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[tradenews] WTO: il momento della verità
- Subject: [tradenews] WTO: il momento della verità
- From: roberto at mancaintesa.org
- Date: Tue, 11 Apr 2006 10:13:29 +0200
Il momento della verità La VI Conferenza ministeriale, svoltasi ad Hong Kong nel dicembre 2005, non aveva fatto registrare effettivi avanzamenti nel negoziato. Lo stesso direttore generale, Pascal Lamy, ha parlato recentemente di "modesto successo", ammettendo che le novità sono risultate minime. In sostanza, ad Hong Kong, i 150 ministri presenti si sono trovati concordi solo nel voler trovare un accordo per chiudere il Doha Round entro la fine dell'anno, ma sul contenuto di questo accordo le distanze non sono state minimamente colmate. A pochi mesi dal vertice, la situazione non E' cambiata, la volontà di un accordo E' unanimemente proclamata ma ognuno ha in testa un "proprio" accordo; il problema E' che fra meno di un mese, per la precisione il 30 aprile, scadranno due milestone definite ad Hong Kong, relative a due dei tre principali pilastri del negoziato: agricoltura e prodotti industriali (NAMA). Le prospettive di rispettare la scadenza sono ben poche sulla carta. Dopo anni di scontri sull'agricoltura, oggi a rallentare maggiormente i negoziati sono i prodotti industriali. Le simulazioni realizzate nelle ultime settimane hanno reso consapevoli tutti i paesi che in cambio delle poche concessioni agricole, i paesi industrializzati stanno loro chiedendo un conto molto salato sui prodotti industriali. Utilizzando un coefficiente pari a 40 (UE/USA chiedono un ben più dratico valore di 10), Brasile ed India dovrebbero ridurre i loro dazi mediamente del 39,58% e 46,37, mentre USA ed UE molto meno, rispettivamente del 23,36% e 21,22%. Il che risulta platealmente in contrasto col concordato impegno "less than full reciprocity" a favore dei paesi in via di sviluppo. Con la presa di posizione del gruppo NAMA-11 del 20 marzo, pare che i PVS si siano resi conto di quanto poco ci fosse di che essere soddisfatti sia dell'accordo di luglio che del risultato di Hong Kong, ma il rischio E' che ormai sia troppo tardi. Inoltre la Cina condiziona ulteriormente il quadro ed ha reso ogni mossa tattica dipendente dalle implicazioni che essa sortirebbe nei rapporti commerciali bilaterali di ciascun paese con la Cina. Detto in altre parole, riduzioni che sino a qualche tempo fa sarebbero state accettate da molti paesi (tra tutti l'India), sono oggi messe in dubbio dalla paura di "invasione" di prodotti cinesi. Prospettiva che non preoccupa più solo USA ed UE ma l'intero globo. Apparentemente sembra che solo una riduzione dell'ambizione euro-americana possa risolvere il momento di empasse e permettere di chiudere parallelamente anche il discorso delle modalità in campo agricolo, dove il vero punto di grande contrasto globale non E' costituito dalle tariffe, né dai sussidi distorsivi (scatola gialla). Il vero problema E' costituito dalle scatole blu e verde poiché E' in esse che vengono riclassificati i sussidi distorisivi euro-americani. Il problema E' che una loro revisione costringerebbe l'UE a rivedere la propria Politica agricola comune (PAC) "vanificando" la riforma del 2003, attuata proprio in ottica negoziati Doha Round. Mandelson sa che non potrebbe mai accettare una proposta simile poiché si troverebbe in rivolta almeno metà dei paesi membri (Francia, Cipro, Spagna, Finlandia, Grecia, Slovenia, Ungheria, Italia, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Polonia , Portogallo insieme alle prossime new entry Bulgaria e Romania hanno inviato nei giorni scorsi un memo alla Commissione con aspettative e preoccupazioni sui punti aperti). D'altro canto anche gli USA stanno bleffando alla grande sul tavolo agricolo, poiché le loro offerte sono poco credibili se rapportate alle dichiarazioni interne del Congresso Americano, che non ha mai nascosto l'intento di non voler assolutamente stabilire la propria politica agricola in base ai negoziati WTO. Ma ridurre le ambizioni nel NAMA non sarebbe un boccone facile da digerire per l'Europa, convinta di aver già concesso fin troppo in agricoltura e preoccupata dagli scarsi risultati nel negoziato sui servizi. Eppure tutti paiono "obbligati" ad un accordo perché o si conclude il Doha Round entro la fine di questo anno (o al più nei primi tre mesi del 2007) o si gettano alle ortiche più di quattro anni di lavoro poiché a metà 2007 scadrà la Trade Promotion Autorità che conferisce al presidente Bush, il potere di negoziare in autonomia accordi commerciali internazionali. E se fallisce il Doha Round, per il WTO si prospetta un futuro molto grigio. Per questo il suo direttore generale, Pascal Lamy, sta esercitando tutto il suo impegno e le sue capacità nel tentativo di far rispettare il calendario stabilito ad Hong Kong. Nel suo discorso al Consiglio generale (28 marzo), ha invitato tutti i paesi membri a rispettare la scadenza del 30 aprile, definendola come "il momento della verità". Lamy ha allertato tutti i paesi membri sulla possibilità di convocare, anche all'ultima ora, una "Ministerial Green Room" dal 29 aprile al 2 maggio, ovvero una mini-ministeriale aperta ai soliti 20/25 paesi che contano, per poi farne ratificare l'auspicato accordo a un consiglio generale convocato negli stessi giorni. Si tratterebbe, E' evidente, di un atto di forza, dell'ennesima rappresentazione di un processo che di democratico, inclusivo e trasparente non ha proprio nulla. Da questo punto di vista va notato che dopo Hong Kong la situazione E' ulteriormente peggiorata visto che dalle mini-ministeriali a cui erano invitati in passato 20/25 paesi si E' passati a "micro-ministeriali" dove si ritrovano USA, UE, India, Brasile, Giappone ed Australia (il gruppo viene definito come G6), per non dire di quando, come il 31 marzo a Rio De Janeiro a incontrarsi sono stati solo in tre: UAS, UE e Brasile! Insomma il metodo decisionale "bottom-up" annunciato da Lamy al suo insediamento lo scorso anno E' durato ben poco, il "bottom" E' scomparso ed i fiumi di retorica sugli aiuti allo sviluppo sono in secca. Dipak Patel, ministro per il commercio dello Zambia, attuale coordinatore del gruppo dei paesi meno sviluppati ha scritto sul Financial Times del 29 marzo che non E' possibile continuare con l'attuale situazione di marginalizzazione; "i paesi meno sviluppati sono determinati a fare tutto il possibile per migliorare la loro condizione ma, devono avere l'opportunità di accedere agli organismi preposti ai negoziati WTO". Sta invece accadendo il contrario, la sensazione E' che, dopo la settimana di negoziato prevista dal 17 aprile, sarà Lamy a prendere in mano la situazione, scrivendo di suo pugno un testo di accordo da definire nelle solite ristrette "green rooms". Anche perché sarebbe questo l'unico metodo applicabile per far rispettare le scadenze prescritte per questo tortuoso round che ormai, persino gli esperti della banca mondiale, considerano a beneficio di pochi. Roberto Meregalli Beati i costruttori di pace Un approfondimento schematico sull'attuale situazione dei negoziati agricoli e NAMA E' disponbile su: www.beati.org/wto/ArchivioDocumenti/2006/Benedetta agricoltura_HK.pdf
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