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La nonviolenza e' in cammino. 425
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 425
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 24 Nov 2002 01:54:42 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 425 del 24 novembre 2002 Sommario di questo numero: 1. Benito D'Ippolito: rileggendo Pippo Fava 2. Tavola della pace: il 10 dicembre mille luci contro la guerra 3. I documenti di presentazione di alcuni seminari femministi e pacifisti svoltisi a Firenze 4. Isidoro D. Mortellaro, l'agenda militare di Praga 5. Maria De Falco Marotta intervista Vandana Shiva 6. Brunetto Salvarani, a pochi giorni dal 29 novembre 7. Agnes Heller, il nostro presente 8. I malumori atri di Mascarillo Scorticoni: una sconfitta 9. Riletture: Murray Bookchin, L'ecologia della liberta' 10. Riletture: Maria Grazia Giannichedda, Franca Ongaro Basaglia (a cura di), Psichiatria, tossicodipendenze, perizia 11. Riletture: Gruppo di Lisbona, I limiti della competitivita' 12. Riletture: Giuliana Martirani, La geografia come educazione allo sviluppo e alla pace 13. Riletture: Edda Scozza, Il coraggio di essere indiano 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. BENITO D'IPPOLITO: RILEGGENDO PIPPO FAVA [Benito D'Ippolito e' uno scorbutico collaboratore di questo notiziario] E' una frase retorica bella e trita e bugiarda, la frase che dice che quando muore una persona buona cento altri sorgono a prendere il suo posto. Quegli occhi che videro la luce sono spenti per sempre. Quelle mani, quella voce, per sempre ridotte a nulla. Quell'inesausta voglia di vivere divorata per sempre dall'orco. Restano le opere, frutto dei giorni e dell'orgoglio di essere vivi. Restano queste parole che adesso rileggo e che prolungano la lotta di un giusto. Quel che non muore e' solo quel che lasci, quello che agli altri doni, la decisione presa, una volta per sempre. 2. APPELLI. TAVOLA DELLA PACE: IL 10 DICEMBRE MILLE LUCI CONTRO LA GUERRA [Riceviamo e volentieri diffondiamo. La Tavola della pace (per contatti: Tavola della pace: via della viola 1, 06122 Perugia, tel 0755736890, fax 0755739337, e-mail: segreteria at perlapace.it, sito: www.tavoladellapace.it) e' il principale network pacifista italiano] Invitiamo tutti ad organizzare nella propria citta' il 10 dicembre 2002, LIV anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, una fiaccolata per la pace e i diritti umani, per dire no alla guerra in Iraq e a tutte le guerre che continuano ad insanguinare il mondo, no al terrorismo, no alla violenza e a tutte le violazioni dei diritti umani. In ogni scuola, nei luoghi di lavoro, nelle piazze e nei luoghi d'incontro, nei consigli comunali, provinciali, regionali e in Parlamento, il 10 dicembre fermiamoci per riflettere insieme su cosa possiamo fare per promuovere la pace e i diritti umani, a casa nostra e nel resto del mondo. 3. MATERIALI. I DOCUMENTI DI PRESENTAZIONE DI ALCUNI SEMINARI FEMMINISTI E PACIFISTI SVOLTISI A FIRENZE [Dal sito, bello e utile, di "Donne in viaggio" (www.donneinviaggio.com) riprendiamo questi documenti di presentazione di alcuni seminari promossi da movimenti femministi e pacifisti durante il Forum sociale europeo di Firenze del 6-9 novembre] 1. Presentazione del seminario "Politica del vivere/vivibilita' della politica" In questa occasione vorremmo portare avanti la discussione e il confronto avviati a Roma nei giorni scorsi e allargarli alle tante donne che da tempo fanno opposizione alla "mobilitazione bellica", di cui oggi sono espressioni la muta condiscendenza all'occupazione militare della Palestina, la messa a punto dell'aggressione all'Iraq, il silenzio sulla feroce strategia "preventiva" inaugurata dal governo Putin. Molte di noi sono da anni impegnate in pratiche ormai consolidate (come quella dell'interposizione pacifica nei luoghi del conflitto armato, della solidarieta' con le popolazioni colpite dalla guerra), oppure esprimono il loro dissenso attraverso manifestazioni, dibattiti, attivita' di studio e informazione, instaurando un dialogo con donne per cui la guerra subita e' una realta' quotidiana. Ci chiediamo come mai questo tessuto ricchissimo di esperienze non riesca a coagulare un discorso che esprima il nostro sguardo, il nostro impegno, le nostre modalita' di azione e sia capace di rompere la barriera della "neutralita'" e della reticenza che avvertiamo nel pensare e nell'agire di tanti, uomini e donne, con i quali pure condividiamo il "no alla guerra", al razzismo, al dominio del piu' forte, alle ingiustizie, a un modello di sviluppo di cui si vedono oggi chiaramente tutti gli esiti distruttivi. Ci chiediamo anche, e ci pare urgente, se dalla riflessione su quelle esperienze sia possibile arrivare a individuare delle modalita' per affrontare e combattere la violenza omicida che contraddistingue oggi le relazioni sociali e politiche evitando quell'"alienazione di se'", del proprio sentire, che apre la strada a un'infinita serie di adattamenti, rinunce, omologazioni. * 2. Presentazione del seminario su "Nessi mancanti: il femminismo e la resistenza globale" Nextgenderation e' un network europeo di ricercatrici (circa 150) nell'ambito degli Women's Studies e della teoria femminista, sia interne che esterne al contesto accademico. Il principale interesse del nostro lavoro e' la produzione di un sapere critico che permetta la trasformazione della realta' esistente. Nel workshop che abbiamo organizzato, discuteremo i seguenti temi: - la neo-liberalizzazione dell'educazione universitaria in Europa. Gli interessi del mercato, infatti, sono sempre piu' all'opera nel plasmare le istituzioni che si occupano dell'educazione universitaria. Crediamo, pero', che i saperi - per quanto riguarda la loro produzione e la loro