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Newsletter N. 31 del 4 agosto 2003
- Subject: Newsletter N. 31 del 4 agosto 2003
- From: newslettert at bbs.olografix.org (Newslettert)
- Date: Sat, 30 Aug 2003 13:54:52 +0200
ooooooooo ooooooooo oMMMMMMMMMM"MMMMMMMMMMM MMMMMMM" "MM" "MMM MM" "MM MMM MM "MM "MMo ooo "" "" "MMo MMMM" "MMMooooMMM" Ass.ne Culturale Telematica MMMMMMMMMM "Metro Olografix" oMMM"" """MMo Newsletter 31 04/08/03 "MMM" "MMM" ................................................................................................................... Questa è la Newsletter dell'Associazione Culturale Telematica "Metro Olografix" http://www.olografix.org/ Per avere ulteriori informazioni, e per gestire la tua iscrizione, leggi http://lists.olografix.org/cgi-bin/mailman/listinfo/newsletter Non rispondere direttamente alla lista, se hai bisogno di ulteriori informazioni, scrivimi ai seguenti indirizzi loris at olografix.org snail at bbs.olografix.org Per consultare i numeri arretrati della newsletter leggi: ftp://ftp.olografix.org/upload/incoming/00_index.htm Buona lettura! ..................................... .: IN PRIMO PIANO :. ..................................... SHOWBUSINESS Microsoft, è guerra anti hacker Parla Mauro Meanti, nuovo general manager per i server dell'azienda in Europa e Medio Oriente. «Bisogna garantire i diritti d'autore nel digitale, è finita l'era dell'incertezza» BRUNO PERINI Nell'universo Internet c'è chi ha definito l'accordo commerciale tra Microsoft e Aol-Time Warner, un abbraccio mortale, la fine dello spirito originario della rete, il tramonto del freedom on line, l'inizio di un nuovo ordine dominato dall'impero di Seattle. Così come nella comunità finanziaria, l'annuncio fatto al mondo da Bill Gates sulla fine delle stock options, è stato visto da personaggi di prestigio come Guido Rossi come un modo per aggirare il virus che sta infettando il sistema del corporate statunitense, una trovata per non affrontare il problema del conflitto d'interesse. Il gigante, naturalmente, non si spaventa di tutto ciò. Perde qualche colpo a favore della concorrenza in Germania, viene disturbato da competitori minori come Sun Microsystem in Italia, l'azienda che è riuscita a strappare alla Moratti una commessa per le scuole italiane, ma continua a mantenere il suo dominio incontrastato nel mondo. All'interno del gruppo, è vero, c'è grande movimento: la ristrutturazione del management avanza a tutti i livelli ma in Microsoft ti spiegano che si tratta di normale amministrazione. Mauro Meanti, amministratore delegato uscente di Microsoft Italia, nuovo general manager per i server e le piattaforme della Microsoft per l'Europa, il Medio Oriente e l'Africa, parla con un certo distacco ma le loro rassegne stampa sono piene di articoli incentrati su questi argomenti. Allora dottor Meanti, che cosa sta succedendo, il mondo Internet sarà imbrigliato dalle ferree leggi del copyright imposte dalla Microsoft? Vorrei in primo luogo ricordare che l'accordo con Aol-Time Warner è riuscito a fermare una causa legale che durava da tempo. E la Microsoft ha versato 750 milioni di dollari per chiudere quel contenzioso. Fatta questa premessa, penso che non ci sia alcun abbraccio mortale, ne tanto meno la fine della libertà sulla rete, come ha scritto qualcuno. Noi pensiamo più semplicemente che i contenuti debbano essere protetti. L'incontro con Aol è avvenuto proprio su questo terreno: noi forniamo i software in grado di garantire i cosiddetti digital right, loro forniscono i contenuti con una maggiore sicurezza rispetto al passato. Sia chiaro: non c'è alcun scambio azionario tra i due gruppi: con Aol abbiamo firmato un accordo commerciale che tale rimarrà e che riteniamo faccia bene ad entrambi. Certo, con la firma di quell'intesa si riconosce che il mondo sta cambiando e che non è in tribunale che si risolvono certi problemi. C'è chi dice che quell'accordo farà bene soprattutto a Microsoft, che riuscirà a «legare» anche la rete. In questo caso non è così. L'accordo si pone il grandissimo problema del rispetto dei diritti d'autore