Newsletter N. 33 del 18 agosto 2003



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  Ass.ne Culturale Telematica                      MMMMMMMMMM
  "Metro Olografix"                                  oMMM""           """MMo
  Newsletter 33 del 18/08/03                  "MMM"                     "MMM"

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 .: INFO :.
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Buona lettura!


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 .: NOTE :.
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La prossima settimana la newsletter non sarà distribuita.
Buone vacanze e a rileggerci a settembre!


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 .: IN PRIMO PIANO :.
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Quel motore è intelligente
Gli studiosi scoprono l'«Open Content», un nuovo modulo
di diffusione delle idee attraverso l'Internet.
La società della conoscenza non monetizzata.
Ma i prodotti intellettuali «non profit» fanno gola anche al business
FRANCO CARLINI

Non c'è solo il software aperto, Open Source,
ci sono anche i contenuti aperti (Open Content),
i quali vengono creati, distribuiti e scambiati
secondo modelli simili a quelli del software, ma
anche originali. Ormai il caso dell'Open Content
riceve l'attenzione degli studiosi (sociologi,
economisti, politologi) perché rappresenta un
modello nuovo di diffusione delle idee, senza
essere governato dalla commercializzazione
e dai profitti. In realtà è un modello vecchissimo
e che ora riemerge con forza. Il «Content» viene
distinto dal Software nel senso che si può considerare
«contenuto» tutto quanto, pur essendo fatto di bit,
non è eseguibile: il testo di un romanzo, una musica,
delle immagini, l'orario dei treni. I contenuti digitali
hanno bisogno di appositi software per essere fruiti
(per leggere, ascoltare, vedere), ma sono da essi distinti.
Il file con cui questo articolo è stato spedito al manifesto,
se «salvato» secondo un formato di testo (txt) può essere
letto da decine di software diversi, è un contenuto puro,
distinto dal programma eseguibile utilizzato per scriverlo
e leggerlo.

Ma cos'è l'Open Content? Una definizione possibile,
dovuta allo svedese Magnus Cedergren, suona così:
«un contenuto non prodotto per fini di profitto, spesso
collettivamente, con lo scopo di renderlo disponibile a
ulteriori distribuzioni e miglioramenti da parte di altri,
a costo zero».

La gran parte della produzione culturale dell'umanità
è stata di questo tipo, almeno finché non si è capito
che sulle canzoni di strada e sulle narrazioni collettive
si poteva fare soldi, trasformandole in dischi d'autore
e in romanzi d'autore. Ma qui ci si occupa specificatamente
dei contenuti creati e diffusi in digitale, di solito attraverso
l'Internet.

Lo stesso Cedergren, che nella vita fa il program manager
all'agenzia svedese per l'innovazione (Vinnova), ha cercato
di analizzare le motivazioni dei creatori e distributori di
contenuti aperti. Tre gli esempi analizzati, anche con interviste ai
loro protagonisti: Open Directory, Vikipedia, e l'archivio di filmati
di Rick Prelinger.

L'Open Directory Project è una gigantesca opera collettiva,
una sorte di indice del web che non è realizzata da software
automatici, ma da migliaia di persone, pare 50 mila, che
volontariamente navigano, esaminano i siti e li schedano.
Rispetto ai grandi motori di ricerca come Google magari sono
meno completi, ma lì dentro c'è dell'intelligenza e delle
competenze. Per esempio, scendendo per le categorie di
Open Directory si arriva solo a 21 siti segnalati sulle onde
gravitazionali, mentre Google offre la bellezza di 38.700
pagine per la stessa frase, ma quelli indicati da Opend Directory sono
siti esaminati, valutati e scelti per il loro valore.

Vikipedia, per parte sua, è un progetto altrettanto ambizioso:
si tratta di una enciclopedia universale le cui voci vengono
compilate da una moltitudine di esperti, utilizzando un apposito
software che permette di intervenire e correggere le voci già
depositate, oppure di inserirme di nuove. Infine l'archivio Rick
Prelinger fa parte a buon diritto dei benefattori della cultura: sono
10 mila filanti, molti dei quali «effimeri», conservati, digitalizzati
e resi disponibili al pubblico.

Interrogando gli «attori», in questo caso i produttori dei contenuti
di queste iniziative, Cedergren ha steso questa lista delle principali
motivazioni alla base del loro impegno generoso: E' stimolante
lavorare con gli altri; è importante imparare cose nuove; motivazioni
socio-politiche; possibilità di acquistare prestigio; nuove
opportunità di business; altruismo, beneficio per l'utente finale.