trasmissione - debbano assumere un rilievo sociale ed essere capaci di apportare cambiamenti alla realta' in cui ci troviamo a vivere. Ci chiediamo come e' dunque possibile trasformare le istituzioni accademiche in centri che siano propulsori di un sapere critico e resistente. - La produzione e la trasmissione del sapere critico sta avvenendo secondo differenti coordinate spaziali, differenti modalita' e differenti velocita'. All'interno degli spazi degli Women's Studies e piu' in generale dei movimenti femministi europei, riscontriamo un'incapacita' o una mancanza di volonta' nel prendere in considerazione gli apporti e le analisi provenienti dagli altri movimenti sociali (come ad es. quelli dei migranti e dei rifugiati politici, o il movimento no-global contro il capitale neoliberista). Il nostro desiderio e' quindi quello di creare teorie e pratiche femministe che siano maggiormente aperte ad integrare la contestazione critica che e' nata nelle lotte transnazionali (ne e' un esempio la Marcia Mondiale delle Donne). Come possiamo agire per una ripoliticizzazione del movimento femminista e degli Women's Studies in Europa, partendo dalla solidarieta' con le donne attive nei movimenti di tutto il mondo contro il neoliberismo? - All'interno del movimento no-global assistiamo ad una reale mancanza di prospettive ed analisi femministe. L'anticapitalismo ortodosso non ha bandito le relazioni di potere sessiste e razziste, come ben sappiamo dalle nostre lunghe battaglie. Il nostro punto di partenza e' che le relazioni di potere sono interconnesse: la differenza sessuale si interseca con l'etnicita', la classe, la sessualita', la collocazione geopolitica, l'eta'. Questa consapevolezza si e' formata, in modi differenti, all'interno di numerosi movimenti (quello femminista, quello dei migranti e quello post-coloniale) ed e' necessario che sia valutata seriamente come fattore di resistenza globale all'interno del "movimento dei movimenti" per non riproporre dinamiche gia' esistenti di ingiustizia e per rendere un altro mondo veramente possibile. Come possiamo unire la resistenza globale con la politica femminista, post-coloniale e antirazzista? Nel nostro workshop questi temi saranno brevemente introdotti da tre attiviste che si occupano di queste questioni, per poi avere una discussione in gruppi piu' ristretti. L'obiettivo del workshop e' quello di rendere visibile i nessi mancanti fra luoghi eterogenei di una resistenza potenziale, e di creare nuove alleanze che ci permettano di ricostruire queste connessioni per le nostre lotte future. Per contattarci: Rutvica Andrijasevic: Rutvica.Andrijasevic at let.uu.nl Sarah Bracke: Sarah.Bracke at let.uu.nl Cristina Gamberi: gambericristina at hotmail.com Marta Garro: Marta.Garro at let.uu.nl Anna Rapazzo: a.rapazzo at tiscalinet.it * 3. Presentazione del seminario della "Convenzione permanente di donne contro le guerre" [che abbiamo gia' diffuso a suo tempo] La "Convenzione permanente di donne contro le guerre" terra' a Firenze nel corso del Forum Sociale Europeo un seminario sul tema "Fuori la guerra dalla storia, fuori l'Europa dalla guerra" (i materiali preparatori sono su "Lisistrata" e su "Marea") per avviare la riflessione e l'azione perche' la politica militare dell' Europa sia la neutralita' attiva, con spostamento di grandi risorse dalle spese militari alla protezione civile al servizio civile e alla difesa popolare nonviolenta. Il seminario e' introdotto da Lidia Menapace; Imma Barbarossa (che con Lidia Menapace e Monica Lanfranco e' portavoce della Convenzione) illustrera' il suo testo sui diritti sociali in Europa. Seguiranno: Rosangela Pesenti (Udi) su come studiare la storia d'Europa scegliendo come asse i movimenti nonviolenti; Sandra Mecozzi (Cgil): Il sindacato soggetto politico nonviolento; Giusi di Rienzo (Finanza etica): Come "disarmare" la finanza; Nadia Cervoni (Donne in nero): Le pratiche delle Donne in nero in e per un'Europa neutrale; Elettra Deiana (Deputata Prc, Forum delle Donne): Una legge per la disobbedienza civile; Nella Ginatempo (Basta guerra): Una Europa di donne e uomini fondata su una cultura economia politica di pace; Mercedes Frias (Nosotras): Una Europa accogliente e multiculturale. Sono indicati gli interventi programmati: si potra' chiedere la parola in seguito sia per discutere che per aggiungere argomenti sul tema della pace e della guerra in relazione alla politica militare europea. La Convenzione e' molteplice nelle sue componenti, ma specifica nei contenuti, non e' una forma politica generalista. 4. RIFLESSIONE. ISIDORO D. MORTELLARO: L'AGENDA MILITARE DI PRAGA [Questo articolo abbiamo estratto dal quotidiano "Il manifesto" del 20 novembre 2002. Isidoro Mortellaro (per contatti: isidoro.mortellaro at tin.it) e' uno dei piu' acuti studiosi impegnati contro la guerra, tra le sue opere segnaliamo almeno I signori della guerra, Manifestolibri, Roma 1999. Due osservazioni ci sia concesso aggiungere: la prima, ci sembra che anche Mortellaro tenda a sopravvalutare l'incontro di Firenze come un evento epocale: suggeriremmo a tutti di andarci cauti a scambiare i nostri desideri e le nostre speranze per una realta' ormai consolidata e determinante le sorti del mondo; la seconda: dopo lo svolgimento del vertice Nato di Praga ci pare particolarmente utile riproporre questo intervento scritto prima da uno dei piu' acuti osservatori. Sempre piu' e' evidente che o si abolisce la Nato o non ci sara' mai un'Europa impegnata per la pace] Dopo Firenze, non "uno spettro s'aggira per l'Europa". Ma una nuova soggettivita' politica, forte di un'altra idea del vecchio continente e del suo farsi Europa: in pace, libera dal morso di precarizzazioni e privatizzazioni, forte di cittadinanze aperte, padrona di una Costituzione