La nonviolenza e' in cammino. 705



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 705 del 16 ottobre 2003

Sommario di questo numero:
1. Ileana Montini: l'Europa e le donne (sulla proposta di Lidia Menapace)
2. Mao Valpiana: le due marce per la pace, realta' e finzione
3. Maria G. Di Rienzo: come costruire una coalizione e perche'
4. A che punto siamo sulla proposta di Lidia Menapace
5. Un network per il disarmo
6. Giulio Vittorangeli: guerra e pace in Medio Oriente
7. Riletture: Guenther Anders, Noi figli di Eichmann
8. Riletture. Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. ILEANA MONTINI: L'EUROPA E LE DONNE (SULLA PROPOSTA DI LIDIA
MENAPACE)
[Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo
intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia'
insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori
romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima
scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per
"L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno
politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie
redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento
Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo
Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain"
di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus
Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle"
insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha
collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da
padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla
rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne".
Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte
ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente
politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in
Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa,
scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani,
Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani,
Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella
cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un
libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha
redatto il progetto e  curato la supervisione delle operatrici: titolo: "...
ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente
ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il
silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del
Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione
psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni
d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con
alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione,
insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir".
Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno
scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia
Menapace e Rossana Rossanda]
In una domenica di settembre del 2002 Dacia Maraini, la psicoanalista Anna
Salvo e Silvia Vegetti Finzi si ritirano nel castello di Trani per i
"Dialoghi di Trani", una manifestazione letteraria che riunisce tanti
autori. Ogni autore introduce il tema del suo libro, poi si apre il
dibattito che coinvolge tutti i presenti.
Un piccolo libro edito da Laterza ha raccolto la trascrizione dell'ultimo
dialogo, sul rapporto tra madri e figlie introdotto dalla giornalista
Maddalena Tulanti.
Questo scambio tra antiche rappresentanti del femminismo italiano, puo'
contribuire validamente a capire alcuni nodi della differenza sessuale, che,
come hanno scritto le donne della Libreria di Milano, resta un tema valido
anche per costruire l'Europa.
Dacia Maraini ha raccontato della sua  infanzia con una madre molto
affettuosa, che pero' aveva dovuto rinunciare alla sua vocazione di pittrice
per seguire il marito etnologo in Giappone. Silvia Vegetti Finzi racconta
invece l'assenza della madre fino a cinque anni a causa delle leggi razziali
che allontanarono dall'Italia entrambi i genitori.
Insomma, madri un po' perdenti, con le quali, ieri come oggi, e' difficile
identificarsi. Madri che hanno perso il treno, perche' hanno abbandonato le
loro ambizioni, i loro sogni, per un motivo o per l'altro.
Per le donne, dell'Europa nuova, e' pero' anche oggi lacerante la scelta tra
professione e famiglia, cosa che agli uomini non accade.
Dice Dacia Maraini: "Quante ragazze vengono fuori dall'universita'
brillanti, intelligenti con grandi capacita' di studio, di ricerca, e quante
sono costrette ad abbandonare al primo figlio che si trovano fra le braccia?
E sembra la cosa piu' naturale, normale, perche' si presume che una donna
debba dedicarsi ai figli, mentre nessuno chiede a un uomo di scegliere tra
la professione e la famiglia".
Le immagini fotografiche delle grandi riunioni che ci giungono a proposito
della costruzione dell'Europa, la sua Costituzione, eccetera, presentano uno
scenario da patriarcato incombente. Se le cose procedono in un certo modo,
su certi binari e assolute convinzioni e principi, non e' da imputarsi anche
al permanere di una certa relazione uomo-donna?
Dice Anna Salvo: "D'altra parte la gagliardia, la pienezza, il senso di
trionfo con cui gli uomini governano il mondo da qualche parte deve pur
venire.Il mio sospetto e' che  venga  anche dall'enorme spinta che, fin
dalla nascita e per tutta l'infanzia, sostiene il figlio maschio tramite un
riconoscimento senza condizioni e senza riserve. La madre, e non soltanto il
padre, trasmette e consegna al bambino un senso di appagamento  narcisistico
che riverberera' poi in tutta la vita affettiva di lui, mentre la bambina
dovra' spesso fare i conti con il fantasm.a della delusione e quindi con il
sentimento profondo della propria inadeguatezza".
A questo punto e' interessante la domanda dell'intervistatrice: esiste un
potere al femminile?
Prendiamo la risposta di Dacia Maraini.
Si dice d'accordo con Silvia Vegetti Finzi sulle capacita' delle donne di
accudire, ascoltare e nutrire, e si chiede se non possono anche gli uomini
imparare queste modalita' comportamentali: "Non e' che gli uomini non siano
capaci di accudire e di nutrire, solo che hanno castrato in se' questa
capacita' di nutrire e di accudire per dare valore a un'immaginaria
virilita' basata sulla conquista guerresca e sulla predazione. Questo non
vuol dire che, al contrario, tutte le donne siano buone, per carita', ci
sono anche donne che praticano la violenza, che volentieri brutalizzano e
uccidono, ma non e' questo il punto. La divisione del mondo e' stata
costruita su una femminilita' debole pero' accudente e su una mascolinita'
vincente, aggressiva, che deve imparare a uccidere, a ferire, anche a morire
naturalmente (l'eroe e' per antonomasia maschio)".
Rincara la dose Silvia Vegetti Finzi facendo notare che l'ideale sociale
delle relazioni maschili e' l'esercito. Uno schema che si ripete ovunque,
dall'universita' alla fabbrica, al giornale e all'ospedale.
Mi chiedo: che posto ha, nelle nostre discussioni politiche, questo tipo di
riflessioni?

2. EDITORIALE. MAO VALPIANA: LE DUE MARCE PER LA PACE, REALTA' E FINZIONE
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per
questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle
della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera
come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato
nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza
come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato
di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della
Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico,
scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n.
435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario]
Sono andato alla Perugia-Assisi con un gruppetto di amici del Movimento
Nonviolento.
