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La nonviolenza e' in cammino. 167



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 167 del 15 luglio 2001

Sommario di questo numero:
1. "Azione nonviolenta" di luglio
2. Da Torino la proposta di una marcia nonviolenta in ogni citta' "per
parlare a tutti, non solo ai G8"
3. Miriam Giovenzana, informazione nonviolenta da Genova
4. Un appello per la liberta' di stampa nella lotta contro la mafia
5. Germaine Greer, la dedica de "La donna intera"
6. Sergio Quinzio, che cosa non e' la religione
7. Salman Rushdie, il Gandhi di Attenborough
8. Alcuni epistolari pubblicati di Aldo Capitini
9. Un ampio articolo di Giuseppina Ciuffreda
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. INFORMAZIONE. "AZIONE NONVIOLENTA" DI LUGLIO
[Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente comunicato]
E' uscito il numero di luglio di "Azione nonviolenta".
In copertina un bel dipinto dell'Ultima Cena (cappella degli Scrovegni,
Padova): "Ai G8, preferiamo Giotto".
"Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento,
fondata da Aldo Capitini nel 1964.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail alla redazione:
azionenonviolenta@sis.it (indicare bene l'indirizzo postale cui spedire la
copia saggio). L'Abbonamento annuo costa 40.000 lire da versare sul ccp n.
10250363, intestato a: "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona.
Nel numero di luglio: Da Goteborg a Genova, contro la violenza, di Susan
George; La globalizzazione e' diventata una guerra contro la natura e contro
i poveri, di Vandana Shiva; Dov'e' Porto Alegre? Dopo Seattle e prima di
Genova, di Gigi Eusebi; Kragujeva, Serbia: la resistenza nonviolenta che ha
sconfitto Milosevic, di Angela e Beppe Marasso; In Palestina devono entrare
i Caschi Blu dell'ONU, di Alberto Trevisan. E poi le consuete rubriche di
musica, cinema, economia, storia, educazione, libri, lettere, appuntamenti.
"Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax
0458009212, e-mail: azionenonviolenta@sis.it, http://www.nonviolenti.org

2. INIZIATIVE. DA TORINO LA PROPOSTA DI UNA MARCIA NONVIOLENTA IN OGNI
CITTA' "PER PARLARE A TUTTI, NON SOLO AI G8"
[Diffondiamo questa proposta formulata alcuni giorni fa dai movimenti
nonviolenti di Torino]
Marcia nonviolenta "Non solo a Genova. Per parlare a tutti, non solo ai G8".
Azione locale strutturalmente nonviolenta per la critica e le proposte
alternative alle imposizioni dei G8, governo mondiale abusivo.
Torino, sabato 21 luglio 2001, ore 16-18.
Invitiamo a  manifestare in tutte le citta', unicamente in fila indiana, con
messaggi chiari e brevi su cartelli-sandwich, a mani vuote (neppure bandiere
con aste, ne' cartelli su aste).
In questo modo siamo persone vulnerabili, non una massa che puo' sembrare
aggressiva, anche solo simbolicamente.
In questo modo non offriamo il minimo pretesto a comportamenti illegali
della polizia.
La fila indiana percorrera' lunghi tragitti nelle citta', dalla periferia al
centro, senza interrompere il traffico, camminando sui marciapiedi,
rispettando i semafori, senza disturbare i passanti, senza megafoni ne'
slogans.
L'unica nostra forza visibile deve essere quella dei messaggi che portiamo
sul corpo.
A Torino si converge in piazza Castello, davanti a Palazzo Madama, per
questi percorsi: 1. Piazza Nizza, via Nizza, Porta Nuova, via Lagrange,
piazza Castello; 2. Piazza Sabotino (angolo via Di Nanni sud), corso
Peschiera, corso Racconigi, via Frejus, piazza Adriano, col bus 56 a Porta
Susa, via Cernaia, corso Palestro, via Garibaldi, piazza Castello; 3. Piazza
Crispi, c. Vercelli, c. Giulio Cesare, Porta Palazzo, via Milano, via
Garibaldi, p. Castello.
I G8, gli otto "grandi in  pre-potenza", si sono posti al di sopra dei
popoli a decidere arbitrariamente i destini planetari.
Manifestiamo dappertutto, in aggiunta alle manifestazioni di Genova.
Chi non va a Genova, puo' manifestare la sua critica ai G8 e le sue
controproposte in cento citta' e cento paesi, in una forma assolutamente
nonviolenta, strutturalmente nonviolenta.
La forma assolutamente nonviolenta e' essenziale per essere diversi dai G8,
perche' la violenza e': nella pre-potenza strutturale dei G8; nell'economia
speculativa che si impone alla politica e alla vita dei popoli; nei poteri
economici incontrollati, che governano i governi eletti.
Percio' non puo' essere violenta la critica dei G8, altrimenti li imita e li
conferma.
Chi partecipa a questa marcia prende un impegno personale di nonviolenza. Se
qualcuno  facesse violenza su persone o cose vorrebbe dire che e' un
infiltrato o un provocatore.
