Recensione Libro: Il lamento della Pace (E. da Rotterdam)



ERASMO DA ROTTERDAM
IL LAMENTO DELLA PACE
Traduzione di Patrizia Moradei
Prefazione di Peppe Sini
Multimage 2002
Euro 10

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Il "Manifesto" del pacifismo rinascimentale in una nuova traduzione e con il commento di Peppe Sini del Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo che spiega il significato di questo testo per i pacifisti di oggi.

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Prefazione di peppe Sini

Alcune parole
intorno alla Querela Pacis e al suo autore

Questo sapeva Erasmo: che la guerra e' sempre un male e il piu' grande dei mali: uccisione di esseri umani, che l'attivita' dei soldati e' l'assassinio, che chi giustifica la guerra e' complice degli assassini, e chi la organizza e promuove e' il primo e il principe degli assassini. E che bisogna scegliere tra omicidio e civilta', tra la morte e la vita degli esseri umani.

Cosi' leggere Erasmo e' gettarsi nella lotta, nella lotta contro la violenza e per l'umanita'. Non si puo' leggere questo sorridente umanista senza sentirsi toccati nel profondo: poiche' in tutta l'opera sua incessante ti rivolge un appello a un'impresa comune: l'affermazione della dignita' umana e dell'umana solidarieta', l'opposizione alla violenza e alla menzogna.

Dopo Auschwitz

Diciamolo subito: c'e' un passo nella Querela Pacis che e' di un razzismo ripugnante: e' un passo minuscolo, ma una caduta rovinosa; che deturpa questo per il resto splendido testo, e ci addolora e ferisce vieppiu' proprio per l'ammirazione che per Erasmo abbiamo e proprio perche' lo troviamo in flagrante contraddizione con quanto di buono e di vero Erasmo ci ha insegnato. Ma c'e', e ci rende avvertiti di quanto questa indimenticabile esortazione alla pace e alla solidarieta' tra gli esseri umani sia tuttavia un testo lontano da noi non solo nel tempo; ci rende avvertiti di come l'orizzonte culturale dell'autore del Lamento della pace e dell'Elogio della follia non sia il nostro, gli interlocutori cui esso direttamente si rivolgeva non siamo noi, e solo andando oltre i limiti storici e culturali di Erasmo si puo' ereditare e inverare il messaggio di Erasmo piu' autentico e fecondo.

Del buon uso della Querela Pacis

La Querela Pacis puo' essere letta in molti modi diversi.
Si puo' leggere come un repertorio di argomenti contro la guerra (ma non e' mai una buona lettura quella che sbrana l'altrui discorso per rivenderne le spoglie); come un classico (col rischio inerente ad ogni lettura di classici fatta per dovere di studio o di informazione: il rischio della mummificazione che ne annienta il valore dialogico); e si puo' leggere come un appello, che ci riguarda e ci convoca a una discussione franca, ed ai compiti nostri: ed e' questa la nostra lettura. Ma proprio per questo occorre che leggiamo questo testo con coscienza storica, collocandolo nel suo preciso contesto, l'Europa del primo Cinquecento. Apparso nel 1517, testo d'occasione, come pressoche' tutta l'opera in proprio di Erasmo, scritto su sollecitazione della cancelleria di quel Carlo che diverra' l'imperatore Carlo V (e per il quale Erasmo aveva gia' scritto l'Institutio principis christiani), la Querela Pacis ha un preciso destinatario immediato: si parla per essere ascoltati dai principi, dai principi cristiani, e dalla loro azione, dal loro potere ci si attende la pace, loro si cerca di convincere. Sappiamo come andra' a finire. Ma la Querela Pacis e' anche il compendio di una costante riflessione ed azione di Erasmo: il suo irenismo e' premessa ed esito del suo progetto culturale, esistenziale, politico: promuovere l'umana dignita' e fratellanza in un orizzonte di cristianesimo e cristianita' rinnovati dal ritorno all'autentico messaggio di Cristo, quello dei Vangeli; rinnovamento cristiano (rigenerazione, riforma; movimento di rivolgimento al passato in funzione di apertura al futuro) reso possibile dall'uso critico della strumentazione tecnica e morale messa a disposizione dalle "bonae litterae", il recupero filologicamente adeguato della cultura classica e delle fonti evangeliche e patristiche del cristianesimo, ed avvalendosi della stampa, la grande rivoluzione tecnologica che rende possibile una diffusione della cultura senza precedenti per estensione e profondita', che permette di costruire una sempre piu' vasta comunita' di intellettuali, e che consente un condiviso agire ermeneutico che prosegue ed invera il modello di Girolamo e adotta il metodo di Valla. Sappiamo che nell'impegno per la pace, e non solo, Erasmo fu sconfitto. Ma e' dalla storia dei vinti che traiamo le nostre ragioni, non da quella dei vincitori.