nel mondo digitale. Oggi tutto è lasciato alla volatilità. Noi, quindi, vorremmo introdurre degli elementi di maggiore tutela per chi produce contenuti. Tanto per farle un esempio, vorremmo introdurre strumenti di protezione per l'e-book. Se un servizio viene fornito è bene che venga pagato. Dov'è lo scandalo? Lei si immagina uno che entra in un negozio e che decide di pagare soltanto alcune cose che si è messo in tasca? Certo, bisogna definire uno standard ma l'era dell'incertezza sui diritti è bene che finisca. Che cos'è questo se non il mestiere dello sceriffo? Si può dire che avete messo a punto un sistema anti hacker? Sì, potremmo definirlo un sistema anti hacker. Però vorrei ricordarle che di questo accordo non siamo soltanto noi a beneficiarne. A parte i 750 milioni di dollari che abbiamo dati ai nostri partner, noi distribuiremo Aol e questo non mi sembra poca cosa. Lei sostiene che intanto Nescape rischia di essere stritolato dall'accordo? Io le rispondo che, forse, i destini di Nescape erano già decisi e questo prima del nostro accordo. Di recente Bill Gates ha annunciato che nel suo «regno» non ci saranno più le stock option ma ha aggiunto che al loro posto ci saranno le azioni. In un'intervista a «il manifesto» il professor Guido Rossi ha detto c he questo è un modo per aggirare l'ostacolo, non per risolvere il conflitto d'interesse. Tra l'altro le stock option sono negli Stati uniti la fonte principale della corruzione dei manager... Per fortuna non è un nostro problema quello della corruzione. Io credo piuttosto che la proposta di abolire le stock option vada nella direzione di dare maggiore certezza ai dipendenti. Le stock option sono legate a un andamento futuro delle azioni e quindi sono volatili per definizione. E comunque io non penso che l'origine della corruzione stia nelle stock option, che sono semplicemente degli strumenti come tanti altri. Si può forse dire che le stock option producono e producevano bilanci non chiari, un'incertezza dal lato dei costi. Questo era un gap che è bene superare. A proposito di gap, che cosa ne pensa dei continui cambiamenti di previsioni rispetto alla crisi finanziaria che deprime da mesi i mercati mondiali? Ogni volta che qualche manager azzarda una previsione di ripresa viene smentito dai fatti... Non vorrei fare la fine di quei manager ma se si guardano i numeri dell'Information Technology Communication sembrerebbe di intravedere qualche segno di ripresa. Dopo l'illusione della new economy e la lunga disillusione pare che gli operatori abbiano voglia di ricominciare. Qual è il vostro indicatore di ripresa? Un mercato dei Pc che torni a crescere del 10%. Oggi siamo attorno al 5% ................................................. .: TECNOLOGIA&INTERNET :. ................................................ Telestreet e non solo E' una rivista con belle immagini e finemente impaginata. Si chiama «Telestreet», viene prodotta a Bologna e si può trovare in tutte le maggiori librerie. La redazione è convinta che siamo di fronte a una scommessa politica. Di fronte allo strapotere dei media oligopolisitici (Rai e Mediaset) va effettuato uno scarto culturale e sociale: le televisioni di strada, cioè che raccontino la vita, le aspirazioni di libertà, i conflitti a livello locale. E che i produttori siano le stesse realtà che costituiscono le reti sociali dei quartieri, delle città. Per fare tutto ciò non servono oramai grandi dispositivi tecnologici, ma tecnologie di base che oramai sono, quasi, alla portata di un gruppo. Inoltre, e questo, è uno degli aspetti più interessanti della proposta, possono essere coinvolti i lavoratori della fabbrica del consenso, refrattari sempre più alla manipolazione della realtà. E se la redazione è bolognese, la proposta oramai coinvolge gruppi di mediattivisti che hanno animato i vari network telematici e non solo indipendenti in questi ultimi anni, dal Global Project a «NoWarTv» a Indymedia. http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/01-Agosto-2003/art112.html BUON COMPLEANNO MSX E' nato in Giappone (anche grazie a Bill Gates) il primo home computer multimediale che ha creato uno standard, diffuso anche nel mondo arabo e nell'ex Unione Sovietica di Nicola D'Agostino http://www.mytech.it/mytech/computer/art006010048828.jsp Fotogallery correlata http://www.mytech.it/mytech/photogallery/art006010048589.jsp UNA CITTA' INTERAMENTE WI-FIZZATA Rete a banda larga, libera e gratuita per tutti, disponibile in ogni luogo, per trasformare la vita e la partecipazione nel digitale. E' la visione-shock dell'amministrazione comunale di St. Louis. Wireless in canoa e nei viali URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44912 FAMIGLIE AMERICANE SPAVENTATE DALLA RIAA I provider stanno iniziando ad avvertire i propri utenti di cui i discografici hanno chiesto i dati. Ci sono anche ragazzini di 12 anni, i cui genitori ora sono sulle spine. Parla la EFF. Il MIT non cede alle major URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44915 P2P, L'ITALIA RESPINGA LA CRIMINALIZZAZIONE A chiederlo e' il senatore verde Fiorello Cortiana insieme all'associazione Newglobal.it: non e' accettabile che gli utenti internet si possano sentire intimiditi per l'esercizio di proprie liberta' URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44917 STANCA: LA VOSTRA PRIVACY E' AL SICURO Il ministro risponde ad una interrogazione sulla tutela dei dati personali in una Italia sempre piu' fornita di database pubblici e privati ricolmi di informazioni spesso riservate. Keyword: vigilare e non preoccuparsi URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44901 ANCHE LA MARGHERITA SCEGLIE L'OPEN SOURCE Il partito di Rutelli si impegna a sostenere l'Open Source [Pubblicato su www.zeusnews.it il 21-07-2003] di Pier Luigi Tolardo http://www.zeusnews.it/news.php?cod=2272 FUORI GLI SPIONI DAL P2P Tre dei grandi del file-sharing, Morpheus, Grokster e Kazaa Lite, in questi giorni si rilanciano con nuove funzionalita' di protezione della privacy. Lo slogan: meno spyware, meno occhi indiscreti URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44826 CD PROTETTI INGANNEVOLI, CONDANNATI I BIG Il Tribunale di Parigi ritiene ingannevole mettere in commercio CD che non possano essere letti da tutti i player in circolazione senza avvertire con chiarezza i consumatori. Sony batte in ritirata URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44832 EVVIVA! BUSH ESPORTA IL DMCA Dopo Singapore anche il Cile, pur di assicurarsi un patto commerciale vantaggioso con gli Stati Uniti, accetta di diventare cane da guardia del copyright a stelle e strisce. Si allungano le mani del copyright URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44830 TUTTI TERRORIZZATI DALLA RIAA Cala il giro di musica e film non autorizzati nei sistemi di condivisione del peer-to-peer. Lo sostiene Nielsen/NetRatings che suggerisce: le annunciate denunce dei discografici fan venire la tremarella URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44820 KINGSTON E PISTOIA SCELGONO L'OPEN SOURCE Il Consiglio comunale approva una mozione che chiede, similmente a quelle gia' passate in altri comuni italiani, che nella PA si dia la precedenza al software libero. Si muove anche il governo giamaicano URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44814 SOCIETA' DELL'INFORMAZIONE? CON CUBA E IRAN I due paesi al centro di alcune delle piu' preoccupanti proposte della carta che le Nazioni Unite discuteranno a dicembre sulle regole globali per internet. C'e' chi minimizza e chi protesta ad alta voce URL: http://punto-informatico.it/pi.asp?i=44817 Tony Blair scottato da Word di Paolo Attivissimo Il primo ministro britannico è l'ultima vittima illustre dei formati "con sorpresa" di Microsoft. Giocate anche voi a fare gli 007 dei documenti Word http://www.apogeonline.com/webzine/2003/07/30/01/200307300101 Linux sempre più protagonista dell'arena globale di Bernardo Parrella In Afghanistan gran successo dei primi corsi per certificazione Linux, mentre in USA tutti prudenti sulla 'par condicio' tra open e closed source http://www.apogeonline.com/webzine/2003/07/21/05/200307210501 ................................................... .: TEMI&APPROFONDIMENTI :. ................................................... SCO insiste, ma nessuno le dà retta di Bernardo Parrella Media ed esperti concordano su vacuità e infondatezza delle manovre anti-Linux -- almeno per ora L'estate incalza, e lo stesso dicasi per la saga di SCO contro Linux. Vicenda che fa facendosi sempre più complicata, e che c'è da scommettere finirà per protrarsi ben oltre questi mesi caldi. Vale comunque la pena di fare il punto attuale, segnalando le posizioni di media e industria, aziende e organizzazioni, addetti ai lavori e avvocati. Posizioni che a livello globale concordano su un fatto: l'iniziativa a tutto campo di SCO appare assurda, immotivata e condannata alla sconfitta. L'impressione generale è che l'ex-Caldera miri a risultati finanziariamente vantaggiosi, onde recuperare i diversi milioni di dollari persi sul mercato in anni recenti. Ciò include varie possibilità, dall'acquisto da parte della stessa IBM denunciata o altro gigante high-tech all'imposizione di licenze a aziende Linux e/o ai singoli utenti. In tal senso sembra anzi confermarsi l'ultima mossa di SCO: la registrazione di una nuova licenza di UnixWare avente come target gli utenti commerciali di Linux, e in cui si impone ai distributori di usarne il kernel soltanto in versione binaria, bloccando in pratica l'accesso al codice sorgente. Ciò riguarderebbe il kernel 2.4 e oltre: le versioni più recenti infrangerebbero il copyright in Unix System V e derivati. Darl McBride, CEO di Santa Cruz Operation (SCO) ha segnalato come "prova" di tali infrazioni i sorgenti su cui vengono fatti girare multiprocessori simmetrici ad alte prestazioni basati su Linux, invitando chiunque fosse interessato a recarsi nel quartiere generale della società (Linden, Utah) per visionare direttamente il codice sotto accusa. "SCO aspetta di ricevere il compenso per i benefici ottenuti da decine di migliaia di clienti," ha spiegato McBride. "Pur essendo in possesso di diritti legali di ampia portata, prevediamo di usarli con cautela e giudizio." Pur senza quantificare, al momento SCO propone insomma a aziende e utenti di pagare la licenza per il suo UnixWare 7.1.3, su cui girano sia applicazioni Linux che Unix. Altrimenti? David Boies, esperto legale di SCO, sostiene la concreta possibilità di accordi legali caso per caso, aggiungendo: "E' improbabile che dovremo portare in aula parecchi casi prima di raggiungere una risoluzione definitiva". Al riguardo, un editoriale <http://techupdate.zdnet.com/techupdate/stories/main/0,14179,2914344,00.html> di Dan Farber su ZDNet si chiede quali grandi società del giro Linux verranno denunciate per prime, notando che finora nessun distributore ha pagato alcuna licenza a SCO né pensa di farlo. Più avanti l'articolo ricorda che "l'unica cosa certa è che un enorme somma di denaro sarà spesa per gli avvocati", mentre le "tasche profonde dell'industria software faranno in modo di impedire a SCO una facile vittoria". E se, ammesso e non concesso, questa dovesse invece farcela, almeno in alcuni di tali casi? Ciò porterà forse alla marginalizzazione o, ancor peggio, alla morte di Linux? Il quotato editorialista lo dubita fortemente: il movimento open source si è dimostrato un valido modello di sviluppo, il codice sospetto può essere riscritto, e la denuncia può trasformarsi in un'ottima motivazione per il rafforzamento della comunità. Analoga la posizione di Richard Stallman, il quale ha scritto <http://www.gnu.org/philosophy/sco-gnu-linux.html> tra l'altro: "In una comunità di più di mezzo milione di sviluppatori, non possiamo aspettarci che non avvengano mai casi di plagio. Ma non è un disastro; possiamo scartare tale materiale e proseguire. Se c'è materiale in Linux che è stato aggiunto senza il diritto legale di farlo, gli sviluppatori di Linux lo individueranno e lo sostituiranno. SCO non può usare i propri copyright, o i propri contratti con altre parti, per sopprimere i legittimi contributi di migliaia di altri soggetti. Lo stesso Linux non è più essenziale: il sistema GNU è diventato popolare in congiunzione con Linux, ma oggi gira su due