restituita a popoli e cittadini. Dopo il Forum Sociale Europeo, e al di la' delle provocazioni anche giudiziarie in atto, sara' molto piu' difficile conquistare o schierare l'Europa - e l'Italia - a fianco o nelle retrovie della guerra preventiva di Bush II. Oggi, dopo Firenze, piu' che mai guerra e pace sono calco della politica e delle sue metamorfosi. E' la' in quello scontro che, specie a sinistra, movimenti, partiti e istituzioni disvelano, nella trama dei loro rapporti, i segni di un possibile futuro: mai come oggi sospeso tra crisi della democrazia ereditata e rinascita di una politica ridefinita dalla partecipazione dei molti. Tanto piu' quando la cronaca incalza e un'agenda spietata ed esigente chiede atti di verita', facendo giustizia d'ogni illusione di incorniciare la storia nel balletto inconcludente di comunicati e conferenze stampa. Il 21 e 22 novembre la Nato si riunira' ai massimi livelli a Praga. Bush s'annuncia gia' col viso delle armi, in groppa alla nuova maggioranza congressuale e alla delibera strappata al Consigio di sicurezza. Si vedra' se e come riuscira' ad allineare tutta la Nato dietro ai suoi in Iraq. All'ordine del giorno l'allargamento dell'Alleanza ad altri sette paesi, si' da avviluppare il vecchio nemico sovietico nelle blandizie della nuova Partnership Atlantico-Russa, ma anche in una cintura di sicurezza che dal Baltico corre al Mar Nero. Sul tavolo incombe pero' anche la proposta, avanzata da tempo dagli Usa, di ristrutturare la vecchia Alleanza attorno a un nuovo ferro di lancia: una Forza di Reazione Rapida forte di oltre 20 mila uomini, ma soprattutto di mezzi e armi che le permettano di correre ovunque nel mondo, in barba a ogni confine o frontiera, per combattere le nuove guerre del XXI secolo. Nel mirino l'onnipresente terrorismo. In concreto, la Nato e l'Europa sono chiamate a disporsi a braccio armato delle nuova guerra preventiva proposta da Bush II al Congresso Usa e all'Onu con la sua nuova National Security Strategy. Gia' a Reykjavik a maggio, tra le fanfare per i nuovi rapporti con Putin solennizzati poi a Pratica di Mare, tutti i membri dell'Alleanza Atlantica avevano sommessamente convenuto che la Nato, nel nuovo scenario strategico imposto dalla cosiddetta "guerra al terrorismo", deve essere capace di "schierare forze che possano muoversi velocemente dovunque ve ne sia bisogno, sostenere operazioni a distanza e per il tempo necessario per raggiungere i propri obiettivi". Ora, dal 15 al 19 novembre, e' in svolgimento ad Istanbul l'Assemblea Parlamentare della Nato, preparatoria del vertice di Praga. Sui tavoli delle varie delegazioni parlamentari vi e' gia' la bozza di una risoluzione, preparata da un apposito Comitato permanente: in essa, lungo la linea inauguata a Reykjavik, si chiede, tra l'altro, di riformulare ruolo e missioni dell'Alleanza in modo da permettere alle sue forze di rispondere alle nuove minacce poste dal terrorismo e dalle armi di distruzione di massa, in modo da assicurare che non ci sara' "scampo o rifugio per chi volesse minacciare le nostre societa' o per chi volesse dar rifugio a simili figuri". Tutto e' pronto, insomma, perche' a Praga - come gia' nel 1991 a Roma o nel 1999 a Washington -, nella forma surrettizia di una revisione del cosiddetto "Concetto strategico" dell'Alleanza vengano ancora una volta riscritti i Trattati istitutivi del Patto atlantico, trasformati i suoi fini, allargati a dismisura i suoi confini. Con ricadute pesantissime sulla cosiddetta Politica estera e di sicurezza dell'Unione Europea. Ma soprattutto sul profilo stesso dell'Europa nuova. Cosa rimarra' da scrivere nella Costituzione europea per un'Europa reingabbiata in una nuova corazza transatlantica? Quale sara' la sua missione nel mondo e quali i suoi rapporti con l'"Amico Americano"? Assegnata alla Nato una prioritaria missione globale e non piu' regional-continentale, quali spazi di manovra rimarranno praticabili domani per l'Europa e per ogni Paese europeo in ogni sede internazionale, persino all'Onu o nel suo Consiglio di sicurezza? Per quanto riguarda l'Italia, Berlusconi ha accuratamente evitato di andare in Parlamento, o in una qualsiasi delle commissioni, Esteri o Difesa, a chiarire quali saranno la posizione e il contributo italiani. In verita', nemmeno le opposizioni si sono finora spese perche' su un tema di cosi' grande rilievo si sviluppasse, in Parlamento e di fronte al Paese, un limpido confronto di posizioni, tale da condizionare il comportamento del governo italiano a Praga. C'e' tempo, pero', per prese di posizione che contribuiscano su questo terreno a far chiarezza, a render note le collocazioni e i progetti di ognuno e anche a chiarire a Berlusconi quali saranno i prezzi eventuali da pagare con il prevedibile allineamento a Praga sulle posizioni americane, sia per l'Iraq sia per la nuova Alleanza. Si tratta di un atto fondamentale che ogni forza di sinistra deve alla piattaforma e al movimento usciti da Firenze: movimento che, sia pure in tono e con forze minori, sara' a Praga a contestare quel meeting e quella agenda. E' un passaggio doveroso se con quel soggetto si vuole instaurare o mantenere una interlocuzione feconda. Si tratta, per di piu', di un gesto necessario per ogni forza di opposizione che creda davvero alla propria funzione in Parlamento e nel Paese. Se si rimarra' in silenzio, dopo Praga tutto diverra' piu' difficile. Anche rivendicare un ruolo per il Parlamento nella ratifica o meno di quello che non potra' non esser letto come un atto di modifica profondissima dei trattati Nato e della collocazione internazionale dell'Italia e dell'Europa. Non far sentire la propria voce ora significa negarsela domani, quando, dopo Praga, dopo la sciagurata approvazione di un progetto giunto a uno stadio cosi' avanzato, sara' chiaro che un altro malefico Rubicone e' stato varcato. Allora sapremo, purtroppo, che un altro chiodo e' stato infitto sulla nostra Costituzione e sul suo articolo 11. E un altro no e' stato detto ad una Costituzione europea che voglia parlare soprattutto di pace e disarmo. 5. RIFLESSIONE. MARIA DE FALCO MAROTTA INTERVISTA VANDANA SHIVA [Questa intervista abbiamo ripreso dalla bella e-zine "Il grillo parlante" (per contatti: grilloparlante at mbservice.it) n. 41 del 23 novembre 2002. Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002] La paragonano a Jeremy Rifkin oppure a Bove' per far capire la sua importanza nel movimento new global. Niente di piu' smaccatamente falso e anche offensivo, perche' Vandana Shiva e' una filosofa, una fisica, una scienziata che si occupa di ambientalismo sociale ed e' seriamente la voce dell'Asia che rivendica i suoi diritti, che rifiuta la subalternita' culturale ed economica al mondo occidentale. Da anni e' impegnata sui temi piu' scottanti della globalizzazione. La sua attivita' converge principalmente nell'istituto da lei fondato a Dehra Dun, in India: il Research Foundation for Science, Technology and Ecology (in Rete su www.vshiva.net), per la tutela della biodiversita', che ritiene la sola salvezza del subcontinente indiano e dei paesi poveri. Questa grassoccia, pacifica donna, con i capelli striati di bianco, sempre vestita con sari coloratissimi come vuole la tradizione della sua terra, combatte strenuamente, adducendo ragioni difficilmente contestabili in difesa della salvaguardia delle colture tipiche, minacciata dai prodotti imposti dalle multinazionali. Sue nemiche giurate sono la Monsanto, fusasi con la Cargill, la DuPont, la Grace e le altre multinazionali che praticano l'agrobusiness, contro le quali al pari della figura terrestre della Durga, il nome della Shakti, la divina energia femminile, la grande madre dai multiformi e contrastanti aspetti, scaglia le sue frecce infuocate, essendo convintissima che i loro prodotti siano dannosi alla natura e all'uomo. Laureata in legge e in fisica, ha ricevuto il Nobel alternativo per la pace nel 1993 per la sua lotta a favore dell'ambiente. Da dodici anni dedica la sua vita per la custodia del patrimonio agricolo indiano contro lo strapotere delle multinazionali biotecnologiche. E', tra l'altro, membro del movimento Chipko composto da sole donne che hanno lottato per anni contro la distruzione ambientale delle foreste himalayane e contro l'aumento della salinita' lungo varie coste a causa dell'allevamento industriale di gamberetti. Le donne in India assumono un ruolo considerevole nelle conoscenze e nel lavoro dell'agricoltura. Sono le custodi della tradizione. Al Social forum europeo, tenutosi a Firenze dal 7 al 10 novembre 2002 alla Fortezza da Basso, Vandana Shiva e' intervenuta su "La cultura riduzionista e la sperimentazione animale". Maria De Falco Marotta: Dottoressa Shiva, cosa intende con cultura riduzionista? Vandana Shiva: I sistemi naturali, ovvero le infinite relazioni che legano le parti di un ecosistema, ed anche quelle di un organismo vivente, sono complessi. Molti tentativi fatti recentemente di governare a piacimento i processi biologici attraverso le cosiddette "biotecnologie", o modifiche genetiche, trascurando l'importanza di una selezione naturale che dura da centinaia di milioni di anni, ed applicando una visione "riduzionista" - o meccanicista - del vivente, si sono rivelati un fallimento. In India il 70% della popolazione vive in un'economia legata alla natura e non a un'economia mondiale basata sul libero commercio e sulla globalizzazione. M. D. F. M.: Sappiamo che lei avversa le sostanze chimiche per la cura di varie malattie. Ce ne spiega le ragioni? V. S.: Nell'individuare le cause di alcune malattie, si apprestano medicinali, per cui le prove di tossicita' sono inattendibili, con la conseguenza che nel mondo si susseguono scandali farmacologici e "danni da farmaci" incalcolabili (le malattie provocate dalle cure mediche sono diventate negli Stati Uniti ed in Germania la quarta causa di morte). Anche qui viene usata la stessa visione riduzionista, con un atteggiamento che vede negli animali non umani, soggetti di sperimentazione, l'equivalente di macchine da sfruttare secondo una logica di profitto. E' un atteggiamento che trova la sua origine in due momenti cardine della definizione dell'ideologia occidentale: la filosofia cartesiana e la rivoluzione industriale. Tale atteggiamento miope e violento si e' imposto nel mondo cancellando o marginalizzando una visione molto diversa, quella delle culture e religioni indigene che, in paesi lontani e diversi tra di loro come l'Australia aborigena, l'America precolombiana o l'India, considerano gli animali come esseri senzienti, dotati di una propria dignita' e portatori di valori autonomi, con cui la specie umana si trova a condividere le risorse dell'ambiente e del pianeta. Uno dei valori fondamentali del movimento new-global e' la salvaguardia delle diversita', l'affermazione concreta e incondizionata della dignita' del non omologabile. Ma quello che dovrebbe essere oggetto di profonde riflessioni, e' che ogni specie animale, ogni singolo animale, incarnano il diverso in maniera profonda e radicale, e quindi estremamente degna di rispetto e di tutela. Ogni animale rappresenta un universo alieno, un mondo meravigliosamente difforme dal nostro, dunque prezioso e sacro. Dobbiamo imparare a riconoscere come un'ingiustizia da combattere non soltanto l'oppressione di altri esseri umani - che sappiamo essere spesso effetto della globalizzazione - ma anche l'oppressione, ancora piu' diffusa, degli "altri animali", che trova nelle manipolazioni genetiche uno strumento nuovo e terribile. Questa cultura di