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La nonviolenza e' in cammino. 503
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 503
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 10 Feb 2003 11:11:35 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 503 del 10 febbraio 2003 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini e Tomas Stockmann, noi grandi elettori di Sharon 2. Giobbe Santabarbara: tre trappole per il movimento per la pace 3. Angelo Mastrandrea intervista Gino Strada 4. Ileana Montini, una testimonianza 5. Enrico Peyretti, Dio d'Europa? 6. Amelia Alberti, una lettera da suor Evelina 7. Augusto Cavadi, felicita' coniugale ed esegesi biblica 8. Ida Dominijanni, sulo stato dello Stato 9. I vescovi della Toscana contro la guerra 10. Comitato "Per la scuola della Repubblica", un appello al mondo della scuola 11. Aggiornamento del sito di "Donne in viaggio" 12. Letture: Paolo Francesco Pieri, Introduzione a Jung 13. Riletture: Umberto Galimberti, La terra senza il male 14. Riletture: Henri F. Ellenberger, La scoperta dell'inconscio 15. Riletture: Paul Roazen, Freud e i suoi seguaci 16. Riletture: Silvia Vegetti Finzi, Storia della psicoanalisi 17. La "Carta" del Movimento Nonviolento 18. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. PEPPE SINI E TOMAS STOCKMANN: NOI GRANDI ELETTORI DI SHARON La vittoria elettorale di Sharon (il corresponsabile delle stragi di Sabra e Chatila, e uno dei principali responsabili dell'escalation di violenze e orrori degli ultimi anni nei territori palestinesi occupati e in Israele) e' frutto anche degli errori e degli orrori nostri: e' conseguenza anche dell'infame e insensato atteggiamento strabico ed effettualmente ancora una volta oscenamente antisemita che inquina e pervade e corrompe larghissima parte del movimento pacifista europeo ed internazionale, e sulla decisiva vicenda israelo-palestinese lo rende non credibile, e quindi inascoltabile e quindi inascoltato. E la nostra giusta e necessaria solidarieta' con il popolo palestinese sara' inefficace finche' non diventera' anche, limpida ed intransigente, la nostra solidarieta' con il popolo israeliano, e verra' percepita come tale. E finche' non diventera' anche opposizione ad ogni forma di totalitarismo e di razzismo, a cominciare da quello che risuona negli slogan hitleriani ancora scelleratamente tollerati nelle assise e nei cortei sedicenti pacifisti. La lotta per la pace e il diritto e la liberazione dei popoli sara' inane finche' non fara', persuasa e fondante, la scelta della nonviolenza, la scelta della nonmenzogna, la scelta capitiniana dell'omnicrazia, il potere di tutti. Ovvero l'affermazione, ed il riconoscimento, del diritto ad esistere di tutti gli esseri umani. 2. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: TRE TRAPPOLE PER IL MOVIMENTO PER LA PACE La prima e' quella dell'unanimismo: non si puo' essere tutti insieme appassionatamente. I signori che sono pacifisti quando la guerra e' a distanza di qualche continente e che quando scendono in piazza qui brandiscono le spranghe o peggio, non sono nostri compagni. I signori che sono contro la guerra quando sono all'opposizione in parlamento e sono a favore quando sono al governo, non sono nostri compagni. Non sono nostri compagni i razzisti. E non sono nostri compagni i padroni di un ordine mondiale assassino e coloro che vivono dei privilegi che i padroni concedono loro. Oso' dire un tal Vladimiro: meglio meno, ma meglio. Oseremmo dire noi oggi: meglio pochi, ma buoni. Se non si fa la scelta della nonviolenza, della lotta nonviolenta, dell'azione diretta nonviolenta, non si e' ne' costruttori di pace, ne' oppositori della guerra, ne' niente di buono e giovevole in questo tragico frangente. * La seconda trappola e' quella della subalternita': ai potenti, ai loro apparati ideologici, alla violenza che - ha spiegato una volta per tutte Jean Marie Muller - e' sempre l'arma dei ricchi. Ai potenti: imitandoli nella loro protervia, malizia, solipsismo, nel loro disprezzo per le ragioni altrui e dell'altrui capacita' di capire, proporre e dialogare. Ai mass-media del dominio: calibrando a loro uso e consumo il nostro agire e quindi facendocene insignorire, impagliacciare, alienare, annientare. Alla violenza: su cui non si puo' essere ambigui; chi non sceglie la nonviolenza e' un complice della guerra poiche' ne condivide la logica, dei suoi dividendi beneficia, se ne e' fatto in radice suddito e idolatra. * La terza e' quella della frivolezza. Piantiamola con le puerilita' e le carnevalate se vogliamo esser presi sul serio; piantiamola con le esagerazioni propagandistiche che ci rendono ridicoli; piantiamola di far la figura dei fessi prendendo per buone le stoltezze piu' appariscenti (ancora in questi giorni pressoche' tutti i media pacifisti continuano a riprodurre compuntamente e sciaguratamente propalare documenti e proclami che basterebbe leggerli con un briciolo di intelligenza per accorgersi che sono dei falsi, degli imbrogli e delle idiozie); piantiamola di usare un linguaggio, un repertorio simbolico, atteggiamenti e modalita' relazionali da ragazzini viziati, furbetti e goliardi e da vecchi ammuffiti marpioni che fanno il verso alla pubblicita', che e' la lingua e l'ideologia (la neolingua e il bispensiero) che della guerra - e dell'inquinamento, dello sfruttamento, dell'oppressione globale - e' veicolo e riflesso, portato ed innesco. * La maturita', che e' un altro nome della responsabilita', e' tutto. 