Sentendoci ormai dei "veterani" ci siamo auto-esentati dalla camminata e
abbiamo deciso di  posizionarci direttamente a Santa Maria degli Angeli, con
tavolo e gazebo, per allestire un punto di diffusione straordinaria di
"Azione nonviolenta". In questo modo abbiamo avuto la possibilita' di vedere
sfilare tutti i trecentomila marciatori.
Gia' alle 10 della mattina la piazzetta Garibaldi (quella dove si fa la
curva a fianco della basilica e si inizia il rettilineo per la salita ad
Assisi) era piena di gente, curiosi, pacifisti, turisti, locali. Molti i
banchetti allestiti, di ogni genere. Il nostro, con libri, opuscoli, spille
e bandiere della nonviolenza, era vicino alla bella mostra su Aldo Capitini
(esposta dall'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini) ed e' stato un
punto di incontro per tantissime persone.
Il flusso di manifestanti, coloratissimi, e' iniziato sin dal mattino
presto, molte ore prima delle 14,40 quando e' arrivato a Santa Maria
l'inizio ufficiale della marcia (quella che una volta si chiamava "la testa
del corteo"). Abbiamo visto passare  donne in nero, scout e parrocchie,
bandiere di partito e frati, famiglie, biciclette, cani, gente di ogni eta',
una grande varia umanita' che ha sfilato fino alle 19 della sera quando una
macchina della polizia municipale e un'ambulanza della croce verde che
avanzavano stancamente, hanno segnalato che alle loro spalle non c'era piu'
nessuno.
Quando la marcia non era ancora conclusa gia' iniziavano a rientrare i primi
marciatori dalla Rocca di Assisi e ripartivano i pullman.
Sono rientrato a Verona entro la mezzanotte, in tempo per vedere al tigi'
della notte le immagini di un'altra marcia, quella del portavoce di Forza
Italia che citando Capitini stigmatizzava i pacifisti comunisti che hanno
invaso Assisi. Ho pensato che poteva essere uno scherzo della troppa
stanchezza, e sono andato a letto. La mattina, in ufficio, i colleghi mi
hanno chiesto se alla Perugia-Assisi avevo visto Fassino e Bertinotti. "Come
no? C'erano, li abbiamo visti noi al telegiornale. Ma tu dove sei stato?".
Gia', a che marcia sono stato? A quella vera, per la pace, o a quella finta,
per la tivu'?

3. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: COME COSTRUIRE UNA COALIZIONE E PERCHE'
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza]
Molto spesso, i problemi che si affrontano nel lavoro per il cambiamento
sociale sono troppo vasti e complessi per essere affrontati da un solo
gruppo, e anche da una sola "rete". In tali circostanze, mettere insieme una
coalizione di gruppi ed individui puo' essere una tecnica efficace per
raccogliere energie e risorse, e muovere la comunita' nella direzione del
cambiamento.
*
1. Cos'e' una coalizione?
E' un gruppo di individui e/o organizzazioni che si accorda sul lavorare
insieme per raggiungere uno scopo comune. Lo scopo puo' essere estremamente
ristretto (raccogliere fondi per un intervento, ad esempio) o estremamente
largo (perseguire un cambiamento effettivo nella vita delle persone).
Una coalizione puo' essere un'associazione temporanea, in cui si lavora
insieme per lo scopo specifico ed una volta che eso raggiunto essa si
scioglie. Essa puo' anche diventare permanente, allargarsi dal "locale" al
"regionale", dal "regionale" al "nazionale", e cosi' via. Al di la' delle
sue dimensioni e della sua strutturazione, la coalizione esiste per ottenere
specifici risultati: questi variano ovviamente a seconda della coalizione,
ma spesso contengono uno o piu' dei seguenti elementi:
- influenzare l'opinione pubblica su una determinata istanza;
- cambiare il comportamento delle persone (riduzione dell'impronta
ecologica, sottrazione di consenso ad un'ingiustizia, ecc.);
- costruire una comunita' piu' "sana": il termine puo' riferirsi alla salute
fisica (inquinamento, ecc.) o a quella psichica (riconoscimento delle
differenze, educazione ai diritti umani, ecc.). Ad esempio, lo scopo della
coalizione potrebbe essere favorire le condizioni per la salute della
comunita': pace, giustizia sociale, ecosistema bilanciato, equita'.
*
2. Perche' dar vita ad una coalizione?
Ci sono numerose buone ragioni: in generale, il primo motivo e' che essa
puo' contribuire a concentrare l'interesse della comunita' su un particolare
problema, creando alleanze fra soggetti che normalmente non lavorano
insieme.
Altri motivi piu' specifici includono:
- la necessita' di affrontare una questione urgente (il fiume, reale o
metaforico, e' straripato);
- il dare potere alla comunita' nel suo insieme di prendere il controllo sul
proprio futuro: dove costruire la zona industriale, che servizi avere per i
giovani o gli anziani nella comunita', ecc.;
- l'ottenere o provvedere un servizio necessario alla comunita';
- il concentrare gli sforzi su una questione che altrimenti verrebbe
affrontata da piu' parti, disperdendo risorse ed energie. Spesso
organizzazioni similari si sforzano di provvedere il medesimo servizio alla
comunita', o stanno fronteggiando una necessita' che va al di la' della loro
capacita' di intervento. Individui e gruppi sovente formano coalizioni per
questo: raggiungere insieme uno scopo che non sono in grado di raggiungere
da soli;
- il favorire la comunicazioni fra gruppi: lavorare insieme aiuta a superare
barriere e preconcetti, e insegna a fidarsi l'uno dell'altro;
- lo sviluppo di una pressione politica per ottenere benefici diretti alla
comunita'. Una coalizione di gruppi locali puo' agire molto efficacemente in
questo senso;
- il perseguire un cambiamento sociale a lungo termine. Il vero cambiamento,
usualmente, si sviluppa durante un periodo di tempo in cui le persone
imparano ad avere fiducia in se stesse e negli altri, a condividere idee e
informazioni, a riconoscere gli stereotipi. Una coalizione ben fatta
facilita ed accelera tale processo.