violenza e di sopraffazione e' incompatibile con questo movimento, il cui fine sono la pace e la giustizia. M. D. F. M.: Lei viene considerata la paladina della biodiversita', specie dei paesi poveri: perche'? V. S.: Le persone sono sopravvissute nel terzo mondo perche' nonostante la ricchezza che e' stata loro sottratta, malgrado l'oro e le terre che sono stati loro strappati, hanno ancora la biodiversita'. Hanno persino quest'ultima risorsa sotto forma di semi, piante medicinali, foraggio, che ha loro permesso un accesso alla produzione. Ora quest'ultimo vantaggio dei poveri che sono rimasti deprivati dall'ultimo giro di colonizzazioni, apportate con mano soft dalle multinazionali, con la scusa che la globalizzazione conviene (a chi, a loro?) viene anch'esso portato via attraverso i brevetti. E i semi che i contadini hanno liberamente conservato, scambiato, usato, sono ritenuti proprieta' delle multinazionali. Si stanno formando, attraverso l'Organizzazione Mondiale del Commercio, nuove forme di proprieta' legale come i trattati sulla proprieta' intellettuale (brevetti), le quali cercano di impedire ai contadini del terzo mondo di avere libero accesso alle loro stesse sementi, di poter scambiare senza impedimenti le loro stesse sementi. Cosicche' tutti i contadini in qualsiasi parte del mondo dovrebbero comprare i semi ogni anno creando un nuovo mercato per l'industria globale delle sementi. M. D. F. M.: Lei tenta di portare allo scoperto la bio-pirateria, con quale risultato? V. S.: La bio-pirateria costituisce una minaccia al gia' limitato accesso alle risorse sanitarie dei paesi del terzo mondo. L'80% dell'India risolve i propri bisogni sanitari grazie alle piante medicinali che crescono nel cortile di casa, nei campi, nelle foreste, e che la gente liberamente raccoglie. Nessuno ha mai dovuto pagare un prezzo per i doni della natura. Oggi ciascuno di quei farmaci e' stato brevettato e fra cinque- dieci anni potrebbe facilmente verificarsi una situazione in cui quelle stesse industrie farmaceutiche che hanno creato cosi' gravi danni alla salute pubblica e stanno ora orientandosi verso prodotti salutari sotto forma di farmaci fitoterapici, medicina cinese, aromaterapia indiana, ne proibiranno l'utilizzo. Non hanno bisogno di venire in India e renderlo illegale perche' prima di giungere a quel punto si sono gia' impadroniti delle risorse base, portando via le piante, depredando le riserve, servendosi dei mercati e lasciando la gente completamente sprovvista di accesso a queste risorse. M. D. F. M.: Lei insiste sulla difesa del cibo. Ma oggi non si e' piu' liberi di scambiarsi o di provare quello che mangia l'indiano o l'eschimese, senza per questo diventare "bio-pirati"? V. S.: E' in atto una concentrazione del potere privato sul cibo di dimensioni che nessuno avrebbe potuto immaginare. La Monsanto ha acquistato un controllo immenso sul sistema alimentare globale. E' il commerciante piu' grande di grano e controlla intorno al 50% della produzione complessiva di cereali. Questo enorme potere economico in combinazione con le biotecnologie e il regime dei brevetti crea, se la gente non reagisce, un sistema in cui nessuno avra' la possibilita' di decidere che cosa mangiare. E per me niente rappresenta un totalitarismo piu' profondo della negazione di queste liberta'. Oggi siamo testimoni di una concentrazione senza precedenti del controllo del sistema agroalimentare internazionale in cui convergono essenzialmente tre aspetti: il check-up dei semi, il controllo dell'industria chimica, la sorveglianza delle innovazioni biotecnologiche attraverso il sistema dei brevetti. Questa convergenza di fattori spesso prende semplicemente la forma della fusione delle grandi imprese; un supporto importante e' quello dell'accordo del Wto che allarga il loro potere sia al nord che al sud. Il diritto al cibo, la liberta' di disporre del cibo e' una liberta' per la quale la gente dovra' lottare come ha lottato per il diritto al voto. Solo che non vivi o muori sulla base del diritto al voto, ma vivi o muori sulla base del rifiuto del diritto di disporre di cibo. M. D. F. M.: Ma cosa si puo' fare per contrastare questo potere? V. S.: so che e' stato piu' volte spiegato a quanti si preoccupano dei pericoli dell'ingegneria genetica che le loro perplessita' interferiscono con il diritto al cibo agli affamati del terzo mondo. Questa per me e' un'assoluta menzogna. E' una menzogna a livello scientifico, politico ed economico. E' una menzogna perche' l'ingegneria genetica non ha nulla a che vedere con l'aumento della produzione di cibo, ha invece molto da ricavare da una maggiore vendita di prodotti chimici legati alle sementi che hanno proprieta' resistenti agli erbicidi e cio' riduce i contadini ad essere eternamente dipendenti da cinque multinazionali al mondo. M. D. F. M.: Il suo impegno per i contadini dell'India e' iniziato nel 1987, dopo una riunione a Ginevra che la scandalizzo' per quanto udi' circa le applicazioni dell'ingegneria genetica e sulla brevettabilita' della vita. Cosa ha fatto in particolare? V. S.: Per la logica stessa della loro espansione e l'accumulazione del capitale, le multinazionali non si fermano davanti a nessun ostacolo. Tornata a casa, ho cominciato a dire a ogni contadino di farsi una riserva di semi, invitandolo ad orientarsi verso un'agricoltura autonoma, basata su sementi proprie coltivate sul proprio suolo. M. D. F. M.: Per questo ha fondato la Navdanya Conservation Farm? V. S.: Navdanya significa nove semi, ed e' il nome che ho dato al nostro programma di conservazione e di salvaguardia della biodiversita' agricola e dei semi nativi. Lavoravo gia' da dieci anni in quest'ambito, pero' ogni volta che parlavo delle risorse genetiche, la traduzione nella lingua parlata localmente tendeva a ridimensionare cio' che dicevo. Io volevo dire che nella pianta c'erano gli atomi ma per la gente non aveva senso perche' non rientrava nella loro visione del mondo. Poi un giorno mentre stavo raccogliendo semi in una remota area tribale, vidi un campo in cui crescevano nove coltivazioni diverse e, iniziando a contarle chiesi al contadino che senso aveva questo tipo di coltivazione. Egli mi rispose che quel metodo di coltivazione si chiamava Navdanya, erano i nove semi che riflettono anche l'equilibrio cosmico. Per tale motivo, bisognerebbe sempre coltivare nove specie diverse, che sono un'insieme di semi oleosi, leguminose (proteine), cereali (fonte di energia). Il numero nove, inoltre, esprime il livello piu' alto di diversita' e sempre il nove e' un numero sacro nella cosmologia indiana. M. D. F. M.: Il suo ultimo libro ha un titolo angosciante: Il mondo sotto brevetto. Crede davvero che sia cosi'? V. S.: Il mio libro e' una denuncia contro la politica americana dei brevetti applicati ovunque e in ogni campo (perfino su animali e vegetali), primo passo verso il monopolio. Noi abbiamo Il diritto di vivere senza brevetto. Contesto l'idea di proprieta' intellettuale, perche' impoverisce la societa', soprattutto nel terzo mondo. All'inizio degli anni '80 John Moore si rivolse all'ospedale della University of California per farsi curare un cancro alla milza. Nel 1984 il dottore che lo aveva in cura brevetto' una sequenza del suo Dna senza chiedergli l'assenso e la cedette alla Sandoz. Le stime dell'effettivo valore economico di questa sequenza superano oggi i tre miliardi di dollari. Nel 1947 la proprieta' intellettuale copriva poco meno del 10% delle esportazioni statunitensi, nel 1994 questa voce superava il 50%. La vicenda di Moore e del suo Dna e' una conseguenza della brevettabilita' degli organismi viventi, che discende dall'accordo sui diritti di proprieta' intellettuale legati al commercio (Trips) firmato in sede Wto, e che ha globalizzato le leggi sui brevetti d'origine statunitense, le quali considerano il vivente alla stregua di un'invenzione. Un concetto che impoverisce la societa' umana da un punto di vista etico, ecologico ed economico. I brevetti negano il sapere in quanto fenomeno collettivo che procede per accumulazione e vi oppongono diritti privati che attribuiscono le innovazioni a singoli individui. In questo equivoco, vi e' il fondamento della bio-pirateria, cioe' l'utilizzo dei sistemi di proprieta' intellettuale per legittimare il possesso e il controllo esclusivi di risorse, prodotti e processi biologici usati per secoli nelle culture non-industrializzate che, all'improvviso, sono private dell'enorme ricchezza della propria biodiversita', spesso unica loro garanzia di sussistenza. Il continente indiano e' il piu' grande esportatore mondiale di riso aromatico superfino, il basmati, coltivato da secoli e gelosamente custodito. Nel 1997 la Rice Tec Inc., con sede in Texas, ottenne il brevetto numero 5663484 sui chicchi e sul patrimonio genetico del riso basmati: un brevetto che, se rigorosamente applicato, vieterebbe ai contadini di coltivare, senza il permesso e il versamento di royalties alla Rice Tec, le varieta' di riso sviluppate da loro e dai loro avi nel corso dei secoli. Ed e' solo un esempio tra i tanti. Le leggi internazionali non possono ignorare tali distorsioni. M. D. F. M.: Comincera' un'altra battaglia, a livello mondiale, con l'aiuto dei giovani del movimento new global? V. S.: Numerosi movimenti di cittadini nel mondo chiedono un congelamento del Trips per permetterne la revisione prima che tale accordo venga applicato ai Paesi in via di sviluppo. Una revisione che tenga conto del dibattito in corso sui temi dei brevetti sulla vita, e che agevoli l'introduzione di un rigoroso protocollo sulla biodiversita', per mantenere un equilibrio tra diritti e responsabilita' nel settore delle biotecnologie. Non posso rimanere indifferente a tali oneste rivendicazioni. 6. INIZIATIVE. BRUNETTO SALVARANI: A POCHI GIORNI DAL 29 NOVEMBRE [Ringraziamo Brunetto Salvarani (per contatti: b.salvarani at carpi.nettuno.it) per questo intervento. Brunetto Salvarani e' uno dei promotori dell'appello ecumenico per il dialogo cristianoislamico, iniziativa di cui la giornata del 29 novembre sara' una rilevante estrinsecazione] Care sorelle, cari fratelli, mancano ormai pochi giorni al 29 novembre, ultimo venerdi' di Ramadan e data che abbiamo scelto per celebrare la giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico, e vi scrivo di nuovo. Per l'ultima volta prima del 29, direi, salvo imprevisti, visto che tutto l'impegno e' ormai rivolto alle iniziative e alla pubblicizzazione della giornata. Siamo infatti nel cuore del "rush" finale, proseguono le adesioni di singoli e gruppi alla catena del dialogo, nonche' la raccolta delle notizie sulle iniziative locali, che potete trovare su www.ildialogo.org Prosegue quindi a spron battuto la "campagna d'autunno" che ci ha portati a comparire su molte testate: tra le ultime, il "Sir", "Avvenire", "Mondo e missione", "Adista", "L'Unita'", "Sae Notizie", "Nev", "Il Regno", "Settimana", "Mosaico di pace", "Viottoli", "Rocca", il settimanale cattolico di Bergamo, "Qol", "Tempi di fraternita'", "Nostro tempo", e tante altre tutte da ringraziare, su cui stanno comparendo articoli e interviste. Ricordo anche la conferenza stampa in Campidoglio a Roma (non ho per ora notizia di altre), che e' andata assai bene, e una serie di interviste radiofoniche, fra cui un dibattito che si e' svolto martedi' 12 novembre su Radio3 per la trasmissione "Farenheit" con Marino Sinibaldi, che ha dedicato mezz'ora al tema della giornata, con un dibattito fra il sottoscritto e i professori Vercellin e Prete, entrambi molto favorevoli, da