3. TESTIMONIANZE. ANGELO MASTRANDREA INTERVISTA GINO STRADA [Dal quotidiano "Il manifesto dell'8 febbraio 2003. Gino Strada e' medico chirurgo impegnato in aree di guerra, fondatore dell'associazione umanitaria "Emergency". Opere di Gino Strada: Pappagalli verdi, Feltrinelli, Milano; Buskashi', Feltrinelli, Milano] "Il 15 febbraio dovremo essere in milioni, per dire che vogliamo vedere sparire la guerra dalla faccia della terra". Gino Strada, fondatore di Emergency, osserva l'escalation prebellica da un punto d'osservazione molto particolare: l'ospedale di Kabul in cui continua a svolgere il lavoro di chirurgo di guerra. Ma e' in attesa di poter partire per Bagdad, a portare soccorso alle prossime vittime dei bombardamenti. "Abbiamo due ospedali, tre centri di riabilitazione e venti tra cliniche e centri di pronto soccorso, tutti nel nord dell'Iraq, ma dovremmo mettere in piedi qualcosa anche a Bagdad", dice al telefonino satellitare dalla capitale afgana. - Angelo Mastrandrea: Strada, il presidente Bush ha detto che "i giochi sono finiti" e che gli Stati Uniti potrebbero agire unilateralmente se l'Onu non prendera' la decisione che la Casa Bianca si attende. Quali pensa possano essere le conseguenze di questo ultimatum? - Gino Strada: Gli Stati Uniti agiscono "multilateralmente quando possono e unilateralmente quando debbono". Nessun atto di accusa, sono le parole usate da un ex Segretario di stato Usa. Loro la pensano cosi', e lo dicono. Che i loro discorsi, e le loro decisioni, facciano a pezzi il diritto internazionale e che si chiuda l'era delle Nazioni Unite, questo non li interessa affatto, non e' nei loro piani. "Colpiremo chiunque possa costituire una minaccia agli interessi nazionali americani". Questa di per se' e' una dichiarazione di guerra, a tutti noi. Ci colpiranno se un giorno intralceremo, anche inconsapevolmente, la loro strada. Stiamo perdendo il conto di quante guerre sono state istigate, quanti colpi di stato finanziati, quanti tentativi di genocidi sono stati armati e combattuti dagli Stati Uniti dal '45 in poi. Indonesia, El Salvador, Corea, Congo, Cile, Peru', Nicaragua, Vietnam, Cambogia, Guatemala. I primi dieci che mi vengono in mente, si potrebbe andare a raffica. Di fronte a dichiarazioni come quelle di Powell, credo dovremmo tutti avere il coraggio di dire ad alta voce quello che e' nella testa di tutti, anche se di parti politiche diverse: che, ancora una volta, sono gli Stati Uniti a volere la guerra. Se molti, governanti di ogni colore politico, avessero il coraggio morale di accettare questa verita', che c'e' davanti agli occhi ed e' nella memoria e nelle cicatrici di molti, avremmo fatto un grande passo avanti. Una delle piu' celebrate riviste Usa ha rivelato dopo un sondaggio che la maggioranza dei cittadini statunitensi considera il proprio paese il maggior pericolo per la pace mondiale. - A. M.: Pensa che la guerra, come continua a ripetere Kofi Annan, sia ancora evitabile? E come? - G. S.: Gli Stati Uniti in realta' non si sentono dentro l'Onu, certo non sembra spirito da Nazioni Unite quello dove le prove, mediaticamente preparate, sentenze gia' scritte, le fornisce l'accusatore. Kofi Annan fa bene a sperare, ma sono convinto che l'"arma" piu' efficace per la pace in questo momento sia la presa di coscienza dei cittadini. Sta ai cittadini dei paesi europei di mobilitarsi per costringere i propri governanti a non entrare in guerra. Se non altro per rispettare un principio spesso sbandierato a vanvera: quello della volonta' popolare. La vogliamo chiamare opinione pubblica? E' lo stesso. La grande maggioranza degli italiani e' contro la guerra, due italiani su tre pensano che non ci si debba entrare neanche se autorizzata dall'Onu. Non sorprende, da persone intelligenti non si fidano di quel che succede nel palazzo dell'Onu, dove l'aria sa un po' di petrolio. Solo un forte movimento di cittadini in tutti i paesi, e in particolare negli Stati Uniti, puo' fermare questa follia. - A. M.: Dopo la visita di Berlusconi a Bush e la lettera di sostegno di otto paesi europei, il governo italiano viene considerato il maggiore alleato degli Usa dopo la Gran Bretagna di Tony Blair. In parlamento l'opposizione non riesce a trovare l'accordo nemmeno su una mozione comune di contrarieta' al conflitto. Come valuta il comportamento del governo e dei parlamentari del centrosinistra? - G. S.: Non seguo le vicende italiane da vicino, ho visto solo qualche minuto del discorso del presidente del consiglio, prima che il satellite ci lasciasse. Mi raggela, dei politici, quando incitano ad agire "per la nostra sicurezza": di solito e' il via libera perche' si massacrino un po' di "effetti collaterali" da qualche parte del mondo. Saranno invece in tanti ad essere uccisi, anche se poi ci penseranno le televisioni a ridurne il numero, a fare i distinguo, a spacciare per covi terroristici villaggi bombardati. A proposito, ce ne hanno mai fatto vedere uno di quelli polverizzati in Afghanistan? Governo e centrosinistra? Non so, io non credo che la pace sia un valore di sinistra o di destra. Io credo che la pace sia un valore di tutti, che come tale vada riconosciuto, e quindi fatto crescere, rispettato. Non