Dall'irenismo alla nonviolenza

E' facile individuare i limiti del pacifismo erasmiano e piu' in generale del pacifismo umanistico e cristiano del XVI secolo: ed e' facile dire della sua insufficienza per l'oggi, che occorre passare dal pacifismo alla nonviolenza. E' facile dirlo, eppur va detto.
Ma attenzione a non semplificare e banalizzare oltre il lecito.
La sua azione pacifista non e' circoscritta ad alcuni testi ma anima e si invera nella sua stupefacente attivita' filologica ed editoriale, nel suo epistolario che costruisce una comunita' di studiosi che attraverso le bonae litterae combattono il fanatismo ed affratellano i popoli. Che la pace sia stata una delle preoccupazioni centrali del pensare ed agire di Erasmo e' notissimo, e quasi non c'e' pagina di Erasmo che non sia invocazione alla pace; ha scritto giustamente Eugenio Garin che "per Erasmo la pace, l'ideale della pace come concordia umana, era lo stesso ritorno al Vangelo".
Di cosa stiamo parlando quando parliamo dell'azione e dell'opera di Erasmo?
Cosa ci dice l'attivita' editoriale di Erasmo? Quel restituire la parola ai defunti ed aprire con loro un dialogo nuovo; quel ritorno al semplice e all'autentico; quella lezione di metodo fondata sul non fraintendere, non deformare, non mentire: non e' una prassi di pace e di nonviolenza? Cosa ci dice l'epistolario di Erasmo? Non e' costruzione di umanita', sostituzione della comprensione e del rispetto reciproco alla sopraffazione e all'inganno? Non e' lotta incessante contro la chiusura e contro l'esclusione, contro l'ignoranza e contro l'avvilimento? Questa lotta contro il fanatismo e la repressione non e' anch'essa ipso facto prassi di pace e di nonviolenza? E il suo costante tornare al cristianesimo di Cristo, al cristianesimo il cui monumento teorico e' il discorso della montagna? Non e' forse un invito incessante a passare dall'irenismo predicato alla nonviolenza praticata? Non vi e' gia' qui, in questa persona cosi' sensibile alla vita concreta, alla felicita' terrestre e condivisa, propugnatore di un retto e nobile epicureismo che si connette e non si oppone alla lezione del cristianesimo come umanesimo, non vi e' qui il presagire e il suggerire che occorre un salto, dall'irenismo alla nonviolenza?

