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LA "RIVELAZIONE" DEL SOCIAL FORUM DI FIRENZE (di Massimo Toschi)
- Subject: LA "RIVELAZIONE" DEL SOCIAL FORUM DI FIRENZE (di Massimo Toschi)
- From: "Missione Oggi" <missioneoggi at saveriani.bs.it>
- Date: Tue, 18 Feb 2003 11:13:58 +0100
IL FATTO E IL COMMENTO LA "RIVELAZIONE" DEL SOCIAL FORUM DI FIRENZE MASSIMO TOSCHI Massimo Toschi, in qualità di consigliere del presidente della Regione Toscana, ha seguito l'evento di Firenze. Lo definisce: "Uno spartiacque che ha segnato un prima e un dopo". La vera diversità, la novità di Firenze sta nel fatto che per la prima volta, negli ultimi tempi, è nato un movimento per la pace che fa della nonviolenza il suo punto di forza strategico. Rutelli e Fassino non sono venuti a Firenze, perché non possiedono la cultura della nonviolenza. E questo è un dramma. Se avessimo detto di no avremmo in un attimo, con una decisione burocratica, cancellato la storia e l'identità di Firenze, quale grande città della pace in Europa e nel mondo. Questo governo ha bisogno di cancellare Firenze. Paradossalmente, ha bisogno di ridare legittimità come capi del movimento a coloro che a Firenze erano stati ignorati. Un movimento di massa nonviolento per la pace è qualcosa di non manovrabile da chi in Italia ha oggi responsabilità politiche. Pubblichiamo ampi stralci dell'intervento di Massimo Toschi al 1° seminario di "Vasti, scuola di ricerca e critica delle antropologie", per l'anno 2002-2003. Si è tenuto a Roma, lo scorso 17 novembre. Ecco l'introduzione di Raniero La Valle: "Le 'ultime notizie' sarebbero tante in questi giorni, quando tra l'altro si sta preparando la nuova guerra, che poi è sempre la stessa che continua, contro l'Iraq. Ma su questo panorama abbastanza fosco si è inserito un momento di forte speranza: la grande pacifica manifestazione di Firenze, un grande popolo che si è riunito, ha dibattuto, ha camminato per la pace, per la giustizia, per l'eguaglianza. E a noi è sembrato che questo evento di Firenze, anche per il modo con cui era andato maturando, per i contrasti che ha incontrato, per il tentativo di impedirlo, di delegittimarlo e poi per la sua straordinaria riuscita, avesse significati che andavano al di là della cronaca immediata. Questa sensazione è stata confermata da Massimo Toschi, che ha seguito l'evento. Egli ha molti meriti, ha una vita molto intensa e ricca, ma il titolo specifico per cui ha avuto un ruolo in questo evento di Firenze, è stato quello relativo alla funzione istituzionale che svolge quale consigliere per la pace del presidente della Regione Toscana; incarico interessante e significativo, ma anche molto raro nel panorama delle regioni italiane". UN LUNGO PROCESSO Penso davvero che ciò che è avvenuto a Firenze, rappresenti uno spartiacque significativo. La tesi è questa: non si è trattato solo di una grande manifestazione contro la guerra (ce ne erano state altre ed altre ce ne saranno, e in questo senso si situava all'interno di una lunga serie di manifestazioni, basti pensare all'ultima marcia Perugia-Assisi). La vera diversità di Firenze sta nel fatto che per la prima volta, negli ultimi tempi, è nato un movimento per la pace che fa della nonviolenza il suo punto di forza strategico. Questa piattaforma nonviolenta non era presente ad Assisi, tanto che in quella marcia c'erano molte persone che a Firenze non sono venute, e non perché hanno avuto paura di "mettere il cappello" su quella manifestazione, come hanno detto e scritto, ma perché la cultura era diversa, perché queste persone legittimamente non condividono il baricentro culturale di Firenze. Ma vediamo come si è arrivati a questo, perché non si è trattato di un fatto casuale; è stato un lungo processo, per il quale qualche merito il presidente della Regione Toscana e quanti hanno lavorato con lui, giustamente rivendicano. Per spiegarne il senso, vale la pena di tornare ad un anno e mezzo fa, tra l'aprile e il maggio, quando si preparava la manifestazione di Genova, con