so interpretare comportamenti. Solo mi sembra di capire che il governo ha intenzione di portarci in guerra, e che l'opposizione non vota compatta contro la guerra. Mi domando: ma allora sono governo e opposizione di che cosa? Se la pensano diversamente tra di loro, di questo sono certo, ma poi nessuno dei due sta ad ascoltare - e ad esprimere - quello che pensa la maggioranza di noi, io credo sia il caso che ci preoccupiamo tutti e alla svelta. "Non un soldo ne' un uomo, non una base ne' un permesso di sorvolo". Tutto qui, fuori dalla guerra, non la vogliamo, la ripudiamo. Non sarebbe stato un gesto eroico. Anche la nostra Costituzione ripudia la guerra. - A. M.: All'interno dell'Ulivo c'e' chi sarebbe favorevole all'intervento se "legittimato" dall'Onu. Cosa pensa in proposito? - G. S.: Puo' risultare quasi impietoso parlare dell'Onu in questo momento. In Iraq ho conosciuto Hans von Sponeck, alcuni anni fa. Era a capo dell'Onu e si e' dimesso per non essere complice di un "genocidio", quello dei bambini iracheni. Servono le Nazioni Unite, non questa Onu. Affidabilita' zero in termini di sicurezza, quando i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza sono i venditori di quattro quinti delle armi in circolazione. Guerra con l'Onu o senza l'Onu? Ma ammazzano meno bambini, le bombe, se pitturate di azzurro? Si deve capire che mettere al bando la guerra come strumento e' la priorita' di noi tutti. Non c'e' alternativa possibile. La pace non puo' essere in saldo, e sulla guerra non si fanno sconti. - A. M.: Il 15 febbraio ci sara' una giornata di mobilitazione mondiale contro la guerra. Come e quanto pensi riuscira' a incidere sulle decisioni dei governi, e da quali altre iniziative potrebbe essere accompagnata? - G. S.: Spero molto. Dovremo essere milioni di cittadini, per dire che non vogliamo guerra, non vogliamo piu' guerre, vogliamo vederle sparire dalla faccia della terra. Vorrei che il 15 febbraio fossero in tanti a impegnarsi per la pace, uniti solo dall'obiettivo di fermare la guerra, e in ogni caso di tenerne fuori il proprio paese. Avremmo fatto un passo avanti ben piu' importante dell'euro, nella costruzione dell'Europa. 4. MEMORIA. ILEANA MONTINI: UNA TESTIMONIANZA [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per averci inviato questo documento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda] Ormai la maggioranza degli italiani non ha nessun ricordo della seconda guerra mondiale e questo forse influisce sulla percezione degli attuali venti di guerra. Ne' si ha la conoscenza di come le generazioni passate si preparavano al conflitto bellico e poco si sa sui sentimenti che circolavano, per esempio, nella mente di un militare di carriera. Si puo' pensare che i soldati di quei tempi fossero tutti e comunque guerrafondai, comunque fascisti incalliti, perche' cosi' ci fa comodo per le nostre esemplificazioni e riduzioni arbitrarie nonche' sommarie. A leggere le paginette di un diario scritto fitto fitto, in una minuscola agenda da un sottufficiale della Regia Guardia di Finanza di stanza al confi ne italo-jugoslavo, c'e' materia per una riflessione antropologica e umana. Siamo nel 1941, mio babbo (classe 1898) comincia a scrivere sull'agenda militare dell'anno che porta, nella prima paginetta la foto di "S. E. Benito Mussolini Duce d'Italia" e la scritta "Nec recisa recedit": "Domenica 23 marzo - alle ore 18 prendo il comando della Brigata. Grande lavoro; ma c'e' ancora calma in giro. Lunedi' 24 marzo - continua il lavoro. Martedi' 25 marzo - come ieri". Mercoledi' 26 marzo l'agenda porta la scritta: "La XX Compagnia, VII Battaglione, partecipa al combattimento di Val Sugana (1916)". E il diario annota "come ieri". "Giovedi' 27 marzo - sappiamo del colpo di stato jugoslavo. Gli animi non sono piu' tranquilli. Si pensa di mandare via le famiglie. Venerdi' 28 marzo - Si attende una schiarita. Nervosismo. La radio comincia a notificare soprusi alla frontiera contro ufficiali tedeschi e italiani. Sabato 29 marzo - come ieri e di piu'. Si accentua il pensiero di far partire le famiglie. Ma si attende ancora una schiarita. Domenica 30 marzo - sempre piu' nubi. Alle 16 N. porta via la famiglia. Mi strappa un permesso che potrebbe avere conseguenze per me e per lui. Lunedi' 31 marzo - mia moglie fa le valigie. Sono a Fiume. Il Console italiano a Sussek fa le valigie. Telefono a a mia moglie che si prepara a partire subito. La sera parte. Dolore. La situazione e' oscura. Bibina in treno invoca bobo, bobo, bobo. Maria piange, mentre un colonnello in treno nel vedermi accompagnare mia moglie esclama: 'vigliacco antitaliano... come tanti di loro...'