Dire di no

Quest'uomo che fu il principe della cultura europea nei primi decenni del XVI secolo, che fu ascoltato e ammirato da re e papi e imperatori, che le parti in conflitto cercavano di accaparrare alla propria causa, fu e sara' sempre un tipo sospetto per gli autoritari di ogni schieramento. Un tipo sospetto perche' non si prestava alla propaganda, cui e' consustanziale l'uso del travisamento delle opinioni altrui e della menzogna come primo strumento d'offesa (e quando si comincia con l'accoppare la verita' poi si accoppano le persone); un tipo sospetto perche' detestava i fanatismi e le irragionevolezze e la mancanza di misericordia; un tipo sospetto perche' sapeva dire di no. Vi e' un luogo comune, alimentato da una propaganda accanita: che Erasmo fosse un tiepido, un pusillanime, che non sapesse prendere posizione, che si ritraesse dinanzi agli sviluppi di quanto aveva pur seminato, e cosi' via. E si dimentica che invece Erasmo non volle mai essere il servo della violenza (quali che fossero le ragioni di cui essa si ammantava: e nella sartoria presso cui la violenza si abbiglia si trovano sempre abiti di gran classe): e questo e' il nostro Erasmo: che la storia lo abbia sconfitto, ahime', che disastro per la storia, e quante sofferenze per l'umanita'.

L'opera dimenticata

Fatta eccezione per una ristretta cerchia di studiosi, Erasmo e' oggi uno sconosciuto: della sua opera e della sua figura ci si sbarazza in fretta attraverso la ripetizione di pochi luoghi comuni.
Eppure la sua opera e' immensa. Ma in cosa consiste?
In primo luogo: l'opera di Erasmo e' innanzitutto quella di un grande editore e commentatore di opere fondamentali della cultura cristiana e classica. Erasmo fu il principe degli umanisti innanzitutto con la sua infaticabile attivita' di editore. Dalle sue cure usci' la prima edizione critica del Nuovo Testamento. In secondo luogo: fu un epistolografo infaticabile: e' attraverso le lettere (e la pubblicazione di raccolte di esse, con cui si allargava straordinariamente l'area degli interlocutori) che Erasmo guida e quasi crea quella vera e propria aggregazione delle persone colte che diviene la base relativamente di massa del movimento per la renovatio cristiana fondata sulla ripresa delle bonae litterae. In terzo luogo: fu autore di opere in proprio, naturalmente, ma sebbene esse nascano da istanze sovente occasionali (divulgazione, polemiche) tutte si rivelano solidamente collegate a un progetto di intervento culturale che prolunga e precisa l'attivita' editoriale: il progetto erasmiano della promozione della cultura come lotta contro il fanatismo e la violenza, di promovimento dell'umanesimo cristiano come rigorizzazione morale e benevolenza ad un tempo.

Cosi' lontano, cosi' vicino

Erasmo e' lontano da noi.
Non ingannino alcune analogie tra l'epoca che fu sua e quella che in sorte ci e' toccata. E' lontano da noi. Ed insieme e' cosi' vicino: nel suo scacco, nella sua illusione. Ma quella illusione, di istituire una societa' civile che ogni essere umano raggiunga, e fondata sul diritto e la pace, e' ancora la nostra. Ed e' nostro il suo scacco. Ed e' nostro il medesimo compito: che quello scacco diventi coscienza, che quella illusione divenga realta', che la figura di Erasmo si adempia nell'umanita' cosciente e liberata che videro Giacomo Leopardi e Franco Fortini (non solo presagirono, non solo sperarono: videro, poiche' ne furono in strazio e in isforzo prefigurazione). E dell'opera tutta di Erasmo la Querela Pacis talora ci accade di intendere come il cuore segreto: ancor piu' dell'Elogio della follia, ancor piu' dei Colloquia e degli Adagia, ancor piu' dell'opera grandiosa del filologo e dell'editore. Il cuore segreto e pulsante. Veramente il programma e l'appello di Erasmo e' il nostro ancora: si potrebbero aggiungere infinite glosse e distinguo infiniti, ma il succo prezioso ci pare sia qui: solo la pace promuove la dignita' umana, solo la dignita' umana costruisce la pace, solo la consapevolezza che l'io nel tu si specchia, e la consapevolezza ad un tempo che il tu resta irriducibilmente altro dall'io e questa diversita' va rispettata e difesa poiche' e' la pupilla del mondo; ed in questo processo di riconoscimento e di rispetto per la vita dell'altro e' il sale della terra e l'identita' tua profonda: "esser uomo tra gli umani / io non so piu' dolce cosa" (Saba).

