L'obiettivita' degli inviati di guerra



Fonte: http://www.ilbarbieredellasera.com/article.php?sid=2482

12.04.2002
Ops, il giubbotto antiproiettile mi ha lasciato dei lividi
di Jasmine

Si puo' anche essere di parte, si puo' pendere da una parte, si puo' credere di avere ragione. Ma se si e' onesti con se stessi e soprattutto con le persone per cui si scrive, forse il nostro mondo girerebbe un po' meglio

A volte basta essere semplicemente onesti per raccontare un fatto.

Si puo' anche essere di parte, si puo' pendere da una parte, si puo' credere di avere ragione. Ma se si e' onesti con se stessi e soprattutto con le persone per cui si scrive, forse il nostro mondo girerebbe un po' meglio.

Quando ero in Pakistan scrissi un pezzo sui "magnifici sette" della stampa italiana che covavano i loro articoli nel ristorante del Marriott Hotel di Islamabad.

Ora, alcuni di loro sono spuntati a Gerusalemme. Della serie "a volte ritornano". Hanno preso alloggio nell'albergo piu' "in" e piu' bello della citta', e da ormai settimane raccontano la guerra piu' feroce che ha dovuto affrontare la Palestina.

Per una volta spezzo una lancia a favore della maggior parte dei giornalisti italiani. Non di tutti naturalmente, ma piu' di quanti avrei potuto immaginare.

E mi schiero contro il pezzo di Fiamma Nirenstein che descrive l'American Colony, l'albergo dei giornalisti, come un covo di terroristi.

Facile scrivere, quando si sta seduti in una casetta di un insediamento ebraico, dopo che il paese arabo di fronte e' stato messo sotto coprifuoco.

E' facile parlare e dire che gli altri sono di parte, ovviamente quella sbagliata quando non sono dalla propria.

Io, la signora Nirenstein non l'ho mai vista, eppure sono qui da quasi un mese. Sono stata a Ramallah, Hebron, Nablus, Betlemme (che e' a due passi dalla casa di Fiamma, se non fosse per i posti di blocco), tra un giro e l'altro, tra una raffica e l'altra, tra un attentato e l'altro, gli altri italiani, corrispondenti e inviati, sono andati un po' dappertutto, si sono rifugiati un po' dappertutto, si sono nascosti un po' dappertutto.

In questo dappertutto, dove e' in corso una guerra, la signora Fiamma che tanto denigra il giornalismo di parte, non si e' mai vista.

Ne' da una parte ne' dall'altra. Mai come questa volta e' stato difficile lavorare qui.

Gli israeliani impediscono ai giornalisti di vedere quello che accade. Non si sono neanche sdegnati di sparare contro i reporter troppo audaci o di sequestrare, film e cassette a fotografi e operatori.

Questo ha creato una sorta di unione e cooperazione tra i giornalisti, un po' per orgoglio e un po' per giustizia, tutti vogliono andare ovunque proprio perche' non lo si puo' fare.

Tutti trascorrono ore pesantissime con il giubbotto antiproiettili, anche per sfidare quello stato democratico, che di fatto ha imposto la censura.

Entrare a Jenin, provoca le stesse pulsioni che in ottobre smuoveva tutti per entrare in Afghanistan. C'e' qualcosa che non si deve vedere e allora noi dobbiamo entrare.

I giornalisti non sono dei santi, ma in questo posto sono diventati i soli a poter tentare di raccontare quello che succede.

Non saranno il massimo dell' obiettivita', ma di fronte ad una madre palestinese che per nutrire la figlia di un anno, le sputa in bocca perche' non ha piu' niente da mangiare, beh io non solo mi sento di parte, dalla sua parte, ma mi indigno pure con chi mi da della filo palestinese, perche' lo sono molto di piu', sono filo umana.

Mi indigno quando un collega del Corriere trasporta una donna incinta all'ospedale di Nablus perche' sparano contro le autoambulanze che non sono potute andarla a prendere e mi indigno quando un altro giornalista, l'ennesimo, viene colpito al collo da un cecchino.

Come dice un mio amico del Washington Post: "se i terroristi sono i palestinesi, perche' noi giornalisti dobbiamo difenderci dagli israeliani?"

Mi indigno anche quando in tutta questa confusione qualcuno pensa di approfittarne, come l'inviato di uno dei due giornali nazionali piú venduti, l'unico al mondo ad aver trascorso tre giorni a Jenin.

O di aver scritto un pezzo "dal nostro inviato tra i frati della chiesa della Nativita'". A Jenin fino ad oggi e' stato impossibile anche solo metterci piede.

L'unico giornale italiano che ci e' entrato, ieri per primo, con un convoglio organizzato dagli israeliani e' stato il Corriere della Sera.

Ora, il nostro amico di una testata nazionale, ha uno stretto rapporto con la sua camera d'albergo. E non ci sarebbe niente di male, se non fosse che pare abbia il dono dell'ubiquita', dell'invisibilita' e soprattutto dell'invicibilita', perche' da quando lui "e' a Jenin", li' e' stato fatto l'ira di Dio.

Va bene che siamo nella Terra Santa e i miracoli sono possibili, pero' non prendiamoci in giro. Lo stesso vale per la chiesa della Nativita', io stessa mi sono spinta verso la piazza della Mangiatoia e sono stata costretta ad indietreggiare da un gruppo di soldati troppo poco comprensivi.

Gli israeliani hanno lasciato bruciare una moschea, hanno sparato ad un frate e il nostro super inviato sarebbe riuscito a fare un pezzo dalla chiesa della Nativita'?

Forse un pezzo dovremmo farlo su di lui, anzi dovrebbe insegnare a tutti noi. Qualcuno mi ha detto "lascia perdere".

Non posso. Mi rode dentro. Mi fa prurito sui lividi che mi ha lasciato il giubbotto antiproiettili.

Sarebbe piu' semplice per tutti fare come lui. Eppure non lo facciamo, ci riempiamo di polvere e di paura, di buone intenzioni e di fango sui pantaloni, ci prendiamo gas lacrimogeno e magari qualche insulto.

Qualcuno ci ha anche lasciato la pelle. Io non dico che tutti debbano rischiare, ma essere onesti si', questo lo pretendo.

Da giornalista e da lettore. Se leggo Jenin all'inizio di un articolo, beh, voglio che il suo autore ci sia andato.

Altrimenti si mette Gerusalemme e si trovano le proprie storie telefoniche, che spesso sono altrettanto buone e soddisfacenti. Ma non si mente a centinaia di migliaia di persone che si fidano, che ti comprano, che guardano il mondo attraverso di te.

L'intelligenza della gente non va insultata, ne' dalla camera di albergo del Colony, ne' da un appartamento dell'insediamento di Gilo.

Jasmine