. Martedi' 1 aprile - mia moglie fa un viaggio disastroso fino a Trieste. Situazione oscurissima, ci prepariamo alla guerra. Molto lavoro d'ufficio. Penso dove sono mia moglie e la Bibina. Mercoledi' 2 aprile - come ieri. Attendo invano un telegramma da mia moglie, All'orecchio mi risuona il Ba Bo Ba di Bibina e le parole di quel colonnello mascalzone. Giovedi' 3 aprile - situazione sempre piu' oscura: odore di guerra, desolazione dappertutto. Riordino alla meglio la casa desolata. Venerdi' 4 aprile - preparazione di guerra. Sabato 5 aprile - un telegramma del Duce: 'Il territorio di Fiume deve essere difeso ad altranza, Morire sul posto'. Se il nemico ci attacca siamo perduti; che siamo qui in pochi. Domenica 6 aprile - dichiarazione di guerra alla Jugoslavia e teatro d'operazione lungo il confine jugoslavo. Siamo ognuno al nostro posto di combattimento. Lunedi' 7 aprile - al varco continuano i lavori con i finanzieri d'oltreconfine. Le truppe germaniche avanzano. Martedi' 8 aprile - Come ieri. Alle 13 partono le ultime famiglie di italiani d'oltre confine per l'Italia. Alle 10 e venti si attende un attacco nemico del cippo 56 a 250 metri da me. Ho una mitragliatrice e 8 uomini. Siamo a venti metri gli uni contro gli altri. Mercoledi' 9 aprile - Ho il cambio a quota 313. L'attacco non si e' avuto. Ci comunicano che Belgrado e' stata occupata dai tedeschi. Si respira. I nostri superiori ci hanno abbandonato. Non abbiamo nulla da mangiare. Sono notti che non dormo. Ho la barba di otto giorni. Le sirene a Fiume e a Sussek fischiano ogni tanto. Alle 15.30 fuoco intenso di artiglieria. Ci mettiamo in posizione, nevica e tira la bora". Giovedi' 10 aprile, stampato sull'agendina di legge: "L'apostolo S. Matteo e' prescelto a celeste patrono del Corpo (1934)". "La giornata e' cominciata molto calma. Da oggi mangiamo in sussistenza. Alle ore 15.30 aerei ci sorvolano; non sembrano italiani. Si odono colpi di moschetto. Sono le 16.30 allarme a Sussek. Oggi molti sono rimasti feriti. Piu' tardi si dice che siano morti". Il 13 aprile e' Pasqua e l'agenda riporta la commemorazione: "La Compagnia Libica combatte a Bu-Kamez (1912)". Ma e' una notte e una giornata di guerra: "Nella notte ancora qualche colpo di fucile e cannone. Grandi passaggi di truppe, migliaia e migliaia. Il Re oggi e' a Fiume. Con gli ufficiali oggi sono stato oltre confine per un chilometro. Buona giornata". L'agenda si riempie via via che trascorrono i giorni di annotazioni minute, fitte, a tratti indecifrabili, scritte a penna o a matita. Il 17 aprile scrive: "alle 17 e' passato dal varco il Principe". E il giorno dopo annota: "ieri sera alle 21 la Jugoslavia ha deposto le armi". Il dramma e' pero' dentro l'anima e se il 19 aprile puo' scrivere: "Hanno fatto ritorno molti civili. Si dorme ancora in caserma"; nei giorni seguenti si lascia andare a uno sfogo amaro: "Oggi sembra domenica. Le campane suonano tutte. Otto giorni fa non fu cosi'. Pero' per me da tanto tempo i giorni sono tutti uguali. Siamo delle cose in continua lotta". E il mese seguente di nuovo si addensano le nubi di guerra e nell'agenda si legge: "Si avventurano nella pineta a sinistra. Sono parecchi e hanno davanti un cane. Alle 11.30 si odono i primi spari. Ci appostiamo. Vedo col binocolo in fondo alla valle tre giannizzeri che dietro un muro si appartano. Siamo di fronte. Subito 5/6 colpi vengono sparati nella nostra direzione. Numerosi sassi vengono sgretolati e lanciati in aria, a terra. Continuano al di la' della frontiera le sparatorie, di fucili, di mitraglia e di cannoni. Avanziamo: nevica forte e tira la bora". Dopo la guerra, quando venne mandato a comandare la stazione delle saline di Cervia, un giorno mi fece vedere la fondina vuota. La Beretta d'ordinanza la lasciava in caserma e dentro la fondina la riempiva di pezzetti di ferro. 5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: DIO D'EUROPA? [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscalinet.it) per questo intervento. Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999. E' diffusa attraverso la rete telematica (ed abbiamo recentemente ripresentato in questo notiziario) la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente] Menzionare Dio nella Costituzione europea? Dopo l'apparizione della prima bozza, irritazione vaticana (insieme agli ortodossi, pare, e magari ai leghisti il cui cristianesimo e' soltanto antiislamismo) perche' non c'e' un riferimento alla religione cristiana e a Dio. Mentre il papa battaglia gandhianamente con l'impero di Bush per salvare la pace, ecco che clericalmente esige di tirare in ballo l'Altissimo in cose degnissime ma non altissime. Anche in Europa e persino in Vaticano dovrebbe vigere, non abrogato, il secondo comandamento dato sul monte a Mose': "Non nominare invano il nome di Dio". Dovrebbe anche aver valore la lezione storica: tutte le volte che Dio e' stato scritto su labari, proclami, sentenze, cinturoni e monete, non ne e' venuta alla povera gente benedizione, ma sciagure, violenze sacralizzate, ben piu' che religiosa mitezza. "Vivens homo gloria Dei" diceva sant'Ireneo di Lione, francese ante litteram, e cioe': la gloria di Dio e' l'uomo vivente. Affermare i diritti inviolabili e la dignita' della persona, cosicche' ognuno possa vivere vita umana, che rende gloria a Dio anche in chi non lo conosce: questo e' il modo proprio ad una costituzione democratica di nominare Dio senza nominarlo, senza violare il comandamento e senza ridurre il pluralismo. Nominare Dio nella legge fondamentale dividerebbe i cittadini, che non tutti credono in lui, e la divisione non e' pace, non piace a Dio. La nostra Costituzione italiana non nomina Dio, ma afferma chiaramente i diritti della persona umana, sua immagine, e ripudia la guerra, e impegna alla giustizia. E' questa la "vera religione" (grande tema biblico, culminante nei criteri del giudizio finale, in Matteo 25), in una societa' di piu' culture e religioni. Radici cristiane dell'Europa, si dice. Va bene, ma anche radici criminali, aggiungeva