[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
editoriale di PeaceLink - l'ipocrisia di una guerra breve
- Subject: editoriale di PeaceLink - l'ipocrisia di una guerra breve
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Fri, 21 Mar 2003 22:44:09 +0100
L'ipocrisia di una guerra breve Noi pacifisti siamo per una guerra quanto più breve possibile?Vi è molta ipocrisia in giro: "Voi pacifisti siete per una guerra breve, ovviamente".
Ci dispiace non allinearci con gli auspici della Borsa.Noi non possiamo auspicare un conflitto rapidissimo indipendentemente dalla sua violenza omicida. Non è la durata ma l'intensità che ci spaventa, a differenza della Borsa che pensa con altri parametri. In questo momento dobbiamo essere intransigentemente dalla parte delle vittime, dalla parte della popolazione irakena, schiacciata da una dittatura e ora schiacciata anche da una guerra. Questa gente ha bisogno di protezione. Dobbiamo perciò batterci perché vengano denunciati e fermati i crimini di guerra.
I bombardamenti a tappeto sono crimini di guerra. I raid contro i civili sono crimini di guerra.La distruzione di infrastrutture indispensabili per la sopravvivenza della gente è violazione del diritto umanitario in tempo di guerra. Noi quindi non lottiamo per una "guerra breve" ma per frenare o fermare la follia del sangue. Per proteggere la popolazione occorrerà rispettare delle regole che valgono anche in guerra. Probabilmente - invocando anche in sede Onu il rispetto rigoroso delle Convenzioni di Ginevra - i tempi del conflitto si allungheranno a beneficio di un maggiore rispetto dei civili.
Lottiamo per il massimo rispetto della popolazione e della vita umana.Un rigoroso rispetto delle norme a tutela dei civili forse allungherà la guerra perché - se l'opinione pubblica si farà sentire - legherà almeno una delle due mani di chi vorra finire subito il lavoro sporco in un bagno di sangue. Durante la guerra del Kossovo il generale Clark si lamentò della pressione dell'opinione pubblica: "Era come combattere con una mano legata dietro la schiena", disse. Ecco l'obiettivo: possiamo frenare il bagno di sangue se saremo in tanti. Dobbiamo costringere chi vuole avere mano libera nel lavoro sporco a combattere con una mano legata dietro la schiena. Forse questo non farà bene alla Borsa (neppure la guerra però le ha giovato) ma difenderà la popolazione da attacchi indiscriminati. E forse difenderà anche i soldati angloamericani dall'impazienza dei loro generali.
Alessandro Marescotti presidente di PeaceLink - telematica per la pace http://www.peacelink.it
- Prev by Date: Report terzo seminario - L'acqua non è in vendita, ma la Banca Mondiale non lo sa.
- Next by Date: Diyarbakir - 20 marzo 2003
- Previous by thread: Report terzo seminario - L'acqua non è in vendita, ma la Banca Mondiale non lo sa.
- Next by thread: Diyarbakir - 20 marzo 2003
- Indice: