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Report quarto seminario. Gestire l'acqua come un bene comune per conquistare la pace
- Subject: Report quarto seminario. Gestire l'acqua come un bene comune per conquistare la pace
- From: Forum Mondiale Acqua <ufficiostampa at retelilliput.org>
- Date: Fri, 21 Mar 2003 19:52:38 +0100
1° Forum alternativo dell'acqua Firenze 21-22 Marzo 2003 Gestire l'acqua come un bene comune per conquistare la pace I lavori del quarto seminario del Forum Alternativo dell'Acqua La pace passa attraverso una gestione dell'acqua intesa come bene comune e non come merce. Dalla Bolivia a Israele, dalla Turchia all'India, dal Kurdistan alla Palestina, sono molte le zone del mondo in cui il possesso della risorsa acqua è causa di guerre e conflitti. Stessi problemi, stesse soluzioni. Una situazione che si riproduce in modo drammatico e identico in ogni luogo dove l'acqua è una risorsa scarsa e contesa. Superare la cultura della mercificazione e della sovranità nazionale per arrivare a una condivisione delle risorse tra i popoli in lotta, questa la soluzione proposta dalla maggior parte dei relatori intervenuti al seminario " L'acqua: ricchezza di culture e fonte di pace" nell'ambito del primo forum alternativo mondiale dell'acqua in corso a Firenze. Per Ignacio Ramonet, direttore de Le Monde Diplomatique, esistono tre tipi di guerre: militare, sociale e ecologica. L'unica visibile al grande pubblico è la prima, ma bisogna considerare che le altre due, le guerre invisibili, producono molte più vittime di quella militare. Ogni giorno muoiono 30.000 persone a causa della dell'acqua contaminata. "La guerra in Iraq sta provocando lo smantellamento del diritto internazionale e della verità. Saddam rappresenta una minaccia per il mondo, l'Iraq ha legami con Al Qaeda e possiede armi di distruzione di massa, queste alcune delle menzogne che ci racconta il presidente Bush. La guerra ha come obiettivo il petrolio, ma anche l'acqua. Quest'ultima avrà una grande importanza per l'organizzazione nell'immediato futuro della regione medio orientale". Ramonet conclude il suo intervento con parole che pesano come pietre: "Bombardano perché non hanno argomenti, la violenza è la loro debolezza, hanno la forza ma non hanno il diritto. Vinceranno, ma non ci convinceranno". "Considerare l'acqua una merce, vuol dire andare incontro a conflitti e guerre". Larbi Bouguerra, tunisino della Fondazione France Libertès sottolinea le problematiche che emergono da una distribuzione ineguale delle risorse idriche. "L'acqua è vita ed è sempre stata considerata un bene essenziale per la cultura umana, basti pensare ai precetti religiosi sia del cristianesimo sia dell'Islam. Il battesimo è dato con l'acqua e la religione musulmana non è pensabile senza l'acqua: cinque volte al giorno prima della preghiera i fedeli si devono purificare attraverso le abluzioni". C'è un detto islamico, continua Bouguerra, che recita: "l'acqua non può essere rifiutata neanche al tuo peggior nemico". Ciò presuppone di considerare l'acqua un bene essenziale non negoziabile che può diventare una fonte di pace, ma solo se viene considerata come un bene comune. "Considerazioni ideologiche per la non privatizzazione delle risorse idriche", questo il titolo della relazione di Jonathan Laronne, dell'università Ben Gurion di Tel Aviv. In Palestina e Israele la popolazione aumenta più della disponibilità delle risorse idriche e aumenta anche il consumo procapite rendendo l'acqua una risorsa sempre più scarsa. "Per gestire in modo efficace e efficiente le risorse idriche è inevitabile pensare a una gestione comune e pubblica di questo bene essenziale per entrambi gli stati". Belal Mustafa, rappresentante palestinese, è molto più critico e polemico nei confronti della gestione delle risorse idriche da parte di Israele. "L'80% delle risorse idriche palestinesi viene usato da Israele che ha un controllo pressoché totale sull'acqua presente nella valle del Giordano: per scavare nuovi pozzi c'è bisogno dell'autorizzazione dell'esercito israeliano, la maggior parte degli insediamenti dei coloni sono stati realizzati proprio in base alla presenza di falde acquifere nella zona. Il controllo dell'acqua viene utilizzato per indebolire la lotta palestinese. Per dare un senso della diseguaglianza della situazione basti pensare che gli israeliani hanno a disposizione 260 litri di acqua al giorno pro-capite, mentre i palestinesi solo 70, meno degli 80 litri considerati dal processo di pace di Oslo il loro fabbisogno minino". Remzi Kartal, rappresentante del congresso nazionale curdo, ritiene il possesso delle risorse idriche uno dei motivi fondamentali dei conflitti in Kurdistan. "La Turchia sta cercando, attraverso la costruzione di numerose dighe, di controllare e gestire l'acqua a scapito delle regioni medio-orientali. Non solo viene impedito al popolo curdo di usufruire dell'acqua ma viene anche distrutta la loro storia e la loro cultura a causa delle evacuazioni e delle deportazioni imposte per la creazione dei nuovi bacini idrici. La proposta e l'unica possibile soluzione pacifica è una divisione equa e democratica dell'acqua tra i vari popoli interessati. L'impegno attivo della società civile può condizionare le scelte politiche dei governi". Giorgio Riolo, di Punto Rosso, sostiene che la presenza degli Stati Uniti in Iraq va ben aldilà della necessità di sconfiggere il regime di Saddam Hussein. E' una guerra per il petrolio ma anche per l'acqua. Il principio ispiratore del documento: "Progetto per un nuovo secolo americano", è legato all'idea degli Stati Uniti come unica potenza mondiale che presuppone come tappa fondamentale il controllo militare e delle risorse del Golfo Persico. UFFICIO STAMPA Monica Di Sisto: 335/8426752 - ufficiostampa at cipsi.it Cristiano Lucchi: 339/6675294 - ufficiostampa at retelilliput.org COMUNICATI STAMPA - http://www.cipsi.it/contrattoacqua/forum-acqua/news/index.asp
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