Garaudy. Anche se poi si e' fatto musulmano, ha ragione. "Non siamo innocenti, come europei", ha ricordato Monticone presentando Scalfaro e Ingrao sull'art. 11 della Costituzione italiana, a Roma il 15 gennaio. La stessa cosa ha ripetuto Alberto Melloni, in un convegno internazionale sui valori comuni per costruire l'Europa, a Roma negli stessi giorni: piu' che vantarsi di Dio, l'Europa confessi la shoah, le guerre, le conquiste, le discriminazioni, le diseguaglianze che ha compiuto, per andare verso un futuro piu' giusto. "Non chi dice Signore, Signore...". Dio respinge il culto formale, il suo nome sul frontone della citta': il culto che gradisce e' che noi viviamo vita giusta. Radici cristiane, e' pur vero, ma non solo. L'Europa moderna ha radici laiche, illuministe, e non meno marxiste. Vogliamo parlare delle radici? Allora diciamole tutte, nei loro intrecci e tensioni e opposizioni. O non e' forse meglio, in una costituzione, parlare dei valori-programma, che da tutte quelle radici derivano, e sono impegno di oggi e di domani, piu' che impegolarsi in interpretazioni controverse del passato? Infine, quali che siano le radici, ricordava Melloni, oggi i rami che crescono in Europa sono anche rami non religiosi e di varie altre religioni. Allora diciamo con quali criteri di pace e giustizia vogliamo convivere, come europei, entro l'intera famiglia umana, piu' che litigare sulle particolari ascendenze nobili. 6. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: UNA LETTERA DA SUOR EVELINA [Ringraziamo Amelia Alberti (per contatti: lambient at tiscalinet.it) per questo intervento. Amelia Alberti e' presidente del circolo verbano di Legambiente e collaboratrice di questo foglio. Per contattare suor Evelina, cara amica, persona buona, e per prender visione e aderire all'appello di cui di seguito si parla, l'indirizzo di posta elettronica e': evelinasavini at virgilio.it] Che bello, per noi laici e per noi atei, ricevere dal mondo religioso contemplativo femminile un messaggio come quello di suor Evelina di Jesi, che comincia cosi': "Mi chiamo suor Evelina e sono una religiosa contemplativa di Jesi. Assieme ad altre persone, religiosi/e e non, credenti e non, vorremmo lanciare una petizione al Santo Padre, pregandolo di invitare uomini e donne di buona volonta' a porre obiezione di coscienza nei confronti di un eventuale guerra all'Iraq". Segue la descrizione dell'iniziativa e il testo della petizione, che sono invitata a sottoscrivere e che immediatamente ho sottoscritto, con gratitudine per aver pensato a me, e perfettamente a mio agio in quel crogiuolo di nomi noti e non noti, tutte persone accumunate in questi giorni tremendi nello sforzo di isolare i portatori di violenza e di sopraffazione. Che Dio, gli dei, la buona volonta' delle donne e degli uomini di buona volonta' siano con tutti noi e mettano le ali alle nostre parole. 7. RIFLESSIONE. AUGUSTO CAVADI: FELICITA' CONIUGALE ED ESEGESI BIBLICA [Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at lycos.com) per averci messo a disposizione questo intervento gia' apparso nell'edizione palermitana del quotidiano "La repubblica" del 4 febbraio 2003. Augusto Cavadi e' docente di filosofia, storia ed educazione civica, impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, seconda ed.; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa)] La notizia di cronaca sulla fragilita' crescente dei matrimoni cattolici in Sicilia - attestata dalle statistiche fornite dal Tribunale Ecclesiastico di Palermo - ha suggerito a Rosario Giue' delle considerazioni intelligenti sulla necessita' di invertire la prospettiva teologica tradizionale: dal Dio moralista che impone comandamenti e punisce le trasgressioni al Dio salvatore che libera dall'angoscia e, per questo, facilita la realizzazione di se'. Puo' essere di qualche interesse per il lettore apprendere che non si tratta solo di auspicare cio' che potrebbe diventare in futuro l'esperienza religiosa (se finalmente, come tenta da anni Eugen Drewermann, teologia e psicanalisi smettessero di litigare e iniziassero a collaborare), ma anche di riscoprire la lezione della storia. Nell'immaginario collettivo, infatti, alimentato da una lettura ingenua e immediata della Bibbia, le cose sarebbero andate grsoso modo cosi': Dio stabilisce all'atto della creazione l'indissolubilita' del matrimonio; Mose' esonera gli ebrei da un obbligo cosi' impegnativo; Gesu' corregge Mose' e, fondando il sacramento del matrimonio, ripristina il volere originario del Padre. In realta', pero', questa visione (condivisa con consenso dalla stragrande maggioranza dei cattolici e con dissenso dalla stragrande maggioranza dei laici) e' sommaria e difettosa. Secondo l'esegesi biblica scientificamente piu' accreditata, nei dieci secoli antecedenti la nascita di Gesu' Cristo il popolo ebraico ha attraversato diversi modelli di matrimonio (dal poligamico al monogamico) e diversi modi di interpretare e vivere lo stesso modello. Per esempio, ai tempi dei genitori di Gesu', era comune una sorta di matrimonio a due tempi: dopo una sorta di fidanzamento, i due futuri sposi si frequentavano molto liberamente, talora anche convivendo, per poi suggellare dopo qualche tempo il vincolo coniugale vero e proprio. Maria e' rimasta incinta di Gesu' proprio in questo periodo di frequentazione pre-matrimoniale