kernel BSD e con il kernel GNU. La nostra comunità non può essere sconfitta da questa vicenda." Eben Moglen, legale della stessa FSF, spiega <http://www.gnu.org/philosophy/sco-statement.html> inoltre che le dichiarazioni pubbliche di SCO sono, al meglio, "equivoche e irresponsabili," poiché l'azienda ha comunque ottenuto grossi vantaggi dal lavoro dei contributori di software libero di ogni parte del mondo. E sulla manovra più recente di SCO, aggiunge: "Persino se il kernel di Linux dovesse contenere parti sotto copyright di SCO, cosa che non è ancora stata provata, un utente finale non potrebbe essere considerato responsabile per la violazione del copyright...come se qualcuno pretendesse di vendere una licenza di copia a tutti i lettori di un giornale che ha pubblicato senza autorizzazione materiale protetto da copyright". Secondo Eric Raymond, noto programmatore e presidente di Open Source Initiative, SCO ha diffuso una distribuzione Linux sotto la under GPL, e "la clausola n.7 di questa impedisce l'avvio di alcuna azione legale per copyright, brevetti o marchi di fabbrica contro chiunque usi il codice coperto da tale licenza." Ancora più esplicito Richard Gooch, tra gli animatori di kernel.org: "Per quanto mi riguarda, possono sostenere il copyright su tutte le opere di William Shakespeare...sono tutte baggianate. Tutto il codice del kernel Linux è sotto GPL, la questione è sempre questa. SCO urla sempre più forte, e io me ne curo sempre meno." Posizioni queste ribadite anche nell' editoriale <http://mozillaquest.com/Linux03/ScoSource-23-Copyrights_Story01.html> di MozillaQuest Magazine, ricco di rimandi e link a tutto tondo, il quale sottolinea un punto importante: diversi tribunali tedeschi hanno già sentenziato l'illegalità delle tesi di McBride in Germania, e lo stesso andrebbe fatto altrove: "Le comunità Linux di tutti i paesi devono farsi valere contro le alzate di SCO-McBride come accaduto in Germania. E' ora che Linux user group, sviluppatori, distributori e altri facciano scattare le contro-denunce legali." Non a caso, in Australia è stata presentata una querela presso l'Australian Competition and Consumer Commission per chiedere a tale entità di investigare sulle attività di SCO alla luce "di reclami non comprovati e di minacce legali lanciate a fini di estorsione." E le maggiori società nipponiche hanno mostrato dichiarato indifferenza dalle nuove richieste avanzate da SCO. Secondo il Nikkei Business Daily nomi quali Fujitsu e NEC non vedono alcun motivo per sborsare denari per le licenze, confermando anzi l'espansione delle offerte Linux e Unix in ambito nazionale, inclusi contratti governativi. Negli USA una sorta di lettera aperta <http://www.redhat.com/advice/speaks_rhletter2.html> di Red Hat specifica tra l'altro che l'iniziativa di SCO non ha provocato danni a livello di mercato. "Nell'ultimo trimestre abbiamo generato 1400 nuovi clienti. Abbiamo annunciato nuove partnership globali con Sun e Fujitsu. La produzione è in crescita e stiamo ampliando i canali di distribuzione." Mentre gli esperti di Computerworld <http://www.computerworld.com/softwaretopics/os/linux/story/0,10801,83350,00.html> confermano che gli utenti statunitensi non paiono per nulla scossi dalle minacce di SCO. Tra i vari esempi, si citano gli studi di DreamWorks, dove Linux viene usato soprattutto per la produzioni cinematografiche d'animazione e per i server database. "Per ora, le manovre di SCO non son altro che parole," sostiene Kevin Gray, manager per l'info-tech di DreamWorks. "Se dovessero ottenere grosse vittorie in tribunale credo dovremo considerarne le posizioni. Ma a questo punto, ci ridiamo tutti sopra." http://www.apogeonline.com/webzine/2003/07/28/05/200307280501 ..................................................................... .: DALLA RETE A(LLA) CARTA E RITORNO :. di Marco Trotta matro at bbs.olografix.org ..................................................................... L'universo "hacker", nella percezione comune, è un territorio ostile a metà strada tra immaginario e nuove tecnologie, un po' "Matrix Reloaded" e un