[tradenews] WTO: il momento della verità



Il momento della verità

La VI Conferenza ministeriale, svoltasi ad Hong Kong nel dicembre 2005, non
aveva fatto registrare effettivi avanzamenti nel negoziato. Lo stesso
direttore generale, Pascal Lamy, ha parlato recentemente di "modesto
successo", ammettendo che le novità sono risultate minime.
In sostanza, ad Hong Kong, i 150 ministri presenti si sono trovati concordi
solo nel voler trovare un accordo per chiudere il Doha Round entro la fine
dell'anno, ma sul contenuto di questo accordo le distanze non sono state
minimamente colmate.
A pochi mesi dal vertice, la situazione non E' cambiata, la volontà di un
accordo E' unanimemente proclamata ma ognuno ha in testa un "proprio"
accordo; il problema E' che fra meno di un mese, per la precisione il 30
aprile, scadranno due milestone definite ad Hong Kong, relative a due dei
tre principali pilastri del negoziato: agricoltura e prodotti industriali
(NAMA).

Le prospettive di rispettare la scadenza sono ben poche sulla carta.
Dopo anni di scontri sull'agricoltura, oggi a rallentare maggiormente i
negoziati sono i prodotti industriali. Le simulazioni realizzate nelle
ultime settimane hanno reso consapevoli tutti i paesi che in cambio delle
poche concessioni agricole, i paesi industrializzati stanno loro chiedendo
un conto molto salato sui prodotti industriali. Utilizzando un coefficiente
pari a 40 (UE/USA chiedono un ben più dratico valore di 10), Brasile ed
India dovrebbero ridurre i loro dazi mediamente del 39,58% e 46,37, mentre
USA ed UE molto meno, rispettivamente del 23,36% e 21,22%. Il che risulta
platealmente in contrasto col concordato impegno "less than full
reciprocity" a favore dei paesi in via di sviluppo.

Con la presa di posizione del gruppo NAMA-11 del 20 marzo, pare che i PVS si
siano resi conto di quanto poco ci fosse di che essere soddisfatti sia
dell'accordo di luglio che del risultato di Hong Kong, ma il rischio E' che
ormai sia troppo tardi.

Inoltre la Cina condiziona ulteriormente il quadro ed ha reso ogni mossa
tattica dipendente dalle implicazioni che essa sortirebbe nei rapporti
commerciali bilaterali di ciascun paese con la Cina. Detto in altre parole,
riduzioni che sino a qualche tempo fa sarebbero state accettate da molti
paesi (tra tutti l'India), sono oggi messe in dubbio dalla paura di
"invasione" di prodotti cinesi. Prospettiva che non preoccupa più solo USA
ed UE ma l'intero globo.

Apparentemente sembra che solo una riduzione dell'ambizione euro-americana
possa risolvere il momento di empasse e permettere di chiudere
parallelamente anche il discorso delle modalità in campo agricolo, dove il
vero punto di grande contrasto globale non E' costituito dalle tariffe, né
dai sussidi distorsivi (scatola gialla). Il vero problema E' costituito dalle
scatole blu e verde poiché E' in esse che vengono riclassificati i sussidi
distorisivi euro-americani. Il problema E' che una loro revisione
costringerebbe l'UE a rivedere la propria Politica agricola comune (PAC)
"vanificando" la riforma del 2003, attuata proprio in ottica negoziati Doha
Round. Mandelson sa che non potrebbe mai accettare una proposta simile
poiché si troverebbe in rivolta almeno metà dei paesi membri (Francia,
Cipro, Spagna, Finlandia, Grecia, Slovenia, Ungheria, Italia, Irlanda,
Lituania, Lussemburgo, Polonia , Portogallo insieme alle prossime new entry
Bulgaria e Romania hanno inviato nei giorni scorsi un memo alla Commissione
con aspettative e preoccupazioni sui punti aperti).
D'altro canto anche gli USA stanno bleffando alla grande sul tavolo
agricolo, poiché le loro offerte sono poco credibili se rapportate alle
dichiarazioni interne del Congresso Americano, che non ha mai nascosto
l'intento di non voler assolutamente stabilire la propria politica agricola
in base ai negoziati WTO.
Ma ridurre le ambizioni nel NAMA non sarebbe un boccone facile da digerire
per l'Europa, convinta di aver già concesso fin troppo in agricoltura e
preoccupata dagli scarsi risultati nel negoziato sui servizi.

Eppure tutti paiono "obbligati" ad un accordo perché o si conclude il Doha
Round entro la fine di questo anno (o al più nei primi tre mesi del 2007) o
si gettano alle ortiche più di quattro anni di lavoro poiché a metà 2007
scadrà la Trade Promotion Autorità che conferisce al presidente Bush, il
potere di negoziare in autonomia accordi commerciali internazionali.
E se fallisce il Doha Round, per il WTO si prospetta un futuro molto grigio.
Per questo il suo direttore generale, Pascal Lamy, sta esercitando tutto il
suo impegno e le sue capacità nel tentativo di  far rispettare il calendario
stabilito ad Hong Kong. Nel suo discorso al Consiglio generale (28 marzo),
ha invitato tutti i paesi membri a rispettare la scadenza del 30 aprile,
definendola come "il momento della verità".
Lamy ha allertato tutti i paesi membri sulla possibilità di convocare, anche
all'ultima ora, una "Ministerial Green Room" dal 29 aprile al 2 maggio,
ovvero una mini-ministeriale aperta ai soliti 20/25 paesi che contano, per
poi farne ratificare l'auspicato accordo a un consiglio generale convocato
negli stessi giorni.
Si tratterebbe, E' evidente, di un atto di forza, dell'ennesima
rappresentazione di un processo che di democratico, inclusivo e trasparente
non ha proprio nulla. Da questo punto di vista va notato che dopo Hong Kong
la situazione E' ulteriormente peggiorata visto che dalle mini-ministeriali a
cui erano invitati in passato 20/25 paesi si E' passati a
"micro-ministeriali" dove si ritrovano USA, UE, India, Brasile, Giappone ed
Australia (il gruppo viene definito come G6), per non dire di quando, come
il 31 marzo a Rio De Janeiro a incontrarsi sono stati solo in tre: UAS, UE e
Brasile!
Insomma il metodo decisionale "bottom-up" annunciato da Lamy al suo
insediamento lo scorso anno E' durato ben poco, il "bottom" E' scomparso ed i
fiumi di retorica sugli aiuti allo sviluppo sono in secca.
Dipak Patel, ministro per il commercio dello Zambia, attuale coordinatore
del gruppo dei paesi meno sviluppati ha scritto sul Financial Times del 29
marzo che non E' possibile continuare con l'attuale situazione di
marginalizzazione; "i paesi meno sviluppati sono determinati a fare tutto il
possibile per migliorare la loro condizione ma, devono avere l'opportunità
di accedere agli organismi preposti ai negoziati WTO".
Sta invece accadendo il contrario, la sensazione E' che, dopo la settimana di
negoziato prevista dal 17 aprile, sarà Lamy a prendere in mano la
situazione, scrivendo di suo pugno un testo di accordo da definire nelle
solite ristrette "green rooms". Anche perché sarebbe questo l'unico metodo
applicabile per far rispettare le scadenze prescritte per questo tortuoso
round che ormai, persino gli esperti della banca mondiale, considerano a
beneficio di pochi.

Roberto Meregalli
Beati i costruttori di pace

Un approfondimento schematico sull'attuale situazione dei negoziati agricoli
e NAMA E' disponbile su: www.beati.org/wto/ArchivioDocumenti/2006/Benedetta
agricoltura_HK.pdf