Iraq. Delegato governo italiano si dimette: "L'autorità USA non funziona, serve l'ONU"



IL CASO

Lascia il delegato italiano: "L'autorità provvisoria non funziona, serve l'Onu"


LE DIMISSIONI Marco Calamai, consigliere speciale della Cpa di Nassiriya, autorità provvisoria della coalizione che di fatto governa l'Iraq, ha dato le dimissioni

LE ACCUSE
Per Calamai solo un intervento dell'Onu, con un ruolo particolare dell'Europa, può migliorare la situazione in Iraq «gravemente compromessa»: «Il disagio sociale è crescente - ha detto - e il terrorismo può attecchire più facilmente»


DAL NOSTRO INVIATO

NASSIRIYA - «Inefficienza». «Miopia». «Incapacità di ricostruire l'Iraq sia dal punto di vista economico sia da quello politico». Accuse pesanti all'intero apparato di governo messo in piedi dall'amministrazione Usa in Iraq. Parole ancora più inquietanti perché non vengono da un nostalgico del regime di Saddam o da un estremista anti americano, ma da un maturo signore, scelto dal ministero degli Esteri italiano per fare da governatore ombra dellarea dove sono impegnati i 3.000 soldati del nostro contingente. Marco Calamai, consigliere speciale dell'«Autorità Provvisoria della Coalizione» (Cpa) della provincia di Dhi Qar, ha deciso di sbattere la porta e di dimettersi. «Ho maturato un profondo dissenso verso la politica della coalizione», ha esordito davanti ai giornalisti. Le sue spiegazioni aprono un punto di vista nuovo nell'analisi della crisi post bellica irachena e anche sui possibili canali di alimentazione della violenza. Una fotografia inedita visto che le uniche fonti disponibili sull'economia irachena vengono dall'interno della amministrazione provvisoria e parlano tutte di miglioramento della situazione generale (sicurezza esclusa). Invece no. Calamai, che fino a ieri faceva parte di quello stesso esperimento politico, dà un'immagine completamente diversa. «L'autorità provvisoria - sostiene l'ormai ex "governatore" Calamai - semplicemente non funziona. Non è né carne né pesce. I progetti di ricostruzione promossi e finanziati hanno dato risultati praticamente nulli. Il reddito degli iracheni è sceso dalla fine della guerra e da Bagdad - dall'ufficio del rappresentante di Washington Paul Bremer, ndr - è arrivato l'ordine di licenziare. Nella sanità e nella scuola, per esempio, molti contratti andati in scadenza non sono stati rinnovati per ordine di Bremer a causa di sedicenti problemi di bilancio. I soldi invece ci sarebbero. Qui a Dhi Qar, nella provincia dove sono dislocati i soldati italiani, ci sarebbe stata la teorica disponibilità di 400 mila dollari al mese. Ma a causa dellorganizzazione farraginosa della Cpa ne sono stati spesi solo una minima parte». Più risultati ha dato lo sforzo del contingente militare italiano, che con meno fondi, è «riuscito però a portare a termine una serie di piccoli progetti». «Rispetto a questo tentativo americano si è comportato decisamente meglio l'Onu in Kosovo - giudica Calamai . In Iraq è stato abolito uno Stato, ma non ne è stato formato un altro». Le conseguenze della gestione Bremer che il rappresentante italiano bolla come fallimentare sono «delusione, disagio sociale e rabbia». Sentimenti sui quali «il terrorismo può attecchire più facilmente». Infatti «già prima dell'attentato ai carabinieri si percepiva un cambiamento di clima. C'era una forte tensione sociale che scaturiva spesso in manifestazioni» di protesta. «A mio avviso soltanto un nuovo scenario internazionale gestito dall'Onu e con un ruolo particolare dell'Europa può tentare di migliorare la situazione che ritengo comunque gravemente compromessa. Ci vuole una svolta radicale rispetto alla politica fin qui perseguita dagli Usa».


(Il Corriere della Sera 17/11/03)