*
3. Ostacoli alla costruzione
Le associazioni sono spesso indisponibili o diffidenti rispetto alla
condivisione delle loro conoscenze, del loro lavoro, del "segmento" di
popolazione a cui fanno riferimento, e specialmente rispetto alla
condivisione dei loro fondi. Parte del lavoro per dare inizio ad una
coalizione consiste quindi nel convincere un numero consistente degli
aderenti alle associazioni. Inoltre, vi sono numerosi motivi che potrebbero
trattenerli dall'accogliere la vostra proposta:
- precedenti esperienze negative. Ad esempio il gruppo ha gia' tentato, in
passato, di convivere in una coalizione, ma le cose sono andate cosi' male
da convincere tutti che lavorare insieme ad altri non e' possibile. Oppure,
hanno gia' lavorato con un secondo gruppo che potrebbe essere presente nella
coalizione e ne sono stati "feriti" in qualche modo, per cui non vogliono
ripetere l'esperienza. Una nuova coalizione deve saper esaminare la storia
pregressa dei possibili membri, aiutare a sciogliere i nodi ove possibile, e
non ripetere errori gia' fatti;
- la presenza di una elite di "professionisti della rivoluzione". Sono
quelli che dicono di aver molta fretta di risolvere i problemi, di non aver
tempo di discutere il processo decisionale, le tecniche d'azione, ecc.,
perche' "dovunque vi sia un'ingiustizia" essi accorrono (anche se i
portatori di interesse primario non hanno minimamente richiesto la loro
presenza). Costoro, se coinvolti nella coalizione, non ne accetteranno
alcuna regola poiche' sono convinti di non aver bisogno di discutere con
nessuno: hanno gia' tutte le risposte in tasca;
- scarsa capacita' organizzativa (non si sa come ripartire il carico del
lavoro di coalizione, le regole di fondo non sono chiare, non c'e' un chiaro
impegno nonviolento, ecc.);
- il costo del lavorare insieme viene percepito (o e' effettivamente) come
piu' alto rispetto ai possibili benefici.
*
4. Quando dar vita ad una coalizione?
Una coalizione, per funzionare, deve avere uno scopo condiviso: gruppi
differenti non si riuniranno in essa se non c'e' una buona ragione per
farlo. Dovreste quindi riflettere sull'ipotesi di costruirla quando:
- eventi drammatici accadono nella vostra comunita'. Se ad esempio si sono
moltiplicati gli episodi di violenza domestica in citta', e' il momento
buono per riunire attorno ad un tavolo tutti gli attori intenzionati ad
agire percha' la violenza cessi; facilmente, dopo la prima disamina della
situazione, la coalizione muovera' verso il fermare la violenza di genere in
tutti i suoi aspetti, e da essa passera' ad interrogarsi sulle ragioni della
violenza nelle relazioni umane;
- nuove informazioni diventano disponibili ed il loro effetto sulla
comunita' e' riscontrabile (dati sulla disoccupazione o sul mercato del
lavoro, studi ecologici, medici, ecc.);
- le circostanze o le leggi subiscono un cambiamento sostanziale, e/o vi
sono nuovi fondi pubblici a disposizione per il lavoro sociale;
- una minaccia sta allarmando la comunita': la privatizzazione del sistema
sanitario, la presenza di una nuova industria altamente inquinante, la
vendita di un'area verde a un centro commerciale, ecc.;
- avete una proposta per un cambiamento sociale di vasta portata. E
naturalmente, sapete bene che possono volerci anni per ottenerlo. Una
coalizione puo' aiutarvi a "tenere il terreno" in termini di speranza,
energia, entusiasmo.
*
5. Una coalizione e' la risposta migliore al problema che avete in mente?
C'e' anche la possibilita' che la risposta sia negativa, o che le persone
che desiderate coinvolgere non vedano la costruzione di una coalizione come
il modo piu' giusto di gestire la situazione (e potrebbero aver ragione).
Chiedetevi, percio', se la coalizione sarebbe in grado di ottenere i propri
scopi, se l'averla aumenterebbe la coerenza, la forza e l'efficacia di tutti
nel rispondere al problema, se nella comunita' sono presenti altre
coalizioni e se il formarne ancora una valga veramente la pena.
*
6. Chi dovrebbe farne parte?
Innanzitutto i portatori d'interesse primario: se vi state occupando di un
programma abitativo, si tratta di inquilini, sfrattati, occupanti, senza
tetto; poi vi sono i co-interessati (e alcuni di essi potrebbero
essere/apparirvi "oppositori"): Comune, proprietari, agenzie immobiliari; e
infine le organizzazioni (formali o informali) impegnate sull'istanza:
sindacati degli inquilini, gruppi di sostegno ai senza tetto, ecc. Se
riuscite ad includere nella coalizione la maggior parte dei soggetti
indicati, mi sento di pronosticarvi qualche significativo successo. Buona
mossa, ma non indispensabile alla riuscita della coalizione o al
raggiungimento dell'istanza, e' includere personaggi rilevanti della vostra
comunita' (quel vescovo che ha parlato in favore di un'equa politica degli
affitti, quel consigliere che ha promesso di aiutarvi, quell'opinionista che
ha scritto un articolo decente sulla questione, e cosi' via). Altra buona
idea e' invitare i cittadini e le cittadine, anche non interessati/e
direttamente, che tendono ad occuparsi in modo fattivo della comunita' (e
cioe' quelli che hanno costruito comitati, che sono intervenuti con lettere
ai giornali, che si sono avvicinati al vostro banchetto in piazza): sia
perche' fungono da "barometro" delle attitudini correnti fra l'opinione
pubblica, sia perche' riporteranno le informazioni ad altri gruppi non
coinvolti direttamente nella coalizione, dando ad essa un alto profilo
comunicativo.