po' Internet, che balza periodicamente agli onori delle cronache quando il sistema mediatico generalista deve dar conto di un virus informatico, di una retata delle forze dell'ordine o di qualche sito mandato a picco dai "pirati informatici". L'ultima bufala è arrivata con la notizia dell'Olimpiade degli Hacker che ha riempito prime pagine e telegiornali del 6 luglio: un'orda di hackers avrebbe intasato la rete sfidandosi nel tentativo di bucare più siti in 6 ore per vincere 500 Mbyte di spazio su internet con punteggi variabili a seconda della difficoltà (http://www.defacers-challenge.com). Immancabilmente, all'inizio di settimana, ci si è accorti che la strage di siti non c'è stata mentre invece la stragrande maggioranza dell'informazione mondiale ha perso una occasione importante per spiegare un argomento, come quello della "sicurezza informatica", ormai di stretta attualità vista la dipendenza sempre più accentuata da questo tema di molte attività pubbliche e private della nostra società. Invece si è preferito un approccio che negli USA si chiama FUD (Fear, Uncertainty and Doubt), ovvero suscitare "Paura, Incertezza e dubbio" nella clientela di una azienda concorrente per sperare che corra a comprare i propri prodotti. In questo caso la torta da spartirsi è quella dei 48 miliardi di Euro previsti per il 2005 nel campo della sicurezza informatica e per questo può far comodo rilanciare l'idea che la sicurezza sia un fattore "economico" che debba trovare costantemente soluzioni sul mercato, sia l'ultimo aggiornamento dell'antivirus o un nuovo software a prova d'intrusione. Mentre, invece, mancano osservatori indipendenti su questi temi. I soggetti che elaborano stime e rapporti sono espressione diretta di aziende che poi metteranno sul mercato le soluzioni prospettate e in questo senso, è stata esemplare la recente storia di VMyths (http://www.vmyths.com), un sito anti-FUD indipendente apprezzato nell'ambiente per la qualità del proprio lavoro, costretto a chiudere perché chi lo aggiornava, Rob Rosenberger, è dovuto partire per la guerra in Iraq. E così, nel week-end fatidico che ha coinciso con il giorno del ringraziamento USA, alcuni giornali italiani sono arrivati perfino a consigliare agli utenti di non collegarsi in quei giorni quando è risaputo che per la natura tecnologica del tipo di azioni annunciate dai sedicenti "hackers" chi era a rischio erano i siti e non gli utenti. Allo stesso modo si continua a usare un termine improprio come "hacker" che non è la traduzione letteraria di "pirata informatico", quanto di colui che ha una forte passione in qualsiasi campo tanto da far farsi assorbire da quella attività (per esempio si può essere "hacker" di cucina, negli scacchi, ecc.) e deriva dai primi club di appassionati di informatica che negli anni '70, nei campus universitari USA, con le loro intuizioni posero le basi per la nascita dei personal computer e la rivoluzione digitale che conosciamo oggi. Richard Stallman, personalità riconosciuta all'interno del mondo del software libero ama definirsi come allora un hacker ("Software libero pensiero libero" - Richard Stallman, ed. Stampa Alternativa).. Un hacker lo è stato, paradossalmente, perfino Bill Gates quando, da studente squattrinato di Harvard, frequentava quei circoli prima di intuire che era più bravo a fare l'imprenditore (sfruttando quelle intuizioni in maniera esclusiva) che il programmatore. Infatti esiste anche un etica hacker (un bel libro per approfondire: Pekka Himanen - "L'etica Hacker e lo spirito dell'età dell'informazione", ed. Feltrinelli) che fa della condivisione e della diffusione di idee e saperi l'aspetto più interessante. Niente a che vedere, quindi, con chi usa il proprio sapere per fare danni che per questo viene definito "cracker". E per lo stesso motivo niente a che vedere anche con chi, oggi, con un utilizzo strumentale delle norme sul copyright mira a mantenere un controllo sui profitti nello sfruttamento di opere dell'ingegno (siano esse musica o programmi) e sulle applicazioni proprio nel campo della sicurezza. Infatti ci sono altri due dati importanti su