Postilla prima: una cronologia essenziale

Nacque Erasmo tra il 1466 e il 1469 da genitori non uniti in matrimonio, fanciullo frequenta a Deventer una scuola dei Fratelli della Vita Comune; nel 1479 la peste uccide la madre, poi il padre; spinto dai tutori Erasmo entra nel convento di Steyn, presso Gouda, e abbraccia la vita religiosa. Negli anni di Steyn studia alacremente e si segnala come latinista. Nel 1492 e' ordinato prete. Nel 1492 lascia Steyn per entrare al servizio di Enrico di Berghes, vescovo di Cambrai. Nel 1495 ottiene di andare a studiar teologia a Parigi, l'anno dopo lascia il collegio Montaigu e si guadagna da vivere facendo il precettore. La sua sara' una vita di andirivieni per l'Europa, con prevalente residenza nell'area tra Lovanio, Basilea e Friburgo, ma con fondamentali protratti soggiorni in Inghilterra, ed un operoso viaggio in Italia. Nel 1499 compie il suo primo soggiorno in Inghilterra, e vi conosce Thomas More e John Colet. Nel 1500 a Parigi pubblica la prima edizione degli Adagia; nel 1501 pubblica il De Officiis di Cicerone ed inizia cosi' la sua fondamentale attivita' di editore di classici; nello stesso anno studia il greco. Nel 1502 muore Enrico di Berghes, Erasmo va a Lovanio. Nel 1503 pubblica l'Enchiridion militis christiani, nel 1504 il Panegyricus ad Philippum Austriae ducem (uno dei primi importanti testi pacifisti di Erasmo); nel 1505 edita le Annotazioni sul Nuovo Testamento di Lorenzo Valla, compie il suo secondo soggiorno in Inghilterra. Dal 1505 al 1509 e' in Italia: a Venezia presso Aldo Manuzio svolge un'attivita' editoriale cospicua. Lasciando l'Italia medita l'Elogio della follia, che pubblichera' nel 1511 dedicandola a Thomas More. Dal 1509 al 1514 e' perlopiu' in Inghiltera. Nel 1513 muore Giulio II, e viene pubblicato il libello Julius exclusus e coelis, violento attacco alla figura del papa-guerriero: un testo attribuito ad Erasmo, sebbene egli sempre abbia negato di esserne autore. Nel 1514 e' a Basilea ed inizia il sodalizio editoriale con lo stampatore ed amico Johann Froben. E presso Froben nel 1515 pubblica tra l'altro un'edizione di Seneca. Nel 1516 pubblica la prima edizione critica del Nuovo Testamento. Inizia anche a pubblicare raccolte del suo epistolario. Nel 1516 gli viene attribuita la carica onoraria di consigliere di Carlo d'Asburgo (il futuro imperatore Carlo V, che gia' nel corso dell'anno diverra' re di Spagna), e pubblica l'Institutio principis christiani. Sempre quest'anno pubblica la sua edizione dell'Opera omnia di Girolamo, e un'edizione della Grammatica institutio di Teodoro di Gaza. Pubblicazione dell'Utopia di Thomas More. Nel 1517 (che e' anche l'anno delle novantacinque Tesi di Lutero) pubblica la Querela Pacis, Carlo si trasferisce in Spagna ma Erasmo non lo segue. Dal 1517 al 1522 sara' prevalentemente a Lovanio. Nel 1518 pubblica tra l'altro l'Encomium matrimonii. Nel 1519 pubblica la seconda edizione del Nuovo Testamento, un'edizione di Cipriano, ed esce un'edizione delle Familiarum colloquiorum formules, che diverranno i Colloquia; Carlo viene eletto imperatore. Muore John Colet. Nel 1520 pubblica gli Antibarbari. E' l'anno della bolla papale Exurge Domine, che Lutero da' pubblicamente alle fiamme. Nel 1521 pubblica il De contemptu mundi. Nel 1522 si trasferisce da Lovanio a Basilea; viene pubblicata da Froben la prima edizione autorizzata dei Colloquia, la terza edizione del Nuovo Testamento, vari altri lavori (tra cui l'edizione di Arnobio). Nel 1523 alle edizioni e commenti di testi neotestamentari e patristici (Ilario) aggiunge anche le Tuscolane di Cicerone (e nel 1525 l'Historia Naturalis di Plinio il Vecchio). Declina l'invito di Francesco I a trasferisi in Francia. Nel 1524 esce il Libero arbitrio cui Lutero replichera' col Servo arbitrio, al quale Erasmo rispondera' con l'Hyperaspistes nel '26. Sempre nel '26 pubblica l'Institutio matrimonii christiani e l'edizione di Ireneo. Nel 1527 la quarta edizione del Nuovo Testamento e l'edizione delle opere di Ambrogio. E' l'anno del sacco di Roma. Nel 1528 pubblica il Ciceronianus. Nel 1529 pubblica il De pueris statim ac liberaliter instituendis, e l'Opera omnia di Agostino. Dal 1529 al 1533 e' prevalentemente a Friburgo. Nel '30 cura l'edizione di Giovanni Crisostomo e pubblica la sua Consultatio de bello turcis inferendo. Nel '31 edizione di Aristotele, Livio, Gregorio Nazianzeno, e Paraphrasis in Elegantias L. Vallae. Nel '32 edizioni di Demostene e Terenzio. Nel '33 pubblica la De sarcienda Ecclesiae concordia. Nel 1534 la Preparazione alla morte. Nel 1535 a Basilea, quinta edizione del Nuovo Testamento. Decapitazione di Thomas More, imprigionato l'anno prima. Erasmo rifiuta l'offerta del cappello cardinalizio. Nel 1536 cura l'edizione di Origene. Muore a Basilea tra l'11 e il 12 luglio.