*
7. Come cominciare
- Mettendo insieme un gruppo di base convinto della bonta' dell'opzione;
- identificando i potenziali membri della coalizione e contattandoli
dapprima in modo informale, suggerendo l'idea e verificando cosa ne pensano;
- non pretendendo che "tutti" si siedano al vostro tavolo, ma informando
quanti piu' soggetti vi e' possibile, anche se sapete in anticipo che, per
qualsiasi motivo, non faranno mai parte di una coalizione: potrebbero
comunque sostenerla dall'esterno, e anche questo vi aiutera'. Ricordate la
fata che non era stata invitata alla festa per la nascita della principessa,
vero? Arrivo' lo stesso e mise un incantesimo sulla bimba, che divenne poi
la bella addormentata nel bosco: la stessa cosa potrebbe accadere alla
vostra coalizione, se ignorate persone direttamente coinvolte nel problema;
- assicurandovi di avere qualcosa di concreto da offrire o da chiedere ai
potenziali membri, ovvero dei suggerimenti, delle proposte d'azione, uno
schema generale, ecc. La proposta di aderire a "qualcosa" d'astratto non
otterrebbe grande riscontro: nessuno vuole perdere il proprio tempo, e meno
che mai gli/le attivisti/e, che ne impiegano gia' molto.
*
8. Il primo incontro
E' un momento importantissimo: se risulta in una riunione ad alta energia,
pervasa da speranza e fiducia, avrete un ottimo inizio e beneficerete di una
sorta di "onda lunga" che vi sosterra' nel tempo; se risulta in una riunione
deprimente o negativa, o semplicemente noiosa, scordatevi di rivedere la
maggior parte delle persone al secondo incontro. Ci sono molti modi per far
funzionare un incontro, e naturalmente vanno correlati al contenuto
dell'incontro stesso, ma la seguente agenda puo' esservi d'aiuto, in
generale, per modellarlo proficuamente:
- presentatevi. Ciascuno/a dei/delle presenti dia un breve resoconto di chi
e', di che gruppo rappresenta, di cosa questo gruppo si occupa e se esso e'
direttamente connesso all'istanza su cui la coalizione si raccoglie;
- definite la questione per cui vi siete incontrati: cos'e' accaduto, e/o
cosa volete che accada;
- discutete la struttura della coalizione: che tipo di gruppo sara', come
prenderete le decisioni, come le tradurrete in azione;
- pianificate la prima azione, anche in modo puramente preliminare: puo'
essere il semplice annuncio ai media dell'esistenza della coalizione, non
fate passi lunghi quando ancora non sapete di che misura sono le gambe;
- pianificate cosa deve accadere in seguito, come vi muoverete per ottenere
i vostri scopi, chi fara' che cosa e quando. E' importante che le persone
lascino l'incontro con la coscienza di aver "costruito" qualcosa;
- programmate la data del prossimo incontro (meglio se riuscite a trovare un
accordo su una scadenza fissa: il primo del mese, ogni 15 giorni, ecc.).
*
9. Muoversi in avanti
Il primo incontro ha funzionato? Benissimo, adesso ci sono delle cosucce
necessarie da fare, perche' il fuoco che avete acceso non sia di paglia:
- definite con maggior chiarezza la visione, gli scopi a breve e lungo
termine, il codice di azione, ecc. e stilate un documento condiviso che
riporti il tutto: ognuno/a deve poter contribuire alla sua costruzione e
ognuno/a deve potersi riconoscere in esso. Inoltre, esso vi servira' da
"faro" per orientarvi quando incontrerete le prime difficolta';
- rifinite la costruzione della struttura: se vi saranno sottogruppi e in
che modo relazioneranno sul loro lavoro, che tipo di risorse materiali,
finanziarie, di informazione i gruppi della coalizione sono disposti a
condividere;
- sforzatevi di rendere gli incontri piacevoli, create un ambiente in cui ci
si senta benvenuti, e continuate ad invitare altri potenziali membri alle
riunioni. Piu' persone sentono di contare, di fare la differenza, di essere
apprezzate, piu' la coalizione funzionera';
- siate realistici: muovetevi dapprima verso cio' che potete ottenere con
relativa facilita' (un successo, anche piccolo, funge sempre da "collante"),
e mantenete le vostre promesse. Se non siete sicuri di poter fare una cosa,
non dite che certamente in qualche modo la farete lo stesso;
- date riconoscimento alle differenze di cui i membri della coalizione sono
portatori. Se la coalizione e' stata costruita bene, essa e' uno specchio
delle differenze culturali, sociali, etniche e religiose presenti nella
vostra comunita': usatele come risorse per la reciproca conoscenza e come
differenti abilita'/capacita'/lenti interpretative, anziche' come fonte di
scontro e divisione.
*
10. Comunicate
Tenete il piu' aperte possibile le linee di comunicazione: fra i membri
della coalizione, con i media, con la comunita' nel suo insieme,
assicurandovi che ciascuno/a abbia le informazioni necessarie a rendere
proficuo il lavoro della coalizione. Una comunicazione efficace, aperta e
trasparente, puo' contribuire anche a fornirvi sostegni esterni quando ne
avrete bisogno.

4. INIZIATIVE. A CHE PUNTO SIAMO SULLA PROPOSTA DI LIDIA MENAPACE
Mentre continuano a pervenire interventi che continueremo a pubblicare nei
prossimi giorni (tutte e tutti ringraziamo, ed auspichiamo che la
riflessione si allarghi ancora e che ulteriori idee e punti di vista
emergano ad arricchire il dialogo), invitiamo anche tutte e tutti a
partecipare all'incontro che si svolgera' l'8 novembre presso la Casa della
nonviolenza a Verona (in via Spagna 8) e che sara' un passo importante
nell'iniziativa affinche' la proposta di Lidia Menapace "per un'Europa
neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta"
diventi una campagna che incida sulla e nella Unione Europea, giacche' ve ne
e' grande bisogno ed urgenza. Per informazioni e contatti per l'incontro
dell'8 novembre e le successive iniziative si puo' far riferimento a Lidia
Menapace (llidiamenapace at virgilio.it), a Mao Valpiana
(azionenonviolenta at sis.it), a Giovanni Benzoni (gbenzoni at tin.it), oltre che
alla nostra redazione.