cui riflettere a proposito dell'Olimpiade degli Hackers. Il primo è che non sono stati pochi i bollettini sulla sicurezza, quanto gli organi istituzionali come il Dipartimento di Sicurezza USA, che hanno cercato di mantenere la calma su un evento che aveva tutte le caratteristiche della bolla di sapone. A cominciare dal fatto che nessuna seria iniziativa che intenda davvero fare danni si fa annunciare con questo battage publicitario, mentre invece è vero che ogni giorno avvengono centinaia di "defacing" verso siti internet dalla più diversa natura (quindi non è nei loro interessi estremizzare una situazione di emergenza indifferenziata). Solo qualche tempo prima il sito del partito laburista inglese era stato "bucato" per sostituire la pagina iniziale con una foto di Bush che tiene in mano un cagnolino con la faccia di Blair, mentre stessa sorte è capitata ad un sito del Consiglio Nazionale delle Ricerche nella cui home page sono apparse scritte contro le scorie nucleari in Sardegna. Il secondo dato riguarda il significato di "defacing" (che alla lettera significa "imbrattare"), nel quale si sono sfidati i pirati informatici del 6 Luglio, e che consiste nell'entrare in un sito web bersaglio e sostituire la pagina iniziale per dimostrare di avercela fatta, senza fare altri danni, e dimostrando proprio per questo che i livelli di sicurezza adottati dai gestori di quel sito sono insufficienti. Questo sposta l'attenzione su chi è responsabile della sicurezza e cosa significa sicurezza, tanto che in California - che si vorrebbe estendere a livello federale - è stata approvata una legge per la quale se un'azienda subisce una violazione della propria sicurezza sugli archivi contenenti dati personali, deve comunicarlo ai propri clienti se non vuole incorrere in sanzioni. Ormai da tempo, sulla scia di queste vicende e come ha dimostrato anche l'ultimo hackmeeting che si è tenuto a Torino, c'è un intero movimento che porta avanti istanze legate al valore sociale e politico che le nuove tecnologie portano con sé nei processi di trasformazione della società ("Hacktivism. La libertà nelle maglie della rete" di Arturo Di Corinto e Tommaso Tozzi, Ed. Manifestolibri). In prospettiva ci sono almeno due grossi temi che si intrecciano con i problemi più generali evidenziati dal movimento che ha contestato la globalizzazione neoliberista fin qui: l'accesso ai saperi e la privacy. Per quanto riguarda il primo tema sul fronte della guerra ormai aperta tra le multinazionali della musica e i milioni di utenti che si scambiano quotidianamente file di ogni genere tramite i sistemi "peer-to-peer" derivati da Napster, si sta giocando una scommessa ben più ampia che riguarda i diritti di proprietà a tutto campo, dal software al codice genetico, dalle opere letterarie alla ricerca universitaria e industriale. Molta parte della ripresa economica del prossimo anno, tanto strombazzata nel mondo occidentale, si basa sul ritorno degli investimenti che oggi i vari gestori di contenuti e di infrastrutture comunicative (Disney o Microsoft, telefonini di terza generazione o internet a banda larga) sperano di avere vendendo servizi, filmati, articoli, musica o qualsiasi altro prodotto "on line" come degli investimenti sul fronte biotech. L'incertezza sta nel fatto che ben altri fattori sembrano dimostrare che, invece, l'interesse sociale si è spostato verso il bisogno di condividere questi beni nel diritto al valore d'uso piuttosto che a quello di scambio. Insomma, non si capisce proprio perché le persone debbano sentirsi costrette a regalare un cd di canzoni preconfenzioate alla propria ragazza o al proprio ragazzo, piuttosto che produrlo da sé grazie alle nuove possibilità offerte alla portata (e alle tasche di tutti) e non poterlo fare perché impediti da una legge come la EUCD (Carta 19/03) o dai blocchi tecnologici previsti sul nuovo sistema operativo di Microsoft. Il tema della privacy è collegato. Perché un mondo dove ogni attività nella vita quotidiana viene a essere potenzialmente "pubblica" (che sia l'archivio dei siti internet che visito, piuttosto che le canzoni che