un punto di vista "laico". E Raffaele Luise ha parlato della giornata nel GR1 da Modena, lo scorso 15 novembre. Di nuovo mi piace sottolineare che in tanti scrivono e si informano, segno che in un frangente in cui il clima antiislamico e antidialogico ha (forse) raggiunto il suo apice c'e' anche un "popolo del dialogo" trasversale alle chiese che vuole dire la sua, anche se non dispone di grandi media ne' di particolari risorse per farsi sentire. Il 29 novembre, da questo punto di vista, potrebbe risultare un appuntamento importante per dare una certa visibilita' a tale popolo, a tali istanze. Percio', per l'ultima volta, mi spingo a chiedervi di "stringere" sulle iniziative concrete, perche' abbiamo bisogno di far sapere che da parecchie parti qualcosa si sta organizzando (naturalmente, anche nei giorni seguenti: l'importante e' che si sappia per il 29). Ricordo che, nell'informalita' della cosa, possiamo "appoggiarci" a strutture, per quanto leggere, esistenti, come quelle di Pax Christi e del Sae (per citare due movimenti a livello nazionale). Fra le belle nuove, c'e' l'adesione alla giornata del Consiglio locale delle chiese cristiane di Venezia, e il fatto che, sia al Convegno nazionale dei delegati diocesani per l'ecumenismo e il dialogo di Roma sia agli Incontri cristianomusulmani di Modena delle Acli, si sia ampiamente discusso, in assemblea plenaria e nei corridoi, della nostra impresa. Ma pure la "scoperta" di esperienze come quella di Sassuolo delle famiglie che da qualche anno vivono una giornata di convivialita' fraterna alla settimana (guardate sul sito). Consolante e' anche la notizia che alla celebrazione romana organizzata da Paolo Naso, hanno annunciato la loro partecipazione tanto mons. Piero Coda, nome ben noto negli ambienti ecumenici ma non solo, quanto il rev. Akasheh, del Pontificio consiglio per l'unita' dei cristiani. Naturalmente, non mancheranno "grossi nomi" del mondo evangelico italiano. Vi esorto ancora a utilizzare, come sussidio per la giornata, il numero monografico de "Il dialogo" a 16 pagine, richiedibile a Giovanni Sarubbi (gsarubb at tin.it) oppure scaricabile direttamente dallo stesso sito (Giovanni preferirebbe a dire il vero il primo dei due sistemi, per rientrare in parte delle spese: fate voi...). Contiene nomi, testi dell'appello, documenti ecumenici e interreligiosi, articoli e le due proposte di liturgie. Lo stesso numero uscira' come "panino" di "Tempi di fraternita'". Confermo anche che il "kit" della giornata comprende pure un fascicolo curato da Stefano Allievi dal titolo "Islamica" che comprende tutta la principale bibliografia in italiano sull'islam (si puo' richiedere gratuitamente a cultura at carpidiem.it) e il numero speciale di 'Confronti' dal titolo Noi e loro (che si puo' richiedere a redazione at confronti.net). Se e quando potete, diffondete sulla stampa locale il comunicato n. 1 sulla giornata, e anche il n. 2, sotto forma di Lettera ai musulmani italiani in occasione dell'apertura di Ramadan. Un altro e' in preparazione, con la notizia dei principali eventi. Finalmente, abbiamo ricevuto con molta gioia la lettera ufficiale del direttivo dell'Ucoii che invita esplicitamente le moschee ad essa aderenti a partecipare all'iniziativa, rendendosi disponibili a quella che abbiamo definito l'iniziativa "Moschee aperte" (trovare la lettera sul sito del "Dialogo"). Permettetemi una sottolineatura rispetto a questa disponibilita', che mi pare per tanti versi straordinaria e che andrebbe valorizzata adeguatamente. Ovviamente, non e' l'unica organizzazione islamica che ha aderito, ma e' quella - probabilmente - piu' ramificata sul territorio della penisola. Da voi tutti, invece, restiamo in attesa di notizie sulle iniziative, pareri, commenti e... problemi, se ce ne sono. Ripeto: abbiamo estrema urgenza di diffondere i luoghi e gli orari di dove accadra' qualcosa, anche di semplice, da un volantino a un comunicato stampa. A tutti, mi permetto di chiedere, per quel giorno, la condivisione del digiuno, e la consegna del denaro risparmiato a gruppi di solidarieta' e di diaconia; ma anche, e soprattutto, la preghiera, come stanno facendo diversi monasteri e diversi credenti "singoli". Grazie ancora, perdonate l'insistenza, e auguri di cuore. Ora tocca a voi: anzi, a noi... shalom - salaam - pace Brunetto 7. MAESTRE. AGNES HELLER: IL NOSTRO PRESENTE [Da Agnes Heller, Teoria della storia, Editori Riuniti, Roma 1982, p. 298. Agnes Heller, filosofa ungherese, nata a Budapest nel 1929, allieva e collaboratrice di Lukacs, allontanata dall'Ungheria, ha poi insegnato in Australia e in America. In Italia e' particolarmente nota per la "teoria dei bisogni" su cui si ebbe nel nostro paese un notevole dibattito anche con riferimento ai movimenti degli anni '70. Su posizioni democratiche radicali, e' una interlocutrice preziosa anche laddove non se ne condividano alcuni impianti ed esiti teorici. Opere di Agnes Heller: nella sua vastissima ed articolata produzione segnaliamo almeno La teoria dei bisogni in Marx, Feltrinelli; Teoria dei sentimenti, Editori Riuniti; Teoria della storia, Editori Riuniti; Etica generale, Il Mulino; cfr. anche Apocalisse atomica (con F. Feher), Sugarco; ed il volume-intervista Morale e rivoluzione, Savelli. Opere su Agnes Heller: la rivista filosofica italiana "aut aut" ha spesso ospitato e discusso la riflessione della Heller; cfr. in particolare gli studi di Laura Boella] Il nostro presente non e' piu' il presente di una, ma di varie culture. E' diventato, non solo nella nostra immaginazione ma nella realta', il presente della nostra umanita'. "Contemporaneita'" e' ora la "contemporaneita'" di tutti quelli che vivono su questa terra; essa comprende varie culture e strutture sociali con diversi passati e diverse storie. 