e, siccome il vangelo non specifica che sia avvenuto il vero e proprio matrimonio istituzionale, e' possibile ipotizzare che il Messia sia nato - senza scandalo particolare - da una "coppia di fatto" (cfr. il titolo del commento al vangelo di domenica della teologa Maria Caterina Jacobelli sull'agenzia di stampa cattolica "Adista" del 25 gennaio 2003). Quando Gesu' ha attivato la sua predicazione, convinto dell'ormai imminente fine del mondo, non ha certo progettato di fondare una chiesa ne' tantomeno di istituire dei sacramenti. Se su questo punto la discussione e' aperta, non si puo' in ogni caso negare un dato storico tanto stupefacente quanto poco noto: per piu' di mille anni la chiesa non conosce un sacramento del matrimonio. I cristiani, in tutti quei secoli, si sposano secondo i riti delle diverse etnie di appartenza: alcuni secondo il rito in uso presso i greci, altri secondo il rito in uso presso i romani e cosi' via. E' solo dopo l'anno mille che la teologia cattolica elabora la dottrina dei sette sacramenti e include nel numero altamente simbolico anche il matrimonio monogamico e indissolubile (anche il lettore non specializzato potra' leggere utilmente le pp. 215-346 del volume, tradotto in italiano dalle Edizioni Paoline, Il matrimonio, del padre domenicano Edward Schillebeeckx, uno dei massimi teologi del nostro tempo). La decisione e' apparsa cosi' opinabile che, di fatto, le chiese cristiane anche su questo punto hanno maturato convinzioni e prassi diverse: luterani e calvinisti, ad esempio, non considerano il matrimonio un sacramento; ortodossi (greci e russi) lo considerano un sacramento ma non indissolubile. Che ricavare da questi troppo rapidi cenni storici? Forse che la sequela del Maestro di Nazareth e' allora irrilevante nella quotidianita' dell'esperienza umana, dunque anche della vita coniugale? Niente affatto. Gesu' il Cristo ha manifestato, in parole ed opere, il senso dell'esistenza: ognuno di noi e' destinatario dell'amore infinito del Creatore e deve tradurre e articolare questo amore nelle relazioni con uomini, animali e cose. Nei confronti degli emarginati, cio' significa solidarieta' fattiva; nei confronti dei nemici, capacita' di perdono; nei confronti del partner, fedelta' instancabile. Ma, come ha chiarito fra gli altri l'esegeta cattolico Gerhard Lofhink (cfr. le pp. 132-141 dello stupendo Ora capisco la Bibbia, Edizioni Dehoniane, Bologna) in questi e in altri ambiti Gesu' non ha inteso dare prescrizioni giuridiche, bensi' indicare mete profetiche cui avvicinarsi per grazia di Dio. Perche' mai "dare la vita per i fratelli" o "porgere líaltra guancia" sono stati concepiti dalla chiesa cattolica sempre come modelli di comportamento ideali cui tendere liberamente e gradualmente, mentre "vivere come una carne sola" e' diventato un precetto legale? Qualcosa, nella storia dell'interpretazione biblica, evidentemente non ha funzionato. Forse per sessuofobia, si e' trasformato l'invito del Signore a condividere sino alla morte un progetto di comunione interpersonale nell'arido imperativo - impersonale! - di mantenere in piedi un vincolo istituzionale anche a costo dei propri sentimenti reali. Ma cosi' la "buona novella" di amarsi in modo nuovo e creativo e' stata trasformata in una nuova morale, un po' piu' rigida e meccanica di tutte quelle conosciute in passato. L"esperienza ci testimonia che questo stravolgimento non giova alla serenita' dei coniugi in situazioni di crisi ne' alla stessa immagine della chiesa che, mentre va perdendo i lineamenti di comunita' in cammino, assume i tratti duri di un'istituzione severamente conservatrice. 8. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: SULLO STATO DELLO STATO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 febbraio 2003. Ida Dominijanni (per contatti: idomini at ilmanifesto.it) e' una prestigiosa intellettuale femminista] Fra le difficolta' di interpretazione di un presente in tumultuoso mutamento come il nostro, c'e' la discrasia fra l'accadere imprevisto di fatti che ci sorprendono e ci spiazzano, e la coazione a leggerli secondo schemi concettuali previsti e prevedibili che ci rassicurano. Il pensiero resiste al mutamento e, quel ch'e' peggio, talvolta lo imbriglia, riportando forzosamente nell'ordine del discorso consolidato il disordine dei fatti. Diagnosi, immaginazione e azione politica ne risentono inevitabilmente, restando impigliate in paradigmi di rappresentazione della realta' che sulla realta' non hanno piu' presa: come si trattasse di un binario morto, da cui tuttavia non si riesce a deragliare perche' mantiene un privilegio monopolista e impedisce di sperimentare altri percorsi. Con queste premesse un seminario ("Lo stato dello Stato. Esercizi di riflessione politica fra storia e immaginazione") convocato all'universita' di Verona da Adriana Cavarero e da due giovani ricercatori, Olivia Guaraldo e Leonida Tedoldi, ha rimesso a fuoco la questione della crisi dello Stato e quella, connessa, di quale politica sia pensabile dentro e oltre questa crisi. Questioni oggi massimamente controverse, nella teoria e nella pratica. Nella teoria, perche' il paradigma del Leviatano resiste alle ripetute diagnosi sul suo spegnimento e pretende di riconfermarsi come unico orizzonte e unico metro della politica. Nella pratica, perche' perfino a un evento eminentemente