Come si vede i perché sono vari e mescolati: c'è la gratificazione
personale per il lavoro d'ingegno e creativo, ma anche la
soddisfazione del sentirsi utili; c'è il piacere che deriva
dall'essere riconosciuti come esperti, ma anche generale sentimenti
sociali, legati al desiderio di una società più giusta e solidale e
colta. Sono stati d'animo del tutto analoghi a quelli che muovono
tanti «volontari», ma con una differenza tuttavia: questo avviene
grazie a uno strumento come la Rete che prima non c'era e questa
stessa rete digitale non è soltanto un utile strumento per fare più
facilmente quello che si potrebbe anche fare alla vecchia maniera.
Piuttosto l'Internet stessa viene percepita come un valore da
difendere e da sviluppare: è insieme utensile e fine della propria
attività di condivisione delle conoscenze e delle idee.

L'insieme di queste pratiche, in molti casi, si contrappone,
quando esplicitamente, quando di fatto, al senso comune che
vorrebbe monetizzare ogni conoscenza. Proprio perché la nostra
è una società della conoscenza, come dicono anche i Bill Gates,
non c'è nessun buon motivo, si pensa e si dice, per ridurla a società
della conoscenza monetizzata. La forza di queste esperienze è tale che
contagia istituzioni importanti che di per sé non sarebbero
organizzazioni non profit.

Capita così che proprio nel mese scorso il Massachusetts Institute of
Technology di Boston (Mit) abbia lanciato un nuovo sito: si chiama
Dspace (spazio digitale) e si assegna lo scopo di raccogliere,
distribuire e conservare per le generazioni future la propria
produzione intellettuale. Il progetto affianca la messa online dei
materiali didattici del Mit: a regime tutti saranno disponibili,
lineramente e gratuitamente, agli studenti di tutto il mondo, e
proprio mentre, al contrario, altre università, anche pubbliche, si
buttano affamate sul potenzialmente lucroso mercato dell'e-learning.
http://www.ilmanifesto.it/oggi/art66.html

Il movimento per l'«Open Source»
Qualche definizione, domanda e risposta, gli indirizzi utili.
Bill Gates, la Microsoft e quel «cancro» di Linux
F. C.

Open Source è un termine oramai divenuto popolare
anche tra i non addetti ai lavori. Letteralmente significa
che il codice «sorgente» (Source) di un programma software,
viene reso disponibile alla conoscenza, cioè viene aperto.
Il sorgente è una successione di istruzioni che un programmatore
scrive utilizzando un linguaggio di programmazione (per esempio il
linguaggio C, il Fortran, il Pascal, il Lisp). Questo programma dice
alla macchina cosa deve fare, per esempio: «stampa sul video il
risultato della moltiplicazione tra il contenuto di memoria del
registro A e quello del registro B». I linguaggi di programmazione
contengono delle particolari costruzioni linguistiche che permettono
loro di decidere cosa fare, a seconda delle situazioni che si
presentano; tutte sono delle varianti del costrutto «Se (si verifica
una certa condizione), Allora (fai così), Altrimenti (fai cosà). Una
volta scritto e verificato, il sorgente viene di solito compilato.
Questo significa che il file di testo che lo contiene viene dato in
pasto a un apposito programma preesistente, detto compilatore, che lo
trasforma in una successione di bit (sequenze di 0 e 1), che il
computer potrà poi eseguire. Per questo il risultato di tale
operazione viene detto programma eseguibile.

E' l'eseguibile che noi compriamo in licenza dai produttori
commerciali di software, che si tratti di un videogioco, di un
programma per calcolare le tasse o di un programma di scrittura
o per l'ascolto della musica.

Un programma eseguibile è pronto all'uso, ma non è possibile
modificarlo e nemmeno sapere come è fatto. Anzi è proibito farlo,
perché le case di software, concedendo la licenza d'uso vietano
esplicitamente di aprirlo e di cambiarlo. In realtà esistono appositi
software che aiutano i ricercatori o gli hacker nell'attività di
decompilazione degli eseguibili: si chiama debugger e permettono a chi
abbia molta pazienza e molta competenza di ricostruire almeno a grandi
linee il sorgente di un programma. Ma è proibito, appunto, perché il
software viene normalmente considerato proprietà intellettuale e come
tale è protetto da diversi apparati legislativi: brevetti, copyright,
segreto industriale.

