11 aprile 2005-11 aprile 2006: mai più morti per i nostr i vestiti



Campagna Abiti Puliti
comunicato stampa

per info e interviste: Deborah Lucchetti - 338 1498490
<http://www.abitipuliti.org>www.abitipuliti.org
-------------------------------------------------------------------------------------------------

SPECTRUM, UN ANNO DOPO: MAI PIU' MORTI PER I NOSTRI VESTITI

11 aprile 2006: giornata di azione internazionale per la salute e la
sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici in Bangladesh


Genova, 11 Aprile 2006 - Un anno dopo il collasso della Spectrum Sweater di
Dhaka dove morirono 64 persone, più di 70 rimasero ferite e centinaia
persero il lavoro, gli attivisti della Clean Clothes Campaign in Europa e
in Bangladesh denunciano il fallimento delle richieste di risarcimento per
le famiglie dei deceduti e dei sopravvissuti e lanciano una azione di
pressione verso le ambasciate del Bangladesh in Europa
<http://www.abitipuliti.org:8080/abitipuliti/azioni/11
aprile/index_html>(clicca qui) per le persistenti e critiche condizioni di
lavoro nelle fabbriche del settore tessile, dove nuovi incidenti nelle
scorse sei settimane hanno causato morti e feriti.

Un anno dopo la tragedia gravissima che colpì i lavoratori e le lavoratrici
della Spectrum, solo tre imprese clienti della fabbrica – Inditex (Spagna),
New Wave Group (Svezia) e Solo Invest (Francia) -  hanno accettato di
contribuire al fondo di compensazione per i sopravvisssuti e per le
famiglie delle vittime che cucivano i vestiti per loro. Cambiamenti
strutturali ad ampio raggio per quanto riguarda la sicurezza e la salute
dei lavoratori e delle lavoratrici devono invece ancora essere attivati,
nonostante le numerose e puntuali richieste delle ONG e dei sindacati.

La Spectrum insieme alla Shariyar Fabric, acquisiva ordini da un vasto
gruppo di imprese europee; quelle che non si sono ancora impegnate per la
costituzione del fondo includono: Carrefour, CMT Windfield (Francia),
Cotton Group (Belgio), KarstadtQuelle, New Yorker, Bluhmod (Germania) e
Scapino (Olanda). Le imprese italiane segnalate al momento del crollo come
committenti – la Titanus di San Marino e la Frabo di Padova - non hanno mai
confermato rapporti commerciali con la fabbrica della morte ma neppure
hanno reso pubblica la lista dei loro fornitori. Sappiamo però che molte
imprese italiane lavorano con imprese del Bangladesh e sappiamo bene quanto
le condizioni di sfruttamento siano generalizzate; e come la Spectrum,
moltissime altre fabbiche sono a rischio quotidiano di grave violazione dei
diritti e di incidenti mortali e questo è noto ai marchi internazionali che
si riforniscono in quel paese.

La situazione che ha portato la Spectrum al collasso, come testimoniano i
recentissimi nuovi incidenti mortali, non è casuale nè isolata; in
Bangladesh, come in molti altri paesi del mondo, esiste una sistema
generalizzato di sfruttamento e insalubrità che costringe i lavoratori e le
lavoratrici a lavorare in condizione inaccettabili. “Le uscite sono
bloccate con le scatole, i cancelli chiusi a chiave, oppure c’è appena una
uscita stretta per migliaia di lavoratori – in caso di incendio questo
significa morte certa per i giovani lavoratori e lavoratrici delle
fabbriche bengalesi dove sono cuciti i vestiti per i negozi europei,”
dichiara Amirul Haque Amin del National Garment Workers Federation in
Bangladesh.

“Molte imprese italiane vanno a produrre in Bangladesh e molti marchi noti
di vestiti che indossiamo sono prodotti in condizioni che sarebbero
considerate illegali in Italia, come, ad esempio, il gruppo COIN con il
marchio Oviesse, il gruppo Tessival con i marchi Herod e Greenland (con cui
stiamo lavorando per la risoluzione del caso di violazioni avvenute alla
A-One di Dhaka),  il gruppo Teddy con i marchi Rinascimento, Calliope,
Terranova “ continua Deborah Lucchetti della Campagna Abiti Puliti. “In
questa giornata vogliamo rilanciare con forza alle imprese italiane che si
riforniscono in Bangladesh, la richiesta di assunzione di responsabilità
affinchè si facciano sensibili passi in avanti per l’implementazione di un
programma di sicurezza credibile insieme alle istituzioni locali, al
sindacato e alle ong; un programma concreto che metta la parola fine a
tragedie come quella della Spectrum”.


Per maggiori informazioni contattare:
Deborah Lucchetti - 338 1498490
http://www.abitipuliti.org 

La Clean Clothes Campaign è un network internazionale di ong e sindacati
che lavora per il miglioramento delle condizioni di lavoro ed il
rafforzamento dei lavoratori nell’industria tessile globale. In Italia la
Campagna Abiti Puliti è promossa da Coordinamento Lombardo Nord/Sud del
Mondo, Centro Nuovo Modello di Sviluppo, FAIR, Manitese con l’adesione di
CTM-Altromercato.
----------------------------------------------------------------------------------------
[fair] comunica : <http://www.faircoop.it>www.faircoop.it
Visita [fair]watch:
<http://www.fairwatch.splinder.com>www.fairwatch.splinder.com