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[AI] Iraq: osservatorio sull’occupazione e critiche al governo di transizione
- Subject: [AI] Iraq: osservatorio sull’occupazione e critiche al governo di transizione
- From: Roberta Bertoldi - Unimondo <roberta.bertoldi at unimondo.org>
- Date: Fri, 10 Oct 2003 20:25:50 +0200
Alla conferenza stampa dell’Onu dei Popoli di venerdi 10 ottobre sono intervenuti oltre a Flavio Lotti, coordinatore di Tavola della Pace, i rappresentanti delle tre principali religioni professate in Iraq: Jamil Nisan parroco cattolico caldeo di Baghdad, Safai Abd-Alraham Alnsari, sciita e Abdalslam Daood Soidan sannita. Ha partecipato inoltre Eman Ahmed Khammas giornalista irachena co-direttore dell’Occupation Watch Center, l’osservatorio internazionale sull’occupazione. La presenza congiunta dei rappresentanti delle religioni ha voluto dimostrare la volontà e la possibilità di parlare insieme di pace e libertà per l’Iraq, invocando un impegno concreto a sostegno della libertà e della giustizia nella loro terra. A questo proposito Jamil Nisan ha sostenuto che in Iraq ci sono forze che lavorano contro la pace e la giustizia ha inoltre sottolineato che le forze politiche locali possono svelare chi sono queste forze. I rappresentanti sciita e sannita, che lavorano in un istituto che rappresenta tutte le fedi religiose presenti in Iraq, hanno sottolineato il loro atteggiamento critico nei confronti del governo di transizione iracheno in quanto insediato dagli anglo-americani e non rappresentante il popolo iracheno. “Anche se alcuni membri appartenevano alle forze di opposizione contro Saddam e sono di indiscusso valore – ha dichiarato la delegazione irachena - hanno accettato una scorciatoia per governare il paese senza aspettare un mandato popolare e per questo spera che le forze di occupazione si trattengano il più possibile in Iraq”. Occupation Watch Iraq Oggi in Iraq è nato un osservatorio internazionale sull’occupazione, un organo di giornalisti che si sta occupando del recupero di informazioni in merito alle vittime della guerra ma che sta incontrando l’ostacolo dovuto alle direttive anglo-americane di non rilasciare informazioni ai giornalisti. Eman Ahmed Khammas ha sottolineato l’illegalità della guerra nel suo paese in quanto fondata su bugie: “l’Iraq non possedeva armi di distruzione di massa, l’Iraq non ha mai avuto rapporti con Al Queda pertanto non ha avuto nessuna responsabilità nell’attentato dell’11 settembre - Se la guerra preventiva è stata costruita su bugie ci si può aspettare un futuro di bugie e di illegalità”. “Sono state comunque contate 20.000 vittime tra morti e feriti durante i bombardamenti, ma l’aspetto più grave è l’attuale mancanza di sicurezza nel paese tanto da riscontrare anche 1000 vittime alla settimana dovute al fuoco alleato ma anche alla criminalità diffusa e non controllata. Si stanno verificando sparizioni di cittadini iracheni, i soldati americani arrestano persone in maniera indiscriminata e li isolano nei campi di detenzione”. Un’interessante contributo capace di gettare luce sui retroscena della ricostruzione post-bellica in Irak è giunto da Eman Ahmed Khammas (Irak), giornalista e co-direttrice dell'Occupation Watch Center (Osservatorio sull'occupazione in Irak). Khammas afferma che la ricostruzione dell'Irak viene gestita da imprese americane che commettono dei crimini economici perché stanno escludendo il popolo dal partecipare alla ricostruzione del proprio paese. Ci sono 9-10 milioni di iracheni disoccupati perché la maggior parte delle istituzioni in Irak sono state distrutte: un problema che ha due facce, un problema di ordine economico e uno abitativo, in quanto molti sono stati sfrattati. Molti, per esempio, dormono in scuole occupate. L’autorità di occupazione ha detto che ci sono 70.000 iracheni senza tetto solo a Baghdad. In una situazione di tale insicurezza non è possibile ricostruire l'Iraq (i saccheggi e gli omicidi si stanno moltiplicando). Vi è inoltre il problema dei risarcimenti; le sanzioni degli ultimi 13 anni hanno reso impossibile saldare il debito verso il Kuwait che ammonta ora a 3.300 miliardi di dollari. L’ordine sociale è turbato dalle continue violenze e da una situazione lavorativa insostenibile; l’Irak importa petrolio, pur essendo il secondo Paese tra i produttori! Una settimana fa il governo insediato dagli americani ha sancito che le imprese straniere potranno avere la proprietà totale delle imprese locali. Questi sono i principali motivi che spingono la popolazione a resistere nei confronti dell’occupazione americana. (AT) Per approfondimenti : http://www.occupationwatch.org ---------------------------------------------------------------- This message was sent using IMP, the Internet Messaging Program.
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