De-nunciamo l'ingiustizia, ma ancor piu' pro-nunciamo un impegno e programma
costruttivo di giustizia internazionale, mediante le proposte positive
diffuse dalla Rete Lilliput.
La marcia nonviolenta e' proposta dal Movimento Nonviolento e Movimento
Internazionale della Riconciliazione, presso Centro Studi Sereno Regis, via
Garibaldi 13, Torino, tel 011532824, con l'adesione di Rete Lilliput e Pax
Christi.
Chi intende partecipare e' invitato alle riunioni organizzative mercoledi 11
e mercoledi 18 luglio, ore 18.

3. INFORMAZIONE. MIRIAM GIOVENZANA: INFORMAZIONE NONVIOLENTA DA GENOVA
[Volentieri diffondiamo questo comunicato; ringraziamo Tiziano Tissino per
avercelo trasmesso]
Cari amici, vi segnalo un'iniziativa di "AltrEconomia" in collaborazione con
la rete telematica Peacelink: dal 16 luglio (inizio del "controvertice")
fino ai giorni delle manifestazioni di piazza del 19, 20 e 21 luglio contro
il G8 daremo vita (con la collaborazione di molti lillipuziani, colleghi
giornalisti, amici del mondo del commercio equo) a una agenzia quotidiana di
informazione per seguire quanto sta accadendo a Genova.
Ci saranno le notizie dei testimoni ma, soprattutto, cercheremo di offrire
una breve sintesi quotidiana di quel che accade, insomma il senso della
giornata (dal punto di vista dell'area nonviolenta), oltre che i fatti di
cui riusciremo appunto a essere testimoni.
Cercheremo anche di raccontare, da dentro e da fuori il palazzo, come
lavorano giornalisti e televisioni, di quali mezzi dispongono, che cosa
ricercano, che cosa enfatizzano e che cosa proprio non vedono.
Ecco, tutto qua.
La redazione di "AltrEconomia" per quei giorni si trasferisce a Genova.
Vi diamo quindi appuntamento quotidiano su "AltrInformazione" a questi
indirizzi: www.altreconomia.it, www.peacelink.it
Grazie a tutti e a presto.
Miriam Giovanzana, "AltrEconomia"

4. INIZIATIVE. UN APPELLO PER LA LIBERTA' DI STAMPA NELLA LOTTA CONTRO LA
MAFIA
[Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo appello, invitiamo tutti i
nostri interlocutori sia a leggerlo e diffonderlo, sia ad aderire
all'iniziativa]
Due recenti sentenze di primo grado del Tribunale civile di Palermo hanno
condannato Claudio Riolo, politologo presso l'Universita' di Palermo, e
Umberto Santino, presidente del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe
Impastato", al risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa.
Riolo ha pubblicato sulla rivista mensile "Narcomafie", nel novembre '94, un
articolo di commento critico alla decisione di Francesco Musotto, Presidente
della Provincia di Palermo e avvocato penalista, di mantenere la difesa di
un suo cliente, imputato nel processo per la strage di Capaci, mentre l'ente
locale si costituiva parte civile nello stesso processo. L'articolo,
ritenuto diffamatorio dal Musotto che ha chiesto 700 milioni di
risarcimento, e' stato ripubblicato nel maggio '95 su "Narcomafie" e sul
quotidiano "Il Manifesto" a firma di 28 autorevoli esponenti del mondo
politico e culturale, che lo hanno sottoscritto "condividendone in pieno i
contenuti e ritenendolo legittima espressione dell'esercizio della liberta'
di stampa, di opinione e di critica politica". Tuttavia Musotto non ha
querelato ne' citato in giudizio nessuno dei nuovi firmatari e, dopo quasi
sei anni di lungaggini processuali, Riolo e' stato condannato a pagare
complessivamente 118 milioni.
A sua volta, l'ex ministro Calogero Mannino ha chiesto una riparazione
pecuniaria di 200 milioni a Umberto Santino, ritenendosi diffamato per la
pubblicazione di alcuni stralci di un "testo anonimo" nel libro "L'alleanza
e il compromesso" edito nel '97.
Nonostante l'autore si fosse limitato ad analizzare criticamente quel
documento, prendendone le distanze con l'affermazione esplicita che esso
proviene "piu' o meno direttamente da ambienti mafiosi", e nonostante quel
testo, circolato nel '92 subito dopo la strage di Capaci, fosse gia' stato
integralmente e ripetutamente pubblicato da altri, Santino e' stato
condannato a pagare circa 20 milioni.
Due miliardi e', invece, la richiesta di risarcimento rivolta dallo stesso
ex ministro ad Alfredo Galasso, docente di diritto civile presso
l'Universita' di Palermo, per aver riportato il medesimo testo anonimo nel
libro "La mafia politica", pubblicato nel '93. Ma il procedimento e' ancora
in corso e si attende la conclusione.