Postilla seconda: una bibliografia orientativa

I. Le opere di Erasmo
L'opera omnia di Erasmo si legge ancora nell'edizione di Leida (Lugduni Batavorum) del 1703-1706 a cura di Jean Leclerc (Joannes Clericus), ristampata nel 1961 a Hildsheim. Dal 1969 e' in corso ad Amsterdam l'edizione critica, di cui sono gia' usciti vari volumi. Il monumentale e fondamentale epistolario di Erasmo e' stato edito da P. S. Allen e collaboratori e prosecutori ad Oxford tra il 1906 e il 1958.

II. Alcune opere di Erasmo disponibili in italiano
Per la Querela Pacis segnaliamo le edizioni curate da Luigi Firpo (Erasmo, Il lamento della pace, Utet, Torino 1967; poi Tea, Milano); da Franco Gaeta (Erasmo, Contro la guerra, Japadre, L'Aquila 1968, che reca anche il Dulce bellum inexpertis); da Eugenio Garin (nella sezione di testi erasmiani inclusa nella sua monografia Erasmo, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole 1988, di cui diremo piu' avanti). Ovviamente quasi non c'e' casa editrice, grande o piccola, che non abbia pubblicato l'Elogio della follia, sovente arricchito da perspicue introduzioni e prefazioni di preclari studiosi. Dall'edizione a cura di Benedetto Croce per Laterza (Elogio della pazzia e Dialoghi, Laterza, Bari 1914), a quella a cura di Tommaso Fiore per Einaudi (Elogio della pazzia, Einaudi, Torino 1943), a quella a cura di Eugenio Garin (Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, Serra e Riva, Milano 1984, poi Mondadori, Milano 1992) ad innumerevoli altre: tra le recenti segnaliamo quella di Luca D'Ascia con un saggio di Bainton, per Rizzoli. Dei Colloquia dopo la traduzione parziale di Gian Piero Brega (Erasmo, I colloqui, Feltrinelli, Milano 1959, poi in edizione rivista 1967; e adesso Garzanti, Milano 2000) finalmente e' stata pubblicata una traduzione integrale con testo a fronte: Erasmo da Rotterdam, Colloquia, Einaudi, Torino 2002 (progetto editoriale e introduzione di Adriano Prosperi, traduzione, cura e apparati di Cecilia Asso). Degli Adagia segnaliamo la pregevole edizione di un piccolo ma prezioso saggio di essi a cura di Silvana Seidel Menchi: Erasmo, Adagia. Sei saggi politici in forma di proverbi, Einaudi, Torino 1980. Una segnalazione particolare vogliamo fare anche per L'Institutio principis christiani, nella traduzione italiana a cura di Margherita Isnardi Parente: Erasmo da Rotterdam, L'educazione del principe cristiano, Morano, Napoli 1977. Va letto anche almeno il Libero arbitrio nell'utile edizione a cura di Roberto Jouvenal: Erasmo, Il libero arbitrio (testo integrale); Lutero, Il servo arbitrio (passi scelti), Claudiana, Torino 1969, seconda edizione del 1973. Una nuova edizione del solo testo erasmiano (ma con una prefazione di Sergio Quinzio) e' nella traduzione di Italo Pin: Erasmo da Rotterdam, Sul libero arbitrio, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1989.
Ovviamente vari altri testi di Erasmo sono disponibili in traduzione italiana.
E' opportuno avvertire che sovente gli apparati critici e informativi che accompagnano le traduzioni italiane dei testi erasmiani sono assai approssimativi.
III. Alcune opere su Erasmo