5. PROPOSTE. UN NETWORK PER IL DISARMO
[Attraverso la mailing list del gruppo di lavoro tematico "nonviolenza e
conflitti" della Rete di Lilliput riceviamo e diffondiamo questo documento;
per ulteriori informazioni e contatti: www.disarmo.org. Troviamo
apprezzabile questa iniziativa; e naturalmente ribadiamo la nostra modesta
opinione che l'unica posizione utile e forte contro il riarmo e' quella che
si fonda sulla scelta della nonviolenza, che si oppone integralmente a tutte
le armi e tutti gli eserciti, e si batte per il disarmo unilaterale, la
smilitarizzazione e la riconversione dell'industria bellica a produzioni
civili; chi pensa di poter raggiungere compromessi con il complesso
militare-industriale si illude, si colloca su un terreno scivoloso e finisce
per essere sconfitto quando addirittura non diventa complice]
Dopo un grosso lavoro di confronto e di approfondimento, durato alcuni mesi,
e' finalmente iniziata la fase costitutiva ed operativa di una rete stabile
e permanente che si occupera' nel lungo periodo dei temi connessi alla
sicurezza ed al controllo degli armamenti.
Il network prende avvio dall'esperienza che molte associazioni e molti
gruppi hanno condotto congiuntamente all'interno della Campagna per la
difesa della legge 185, dalla quale si sono apprese tecniche di
collaborazione e di pressione che si pensa possano essere utili anche in una
attivita' di tipo continuativo (che su questi temi e' in pratica sempre
mancata).
L'interazione delle esperienze dovrebbe integrare sia gli aspetti di ordine
politico-strategico sia quelle economico-sociali. La "mission" dovra'
comprendere sia misure operative (trasparenza, controllo, advocacy) sia
misure strutturali come il disarmo, la riduzioni di armamenti,
l'eliminazione di determinate categorie di armi.
Siamo consapevoli che un'azione tale richiede una vasta gamma di iniziative
e metodologie di lavoro negli anni a venire. Saranno necessari molteplici
sforzi e dovranno essere coinvolti attori con ruoli estremamente
diversificati: non si trattera' di un'unica e singola campagna. Si proporra'
un indirizzo dal quale gruppi ed organizzazioni, organizzati in coalizioni o
reti, operanti a livello locale e nazionale, siano in grado di coordinarsi
focalizzando l'attenzione su preoccupazioni o tematiche particolari. Questo
network non solo potra' offrire una serie di servizi per sviluppare un
effettivo funzionamento di campagne ed azioni specifiche, ma garantira'
anche lo sviluppo armonico di una strategia trasversale per un'azione
coordinata sulle armi nel rispetto delle iniziative locali o nazionali.
Provvisoriamente alla rete e' stato dato il nome di "network disarmo.org" in
quanto e' gia' a nostra disposizione il dominio internet www.disarmo.org
*
Finalita' ed attivita'
Alcuni possibili obiettivi del network erano gia' stati individuati nella
fase preliminare di confronto:
- Controllo della spesa militare e del commercio di armi;
- Controllo del rispetto dei vincoli all'esportazione di armamenti;
- Rifinanziamento dei fondi per progetti di riconversione (185/90) e altri
(raccolta armi, sminamento);
- Facilitare il lancio di campagne su obiettivi politici specifici e
importanti;
- Rafforzare la capacita' del network di rispondere rapidamente,
efficacemente ed in modo coordinato;
- Incentivare la creazione di gruppi di lavoro per sviluppare e coordinare
le strategie di supporto nel medio termine per ciascuna campagna;
- Mobilitare l'opinione pubblica nel supporto alle azioni con lo scopo di
influenzare le politiche nazionali ed europee;
- Identificare ed ampliare le risorse finanziarie e umane necessarie per
particolari campagne o iniziative;
- Per il raggiungimento della finalita' sopra esposte sono state individuate
alcune attivita' che dovranno procedere in contemporanea:
a) studio e ricerca sui diversi temi legati agli armamenti;
b) diffusione dei risultati del network ed in particolare degli studi
portati avanti di cui al punto precedente;
c) lancio e diffusione di una campagna di informazione culturale sul
disarmo, a prescindere dai diversi temi trattati;
d) attivita' di lobbying e di pressione, ma anche di collaborazione ed
informazione, nei confronti delle Istituzioni e del Parlamento in
particolare, ed in collaborazione con le reti europee verso il Parlamento
Europeo. Per quanto riguarda il Parlamento italiano sara' necessario
incentivare la costituzione di un gruppo interparlamentare sul tema del
disarmo, come gia' ipotizzato nel corso dell'ultimo incontro della campagna
in difesa della legge 185.
Per concretizzare in maniera proficua questa bozza di programma sara'
necessario coniugare una ricerca incisiva e dei risultati concreti, da
diffondere poi con un messaggio semplice che possa raggiungere il maggior
numero di persone possibile.
Dodici tematiche specifiche di potenziale interesse per gruppi di lavoro
interni al network erano gia' state individuate a livello preparatorio (il
prospetto viene allegato a questo documento); molto probabilmente non sara'
possibile seguirle tutte contemporaneamente, almeno non fin da subito.
Percio' andranno sempre valutate e tenute in considerazione le energie a
disposizione del network e gli interessi espressi dalle varie organizzazioni
aderenti nella scelta dei temi da affrontare.
Alcune proposte, da vagliare e integrare, sono state avanzate per quanto
riguarda i settori prioritari in cui svolgere le attivita' iniziali del
network:
- campagna su trasparenza e commercio;
- campagna di pressione sul Parlamento Europeo in vista delle elezioni di
aprile 2004;
- attivita' riguardo ai mediatori di armi;
- studio e campagna riguardo le armi leggere;
- studio del mercato dell'industria bellica e dei suoi rapporti con
l'economia globalizzata.
Ulteriori proposte potranno essere avanzate dai responsabili dei diversi
gruppi di lavoro e dalle varie organizzazioni aderenti alla rete, ed inoltre
non vanno dimenticati appuntamenti (sporadici) di formazione e di
sensibilizzazione che il network potra' promuovere o supportare.
*
Informazione e comunicazione
Il punto e' centrale per il tipo di obiettivi scelti dal network e per le
modalita' operative scelte ed a noi congeniali. In base anche all'esperienza
della Campagna 185 si dovranno individuare attori del mondo della
comunicazione e dell'informazione che siano vicini alle tematiche trattate
dal network e possano fungere da veicolo dei risultati ottenuti e delle
proposte elaborate.