Questi fatti non rappresentano dei casi isolati, ma si inquadrano in una
preoccupante tendenza generale alla limitazione del "diritto di manifestare
liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo
di diffusione" garantito dall'articolo 21 della nostra Costituzione. Negli
ultimi anni, parallelamente ad un preoccupante processo di concentrazione
della proprieta' dei mezzi di comunicazione di massa, gli attacchi dei
poteri forti alla liberta' di informazione e di opinione si sono
moltiplicati, e cio' e' tanto piu' grave e significativo quando esponenti
della prima o della seconda repubblica, coinvolti a torto o ragione in
procedimenti penali, cercano di far pagare il conto delle loro "sfortune" a
chi esercita per professione o per impegno antimafia il diritto di cronaca e
di critica.
In particolare stiamo assistendo ad un crescente uso indiscriminato del
ricorso ai procedimenti civili per risarcimento danni da diffamazione a
mezzo stampa. Il procedimento civile, infatti, offre una serie di vantaggi
rispetto a quello penale: il risarcimento danni puo' essere chiesto a
distanza di cinque anni dai fatti, mentre per sporgere querela non si
possono superare i novanta giorni; nel civile si puo' ottenere la condanna
del presunto diffamatore senza l'onere di dover dimostrare l'esistenza del
reato di diffamazione; e', per di piu', possibile ottenere risarcimenti
sproporzionati per "danno morale" anche quando non si riesca a dimostrare
l'esistenza di un effettivo "danno patrimoniale"; la condanna, infine, e'
immediatamente esecutiva, senza dover attendere l'espletazione di tutti i
gradi del giudizio. Oltre a tutto cio' il giudizio civile comporta un minor
clamore rispetto a quello penale, clamore che comunque e' sempre
controproducente anche per il presunto "diffamato".
Si sono, pertanto, moltiplicate le richieste di risarcimenti miliardari nei
confronti di giornalisti, studiosi e familiari delle vittime (basti, qui,
ricordare i 20 miliardi chiesti da Berlusconi a Luttazzi, Freccero e
Travaglio per la trasmissione televisiva "Satyricon", o il miliardo chiesto
da Mannino a Giuseppina La Torre per alcune interviste rilasciate nel '95, o
ancora il miliardo e 150 milioni chiesti da Musotto ad Attilio Bolzoni per
gli articoli su "Repubblica" riguardanti le sue traversie giudiziarie del
'95) il cui effetto non e' la legittima tutela dell'onorabilita' della
persona, ma l'instaurazione di un clima d'intimidazione nei confronti di
chiunque intenda far conoscere, commentare o studiare il persistente
fenomeno delle contiguita' tra politica, mafia e affari.
Con questo appello intendiamo rivendicare con forza il diritto e il dovere
di sottoporre l'operato di chi ricopra cariche pubbliche o ruoli
rappresentativi al vaglio critico dell'opinione pubblica, con la
consapevolezza che ciascun politico ha una responsabilita' aggiuntiva
rispetto agli altri cittadini nella misura in cui coinvolge la credibilita'
delle istituzioni. In particolare, sul terreno della lotta contro la mafia,
la piena liberta' d'informazione e di opinione e' indispensabile per
individuare e stigmatizzare tutti quei comportamenti che configurino delle
responsabilita' politiche e morali, indipendentemente dall'accertamento di
eventuali responsabilita' penali che spetta esclusivamente alla
magistratura.
Ci proponiamo, pertanto, di avviare una campagna di sensibilizzazione e di
mobilitazione dell'opinione pubblica per la realizzazione dei seguenti
obiettivi:
a) una nuova regolamentazione legislativa in materia di "diffamazione", che
ristabilisca un giusto equilibrio tra diritto di cronaca e di critica e
tutela della persona, e che uniformi procedimento penale e procedimento
civile per impedirne un uso distorto e strumentale;
b) la costituzione di un fondo di solidarieta' tramite la sottoscrizione del
presente appello (ad ogni firma corrispondera' la sottoscrizione di una
quota minima di centomila lire); il fondo sara' utilizzato, a cominciare
dalle due condanne citate, per difendere la liberta' di informazione, di
opinione e di ricerca limitatamente all'ambito della lotta contro la mafia
(sara' gestito, sulla base di un regolamento, da un comitato di garanti, di
cui faranno parte, tra gli altri, Rita Borsellino, Luigi Ciotti e Valentino
Parlato).
I promotori: Arci, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato",
Centro sociale "San Francesco Saverio", Il Manifesto, Libera, Mezzocielo,
Micromega, Narcomafie, Palermo anno uno, Promemoria Palermo, Scuola di
formazione etico-politica "Giovanni Falcone", Segno, Uisp.
Per sottoscrivere l'appello si puo' utilizzare il c/c postale n. 10690907,
intestato a Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via
Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, specificando nella causale: "Campagna per
la liberta' di stampa nella lotta contro la mafia".
Per comunicazioni e informazioni: tel. 091.333773 (Miro Barbaro c/o Arci) o
091.6259789, fax: 091.348997, e-mail: csdgi@tin.it (c/o Centro Impastato).

5. LETTURE. GERMAINE GREER: LA DEDICA DE "LA DONNA INTERA"
[Dall'ultimo stupendo libro, un libro duro e profondo, di Germaine Greer,
Una donna intera, Mondadori, Milano 2000 (ora in edizione economica negli
Oscar Mondadori, Milano 2001, 390 pagine, 16.000 lire) estraiamo e
proponiamo la seguente minima citazione, la dedica che lo apre, innanzitutto
come occasione per segnalare l'intero libro, la cui lettura raccomandiamo
caldamente. A nostro parere sia L'eunuco femmina, che trent'anni fa fu un
libro fondamentale, sia questo recente La donna intera, che di quel libro e'
la prosecuzione tre decenni dopo, sono testi che e' necessario aver letto e
meditato e discusso.