tutti i problemi e le discussioni che c'erano state sull'andare o non andare a Genova. Il presidente della Regione Toscana ha fatto una scelta, che si è rivelata lungimirante, di avviare innanzitutto un dialogo e un confronto critico con una parte assai rilevante del "movimento", che chiameremo "no global", attraverso due grandi seminari: San Rossore 1, nel 2001 prima di Genova, e San Rossore 2 quest'anno. Quando tutti prendevano le distanze da Genova, il presidente della Regione, con un lavoro intensissimo, inventò, in un mese, un incontro che raccolse personaggi tra i più autorevoli, da Vadana Shiva a Ivan Illich, di questo variegato mondo, per aprire un confronto fra istituzioni e movimenti, tra associazioni, società civile e governi locali, in modo che l'esperienza di Genova non venisse abbandonata a se stessa. Eravamo preoccupati, ma capivamo che a Genova sarebbe avvenuto qualcosa di straordinariamente importante, soprattutto sarebbe stata posta da una generazione di giovani una domanda politica che non poteva essere elusa, al di là delle cose che poi sono avvenute e sulle quali ognuno può avere il suo punto di vista. Il presidente della Regione Martini andò a Genova, mentre altri non andarono (pensiamo alla posizione dei Ds, e non solo). Egli era convinto (e dopo Genova apparve sempre più chiaro per la quantità dei giovani che vi erano arrivati pur in una situazione difficile, addirittura drammatica) che il dialogo iniziato non poteva essere interrotto. Anzi, non solo volevamo essere una sede di dialogo, ma volevamo andare nei luoghi del dialogo, per cui molti toscani sono andati a Porto Alegre nel gennaio del 2002, con il presidente della Regione e tanti sindaci. A Porto Alegre è nata la proposta di fare diversi Social Forum continentali e un Social Forum europeo con la scelta dell'Italia, e le tre candidature possibili erano Firenze, Napoli e Venezia. La scelta nostra allora, sapendo che ci saremmo accorciati un po' la vita, fu di offrire la disponibilità di Firenze; ovviamente non stava solo a noi decidere (ci furono, tra l'altro, pressioni da parte di Rifondazione comunista perché non si tenesse il Social Forum a Firenze, in quanto essa temeva che i Ds l'avrebbero catturato e condotto). Si dette comunque la disponibilità di Firenze, non per una forma di opportunismo politico (anzi questo spingeva esattamente in senso contrario, perché immaginare di organizzare a Firenze una manifestazione collettiva con varie decine di migliaia di giovani faceva tremare i polsi), ma in quanto capimmo subito che se avessimo detto di no avremmo in un attimo, con una decisione burocratica, cancellato la storia e l'identità di Firenze, quale grande città della pace in Europa e nel mondo: avremmo cancellato la sua vocazione legata a grandi personaggi che tutti conosciamo. Se avessimo, per una scelta di opportunità, detto di no avremmo perso l'anima, nel senso che sarebbero rimasti i mattoni, le pietre, ma Firenze sarebbe restata come un corpo morto, un cadavere e come tutti i cadaveri, si sarebbe potuta continuare a vedere e anche imbalsamare, ma non sarebbe stata più Firenze. LA NONVIOLENZA COME SOLA CONDIZIONE Questo è stato il motivo di fondo che ci ha spinto: quando, infatti, ci è stato confermato che sarebbero venuti a Firenze, si aprì una questione abbastanza drammatica, perché per noi era chiaro che venire a Firenze significava costruire una grande occasione, in cui la nonviolenza fosse un punto di forza. Già a marzo, il presidente della Regione organizzò un convegno per porre questo problema al "movimento"; eravamo, e siamo, convinti che a Genova - non entro nei dettagli dato che ciò che là ha fatto la polizia, lo sappiamo tutti - c'erano state parti non piccole del movimento che seguivano il principio secondo cui se la nonviolenza funzionava andava bene, altrimenti si faceva funzionare qualcos'altro. Quindi non solo offrivamo ospitalità, ma ponevamo una condizione. Lo abbiamo fatto con molta lealtà e chiarezza fin dall'inizio, non solamente per crescere