scarico, le telefonate che faccio o le immagini catturate dalle telecamere o dai video-telefoninini sparsi nelle città), è evidente che il tema della tutela della propria sfera privata e di ciò che ci appartiene (siano dati personali o carteggio privato via email) diventa determinante. Un tema così d'attualità che è stato al centro del grido d'allarme manifestato dall'ultimo rapporto del Garante sulla privacy per una legislazione nazionale e internazionale che sembra essere costantemente inadeguata alle nuove sfide che l'innovazione tecnologica propone. Inadeguatezza che sembra nutrire gli incubi del controllo sociale a giudicare dall'idea di schedare i cittadini con la raccolta dei dati biometrici (non più fotografie per riconoscere le persone, ma forme dei visi, scansione delle retine degli occhi, ecc; come deciso all'ultimo vertice europeo di Salonicco) o dai problemi connessi alla sicurezza per gli archivi dell'amministrazione pubblica che si sta informatizzando con i progetti di e-government del governo. Di fronte a tutte questo la figura dell'hacker sembra assumere un doppio ruolo nella nostra società. Quello di minaccia che produce legislazioni speciali; visto che negli USA post 11 Settembre, sono state approvate leggi che prevedono pene da reati terroristi per sanzionare anche iniziative simboliche come il "defacing" (e in Italia e in Europa sono in discussione leggi analoghe). Ma anche, l'idea romatica di un eroe post moderno, rigorosamente senza nome, che con la propria genuina passione sembra l'unica alternativa allo strapotere tecnologico ma anche all'involuzione autoritaria e esclusivista della nostra società che, in fondo, con l'ultima variante di una serie di strategie molto FUD ha potuto occupare militarmente uno stato come l'Iraq senza avere nessuna prova dichiarata di armi di distruzione di massa. Intuendolo, qualcuno scrisse commentando amaramente il "pacchetto sicurezza" dell'allora Ministro degli interni del centrosinistra Bianco: "Mi piacerebbe una quinta Internazionale di hacker, una giovane generazione di eversori (incruenti) dell'ordine costituito, che invadano però non solo internet ma tutto il cyberspazio e la noopolitik". Era su "il Manifesto" del 17 Febbraio 2002, Luigi Pintor. Links Siti Web, ne uccide più il pennivendolo che l'hacker http://www.apogeonline.com/webzine/2003/07/09/01/200307090101 Informatica: ci vuole sicurezza... http://it.gsmbox.com/news/mobile_news/all/80424.gsmbox Vmyths Hovering at Death's Door http://go.hotwired.com/news/infostructure/0,1377,59473,00.html/wn_ascii Etica Hacker http://rekombinant.org/article.php?sid=99 Software Libero Pensiero Libero http://internet.cybermesa.com/~berny/free.html I pirati della domenica http://www.mytech.it/mytech/internet/art006010048161_2.jsp Defacer ambientalista attacca il CNR http://punto-informatico.it/p.asp?i=44506 Gli hacker attaccano Blair "E' il cagnolino di Bush" http://www.repubblica.it/online/esteri/hacker/hacker/hacker.html Ti hanno bucato? E allora devi dirlo http://weekit.mytech.it/weekit/unico/art006004037980.jsp Hacktivism. La libertà nelle maglie della rete http://www.hackerart.org/storia/hacktivism.htm Rodotà: il corpo umano è una password http://punto-informatico.it/p.asp?i=44169 Europe Moves Toward Issuing Passports With Data Chips http://www.nytimes.com/2003/06/20/international/20CND-PASS.html?th La quinta internazionale http://www.autistici.org/loa/web/dos/stampa/manifesto/quattordici.html ..................................................... .: NEWS DALL'ASSOCIAZIONE :. ..................................................... Associazione Culturale Telematica Metro Olografix http://www.olografix.org info at olografix.org ......................... .: CREDITS :. ......................... a cura di Loris "snail" D'Emilio http://www.olografix.org/loris/ Hanno collaborato a questo numero: Nicola "nezmar" D'Agostino http://www.olografix.org/nezmar alessio "isazi" sclocco http://www.olografix.org/isazi Marco Trotta matro at bbs.olografix.org Ø UNREGISTERED Version of PostMan for Wildcat 5.x
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