Germaine Greer, intellettuale femminista, e' nata a Melbourne, in Australia,
nel 1939; e' docente di letteratura inglese e comparata all'Università di
Warwick in Inghilterra. Opere di Germaine Greer: L'eunuco femmina, Bompiani,
Milano 1972; Viaggio intorno al padre, Mondadori, Milano 1990; La seconda
metà della vita, Mondadori, Milano 1995; La donna intera, Mondadori, Milano
2000]
Questo libro e' dedicato con amore e rispetto a Flo, che mi ha insegnato il
sapere della strada e mi ha nutrito di cibo per l'anima, che ha visto piu'
di quanto io abbia mai visto e ha compreso piu' di quanto io comprendero'
mai, che e' chiamata pazza proprio da chi ha piu' bisogno di sapere le cose
che lei dice con ironia, duri fatti resi semplici e memorabili dalla pronta
arguzia di Flo, mordace mendicante;
a Beth, la cui vita e' la quintessenza di amore e lavoro, la cui creativita'
e abilita' sono ora riconosciute da centinaia di migliaia di persone ma non
da un establishment a cui interessano solo monumenti, cose dure, fisse e
immutabili, mentre lei lavora con la materia vivente, il tempo e la terra e
l'aria e l'acqua, a Beth dal cuore fermo e dalle abili mani segnate dal
lavoro;
a Janet, che ha sopportato ogni sorta di insulto e umiliazione professionale
da parte di uomini di minor talento, e anche se ogni tanto inveisce contro
di loro in maniera memorabile, va avanti a fare quel che sa fare, vivendo e
lavorando, imparando e ridendo, sempre con stile, senza mai chiedere scusa;
a Miriam che, nata senza alcuno degli attributi di Barbie, non se ne e' mai
afflitta, ed e' invece diventata l'avatar delle donne vere, una galassia di
caratteri femminili, sempre eccentrica e sempre seducente, che ha mostrato a
noi tutte come la gamma delle alternative a disposizione delle
incorreggibili "io sono come sono" sia ben piu' ricca di qualsiasi sogno
delle "io vorrei essere";
a Beatrix, che diventa piu' bella man mano che invecchia, la cui felicita'
sta nel prendersi cura della felicita' altrui, che conserva la fede della
sua giovinezza e la passione per la giustizia sociale, sprezzante degli
"ismi" di moda, come se non avesse mai dubitato che la persuasione gentile
ma ferma possa liberare dai pregiudizi anche l'individuo piu' gretto.

6. RILETTURE. SERGIO QUINZIO: CHE COSA NON E' LA RELIGIONE
[Il brano seguente abbiamo estratto da Sergio Quinzio, Religione e futuro,
Adelphi, Milano 2001, pp. 30-32. Il volume e' la ristampa dell'opera
pubblicata da Quinzio nel 1962 (che in essa recuperava anche alcuni testi
gia' apparsi su "Tempo presente" nel 1961).
Sergio Quinzio e' stato un grande pensatore, biblista, saggista; nato ad
Alassio nel 1927, morto a Roma nel 1996. Opere di Sergio Quinzio: in volume
segnaliamo Diario profetico; Religione e futuro; Giudizio sulla storia;
Cristianesimo dell'inizio e della fine; Che cosa ha veramente detto Teilhard
de Chardin; La dimensione del nostro tempo; Laicità e verità religiosa. La
religione nella scuola; Un commento alla Bibbia; Monoteismo ed Ebraismo (con
Piero Stefani); L'impossibile morte dell'intellettuale; La fede sepolta;
Dalla gola del leone; L'incoronazione; La filosofia della Bibbia (a cura
di); Silenzio di Dio; La croce  e il nulla; La speranza nell'apocalisse;
Domande sulla santità; Le radici ebraiche del moderno; La sconfitta di Dio;
Incertezze e provocazioni; I vangeli della domenica; Mysterium iniquitatis.
Segnaliamo inoltre l'intervista a cura di Leo Lestigi, La tenerezza di Dio;
la raccolta delle Lettere agli amici di Montebello; la raccolta di scritti
inediti L'esilio e la gloria (scritti inediti 1969-1996). Opere su Sergio
Quinzio: segnaliamo il fascicolo monografico di "Bailamme" n. 20 del
dicembre 1996, Sergio Quinzio in memoriam; il fascicolo contiene studi,
documenti ed una eccellente bibliografia (alle pp. 275-301). Segnaliamo
anche il fascicolo di "Humanitas" 1, 1999, monografico su: Sergio Quinzio:
le domande della fede]
La religione non e' credere in Dio. Non lo e' necessariamente, anche se Dio
e' stato il nome dato di solito al punto supremo dello sforzo verso
l'assolutamente potente, il risolutivo. Una grande religione, il buddhismo,
nasce senza la fede in Dio; senza Dio, lo sforzo verso il punto supremo vi
resta tuttavia intensissimo. Un discorso di religione e' dunque un discorso
al di qua del discorso sull'esistenza o meno di Dio.