noi insieme al movimento che veniva a Firenze, ma per essere coerenti con la nostra storia. Scommettevamo sul magistero di "Firenze città della pace": era una scommessa difficile, ma strategica. Questo avrebbe permesso a noi di capire ancora meglio il lavoro che dovevamo fare, ma avrebbe permesso al movimento di crescere attorno ad un problema non risolto. Ricordiamo tutta la discussione interna, la posizione di Lilliput, l'intervento di Zanotelli, le risposte di Casarini, di Agnoletto. Parte così la costituzione di una cabina di regia della vicenda fiorentina che ha messo insieme le istituzioni, il presidente della Regione, il sindaco di Firenze, poi i sindaci dei Comuni dell'hinterland fiorentino, alla periferia di Firenze (Scandicci, Bagni, Ripoli, Prato), il prefetto, il questore e il Social Forum fiorentino che faceva da collegamento con il Social Forum europeo. Cominciò un lavoro all'inizio molto difficile, anche perché cominciò subito una campagna durissima de Il Giornale e de La Nazione, che ha inventato e prodotto quell'allarmismo esploso soprattutto negli ultimi giorni. Si è trattato di una campagna lanciata proprio nel momento in cui Firenze diventava la sede del Social Forum europeo, a maggio, quando la decisione era stata assunta in termini definitivi. Una campagna che aveva come bersaglio, essenzialmente, il presidente della Regione e indirettamente il sindaco. Su questo vale la pena di ritornare, in quanto c'era anche una certa parte dei Ds che non avevano digerito Genova, o lo avevano fatto con molta fatica, e quindi erano molto preoccupati che a Firenze potesse accadere qualcosa di analogo. In quest'orizzonte, arriva il secondo convegno di San Rossore: di nuovo un convegno con mille persone come il precedente, ma di due giorni, e quindi di durata doppia, che raccoglie personalità da tutto il mondo e non solo sulla frontiera dei "no global", ma anche con posizioni capaci di valorizzare la globalizzazione. Lo scopo era di fare di Firenze e della Toscana una sede di discussione franca, libera e spregiudicata su questi problemi. Ancora con scelte importanti: per dirne una che si concretizzerà a dicembre, a San Rossore è stata lanciata la proposta di "un centesimo di Euro per ogni metro cubo di acqua consumata dai toscani per progetti di pozzi nel Sud del mondo"; un progetto che, per quanto ne so, è unico in Europa. Si è iniziata poi la fase ultima della preparazione del Forum, post estiva, e la preoccupazione è salita per vari motivi. Innanzitutto all'interno del Social Forum erano presenti varie anime e non tutte condividevano ancora la scelta nonviolenta; penso ad alcune interviste di Casarini e di Agnoletto che uscivano - guarda caso in continuazione - su La Nazione e su Il Giornale. C'era poi il problema dei Ds che tendevano sempre più ad isolare il presidente della Regione; il sindaco ha assunto una posizione cauta. È stato il momento di maggior rischio per Martini perché era chiaro che, se si fosse arrivati alla manifestazione con l'isolamento del presidente della Regione e con tutti i giornali che cominciavano a chiedere esplicitamente la sua testa, il rischio di incidenti sarebbe stato altissimo. È noto come vanno le cose: se una persona è isolata, è il momento che la si colpisce, e il modo migliore per colpirla era attraverso gli incidenti. In questo contesto, ha funzionato molto la cabina di regia: il prefetto e il questore di Firenze si sono mossi con grande lealtà. E hanno lavorato perché tutto concorresse alla soluzione positiva dell'evento, quando il Social Forum si è aperto. VECCHIA LEADERSHIP ADDIO La cosa interessante, apparsa subito chiara, è stata che erano spariti i gruppi dirigenti di Genova: Agnoletto, Casarini e tutti quelli che là era stati gli "interlocutori mediatici", non c'erano più; la gente aveva selezionato i temi con intelligenza rispetto ad un programma infinito; una generazione di giovani poneva in modo fortissimo il tema della pace e della nonviolenza. Quest'analisi ha trovato conferma nella marcia