Chiunque si accosti alla letteratura critica novecentesca su Erasmo non puo' non notare la presenza tra i suoi studiosi di un elevato numero di persone che hanno dato buona prova di se' nell'opporsi al fascismo: scorrendo i nomi dei traduttori, dei curatori, degli autori di studi e ricerche erasmiane trovi alcune delle figure piu' nitide ed alte dell'antifascismo e della Resistenza. Pensiamo che non avvenga per caso. Ed anche se in questa nota non citiamo che pochi autori di contributi maggiori, vorremmo qui idealmente ricordarli tutti, con ammirazione ed affetto. Tra le principali monografie disponibili in italiano che ricostruiscono vita, personalita', riflessione ed opera di Erasmo segnaliamo particolarmente le seguenti: Johan Huizinga, Erasmo, Einaudi, Torino 1941 (piu' volte ristampata); Roland H. Bainton, Erasmo della Cristianita', Sansoni, Firenze 1970; Pierre Mesnard, Erasmo, Accademia Sansoni, Milano 1971; Cornelis Augustijn, Erasmo da Rotterdam. La vita e l'opera, Morcelliana, Brescia 1989; Le'on E. Halkin, Erasmo, Laterza, Roma-Bari 1989. Fondamentale e' anche Hugh R. Trevor-Roper, Protestantesimo e trasformazione sociale, Laterza, Bari 1969 e piu' volte ristampato; il primo saggio del volume e' specifico su Erasmo, ma - scrive l'autore nella prefazione all'edizione italiana, e dice bene - "la figura e le idee di Erasmo dominano il libro. Se questi saggi, come spero, hanno una loro unita', mi sembra che il filo conduttore sia appunto la sconfitta delle prospettive aperte da Erasmo". Su Erasmo e la pace cfr. Eugenio Garin, Erasmo, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (FI) 1988 (che reca anche i seguenti testi erasmiani: il Dulce bellum inexpertis, dagli Adagia; la Querela Pacis; e tre testi dai Colloquia: la Confessio militis, Militis et Cartusiani, il Charon). Per una puntuale collocazione di Erasmo nella tradizione (ed alle radici) del pensiero pacifista moderno si veda anche l'eccellente antologia a cura di Ernesto Balducci e Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia, Principato, Milano 1983. Per la bibliografia cfr. (in francese) gli ottimi lavori specifici di Jean-Claude Margolin. Su Erasmo e l'erasmismo fondamentali sono gli studi di Augustin Renaudet, Marcel Bataillon, e per l'Italia Silvana Seidel Menchi, Erasmo in Italia. 1520-1580, Bollati Boringhieri, Torino 1987. Su Erasmo e l'Italia cfr. anche i classici studi (che non ci risulta siano stati tradotti in italiano) di P. De Nolhac, Érasme en Italie. Étude sur un e'pisode de la Renaissance, Paris 1888; ed Augustin Renaudet, Érasme et l'Italie, Gene've 1954, nuova ed. 1998. Vari studiosi italiani nel corso degli ultimi decenni hanno dedicato ad Erasmo studi talvolta perspicui, rinunciamo a darne qui un elenco rinviando alle bibliografie contenute nei volumi sopra segnalati. Degli autori gia' citati vorremmo ricordare altri libri a nostro parere utili a lumeggiare le premesse, il contesto o l'eredita' erasmiana: di Johan Huzinga cfr. anche L'autunno del Medioevo (Sansoni) e La civilta' olandese del Seicento (Einaudi); di Pierre Mesnard si veda anche almeno l'eccellente Il pensiero politico rinascimentale, 2 voll., Laterza, Bari 1963-1964; di Eugenio Garin e di Ernesto Balducci si dovrebbero ricordare qui innumerevoli opere, basti aver reso omaggio ai loro nomi di maestri.

