Lettera aperta a don Gelmini



Riceviamo e volentieri pubblichiamo la seguente lettera:

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Caro don Gelmini,
ti scrivo in merito alla donazione pubblica di 5 milioni di euro che ti ha fatto il presidente del consiglio per i tuoi 80 anni(auguri!). Devo dirti che la cosa non mi è andata giù. Ma come: possibile che una persona della tua serietà non veda il pericolo di diminuzione della “ libertà religiosa” o della capacità di denuncia? Sento il dovere di denunciare la falsità di una carità che è compromesso. A volte la pietà è capace solo di umiliare... Non serve a niente soccorrere i poveri se prima i poveri li si fabbrica e ci si rifiuta di toccare un sistema economico che rende i ricchi ancora più ricchi e i poveri ancora più poveri. La carità del ricco.. S. Gregorio di Nissa diceva:” Che importa che il ricco faccia un po’ di elemosina? Quel denaro costa le lacrime di cento poveri”. Ma anche S. Ambrogio non era da meno: “ La generosità non conta niente se permane l’ingiustizia”. E Mazzolari: “ E’ più facile esultare il giorno che i ricchi si presentano a fare l’elemosina alla Chiesa, che rimandarli a casa se prima non si sono messi in regola nei riguardi della giustizia verso i loro dipendenti”. Mi è capitato sotto mano un libro del ’67 dal titolo “ la collera dei poveri” scritto da quei 3 profeti che sono stati Paul Gauthier, Primo Mazzolari e Arturo Paoli. Devo purtroppo dire che è ancora strettamente attuale… C’è una frase di S. Giovanni Crisostomo che dice:” gli uomini di Chiesa sono diventati quasi degli uomini d’affari, dei finanzieri, degli imprenditori, dei commercianti”. Ti dice qualcosa? O che “ la Chiesa di fatto è legata economicamente al capitalismo e deve liberarsi prima di tutto dai suoi compromessi” come diceva il vescovo Helder Camara? O “ Accettare dei doni, vuol dire perdere la propria libertà” ( beata Angela da Foligno).

Con affetto. Andrea, seminarista