extrastatuale e globale come l'11 settembre si pretende di rispondere con le mosse leviataniche del ripristino dei confini, della certificazione del nemico, della dichiarazione di guerra. Eppure, la crisi dello Stato - spazialita', funzioni, sovranita' -, in un mondo globale che mescola i confini e riscrive i poteri, c'e' ed e' sotto gli occhi di tutti. Come collocarsi, come valutare le persistenze e i mutamenti, come fare politica in questa contraddizione dei fatti e del pensiero? Il bello del seminario di Verona e' stato di poterne discutere in liberta', con un occhio sulle categorie teoriche e uno sulla cronaca, uno sul presente e uno (di Marco Meriggi e altri storici) sulla storia lunga della modernita', nel confronto diretto fra due opposte diagnosi dello "stato dello Stato", di Pier Paolo Portinaro e di Giacomo Marramao, interrogate a loro volta dalla critica della politica elaborata dal pensiero della differenza sessuale. Uno scambio a tre - e piu' di tre, considerando tutto l'arco delle posizioni emerse - che ha reso visibile come l'impatto della differenza sul discorso della politica non sia affatto una questione di inclusione delle escluse nell'ordine dato, bensi' possa funzionare come un "vertice ottico" (Marramao) che illumina diversamente l'intero quadro dei fatti e dei concetti, lo scombina e lo ricombina secondo altre prospettive, bilanci, intenzioni. Dicevo delle due opposte diagnosi di Portinaro e Marramao. L'uno convinto che le diagnosi di fine dello Stato siano false e generiche e che oltre lo Stato non c'e' politica pensabile, perche' se e' vero che lo Stato moderno in tutte le sue determinazioni - nazionale, sociale, costituzionale - perde o muta funzioni, resta altresi' vero che la sovranita' statuale si riconferma oggi in tutta la sua forza proprio attorno alle funzioni originarie della guerra all'esterno e della promessa di sicurezza all'interno. L'altro convinto che la sovranita', malgrado tutti i suoi rigurgiti, sia ormai alle nostre spalle, che lo Stato moderno si stia decostruendo pezzo per pezzo come in un film che ce ne restituisce in feed-back la costruzione, che la sua crisi non sia piu' riconducibile solo a una crisi di rappresentanza bensi' di potesta'. Due diagnosi dello Stato che corrispondono, nota Cavarero, a due diverse antropologie politiche, l'una classicamente basata sulla coppia ordine/disordine, l'altra ridisegnata sulla coppia identita'/differenza e sui conflitti che attorno ad essa oggi si dispiegano nel mondo glocale. Due diagnosi che aprono due diverse prospettive per la politica: l'una misurata sull'efficacia della macchina statuale, l'altra aperta a cio' che fuori da quella macchina (o piu' precisamente dentro-fuori, secondo Chiara Zamboni e Maria Luisa Boccia) opera, intreccia scambi e relazioni, mobilita soggettivita', disegna orizzonti di senso. Del resto, se e' vero che lo Stato non e' solo una macchina ma un insieme di relazioni, la sua crisi e' visibile nell'emorragia di identificazione di cui ovunque, basta guardare la disaffezione dalla politica tradizionale, soffre. Del resto, se lo Stato mutato, ibridato, deformato che oggi abbiamo di fronte assomiglia sempre piu' davvero a uno stato-canaglia, osserva Sandro Mezzadra, ci troviamo "nella necessita'" di inventare un'altra politica. O forse solo di saperla vedere e riconoscere, dove gia' c'e': cioe' non solo fra quanti allo Stato si oppongono, ma in primo luogo fra quante nel discorso totalizzante dello Stato non si identificano storicamente, essendone state storicamente tenute sul bordo. E che oggi, sul bordo dello sfinimento del Leviatano, si rivelano un'imprevista risorsa della risignificazione della politica. 9. DOCUMENTI. I VESCOVI DELLA TOSCANA CONTRO LA GUERRA [Da vari amici abbiamo ricevuto il seguente documento diffuso dai vescovi cattolici della Toscana il 28 gennaio 2003] Nella nostra precedente assemblea (primo ottobre 2002) prendemmo ferma posizione in favore della pace di fronte alla diffusione dei conflitti e violenze in varie parti del mondo. Adesso noi vescovi della Toscana per fedelta' al Vangelo della pace, in comunione con il magistero del Papa e condividendo il desiderio di pace del nostro popolo, costatando che gli organismi deputati all'esercizio del diritto internazionale si trovano di fatto esautorati e in particolare come l'Onu non sia posta in grado di intervenire con pari efficacia nei confronti di tutte le violazioni dei diritti umani, della liberta', della sicurezza e della democrazia, dovunque e da chiunque vengano perpetrate, esprimiamo un chiaro, preoccupato e deciso no alla guerra, di fronte agli avanzanti preparativi e al dispiegamento di forze in atto, con la prospettiva di azioni militari che potrebbero svilupparsi anche ignorando o forzando le norme del diritto internazionale; chiediamo al Parlamento e al Governo italiani, chiamati a prendere importanti e gravi decisioni di politica estera, di confrontarsi con responsabilita' e coraggio con gli accorati appelli alla pace del Santo Padre Giovanni Paolo II - in particolare il messaggio per la Giornata della pace 2003 e il discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede - volti a promuovere il dialogo, la mediazione e la riconciliazione tra le parti in conflitto e quindi a scongiurare guerre sempre inutili e con dannosissimi effetti in primo luogo sulle