PACE E GUERRA



Editoriale della rivista Cem Mondialità di Aprile.
In allegato


Cordialmente
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Cem Mondialità
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EDITORIALE
Arnaldo de vidi
PACE E GUERRA

No, non c'è nulla più meritevole di pianto dell'uomo,
 fra tutto ciò che respira e cammina sulla terra. (Omero - Iliade 17,446-7)

Hanno certamente ragione coloro che definiscono la guerra la condizione
primigenia e naturale. Finché l'uomo resta un animale, vive per il
combattimento, a spese degli altri, teme e odia il prossimo. La vita,
quindi, è guerra. (Š) La pace non è una paradisiaca condizione originaria,
né una forma di convivenza regolata dal compromesso. La pace è qualcosa che
non conosciamo, che soltanto cerchiamo e immaginiamo. La pace è un ideale.
(Hermann Hesse - Guerra e Pace)
Hesse presenta in sintesi i tre motivi per cui si fa guerra. Innanzitutto,
l'uomo ama combattere e vincere, un po' come il cavallo che si esalta al
fragore delle armi (se non fosse così non ci sarebbero tanti film cult
sulla guerra). Un secondo motivo consiste nella strategia di vivere a spese
degli altri. "Esiste una razza di padroni e di soldati, e questa è la razza
bianca. Da noi l'uomo del popolo è quasi sempre un nobile declassato, la
sua mano pesante è più adatta a brandire la spada che l'arnese servile. La
natura ha dato poi vita a una razza d'operai, ed è la razza cinese che ha
meravigliosa destrezza artigianale, ma nessun sentimento dell'onoreŠ Esiste
una razza di contadini, e questa è la negraŠ". Chi scrive così è J.E. Renan
che le enciclopedie definiscono "filologo sottile, storico delle religioni
e orientalista". Può anche accadere che i popoli guerrieri lavorino, e
potrebbero essere autosufficienti, ma per amore di splendore predano i beni
altrui. Ieri c'erano le razzie e le guerre di conquista. Oggi siamo più
sottili: noi occidentali abbiamo montato un'industria, in cui il salario
dei lavoratori del Sud incide solo per l'1% sul prezzo del prodotto finito.
Gli americani colpiscono per l'accesso privilegiato al petrolio. Le
multinazionali rubano legalmente i prodotti agli indios con la
biopirateria... Qui il primo e il secondo motivo s'uniscono: "Qualunque
volta è tolto agli uomini il combattere per necessità, combattono per
ambizione". (N. Machiavelli)
Un terzo motivo di guerra è (ahimè) la paura dell'altro. Chi è differente
da me costituisce una minaccia: mi dice che è relativo ciò che per me è
assoluto. Mi dice che la mia cultura non è la cultura, ma una tra mille.
Accettare l'incognita di una vita differente mi spaventa: io ho elaborato
la divisione tra sacro e profano e ritengo terroristi quelli che non fanno
altrettanto. Li odio!
Ma Hesse, completando il suo pensiero, dice che la pace è un ideale
possibile. E noi sognavamo l'essere in uno stato di evoluzione già prossimo
alla pace. Ci ha svegliati una "dichiarazione di guerra preventiva". Dice
Tahar Ben Jelloun: La sconfitta che si prepara per noi è quella dell'uomo
precipitato nel caos, quel disordine del mondo in cui la forza espelle in
maniera arbitraria i valori che si credevano universali. Quasimodo diceva:
Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo.
Ma c'è una reazione inedita. Se per alcuni rimane il diritto di ridere (mai
tanti programmi tv e libri di "gag" come oggi) e per altri rimane solo la
preghiera; se alcuni, istruiti dai media e dalla paura, cercano di
autoconvincersi che la guerra è giusta e che i buoni democratici
sconfiggeranno i cattivi terroristi; per noi il primo atto è stato mettere
l'arcobaleno al balcone. Molti benpensanti hanno gridato che una bandiera
non risolve. E non occorreva che ce lo dicessero perché lo sappiamo bene.
Tant'è vero che noi ci chiediamo: Quale sarà il prossimo passo? E speriamo
che ci sia un prossimo passo perché le armi di distruzione di massa
prodotte dall'occidente esistono. L'11 settembre 2001 non ha cambiato la
storia dell'America; è il 20 marzo 2003 che può cambiare la storia del
mondo intero: basta industria bellica, basta sfruttamento e oppressione,
basta commercio diseguale, basta ipocrisie, basta strumentalizare Dio. Dice
il salmo: "Giustizia e pace si baceranno" (Salmo 84). Occorre un (doloroso)
disarmo bellico ma più ancora culturale. Un'appartenenza nuova alla
famiglia umana. Un mondo "villaggio globale" dove il rispetto sia servito
ad ogni mensa. Dove la fraternità, insieme col pane, il vino, il pesce,
l'agnelloŠ faccia il giro di tutta la mensa.

Brescia, 20 Marzo 2003.