La religione non e' credere nell'anima immortale. L'immortalita' dell'anima
e' molto piu' un concetto ereditato dalla filosofia greca che un concetto
originariamente religioso. Il mondo ebraico non ha espresso la fede
nell'immortalita' dell'anima. Piu' che di una certezza nell'immortalita'
dell'anima, per sua propria natura incapace di morte, si trattava di fede, o
di speranza, nella resurrezione dei corpi, nella totale palingenesi di tutte
le cose, non per effetto della natura loro propria, ma per effetto
dell'instaurazione di una natura diversa, di una realta' perfetta dove i
piccoli delle pecore pascolano accanto ai leoni.
La religione non e' un codice morale. Se mai i codici, morali e giuridici,
sono nati dalla religione nello stesso modo e senso in cui sono nati dalla
religione la poesia e la filosofia, la scienza e l'arte, il teatro e la
danza. Storicamente, sono numerose le religioni che lasciano del tutto da
parte la morale per far leva sulla pura conoscenza (sette gnostiche), sulla
pura fede (protestantesimo), sul puro rito (brahmanesimo). Non mancano
neppure esperienze religiose che si fondano sul rifiuto aperto di qualunque
norma e sull'attingimento pieno di ogni liberta' di comportamento. Il
cristianesimo stesso nasce come rifiuto della legge, non vi esiste una
separazione tra "buoni" e "cattivi", ma piuttosto un capovolgimento di
queste categorie, per cui i sacrileghi pubblicani e le amorali prostitute
precedono gli scrupolosi osservatori della legge morale, in virtu' di un
qualcosa che non e' certo il comportamento morale, ma piuttosto la capacita'
di avere speranza.
La religione non e' adesione ad una oggettiva verita' rivelata e tramandata.
Proprio nel suo nascere, la religione e' invece l'opposto, la ricerca di una
verita' suprema, incommensurabile con la verita' rivelata e tramandata.
Altrimenti, nessuna nuova religione sarebbe mai nata.
La religione non e' il sacerdozio, tramite e interprete dell'assoluto. (...)

7. DIBATTITO. SALMAN RUSHDIE: IL GANDHI DI ATTENBOROUGH (1983)
[Questa stroncatura del film di Richard Attenborough su Gandhi, scritta nel
1983 dallo scrittore perseguitato, e che noi riportiamo dal suo libro Patrie
immaginarie, Mondadori, Milano 1991, 1994 (in questa edizione, economica,
alle pp. 113-117), propone utili materiali di riflessione ed opinioni
ovviamente discutibili e fin puntualmente contestabili. Lo proponiamo come
contributo ad una riflessione non agiografica che intendiamo approfondire
nei prossimi giorni ospitando altre e diverse voci, altri e diversi punti di
vista.
Sono mesi che pensiamo che sarebbe utile proporre sul nostro notiziario un
dibattito critico a piu' voci sulla figura, la meditazione e l'opera di
Gandhi; abbiamo esitato per il timore che esso potesse dar luogo a
fraintendimenti assai ingiusti (chi scrive queste righe ritiene ad esempio
penosamente mistificante e del tutto inaccettabile la rappresentazione
caricaturale che Rushdie offre della nonviolenza), ma riteniamo che i
lettori di questo notiziario dispongano di strumenti adeguati per affrontare
una discussione anche aspra ed approfondita, ed apprezzare le voci critiche
anche nel loro margine di errore, anche nel loro rappresentarsi la
nonviolenza in modo fin grossolanamente sfigurante.
Nei prossimi giorni contiamo di pubblicare, tra gli altri, testi di Martin
Buber, di George Orwell e di altri illustri autori.
Salman Rushdie e' nato a Bombay nel 1947, vive in Gran Bretagna. Romanziere,
nel 1989 è stato condannato a morte da fondamentalisti islamici per aver
pubblicato un libro (il romanzo I versi satanici) ritenuto offensivo per
quella religione; da allora vive praticamente in clandestinità ed in
costante pericolo di vita. Opere di Salman Rushdie: piu' che i suoi notevoli
romanzi e racconti segnaliamo qui particolarmente la raccolta di brevi saggi
Patrie immaginarie, Mondadori. Opere su Salman Rushdie: AA. VV. (a cura di
Federico Tibone), Salman Rushdie: il silenzio dell'occidente, Sonda.
Mohandas Gandhi è il fondatore della nonviolenza. Nato a Portbandar in India
nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui
divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati
indiani ed elaborò le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 tornò in India e
divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la
liberazione dal colonialismo britannico. Guidò grandi lotte politiche e
sociali affinando sempre più la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando
precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale
ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti
ed è tale la grandezza di quest'uomo che una volta di più occorre ricordare
che non va  mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti,
contraddizioni, ed alcuni aspetti negativi -che pure vi sono- della sua
figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi:  essendo
Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d
'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono
sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la
sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede
significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verità. In
italiano l'antologia migliore è Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi;
si vedano anche: La forza della verità, vol. I, Sonda, Torino-Milano 1991;
Villaggio e autonomia, LEF; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita
per la libertà, Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton;
Civiltà occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura
della natura, LEF. Altri volumi sono stati pubblicati da Comunità: la nota e
discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio:
Tempio di verità; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente
Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verità. Altri volumi ancora
sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della
drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati
pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?,
in "Micromega" n. 2 del 1991. Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R.
Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M.
Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi,
Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo
Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i
volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con
Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti.
Una importante testimonianza è quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro,
Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma
Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna.
Altri libri utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto,
William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa,
Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione è quella di
Ernesto Balducci, Gandhi, ECP. Una interessante sintesi è quella di Giulio
Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma.
Richard Attenborough, regista cinematografico inglese (ma anche attore in
vari film). Opere di Richard Attenborough: segnaliamo particolarmente
appunto il suo Gandhi, film biografico di notevole impegno che ha
contribuito significativamente a riproporre a livello di massa la figura, la
riflessione e l'azione di Gandhi; e Grido di libertà, ricostruzione della
lotta e della morte di Steve Biko assassinato dal regime razzista
sudafricano, film anch'esso di notevole impegno tratto dal lavoro di
denuncia e testimonianza di Donald Woods]
La deificazione e' una malattia tipicamente indiana e in India Mohandas
Karamchand Gandhi, grande anima, piccolo padre, e' stato elevato piu' in
alto di chiunque altro nel pantheon degli dei degli ultimi giorni. "Ma" mi
e' stato chiesto piu' di una volta in India recentemente "perche' mai un
inglese dovrebbe voler deificare Gandhi?". E perche', si potrebbe
aggiungere, l'American Academy dovrebbe volerlo incoraggiare, attribuendo, a
mo' di offerta votiva in un tempio, otto statuette scintillanti a un film
inadeguato da un punto di vista biografico, pessimo da un punto di vista
storico e spesso risibile cinematograficamente?
La risposta potrebbe essere che "Gandhi" (il film, non l'uomo, che irrito'
enormemente i britannici ma che ora riposa in pace per la pace di tutti)
soddisfa determinate aspirazioni della psiche occidentale, categorizzabili
sotto tre titoli principali.
Prima di tutto, vi e' l'impulso esotico, il desiderio di vedere l'India
quale sorgente di saggezza mistico-spirituale. Gandhi, il guru di
celluloide, segue la scia di altri santi uomini che hanno raggiunto la
popolarita' - a partire dal Maharishi, che per primo segno' quella via.
In secondo luogo, vi e' quella che potrebbe venir definita l'ansia cristiana
di un "capo" devoto agli ideali di poverta' e semplicita', un uomo troppo
buono per questo mondo e dunque sacrificato sugli altari della storia.
E in terzo luogo, vi e' il desiderio politico liberal-conservatore di
sentirsi dire che le rivoluzioni possono, e dovrebbero, essere combattute
unicamente con l'arma della sottomissione, del sacrificio personale e della
nonviolenza.
Per far si' che "Gandhi" piacesse al mercato occidentale, lo si e' dovuto
santificare e trasformare in un Cristo - un destino curioso per un abile
avvocato gujarati - e si e' dovuto far scempio della storia di una delle
piu' grandi rivoluzioni del secolo. Non e' niente di nuovo: sono secoli che
i britannici fanno scempio della storia indiana.
Buona parte del dibattito che si e' aperto intorno al film si e' incentrato
sulle sue omissioni: perche' non si e' parlato di Subhas Bose o di Tagore? I
produttori del film hanno risposto che sarebbe stato impossibile includere
tutti e tutto, e naturalmente la selezione e' un aspetto cruciale dell'opera
d'arte. Ma la selezione crea il significato e in "Gandhi" i significati sono
spesso dubbi e in taluni casi spaventosamente naif.
Si prenda il massacro di Amritsar, che forse costituisce la sequenza di
maggior impatto nel film. Sia il massacro sia la corte marziale che ad esso
segue, e nel corso delle cui sedute gli inglesi esasperati interrogano
l'impenitente Dyer con orrore appena sopito, vengono messi in scena con
precisione e passione. Ma il significato delle due scene e' che le crudelta'
di Dyer a Jallianwala Bagh furono opera di un individuo crudele ed
eccessivamente zelante, immediatamente stigmatizzate dall'India britannica.
Cio' e' falso su tutta la linea.
Nel 1919 i britannici in Punjab erano nel panico perche' temevano una
seconda Insurrezione indiana; di notte sognavano stupri. La corte marziale
potrebbe aver condannato Dyer, ma gli uomini delle colonie non lo fecero,
perche' aveva dato una lezione ai wogs ed era dunque un eroe. E, tornato in
Inghilterra, venne accolto da eroe. Una raccolta di fondi in suo favore lo
fece diventare ricco. Tagore, disgustato dalla reazione britannica al
massacro, restitui' il suo titolo di cavaliere.
Nel caso di Amritsar, la selezione artistica ha alterato il significato
dell'evento, distorcendolo in maniera imperdonabile.
