena che mi dovrebbe essere inflitta, ma per mostrare che
io ho disubbidito all'ordine che mi era stato impartito non per mancanza di
rispetto alla legittima autorita', ma per ubbidire alla legge piu' alta del
nostro essere, la voce della coscienza" (Autobiography, Parte V, cap. XV).
L'altra fonte storica di giustificazione e' la dottrina d'origine
giusnaturalistica, poi trasmessa alla filosofia utilitaristica
dell'Ottocento, che afferma la preminenza dell'individuo sullo Stato, onde
deriva la duplice affermazione che l'individuo ha alcuni diritti originari e
inalienabili, e che lo Stato e' un'associazione creata dagli stessi
individui per comune consenso (il contratto sociale) per proteggere i loro
diritti fondamentali e assicurare la loro libera e pacifica convivenza. Il
grande teorico del diritto di resistenza, John Locke, e' giusnaturalista,
individualista, contrattualista, e considera lo Stato come un'associazione
sorta dal comune consenso dei cittadini per la protezione dei loro diritti
naturali. Cosi' egli esprime il proprio pensiero: "Il fine del governo e' il
bene degli uomini; e che cosa e' meglio per l'umanita': che il popolo si
trovi sempre esposto all'illimitata volonta' della tirannide o che i
governanti si trovino talvolta esposti all'opposizione, quando diventino
eccessivi nell'uso del loro potere e lo impieghino per la distruzione e non
per la conservazione delle proprieta' del popolo?" (Secondo trattato sul
governo, par. 229).
Una terza fonte di giustificazione e' infine l'idea libertaria della
malvagita' essenziale di ogni forma di potere sull'uomo, in specie di quel
massimo dei poteri che e' lo Stato, col corollario che ogni moto che tende a
impedire allo Stato di prevaricare e' una necessaria premessa per instaurare
il regno della giustizia della liberta' e della pace. Il saggio di Thoreau
comincia con queste parole: "Io accetto di buon grado il motto: - Il miglior
governo e' quello che governa meno - ... Condotto alle estreme conseguenze
conduce a quest'altra affermazione in cui pure io credo: - Il miglior
governo e' quello che non governa affatto -". Manifesta e' l'ispirazione
libertaria in alcuni gruppi di protesta e di mobilitazione di campagne
contro la guerra del Viet-Nam negli Stati Uniti degli anni Sessanta (di cui
una delle espressioni culturalmente piu' consapevoli e' il libro di Noam
Chomsky, I nuovi mandarini, 1968).
*
Bibliografia
AA. VV., Civil Disobedience. Theory and Practice, New York 1969; S. Gendin,
Governmental Toleration of Civil Disobedience in Philosophy and Political
Action, Oxford University Press, Londra 1972 (e bibliografia ivi citata); A.
Passerin d'Entrèves, Obbedienza e resistenza in una societa' democratica,
Edizioni di Comunita', Milano 1970; Id., Obbligo politico e liberta' di
coscienza, in "Riv. int. fil. dir.", 1973; R. Polin, L'obligation politique,
P.U.F., Parigi 1971; M. Walzer, Obligation: Essays on Disobedience, War and
Citizenship, Harvard University Press, Cambridge, Mass. 1970.

4. SEGNALAZIONI. ANNAMARIA RIVERA: UN LIBRO CONTRO IL RAZZISMO
[Ringraziamo Annamaria Rivera per questa segnalazione. Annamaria Rivera non
e' solo una illustre studiosa e docente, ma altresi' una delle persone piu'
impegnate contro il razzismo e per la dignita' umana]
Carissimi, vi segnalo che e' appena uscito il libro di Rene' Gallissot,
Mondher Kilani, Annamaria Rivera, "L'imbroglio etnico in quattordici
parole-chiave", Dedalo, Bari 2001, pp. 400, L. 33.000.
E' la seconda edizione italiana ampliata, aggiornata e con alcuni capitoli
inediti, scritti da Mondher Kilani.
Il libro indaga criticamente temi riguardanti l'immigrazione, la xenofobia e
il razzismo, la convivenza fra uguali e diversi, la prospettiva di una nuova
cittadinanza, attraverso quattoridici parole-chiave: cittadinanza,
comunita', cultura, diritti umani, etnia-etnicita', idee razziste,
identita', immigrati, lingua, nazionalismo e razzismo, nazionalita',
neorazzismo, parentela/purezza "di sangue", stereotipo.
Essendo scritto da uno storico francese che insegna ad Algeri, da un
antropologo tunisino docentre a Losanna e da un'etnologa italiana che
insegna in una universita' del Sud, e' anche il tentativo di praticare una
prospettiva comparativa e transculturale.

5. SEGNALAZIONI. "ELEMENTI DI ECONOMIA NONVIOLENTA" DI NANNI SALIO
[Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa segnalazione di una recente
pubblicazione di Nanni Salio. Nanni Salio e' nato a Torino, segretario dell'

IPRI (Italian Peace Research Institute), si occupa da diversi anni di
ricerca, educazione e azione per la pace. Opere di Giovanni Salio: Difesa
armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, Perugia;
Scienza e guerra (con Antonino Drago), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1982;
IPRI, Se vuoi la pace educa alla pace, EGA, Torino 1983; Le centrali
nucleari e la bomba, EGA, Torino 1984; IPRI, I movimenti per la pace, EGA,
Torino 1986-1989; Progetto di educazione alla pace, EGA, Torino 1985-1991;
Le guerre del Golfo, EGA, Torino 1991; Il potere della nonviolenza, EGA,
Torino 1995]
E' uscito il quaderno n. 16 di "Azione Nonviolenta". Un testo di Nanni Salio
dal titolo "Elementi di economia nonviolenta. Relazioni tra economia,
ecologia ed etica", con un saggio di Brian Martin: "Nonviolenza contro
capitalismo". Un opuscolo di 32 pagine, lire 4.000. Un testo utile per il
dibattito di critica alla globalizzazione.
"Lo Stato, nel passaggio alla societa' senza Stato, sara' una federazione di
comunita' democratiche rurali nonviolente e decentralizzate. Queste
comunita' si baseranno sulla "semplicita', poverta' e lentezza volontaria",
cioe' su un tempo di vita coscientemente rallentato, nel quale l'accento
sara' posto sull'autoespressione, attraverso un piu' ampio ritmo di vita,
piuttosto che attraverso piu' veloci pulsazioni nell'avidita' e di lucro"
(M. K. Gandhi).
Cos'e' l'economia? L'economia e' quanto di piu' controverso e paradossale
oggi ci sia nel campo sociale: "governo della casa", produzione di
ricchezza, distribuzione di ricchezza, il discorso sull'economia domina le
prime pagine dei quotidiani e la societa' piu' ricca, materialmente, nella
storia dell'umanita' e' costantemente ossessionata dalle performance
economiche. Nelle societa' occidentali e' avvenuto un processo di invasione,
o di colonizzazione, dell'"economico", che tende a coprire tutti gli spazi
sociali traducendoli in termini monetari e in relazioni esclusivamente
economiche. Delle molte possibili questioni che riguardano l'economia, qui
ci interessa esaminare soprattutto le relazioni tra economia, ecologia ed
etica. Ci chiederemo inoltre se esiste e in cosa consiste una economia
nonviolenta.
E' possibile richiederlo alla redazione di "Azione Nonviolenta": via Spagna
8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta@sis.it (spedizioni in contrassegno, sconto del 30% per
gruppi che fanno la rivendita).

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,

la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 166 del 14 luglio 2001