di sabato pomeriggio che, rispetto alle tante altre manifestazioni contro la guerra, non presentava nulla di violento nel linguaggio, nei comportamenti, nelle parole d'ordine. È stata una festa, una manifestazione molto pacifica anche nello stile; c'era, è vero, qualche slogan dei greci ed altri, ma sapeva di qualcosa di retrò, lontana dall'anima di questo corteo. Dico questo perché si pone un problema. Questa generazione di giovani ha bisogno di trovare propri leader, persone capaci di dare al movimento un volto, di riflettere su ciò che avviene. Direi che l'unico intervento straordinario è stato quello di Pietro Ingrao, accolto da un'autentica ovazione. Egli ha posto la questione del "potere, del potere nella pace". Da questo punto di vista, Firenze rappresenta una svolta; ciò non vuol dire che da ora in poi andrà tutto bene, che tutti saranno nonviolenti. Significa piuttosto una grande responsabilità per tutti, perché questo patrimonio non venga disperso. Significa anche che tutta una cultura vetero-marxista non regge più, così come certe parole d'ordine di un politichese un po' estremista sono inadeguate ad esprimere i sogni di questi ragazzi. Firenze è quindi, al tempo stesso, un evento straordinario e fragilissimo; si capisce, come attorno al grande tema della pace e della nonviolenza, Rutelli e Fassino non siano venuti, perché non possiedono questa cultura; ed è un dramma. Altri sono venuti in maniera più opportunistica: anche Bertinotti ne è estraneo, però cavalca queste cose. Si apre così una fase nuova nell'iniziativa politica, perché Firenze segna uno spartiacque. RESPONSABILITÀ DI TUTTI Ne deriva quindi una grande responsabilità per la Regione Toscana, lo sappiamo bene: Firenze non può fermarsi, non può conservare il ricordo di un evento straordinario e poi riprendere come se nulla fosse accaduto. Qui è nato qualcosa di nuovo che è però affidato alla responsabilità di tutti, non soltanto della nostra Regione. È affidato all'Europa. Mi ha molto colpito l'intervista di Romano Prodi a La Stampa del 9 novembre, perché ha capito che se l'Europa "vuole" svolgere il ruolo che "deve" svolgere - un ruolo di pace e non di "sudditanza all'Impero del bene", di cui ci parla Bush - ha bisogno della spinta di questa generazione di giovani; al tempo stesso, essi hanno bisogno di trovare degli interlocutori nelle istituzioni per non perdersi, per approfondire il senso di quella giornata che ci ha sorpreso tutti. Io che sono ottimista per natura, non lo avrei immaginato. Sono andato alla manifestazione in carrozzina; ci sono andato per lealtà al mio presidente che rischiava moltissimo, quindi bisognava esserci. Ma nel vedere ciò che ho visto e nel vivere il clima di quella manifestazione, ho avuto netta l'impressione di un notevole salto culturale. Ciò non significa che non si possa tornare indietro, significa però che almeno per un giorno questo è stato fatto e se per un giorno è stato possibile, su questo occorre lavorare. L'impegno sulla frontiera della pace e il tema della pace come asse strategico della nostra Regione non nasce comunque dalla giornata di Firenze, ma è precedente. Potremmo dire che a Firenze c'è stato un incontro tra questa generazione di giovani che chiede pace, che esige il rifiuto della guerra a partire dalla nonviolenza e tutta una serie di forme di cooperazione con tanti paesi del mondo come l'Algeria, l'Iraq, la Libia, il Sudafrica, Israele, la Palestina, ecc., dove portiamo le nostre convinzioni, che poi abbiamo riscontrato in quel corteo: l'idea che la pace, la si costruisce solo con mezzi pacifici, non con l'uso delle armi, e questo vale per tutti. Questo è quanto ho detto, su mandato del mio presidente, a Yasser Arafat e ai miei amici palestinesi; questo è quello che abbiamo detto alle autorità israeliane, a tutti i livelli. Si è così creato una straordinario incrocio. E ADESSO? La sera del 9 e la mattina del 10 novembre ero particolarmente contento perché tutto era andato benissimo, al di là della migliore delle previsioni. Ma