Le cose vanno diversamente con il software a sorgente aperta,
Open Source, appunto. Questo viene reso pubblico da chi l'ha
realizzato, proprio come un tempo capitava per tutti i software
che i ricercatori si scambiavano liberamente, allo stesso modo
che i matematici si scambiano e rendono pubbliche le dimostrazioni dei
loro teoremi. E' importante dunque ricordare che il software chiuso è
una modalità di distribuzione recente, che risale solo ai primi anni
`80, in pratica al debutto sul mercato del personal computer Ibm e del
suo sistema operativo che venne realizzato dalla Microsoft di Bill
Gates. Prima non era così.

Ma torna almeno in parte a essere così grazie al movimento per
l'Open Source e alla Free Software Foundation. Linux e tutti i
software suoi parenti vengono resi pubblici, ma con una clausola
difensiva: chiunque può copiarli, leggerli e anche modificarli, ma la
licenza d'uso che li accompagna - e che è vincolante - proibisce che
li si possa utilizzare per fini di lucro. In altre parole, un'azienda
può benissimo prendere il sistema operativo Linux, metterlo sui suoi
computer e vendere il tutto ai clienti, come fa la Ibm, ma non può
fare pagare l'uso di Linux; potrà invece farsi pagare la consulenza e
l'assistenza per installarlo.

Uno potrebbe chiedere: se i programmatori Open Source sono così
generosi e altruisti da mettere a disposizione di tutti il loro
lavoro, addirittura gratuitamente, perché hanno sentito il bisogno di
complicarsi e complicarci la vita associando a tale software una
licenza legale abbastanza complicata (è la cosiddetta licenza Gpl)?

La risposta è facile: perché un conto è essere altruisti, altro è
essere fessi. Poiché quello del software è un mercato, dominato da
aziende grandi e piccole che sul software fanno i loro fatturati, se
non ci fosse la licenza Gpl, esse sarebbero autorizzate a prelevare il
software aperto e libero, a incorporarlo nei loro prodotti e a
rivenderlo facendo soldi con il lavoro altrui, senza nemmeno
retribuirlo. La licenza dunque ha lo scopo di impedire che quanto è
stato generosamente messo nel pubblico dominio venga privatizzato e
chiuso.

E' per questo motivo che la Microsoft di Bill Gates ha definito Linux
un cancro: perché un'azienda commerciale che ne usi anche una piccola
porzione, si trova obbligata a seguire le regole della sua licenza
d'uso per tutto il software che lo utilizza, senza potervi realizzare
un profitto.

Indirizzi utili
Il saggio di Magnus Cedergren: «Open content and value creation»:
http://firstmonday.org/issues/issue8_8/cedergren/index.html Open
Directory Project, http://dmoz.org/Vikipedia: http://la.wikipedia.com/
Archivio di Rick Prelinger : www.prelinger.com MIT-Dspace:
http://dspace.org/


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 .: TECNOLOGIA&INTERNET :.
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HAVENCO: LA FINE DI UN SOGNO?

C'è burrasca sul chiacchierato paradiso off-shore dei dati Internet:
dubbia la posizione in seguito agli effetti dell'11 settembre e dopo
l'abbandono dei soci fondatori, che lamentano disorganizzazione e
incomprensioni. Ma l'idea resta valida
di Nicola D'Agostino
http://www.mytech.it/mytech/internet/art006010048982.jsp
Fotogallery correlata
http://www.mytech.it/mytech/photogallery/art006010048988.jsp

L'AIPA MUORE, DALLE CENERI NASCE CNIPA
Il direttore generale di AIPA guidera' la nuova struttura della quale
il Governo s'affanna a sottolineare l'autonomia e l'indipendenza, ma
non e' un compito facile. Si placheranno le roventi polemiche?
URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44975

MOZILLA HA IL SUO OUTLOOK EXPRESS
Per rivaleggiare ancor piu' da vicino con la coppia Internet
Explorer/Outlook Express, Mozilla.org sviluppa un nuovo client di
e-mail stand alone, appena giunto alla versione 0.1, che si sposera'
con Mozilla Firebird
URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44952

PENTAGONO, NO ALLA WEBBORSA DEL TERRORE
Alti funzionari della Difesa americana stavano lanciando un sito
dedicato alle scommesse su terrorismo e futuri attentati. Ovvio lo
scandalo e l'affrettata retromarcia. La URL della... Borsa
URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44960