Un altro esempio: l'assassinio di Gandhi. Attenborough lo considera talmente
importante da proporlo sia all'inizio sia alla fine del film; ma nelle tre
ore che trascorrono fra le due scene non si dice nulla in proposito: ne' il
nome degli assassini, ne' il nome dell'organizzazione che stava dietro
all'uccisione, ne' uno straccio di movente. In un thriller politico tutto
cio' sarebbe omissione semplicemente grossolana; in "Gandhi" assume
connotazioni ben peggiori. Gandhi venne assassinato da Nathuram Godse,
membro del gruppo di fanatici indu' RSS, che lo incolpava della spartizione
del paese. Ma nel film, il killer non viene differenziato dalla folla; egli
semplicemente spunta tra la folla con una pistola in mano. Cio' potrebbe
avere uno di questi tre significati: che egli rappresenti la folla - cioe'
che la gente si sia ribellata a Gandhi, che la folla vomiti un killer per
compiere quel gesto; che Godse sia un "pazzo solitario", benche' un pazzo
solitario sotto l'influenza di un sadhu dall'aspetto sinistro su un riscio';
o che Gandhi sia Cristo vestito con un perizoma e che quell'assassinio
rappresenti la crocifissione, nel qual caso non serve alcuna spiegazione.
Conosciamo il motivo della morte di Cristo: mori' perche' altri potessero
vivere. Ma Godse non rappresentava la folla. Non opero' da solo. E
quell'omicidio fu un atto politico, non mistico. Le distorsioni di
Attenborough tendono alla mitologizzazione, ma anche alla menzogna.
Ma - ci dicono - il film e' una biografia, non un'opera politica. Anche se
si accetta tale distinzione (senza dubbio spuria nel caso di una vita cosi'
pubblica) va risposto che una biografia, se non vuole trasformarsi in
agiografia,deve affrontare gli aspetti oscuri del suo soggetto oltre che
quelli gradevoli.
Gli esperimenti di brahmacharya, durante i quali Gandhi trascorreva intere
notti coricato a fianco di donne completamente nude per mettere alla prova
la propria volonta' di astinenza, sono ben noti, hanno senza dubbio
potenzialita' cinematografiche e sono, naturalmente, eventi ambigui. Il film
li omette, cosi' come omette di menzionare la simpatia di Gandhi per gli
industriali indiani miliardari (dopo tutto, mori' nella casa del piu' ricco
di essi, Birla House di Delhi). E' questo senz'altro un campo assai fecondo
per un biografo che desideri scavare in profondita': l'uomo delle masse,
dedito a una vita semplice, alla negazione di se', all'ascetismo, finanziato
per tutta la vita dai magnati del supercapitalismo e, direbbero alcuni,
compromesso fino in fondo con essi? Una biografia scritta che non si
addentrasse in acque cosi' torbide non meriterebbe alcuna attenzione; e per
un film vanno adottati gli stessi criteri.
"Gandhi" presenta falsi ritratti della maggior parte dei leader della lotta
per l'indipendenza. Patel viene dipinto come un clown, mentre fu fra i piu'
duri tra gli uomini duri. Ed e' stata una bella idea quella di ritrarre
Jinnah come il conte Dracula. Ma gli interventi importanti sono stati quelli
sulla personalita' di Nehru e la decisione di omettere ogni riferimento a
Bose.
In entrambi i casi, e' stato sacrificato l'interesse drammatico in favore
degli intenti di deificazione. Nehru non fu discepolo di Gandhi: i due
stavano sullo stesso piano e litigavano ferocemente. Il loro dibattito fu
cruciale per la liberta' del movimento - Nehru, il sofisticato cittadino che
voleva industrializzare l'India per condurla nell'era moderna, contro la
figura un po' medievale del rurale Gandhi, amante dell'artigianato: il paese
visse quel dibattito e dovette scegliere. L'India scelse Gandhi col cuore,
ma per quanto riguardava la politica pratica scelse Nehru. Non si comprende
nulla della natura dell'indipendenza politica dell'India se non si comprende



il conflitto fra questi due grandi uomini. Trasformando Nehru in un accolito
di bapuji, il film viene a castrarsi.
E Bose viene lasciato da parte. Bose il guerrigliero, che durante la guerra
combatte' a fianco dei giapponesi contro i britannici, Bose le cui opinioni
avrebbero potuto fare da contrappeso a quelle di Gandhi, elevando
sostanzialmente il livello del film. Ma Bose era violento, e il film, se un
significato possiede, vuol trasmettere la nozione che la nonviolenza
funziona e che potrebbe funzionare ovunque, in qualsiasi rivoluzione. Di
conseguenza, ogni argomento non in linea con tale presupposto viene escluso.