8. I MALUMORI ATRI DI MASCARILLO SCORTICONI: UNA SCONFITTA Mi e' sempre sembrato chiarissimo che il cosidddetto "movimento dei movimenti" sia il frutto di una sconfitta, la sconfitta delle sinistre novecentesche. Ma io che son uno di quegli sconfitti non sono disposto a far finta di niente, ed a lasciar buttare "nella spazzatura della storia" la nostra vicenda, il nostro sentire, le proposte nostre; non sono disposto a far finta che il passato non esista; non sono disposto a ingannare tanti giovani cui si vuol far credere che il mondo sia cominciato a Seattle e che tutto quanto accadde prima fu favola e sogno. Non sono neppure disposto a lasciar che si spaccino per miracolosi trovati di novelli Dulcamara le banalizzazioni e gli offuscamenti oggi correnti di idee e progetti ed esperienze che molto meno confusi e subalterni pensammo e cercammo di agire nel secolo andato. Certe banalita' che oggi vanno per la maggiore sono sovente la versione immeschinita e caricaturale - e talora da catechismo neostalinista - di idee che ebbero ben altra complessita', profondita' ed apertura nella riflessione e nella prassi dei movimenti di resistenza e di liberazione del secolo trascorso da appena due anni e gia' trattato come se fosse una remota e indecifrabile preistoria. Ed infine non sono disposto a lasciar credere che il nostro passato sia stato una notte in cui tutte le vacche erano nere. Ci fu la sinistra degli stalinisti e ci fu la sinistra delle vittime degli stalinisti; ci fu una sinistra criminale, e ci fu una sinistra che contro ogni crimine si batte'. E soprattutto nel secolo XX ci furono Auschwitz e Hiroshima e il totalitarismo, e mi pare che la loro decisivita' oggi troppi tendano a rimuovere. Ed invece sono li', eventi rocciosi e ineludibili, confitti nella storia e nella coscienza dell'umanita', che ci interpellano, e dinanzi ai quali tu devi agire perche' mai piu' si ripetano. E chi pensa di poter non fare i conti coi traumi del passato e' destinato a non poterli superare mai; e gli orrori di cui non prendi coscienza li riproduci. Sara' un caso che tra tanti autori citati a proposito e a sproposito quasi nessuno di quelli che piu' danno fiato agli ottoni abbia mai aperto un libro di Tzvetan Todorov? Possiamo sommessamente suggerire che il suo Memoria del male, tentazione del bene e' un'opera la cui lettura e' indispensabile? * Discende da queste premesse il fatto che non mi appassionino gli sdilinquimenti e le prosopopee per certi episodi, pur importanti, che ai neofiti appaiono svolte epocali, e che tanti zuzzurelloni e marpioni d'antan accondiscendono a far credere essere quel che non sono. Quanto accadde a Genova non e' stata "una vittoria" come con espressione lugubre e insensata, necrofila e sciagurata, taluno ha detto nel suo folle desiderio di miti di fondazione (e tutti i miti di fondazione sono naturalmente macchiati di sangue: visione sacrificale e militarista della storia che a me ripugna), ma una catastrofe. E una catastrofe assai prevedibile. E non averla evitata e' responsabilita' grave di tutti coloro che hanno cooperato allo scatenamento delle violenze commesse da sadici e nazisti. E quanto accaduto a Firenze qualche settimana fa non e' stata la renovatio del mondo, ma una cosa certo buona e giusta e importante, ma di portata limitata nel quadro della societa' in cui viviamo, che e' per piu' versi proprio la debordiana e totalitaria societa' dello spettacolo; e molta strada c'e' ancora da fare, e molte pagnotte da mangiare per crescere in senno ed esperienza e forza quanto occorre, per rovesciare le ingiustizie e le mistificazioni che tutti ci attanagliano e mutilano. La strada e' la scelta della nonviolenza, e la storia della lotta nonviolenta contro l'inumano e' il nutrimento. La scelta della nonviolenza, la lotta nonviolenta contro l'inumano: che e' la proposta teorica e pratica, morale e politica, che le piu' alte esperienze dell'umanita' novecentesca ci consegnano in eredita': la Resistenza, la liberazione dal colonialismo, le lotte del movimento dei lavoratori, il movimento delle donne; Primo Levi, Mohandas Gandhi, Virginia Woolf; Guenther Anders, Hannah Arendt, Simone Weil. 9. RILETTURE. MURRAY BOOKCHIN: L'ECOLOGIA DELLA LIBERTA' Murray Bookchin, L'ecologia della liberta', Antistato, Milano 1984, Eleuthera, Milano 1986, 1988, pp. 548. Un classico dell'ecologia e della cultura libertaria. Da leggere necessariamente. 10. RILETTURE. MARIA GRAZIA GIANNICHEDDA, FRANCA ONGARO BASAGLIA (A CURA DI): PSICHIATRIA, TOSSICODIPENDENZE, PERIZIA Maria Grazia Giannichedda, Franca Ongaro Basaglia (a cura di), Psichiatria, tossicodipendenze, perizia, Angeli, Milano 1987, pp. 448. Una raccolta di interventi che prendono spunto da due seminari di studi dell'85 e dell'86; alcuni testi sono di grande valore. 11. RILETTURE. GRUPPO DI LISBONA: I LIMITI DELLA COMPETITIVITA' Gruppo di Lisbona, I limiti della competitivita', Manifestolibri, Roma 1995, pp. 208, lire 32.000. A cura di Riccardo Petrella, un'analisi economica e sociologica della situazione attuale. 12. RILETTURE. GIULIANA MARTIRANI: LA GEOGRAFIA COME EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO E ALLA PACE Giuliana Martirani, La geografia come educazione allo sviluppo e alla pace, Edizioni Dehoniane, Napoli 1984, 1985, pp. 336. Una miniera di utili materiali. 13. RILETTURE. EDDA SCOZZA: IL CORAGGIO DI ESSERE INDIANO Edda Scozza, Il coraggio di essere indiano, Ere Emme, Pomezia 1996 (ora Roberto Massari Editore, Bolsena), pp. 192, lire 22.000. Un bel volume su e per Leonard Peltier, con una sua lettera ai lettori e con 32 pagine di riproduzioni a colori delle sue opere pittoriche. 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 425 del 24 novembre 2002
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