Un primo elenco, da valutare e confermare, comprende: Carta, Missione Oggi,
Mosaico di Pace, Valori, Vita, Nigrizia...
*
Organizzazioni promotrici e possibili collaborazioni
I gruppi e le associazioni che hanno dato la loro disponibilita' a lavorare
e a condividere risorse e sforzi all'interno del network sono attualmente:
Amnesty International, Archivio Disarmo, Associazione Obiettori Nonviolenti,
Assopace, Acli, Attac, Campagna Banche Armate, Forum Bastaguerra, Beati i
costruttori di pace, Campagna obiezione alle spese militari, Centro Studi
Difesa Civile, Coordinamento comasco per la pace, Donne in nero, Fondazione
Culturale Responsabilita' Etica, Lega Obiezione di Coscienza, Missionari
Comboniani, Movimento Nonviolento, Osservatorio Commercio Armamenti (Oscar),
Pax Christi, PeaceLink, Rete Lilliput
Chiaramente l'elenco e' del tutto provvisorio e dipendente dai contatti
avuti finora e dalle risposte ai numerosi appelli fatti circolare negli
ambienti sensibili al tema del disarmo. L'adesione al network sara'
subordinata al recepimento da parte di ogni organizzazione di linee guida
generali (riguardanti il metodo di lavoro, la condivisione di risorse e
risultati, le quote di adesione) che sono attualmente in corso di
elaborazione.
Mentre si ritiene che i partiti politici non possano entrare a far parte del
network, sara' sicuramente necessario definire i rapporti di collaborazione
diretta ed indiretta con le organizzazione sindacali, in particolare con
l'importantissima area dei lavoratori ed ex-lavoratori dell'industria
bellica.
Si e' presa inoltre in considerazione la collaborazione con il mondo
accademico, in particolare con alcune strutture esistenti e conosciute (ad
esempio: il Centro interdipartimentale per la pace di Bari, la Scuola S.
Anna di Pisa, gruppi o dipartimenti per l'educazione alla pace a Lucca,
Firenze, Roma, altri centri di studio come il Sereno Regis, ecc.). A questo
scopo si e' deciso di realizzare una breve presentazione del network e delle
sue finalita' da diffondere come elemento informativo teso ad avviare
collaborazioni e scambi. Si ritiene cosa migliore prendere contatto con
singoli professori e/o ricercatori o al limite con Dipartimenti interessati
e sensibili alla materia, vista la difficolta' di tenere rapporti attivi con
una intera Facolta' o Universita'.
In prospettiva, tali professori e ricercatori potrebbero costituire una
sorta di comitato scientifico esterno del network da coinvolgere su singoli
problemi o attivita' di studio e ricerca.
*
Primi appuntamenti operativi per il network
Sempre a livello di proposta iniziale, le prima scadenze in cui coinvolgere
il network e la sua struttura in costruzione potrebbero essere:
- Partecipazione al Convegno organizzato da Saferworld a Dublino per il
semestre di Presidenza Europea irlandese (dicembre);
- Workshop e appuntamenti vari in preparazione ed in corrispondenza
dell'Assemblea dell'Onu dei popoli e della marcia Perugia-Assisi (9-12
ottobre 2003);
- Convegno di due giorni di dibattito sul tema del disarmo e di lancio del
network (data da stabilire);
- Presenza e partecipazione al Forum Sociale Europeo di Parigi (12-15
novembre), in collaborazione con le organizzazioni che gia' stanno lavorando
in vista di questo evento.
*
Risorse a disposizione del network
Per coordinare e stimolare le attivita' del network e dei suoi gruppi di
lavoro e' stata proposta l'assunzione part-time di due persone, da
selezionare di preferenza fra coloro che gia' possiedono competenze sugli
argomenti che verranno trattati e/o hanno seguito lo sviluppo della Campagna
in difesa della legge 185. La conoscenza della lingua inglese e' richiesta
almeno per la persona che dovra' seguire i rapporti con le reti e le
organizzazioni internazionali.
Per i due ruoli ipotizzati si prevedono i seguenti profili di mansione.
a) Coordinatore/segretario della rete:
- Ruolo di coordinamento e di collegamento fra le organizzazioni aderenti;
- Gestione della maling list, della newsletter e dei contatti;
- Gestione della tesoreria e della raccolta di risorse finanziarie.
Vista la necessita' di lavorare a stretto contatto con organizzazioni ed
enti di livello nazionale (Parlamento in testa) tale persona dovrebbe di
preferenza avere la possibilita' di risiedere a Roma per alcuni periodi.
b) Gestore rapporti esterni ed internazionali:
- Collegamento con le reti e le organizzazioni europee ed internazionali che
si occupano delle stesse tematiche affrontate dal network;
- Ruolo di ufficio stampa;
- Organizzazione di eventi;
- Gestione del sito (eventualmente in collaborazione con esperti
informatici).
Alcune delle organizzazioni aderenti (Archivio Disarmo, Assopace, PeaceLink)
hanno poi gia' espresso l'intenzione di impiegare parzialmente una parte del
personale a loro disposizione. Forse c'e' la possibilita' di avere un
piccolo ufficio a Roma da utilizzare come sede.
E' ovvio inoltre che il network, sia per sostenere l'assunzione delle
persone deputate al coordinamento che per condurre a termine attivita' di
ricerca e di sensibilizzazione,  dovra' dotarsi di adeguate risorse
economiche.
*
Struttura del network e forma giuridica
Se da un lato le forme di cooperazione e modalita' di lavoro erano gia'
state abbozzate nei documenti preparatori (vedi allegato), dall'altro e'
necessario a questo punto del processo escogitare una forma giuridica
adeguata per il nostro network. E' indispensabile una struttura che possa
salvaguardare l'elasticita' e la leggerezza di un lavoro "a rete" fra le
diverse organizzazioni, pur garantendo la possibilita' di ricevere in
maniera trasparente finanziamenti e di assumere dipendenti. La soluzione
proposta e' quella di costituirsi in associazione di secondo livello;
l'ipotesi va verificata ed approfondita e se accettata presuppone la stesura
e l'approvazione di uno statuto/atto costitutivo.