popolazioni inermi; invitiamo tutte le comunita' ecclesiali e ogni cristiano, insieme con tutti gli uomini e le donne di buona volonta', a convertirsi alla pace, a coltivare e diffondere pensieri e gesti di pace, a celebrare momenti comunitari di riflessione e preghiera, a digiunare per la pace, a manifestare con franchezza ai membri del Parlamento e del Governo il profondo desiderio di pace, di giustizia e di democrazia del nostro popolo e di tutti i popoli del mondo dicendo un fermo e chiaro no all'ipotesi di partecipazione o sostegno alla guerra all'Iraq da parte dell'Italia e chiedendo invece di adoperarsi con ogni mezzo nonviolento perche' in quel paese si affermino i diritti umani e la democrazia; come pure di moltiplicare le attenzioni e gli sforzi per la pace in Terra Santa e in tutte le altre situazioni di guerre e conflitti dimenticati; riaffermiamo l'esigenza di maggiore giustizia distributiva su base planetaria, come fonte di vita e di sviluppo per tutte le aree del mondo da liberare dalla fame e dalla miseria. Raccomandiamo a tutti i sacerdoti che questo messaggio sia letto in tutte le chiese della Toscana, come pure a tutti i laici e alle associazioni e movimenti cattolici di darne la massima diffusione in tutti gli ambienti e realta' civili e sociali della nostra regione. 10. APPELLI. COMITATO "PER LA SCUOLA DELLA REPUBBLICA": UN APPELLO AL MONDO DELLA SCUOLA [Dal Comitato "Per la scuola della Repubblica" (per contatti: scuolarep at tin.it) riceviamo e diffondiamo] L'articolo 11 della nostra Costituzione afferma: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". La Costituzione e' la legge fondamentale del nostro Paese e deve essere osservata da tutti; in questi giorni invece sembra che da parte dei nostri governanti sia dimenticata. La scuola che ha il compito di educare le nuove generazioni ai valori della Costituzione ed in primo luogo della pace si mobiliti in questi giorni per ricordare ai giovani che l'Italia ripudia la guerra; sarebbe auspicabile che,in vista della giornata europea per la pace del 15 febbraio, in ogni classe delle scuole italiane si dedicasse almeno una lezione al valore della pace ed al solenne impegno assunto dall'Italia a ripudiare in ogni caso la guerra. 11. INFORMAZIONE. AGGIORNAMENTO DEL SITO DI "DONNE IN VIAGGIO" [Dalla redazione di "Donneinviaggio" (per contatti: e-mail: donneinviaggio at tiscali.it; sito: www.donneinviaggio.com) riceviamo e diffondiamo] Rivista "DonneInViaggio", anno secondo, n.27, febbraio 2003: gli aggiornamenti del 5 febbraio 2003, a cura di Mary Nicotra e Elena Vaccarino: - La storia delle donne e' scritta sulle pagine del novecento: esistenze, segni e storie femminili a confronto per rileggere la storia del novecento; - 5-15 febbraio 2003: giornata europea contro la guerra; - Fuori la guerra dalla storia: il ripudio della guerra nella Costituzione europea; - "Immaginaria": undicesima edizione del Festival internazionale del cinema lesbico; - Corso di formazione "Contro la tortura", costruzione delle reti territoriali in supporto delle vittime di tortura; - Bologna: progetto di fattibilita' per un Istituto per le strategie di genere; - Immigrazione: "Migra", prima agenzia di stampa, utile per prevenire comportamenti discriminatori; - Prato: il primo concorso fotografico nazionale "Con gli occhi delle donne"; - Giovani Donne, diverse culture, stessi diritti, di Cecilia Cortesi; - Seminario di formazione "La violenza contro le donne": sei incontri di riflessione; - Una vita, molti mestieri, di Oriana Pecchio; - L'astice, di Federica Fabretti; - Storia di una donna che divenne teatro: la Nautanki dell'India, di Sara Andreis; - Il Pico de Aneto, la cima piu' alta dei Pirenei, di Cecilia Bechstein; - Farmaci o aghi? Uno studio su 160 donne per trovare la cura piu' efficace contro l'emicrania, di Alessandra Scagliola; In Percorsi di lettura, a cura di Mary Nicotra: - Streghe madonne e sante postmoderne. Eccedenze femminili tra cronaca e fiction, a cura di Monica Baroni; - Powerbook, di Janette Winterson, recensione di Nancy Avigliano; - Le radici della prostituzione di Tamara di Davide, prefazione a cura dell'on. Laura Cima. 12. LETTURE. PAOLO FRANCESCO PIERI: INTRODUZIONE A JUNG Paolo Francesco Pieri, Introduzione a Jung, Laterza, Roma-Bari 2003, pp. 200, euro 10. Una utile monografia. 13. RILETTURE. UMBERTO GALIMBERTI: LA TERRA SENZA IL MALE Umberto Galimberti, La terra senza il male, Feltrinelli, Milano 1984, 2001, pp. 272, euro 9,30. Una riflessione che e' anche un'acuta lettura e un intenso confronto con Jung. 14. RILETTURE. HENRI F. ELLENBERGER: LA SCOPERTA DELL'INCONSCIO Henri F. Ellenberger, La scoperta dell'inconscio, Boringhieri, Torino 1972, pp. XVIII + 1.082. Un testo ormai classico. 15. RILETTURE. PAUL ROAZEN: FREUD E I SUOI SEGUACI Paul Roazen, Freud e i suoi seguaci, Einaudi, Torino 1998, pp. XLVI + 658, lire 54.000. Una delle piu' puntuali ed equanimi ricostruzioni. 16. RILETTURE. SILVIA VEGETTI FINZI: STORIA DELLA PSICOANALISI Silvia Vegetti Finzi, Storia della psicoanalisi, Mondadori, Milano 1986, 1994, pp. XIV + 454. Agile ma sempre puntuale, una delle opere migliori in questo ambito. 17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 18. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 503 del 10 febbraio 2003
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