GLI USA BLOCCANO RETE GSM IN IRAQ
L'aveva attivata una societa' del Bahrein che, pero', non aveva
ricevuto il beneplacito del governatorato a stelle e strisce. Quanto
e' forte il desiderio di far fuori il GSM?
URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44963

Una campagna contro la Direttiva Europea sul Copyright
di Nicola Battista
Della proposta di Direttiva Europea sul Copyright
(nota con la sigla Eucd) si parla già da mesi e sono già attive
diverse iniziative (come quella di ukcdr.org) volte
a farne conoscere il contenuto e a cercare di bloccarne
l'approvazione, o quantomeno modificarne i termini.
http://www.mytech.it/mytech/news/art006010048966.jsp


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 .: TEMI&APPROFONDIMENTI :.
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Bill Gates si butta sulla musica in rete
Nonostante le grane con l'antitrust Ue, Microsoft si accorda
con le case discografiche e apre un nuovo Napster
Negli Usa Gates era stato battuto sul tempo dalla Apple.
Ma il re del software non si è arreso, e nel vecchio continente
ha trovato un mercato tutto da colonizzare
BEPPE MARCHETTI

Se fosse un romanzo sarebbe perfetto per l'ombrellone.
Uno di quei gialli intricati da cui non puoi staccarti fino all'ultima riga.
I protagonisti sarebbero di spessore: Microsoft, Peter Gabriel, Apple
e la Commissione europea. E non mancherebbero colpi di scena:
aziende morte che risorgono, case discografiche che tramano nell'ombra.
E a tirare le fila il burattinaio di sempre: Bill Gates.
Che però potrebbe anche uscirne sconfitto. Se fosse un romanzo
comincerebbe nel gennaio del 1999. Shawn è un giovanotto neanche ventenne,
folgorato da un'idea: usare Internet per diffondere gratis la musica.
Lascia l'università e fonda Napster, società specializzata proprio in questo
e finanziata con milioni di dollari. Subito dopo arrivano i problemi legali:
i discografici protestano, offrire musica gratis non si può,
ci sono i diritti d'autore. Napster è multata, costretta a chiudere,
poi riaperta e chiusa di nuovo. Per un po' se ne perdono le tracce.

In questo turbinare confuso d'eventi una cosa tutti la capiscono:
la distribuzione digitale della musica è un business. Uno di quelli grandi,
che potrebbe far funzionare, per una volta, Internet. I tre colossi del web -
Yahoo!, America on line e Microsoft - cominciano a darsi da fare:
contattano major, studiano progetti. Ma mentre tutti aspettano
una loro mossa, spunta un outsider.

Siamo nel gennaio di quest'anno. Apple - storica concorrente di Microsoft -
lancia negli Usa un servizio chiamato iTunes.
L'idea ancora una volta è semplice: ci si collega al sito e si scarica musica.
Ma questa volta si paga, perché iTunes è frutto di accordi
con le case discografiche: tutto legale insomma.
Una canzone costa 99 cent di dollaro, un CD 14.

Microsoft si trova insomma battuta sul tempo.
Pure si era mossa con tempestività, siglando già nel 2001
un'alleanza con Sony. Ma sembra che tutto trami contro il gigante di Redmond:
nel maggio del 2003 Sony decide di vendere la divisione
che si occupa di musica online. Fine dell'alleanza.
Di più: l'acquirente è Roxio, che decide di fondare
una nuova società e chiamarla - udite, udite! - Napster.

Un duplice smacco per Bill Gates, difficile da accettare.
E il patron di Microsoft ordina la riscossa, che - visto il ritardo
accumulato negli States - deve partire dall'Europa.
La casa di Redmond contatta On demand distribution (OD2),
società che tra i fondatori ha Peter Gabriel. E' l'azienda leader
nel vecchio continente nella distribuzione di musica,
quindi un concorrente potenziale di Gates.
Ma come si dice: se non puoi batterli fatteli amici.
Ed eccoci a ieri, ossia all'accordo tra Microsoft, OD2 e Tiscali.
Piano assai semplice e così riassumibile: OD2 mette licenze
e tecnologia e sito, Tiscali la presenza in tutt'Europa (a partire dall'Italia)
e Microsoft il software per leggere la musica:
Windows media player (Wmp). Sembra poco, ma così non è:
significa assicurare a OD2 la piena compatibilità con il 96% dei computer,
quelli che hanno Windows installato.
Il servizio si chiama MSN music club, è attivo da ieri ed è identico
a quello di Apple.