mi è venuta anche una grande angoscia per la responsabilità pesante che ne derivava, perché si può far rifluire questa generazione su posizioni sbagliate o ancor peggio su posizioni che negano il senso della giornata di Firenze se non faremo scelte adeguate, se non cresceremo nella cultura della pace che, in questi anni, si è largamente assopita. Il caso più classico sono le marce della pace Perugia-Assisi, dove sono andati tutti coloro che erano per la pace, ma alcuni erano per la pace con la guerra e non si possono mettere insieme "coloro che sono per la pace con la pace" e "coloro che sono per la pace con la guerra". Andare ad una manifestazione dove sono presenti D'Alema e Rutelli non può che creare confusione, perché tutti sono per la pace, anche George Bush è per la pace. Il documento su La Strategia della Sicurezza Nazionale degli Usa dello scorso 17 settembre è tutta un'argomentazione in funzione della pace, o meglio della pace americana, in vista della quale si elabora la teoria della guerra preventiva e infinita. Per questo dico che Firenze ha rappresentato un evento rivelativo, nel senso che ha rivelato una generazione con una grande potenzialità di futuro: la scelta della nonviolenza, che rappresenta il punto di partenza, il crinale delicato per ogni impegno per la pace, a Firenze è diventata l'esperienza di una generazione. Ritengo ciò un fatto assolutamente straordinario che ci carica di responsabilità, per la quale noi forse né abbiamo le forze, né siamo all'altezza, in quanto è richiede una grande cultura e una capacità politica. Noi toscani siamo in genere presuntuosi e arroganti, ma di fronte a tale compito ci vengono i brividi, anche perché non può essere solamente una Regione a fare questo. Deve progressivamente diventare patrimonio di molti e trovare un confronto a livello delle istituzioni europee. Questa è la grande scommessa per l'Europa che, se non vuole accodarsi ad una politica unilaterale americana, deve trovare linfa in questa generazione; e così è per questi giovani che, se non vogliono pensare di aver sprecato qualche giorno a Firenze, devono trovare un rapporto con le istituzioni. Tutto questo è la "rivelazione" di Firenze, che a me pare molto interessante. MASSIMO TOSCHI LA PACE COME TEMA ASSOLUTO Sono rimasto fortemente impressionato da queste assemblee sconfinate di cinque, sei, settemila persone che si svolgevano in un ordine assoluto, con un comportamento esemplare di questi ragazzi che prendevano appunti sui loro quaderni di qualunque cosa veniva detta, in un atteggiamento di cortesia verso tutti, cosicché un applauso non veniva negato a nessuno, anche quando si trattava di persone simpatiche e divertenti, ma un po' "retrò". Si è parlato di acqua e di ogni ben di Dio, ma alla fine le assemblee più grandi vertevano tutte sulla questione della pace. Certo, ha costituto la forza della manifestazione di Firenze, l'aver trovato il suo tema di fondo. Chi ha visto il programma del Social Forum, sa che erano previsti 50/60 gruppi di lavoro sulle più svariate questioni, si discuteva di tutto e del contrario di tutto; in realtà, poi, la selezione è avvenuta naturalmente. M.T. DIDASCALIE DELLE FOTO FOTO N° 1: SENZA DIDA Credit: Ap/Fabrizio Giovannozzi FOTO N° 2 Genova, 20 luglio 2002. "Lì sarebbe stata posta una domanda da parte di una generazione di giovani, che non avrebbe potuto poi essere elusa". Credit: Ap/Darko Bandic FOTO N° 3 Firenze, 9 novembre 2002. Decine di migliaia di persone provenienti da tutta Europa hanno partecipato alla marcia contro la guerra in Iraq. Credit: Ap/ Pier Paolo Cito FOTO N° 4 Studenti dell'Università di Bir Zeit, assieme ad attivisti dei diritti umani, manifestano vicino ad un carro armato israeliano, il 6 novembre 2001, a Ramallah (West Bank). Credit: Ap/Nasser Nasser FOTO N° 5 Un'anziana israeliana alla manifestazione organizzata da un gruppo delle "Donne in nero", l'8 febbraio 2002, a Gerusalemme. Credit: Ap/Lefteris Pitarakis
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