A parte la presenza essenziale di due persone stipendiate per condurre nella
pratica il coordinamento interno ed esterno, la struttura di gestione e di
indirizzo del network e' ancora tutta da studiare. Per ora si pensa ad un
Comitato direttivo che, a seconda della struttura giuridica che si andra' a
scegliere, potrebbe comprendere un referente per ciascuna delle aderenti
avendo il compito di indirizzare i lavori, fissare le priorita',
amministrare i fondi e stabilire il quadro di azione generale del network.
Poiche' nel modello abbozzato sara' centrale l'apporto dei gruppi di lavoro
(in sigla: GdL), e' del tutto naturale ipotizzare inoltre una figura di
responsabile di GdL che interagisca con il Comitato per seguire e condurre
le attivita' del GdL e per proporre nuovi temi di ricerca e di lavoro.
*
Scheda di adesione e di condivisione delle risorse
Parallelamente alle regole di adesione al network (di cui si e' gia'
parlato), e' in corso di elaborazione una scheda di raccolta notizie che
andra' compilata da ciascuna organizzazione interessata a far parte del
network disarmo. Nella scheda si dovranno specificare i campi di maggiore
interesse per l'associazione all'interno del network e definire quali
tipologie di risorse verranno messe a disposizione della rete, formalizzando
cosi' la propria intenzione ed il proprio impegno in questo progetto. Sia la
scheda che le regole di adesione verranno al piu' presto fatte circolare tra
le realta' aderenti e fra quelle interessate ad aderire.
*
Allegato: ipotesi preliminari sui gruppi di lavoro
Una volta stabilite le linee guida iniziali, secondo gli spunti appena
tracciati, si potra' iniziare ad articolare la rete in gruppi di lavoro
tematici, che diventeranno operativi quando le adesioni a ciascun gruppo
saranno sufficienti per avviare le attivita'.
E' da sottolineare che la rete si muovera' in una dimensione europea,
diventando in particolare punto di riferimento in Italia per gli organismi
simili impegnati sui problemi degli armamenti negli altri paesi europei.
E' opportuno che le organizzazioni aderenti alla rete s'incontrino
periodicamente per verificare il lavoro svolto e assumere decisioni
operative. I vari gruppi di lavoro devono far pervenire con qualche anticipo
rispetto ad ogni incontro delle brevi relazioni sui lavori in corso ed
eventualmente presentare richieste di decisioni che saranno discusse e
approvate dall'assemblea.
In prima approssimazione sono stati individuati dodici gruppi di lavoro, che
potranno sia effettuare analisi ed elaborare strategie, sia decidere
iniziative e mobilitazioni in base al mandato ricevuto o al piano di lavoro
complessivo messo a punto congiuntamente. Nello scegliere gli ambiti di
lavoro si e' tenuto conto delle attuali esigenze di approfondimento delle
conoscenze, della necessita' di garantire ad ogni mobilitazione un'ampia
base conoscitiva ed inoltre delle scadenze internazionali che imporranno una
reazione della costituenda rete.
1. Impianti nucleari
Costruzione, funzionamento e malfunzionamento. Produzione di plutonio, costi
delle dismissioni, traffico ed immagazzinamento scorie. Accordi sulla
riduzione degli armamenti nucleari, nuove tecnologie.
2. Produzione industriale
Struttura produttiva industriale, multinazionale e nazionale, in tutti i
paesi produttori di armi, gli accordi di coproduzione e di collaborazione
tecnologica.
3. Esportazione
Analisi dei flussi di esportazione, per paesi, per sistemi d'arma, per armi
leggere e munizioni.
4. Armi chimiche e biologiche
Produzione e scorte delle armi chimiche e biologiche, trattati in materia,
danni arrecati a militari e civili dall'uso di tali armi e dei relativi
vaccini.
5. Spazio e comunicazione
Usi militari delle attivita' spaziali e dei sistemi globali di comunicazione
e di informazione.
6. Criminalita' ed armi
Dimensione criminale del commercio delle armi, traffici illegali e attivita'
terroristiche.
7. Finanza ed armi
Aspetti finanziari del traffico di armi, ruolo delle banche e dei paradisi
fiscali.
8. Ricerca ed armi
Analisi della ricerca scientifica di rilevanza militare e delle sue ricadute
sul civile.
9. Occupazione e riconversione
Líoccupazione nel settore militare e le prospettive di riconversione delle
industrie di rilevanza bellica.
10. Basi militari
Il ruolo delle basi militari nei paesi esteri ed alleati.
11. Armi e polizia
Studio sugli aspetti militari delle riforme delle polizie e dei sistemi
antiguerriglia e di repressione interna.
12. Guerra
Interpretazioni e teoria sulle guerre, analisi di strategie e tattiche,
studi sulle conseguenze della guerra sui civili e la societa.
13. Prevenzione conflitti
Tutte le esperienze che vanno nella direzione di un disarmo "culturale",
mediazione, prevenzione, corpi civili di pace, difesa popolare nonviolenta,
etc.
Ogni gruppo di lavoro dovra' disporre alla base di una o piu' organizzazioni
che si assumeranno, per un periodo di tempo determinato, la responsabilita'
di essere il "motore" del gruppo, fornendo gratuitamente sede e attrezzature
(e se possibile personale) e ospitando le risorse fornite da altre
organizzazioni inserite nel gruppo di lavoro. Riguardo agli eventuali
prodotti ed elaborazioni, ogni gruppo di lavoro decidera' autonomamente il
risalto da riservare nelle intestazioni alle organizzazioni "motore" e a
quelle che hanno effettivamente contribuito.

6. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: GUERRA E PACE IN MEDIO ORIENTE
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it)
per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali
collaboratori di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre
1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e
alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una
lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il
responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso
numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in
rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche
un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento,
riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la
solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita'
pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti
di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni;
tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati
gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e
le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di
innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio
1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica
desaparecido, Celleno, luglio 1996; Primo Levi, testimone della dignita'
umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione,
Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da
soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa
Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica,
Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali,
Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca
della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta'
internazionale, Celleno, luglio 2001; America Latina: il continente
insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per anni ha curato una rubrica di
politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale
viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997).
Cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"]
Ci sentiamo sopraffatti dai messaggi di morte che giornalmente il Medio
Oriente ci manda; non sappiamo trovare un modo per fermare la guerra e i
massacri, per ridare una possibilita' e una speranza a quella martoriata
terra, che possa garantire i diritti dei palestinesi e l'esistenza in pace
di Israele.
Non si vede all'orizzonte nessuna possibilita' di invio di una forza di
interposizione, dell'Onu o dell'Unione europea. Questa proposta e' stata
piu' volte rilanciata, e da piu' parti, scontrandosi sempre contro il
rifiuto del governo israeliano. Un rifiuto che deriva essenzialmente dalla
decisione di Israele di considerare la questione palestinese un suo problema
interno e non un problema tra due stati.
Ne' tantomeno si vede chi possa sanzionare la politica di Sharon, (anzi la
comunita' internazionale ha lasciato in pasto alla sua politica criminale le
vite dei palestinesi), esigere il ritiro di Israele alle frontiere del 1967,
riconoscere unilateralmente lo stato palestinese. Non certo il nostro poco
nobile governo; ma, per esempio, cosa impedisce all'opposizione di
centrosinistra di presentare una mozione unitaria, netta e solenne, in
questo senso? Forse raggiungerebbe la maggioranza, certo premerebbe
sull'intera sinistra europea e oltre. E non lascerebbe soli i molti e le
molte pacifiste che salvano l'onore cercando di interporsi fra un gigante
armato e un popolo deciso a morire pur di ferirlo, perche' ormai non ha piu'
nulla da perdere.
Molti di noi, giustamente, pensano che i palestinesi sono i piu' aspramente
offesi. Come ha dichiarato l'avvocatessa iraniana Shirin Ebadi (recente
Nobel per la pace): "Si tratta di una guerra diseguale, quella delle pietre
contro un'armata molto potente". Cosi', molti di noi, pensano che la maggior
responsabilita' per trovare una pacificazione spetta ai piu' forti; che il
problema di fondo e' l'occupazione che e' all'origine della ferocia anche
della resistenza palestinese. Che Israele non puo' considerare la sofferenza
dell'altro inferiore alla propria. Che dalla prepotenza del suo governo non
verranno che sciagure. Che il governo israeliano si comporti come si
comporta e' una tragedia: il governo di un popolo che ha subito persecuzioni
e che ora e' un governo persecutore.
Ma all'interno della solidarieta', a cui stanno a cuore le vicende del
popolo palestinese, permangono equivoci non chiariti.
Crediamo che aver lanciato, come ha fatto Arafat, la seconda Intifada come
movimento di tipo militare e' stato un errore tragico, che non deve essere
sottaciuto. Un errore che certamente e' causa della drammatica crisi dei
palestinesi, in particolare del suo gruppo dirigente.
Si veda la difficolta' di costruire un governo, per quanto d'emergenza.
Invece la prima Intifada (la rivolta delle pietre) fu una forma di difesa
popolare nonviolenta che coinvolgeva direttamente la societa' palestinese
 Gli ultimi tre anni hanno dimostrato, oltre ogni possibile dubbio, che non
c'e' soluzione militare per la questione israelo-palestinese; che se c'e'
un'area del mondo nella quale con la violenza e la guerra, i bombardamenti e
gli attentati, non si va da nessuna parte, se non alla rovina generale,
quella e' proprio il Medio Oriente.
Coprire ogni errore palestinese (vedi la disperazione dei kamikaze), non fa
che fomentare un odio indiscriminato per Israele; una parte dell'ondata di
destra che investe il mondo. Queste pratiche sono criminali e della destra
piu cupa, come tutte le pratiche terroristiche e di "martirio", che
disprezzano la vita propria e altrui: tutti siamo egualmente esseri umani ed
eguali sono le nostre sofferenze.
La furia omicida del terrorismo kamikaze, il corpo usato come ordigno
bellico, cinicamente incoraggiata dalla "religione" del martirio, convertita
in masochismo, e' la spia di una sconvolgente alienazione oltreche' la
quintessenza del patriarcato.
Il terrorismo si accompagna alla vistosa marginalizzazione delle donne dalla
sfera politica, soprattutto quando ne denunciano inadeguatezze e corruzioni,
come nel caso di Hannan Ashrawi.
Credo che noi tutti vogliamo dare al popolo palestinese (come ad altri piu'
dimenticati) una speranza, non certo una induzione al suicidio collettivo.
Come ha scritto Edward W. Said: "La cosa importante e' che la lotta per
l'uguaglianza in Palestina/Israele deve tendere a una finalita' umana, cioe'
la coesistenza, non l'ulteriore repressione e negazione".
Perche' la pace e' un diritto dei popoli e la guerra e' la negazione di ogni
diritto.
Resta tutta la difficolta' di "come" costruire una pace giusta in Medio
Oriente, che possa aprire una fase del tutto nuova nella storia dei popoli
israeliano e palestinese, fondata sul diritto di ogni persona a esistere e a
coesistere con l'altro nel pieno rispetto delle differenze di ognuno e della
legalita' internazionale.
Un primo passo puo' essere la manifestazione dell'8 novembre a Roma, nata
contro il gigantesco muro divisorio che il governo di Israele sta facendo
costruire. Quasi dieci anni dopo la fine dell'apartheid in Sudafrica, questo
spaventoso muro razzista sta sorgendo senza alcun commento da parte della
comunita' internazionale. Bloccarlo e' un atto di civilta' umana, per tutti.

7. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: NOI FIGLI DI EICHMANN
Guenther Anders, Noi figli di Eichmann, La Giuntina, Firenze 1995, pp. 112,
lire 15.000. Uno dei formidabili saggi del grande pensatore della resistenza
all'inumano.

8. RILETTURE. HANNAH ARENDT: LE ORIGINI DEL TOTALITARISMO
Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunita', Milano
1967, 1996, pp. LVI + 712, lire 36.000. Un classico che occorre aver letto.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 705 del 16 ottobre 2003