Ma quando il lieto fine per Microsoft sembrava scontato
arriva l'ultimo scoglio. Che ha le fattezze di Mario Monti,
commissario europeo dell'Antitrust. Già qualche giorno fa
aveva minacciato una multa miliardaria (in dollari).
E ieri (vedi notizia sotto) ha rilanciato le accuse.
Come finirà? Troppo presto per dirlo:
l'ultima pagina del romanzo ancora non è stata scritta.

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/15-Agosto-2003/art66.html

MICROSOFT
E l'Antitrust europea rilancia le accuse

Tecnicamente si chiamano «lettori mutimediali».
Sono quei programmi per computer diventati importantissimi di recente,
soprattutto perché servono ad ascoltare musica su Internet.
Il più diffuso è ormai Windows media player (Wmp),
quello di Microsoft. Che però, secondo l'Antitrust europea,
ha abusato della sua posizione dominante per renderlo presente
su pressoché ogni Pc. Così, già una settimana fa,
la Ue aveva chiesto a Bill Gates di togliere Wmp da Windows,
in modo che gli utenti possano liberamente scegliere
di usare il lettore multimediale di Microsoft o uno dei concorrenti.
Il lancio di MSN music club (vedi articolo a fianco),
secondo Tilman Lueder, portavoce della Ue, «rafforza l'impressione
che molte società disegnino i loro servizi su misura per
Windows media player a causa della sua ubiquità».
Lueder tra l'altro aggiunge: «Questo dimostra quanto sia
importante collegare un lettore multimediale a un sistema operativo».
Proprio quello che, secondo la Ue, Microsoft dovrebbe
smettere di fare. Altrimenti è pronta una multa record da
3,2 miliardi di dollari.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/15-Agosto-2003/art64.html

Brevetti: Microsoft multata di 460 milioni
Fino a ieri lo slogan di Eolas Technologies sembrava eccessivo.
In fondo non era che un'oscura azienda informatica e quelle due parole
 - «Inventato qui» - erano un po' ridicole.
Adesso invece appaiono premonitrici. Perché ieri un giudice dell'Illinois
ha deciso che l'azienda vada risarcita da Microsoft di oltre
460 milioni di euro. Motivo: la società di Bill Gates ha inserito nel browser
Internet Explorer un componente «inventato» proprio da Eolas
e che Microsoft per la corte ha copiato.
I fatti risalgono al novembre del 1998. Eolas Technologies,
giovane società informatica di Chicago, brevetta una tecnologia
che migliora l'interattività dei browser. A Microsoft la tecnologia piace.
Inserire qualcosa del genere dentro Internet Explorer non sarebbe male,
pensa qualcuno. Detto fatto: nel siamo in piena «guerra dei browser»,
con Netscape che contende a Bill Gates il mercato del web.
Bisogna fare in fretta, non c'è tempo per questioni secondarie
come il rispetto del diritto d'autore.

Ieri Eolas (altra parola interessante: in gaelico significa «conoscenza»)
ha avuto la sua vendetta. Gli avvocati di Microsoft
hanno detto che ricorreranno in appello, che non c'è stata alcuna
violazione e che comunque la multa è decisamente troppo pesante.
La licenza per un browser e tutti i suoi componenti, hanno notato,
costa solo 10 milioni di dollari. Ma in realtà la cifra tiene conto del fatto
che Microsoft, in quasi cinque anni, ha venduto 354 milioni di copie
di Windows. Il giudice James Zagel ha stabilito una quota di meno
d`un dollaro e mezzo per copia.

Con il diritto d'autore Microsoft ha un rapporto difficile.
Solo la scorsa settimana ha pagato 26 milioni di dollari per metter fine
alle accuse di Immersion. E altre 30 cause l'aspettano al varco.

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/13-Agosto-2003/art52.html


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 .: NEWS DALL'ASSOCIAZIONE :.
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Associazione Culturale Telematica
Metro Olografix
http://www.olografix.org
info at olografix.org


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 .: CREDITS :.
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a cura di Loris "snail" D'Emilio
http://www.olografix.org/loris/

Hanno collaborato a questo numero:
Nicola "nezmar" D'Agostino
http://www.olografix.org/nezmar
Nicola "djbatman" Di Battista
http://www.olografix.org/djbatman
Alessio "isazi" Sclocco
http://www.olografix.org/isazi





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