Il messaggio di "Gandhi" e' che il modo migliore di ottenere la liberta' e'
quello di mettersi in fila, senza armi, e marciare verso gli oppressori,
permettendo loro di ridurti inerme al suolo a suon di manganello; se resisti
sufficientemente a lungo, li metterai in tale imbarazzo da costringerli ad
andare via. Tutto cio' e' la peggiore sciocchezza mai sentita ed e' una
sciocchezza pericolosa. La nonviolenza fu una strategia scelta da un popolo
specifico nei confronti di un oppressore specifico; generalizzare da tutto
cio' costituisce un atto sospetto. Che utilita' avrebbe avuto la
nonviolenza, ad esempio, contro i nazisti? Perfino in India i leader del
movimento d'indipendenza ebbero successo non perche' furono piu' morali dei
britannici, ma perche' furono piu' abili, piu' intelligenti, e politici
combattenti migliori dei loro avversari. "Gandhi" ci mostra un santo che
vinse un impero, ma non e' che frutto di invenzione.
Tutti gli amanti della comicita' involontaria apprezzeranno le scene di
"Gandhi" in cui Bapu ripete la scena del matrimonio ad uso dei giornalisti
occidentali; in cui lo sciopero della fame di un uomo riporta la pace in una
Calcutta segnata dai disordini e teppisti pentiti promettono a Gandhi che
adotteranno dei bambini musulmani rimasti orfani; in cui Mirabehn viene
interpretata come una donna presa da una trance ipnotica continua; o in cui
la spartizione viene stabilita nel corso di una pausa di due minuti dei
negoziati per l'indipendenza. Se e' questo il miglior film del 1983, Dio
assista l'industria cinematografica.
In realta' "Gandhi" e' un film costoso su di un uomo che si dedico' alle
piccole cose e all'ascetismo. La forma del film, opulenta e sontuosa,
soffoca e finisce per opprimere l'uomo nel suo nucleo centrale, malgrado
l'ottimo lavoro di Ben Kingsley (lui, perlomeno, ha meritato l'Oscar). E'
come se Gandhi, dopo la morte, avesse trovato in Attenborough l'ultimo di
una serie di benefattori miliardari, l'ultimo Birla. E i ricchi, come gli
imperatori, hanno sempre avuto un debole per gli uomini miti, per i santi.

8. MATERIALI. ALCUNI EPISTOLARI PUBBLICATI DI ALDO CAPITINI
[Dal sito dell'Associazione Nazionale Amici di Aldo Capitini
(www.full-service.it/capitini/capitini.htm o anche:
www.citinv.it/associazioni/ANAAC/home.htm o anche: www.cosinrete.it)
riportiamo questa segnalazione bibliografica delle piu' consistenti sezioni
dell'epistolario capitiniano pubblicate in volume e in rivista.
Aldo Capitini è nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato,
docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la
nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il più grande
pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini:
la miglior antologia degli scritti è (a cura di Giovanni Cacioppo e vari
collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977;
recentemente è stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza,
Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici,
Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991; e gli scritti sul
Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996. Presso la redazione di "Azione
nonviolenta" sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed
opuscoli di Capitini non più reperibili in libreria (tra cui i fondamentali
Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969).
Negli anni '90 è iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte;
sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, e un volume di
Scritti filosofici e religiosi. Opere su Aldo Capitini: oltre alle
introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo
Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda: Giacomo Zanga, Aldo
Capitini, Bresci, Torino 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, ECP, S.
Domenico di Fiesole 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo
Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Rocco Altieri,
La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo
Capitini, BFS, Pisa 1998; Antonio Vigilante, La realtà liberata. Escatologia
e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999]
- La lettera a Gentile del 1933: No al fascismo-violenza, in Note su
socialismo e cristianesimo, "Bollettino del Centro Charles Peguy", Istituto
di Filosofia, Facolta' di Magistero, Universita' degli Studi di Lecce, anno
II, n. 2-3, 1982.
- Lettere a Danilo Dolci, a cura di Franco Alasia, in "Il Ponte", n. 10,
1969.
- Lettera al Presidente della Repubblica, in Dal modernismo al liberalismo
religioso: Giovanni Pioli, Milano, Dall'Oglio, 1970, pp. 96-97.
- Lettere a Maurizio Cavicchi in Maurizio Cavicchi, Presenza di Aldo
Capitini, Perugia, Il Listro, 1972.
- Lettere per Nomadelfia, a cura di Mario Delle Piane, "Il Ponte", n. 9,
1973.
- Lettere agli amici, 1947-1968, Milano, Linea d'ombra, 1989.
- Carteggio con Sara Melauri, in La nonviolenza dopo la tempesta, Roma,
Edizioni Associate, 1991.
- Aldo Capitini, Tristano Codignola, Lettere 1940-1968, a cura di Tiziana
Borgogni Migani, Firenze, La Nuova Italia, 1997.

9. SEGNALAZIONI. UN AMPIO ARTICOLO DI GIUSEPPINA CIUFFREDA SUI MOVIMENTI
CONTRO LA GLOBALIZZAZIONE NEOLIBERISTA
In tre puntate nei fascicoli del 19 giugno, del 27 giugno e del primo luglio
2001 del quotidiano "Il manifesto" e' apparso un ampio articolo di
Giuseppina Ciuffreda dedicato alle esperienze e riflessioni che si oppongono
alla globalizzazione neoliberista. Lo segnaliamo ai nostri interlocutori.
Giuseppina Ciuffreda e' una prestigiosa intellettuale femminista ed una
giornalista di particolare rigore morale e intellettuale.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 167 del 15 luglio 2001