IV. Su Thomas More
Ovviamente non si puo' parlare di Erasmo e tacere di Thomas More, l'amico fraterno, l'autore dell'Utopia, il testimone del primato della coscienza e della dignita' umana; su More si legga almeno introduttivamente il volume di Cosimo Quarta, Thomas More, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1993.

V. Et coetera
Sul XVI secolo un utile testo introduttivo e' quello di H. G. Königsberger e G. L. Mosse, L'Europa del Cinquecento, Laterza, Bari 1969 (ma noi abbiamo sotto gli occhi l'edizione del 1974); cfr. anche almeno Gerhard Ritter, La formazione dell'Europa moderna, 2 voll., Laterza, Bari 1964, 1968 (ma noi abbiamo letto l'edizione del 1976). Sulla figura di Carlo V resta ancora insostituibile come compendio biografico Karl Brandi, Carlo V, Einaudi, Torino, 1961, in nuova edizione del 2001. Sulla cultura del Rinascimento bastera' il rinvio alle molte eccellenti opere di Eugenio Garin; come e' noto hanno sviluppato negli ultimi decenni nuove prospettive, ed hanno lumeggiato aspetti prima sottovalutati, i lavori di Frances Amelia Yates. Sulle vicende della Riforma e della Controriforma (o della Riforma protestante e di quella cattolica, se si preferisce) per un avvio cfr. almeno J. Lortz ed E. Iserloh, Storia della Riforma, Il Mulino, Bologna 1974; Roland H. Bainton, La Riforma protestante, Einaudi 1958, 1974; Hubert Jedin, Riforma cattolica o Controriforma?, Morcelliana, Brescia, 1957, 1987.

VI. Per una cultura della pace e della nonviolenza
Rinviamo alla serie di schede biobibliografiche ragionate curate dal "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, richiedibili gratuitamente per posta elettronica all'indirizzo e-mail: nbawac at tin.it

Postilla terza

Non posso concludere queste note senza esprimere la mia personale gratitudine all'amico Olivier Turquet, editore di questo libro, e all'amica Patrizia Moradei, autrice di questa nuova traduzione, per la sollecitudine e la pazienza con cui hanno richiesto ed atteso che scrivessi questa presentazione. Degli errori in essa contenuti son io l'unico responsabile. Quanto ci fosse di buono nelle righe precedenti vorrei dedicare alla memoria di Vittorio Emanuele Giuntella, uno dei miei maestri di nonviolenza.

Peppe Sini

Viterbo, settembre 2002