La nonviolenza e' in cammino. 424



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 424 del 23 novembre 2002

Sommario di questo numero:
1. Maria Grazia Campari, sul concetto di solidarieta'
2. Flavio Lotti: incontriamoci ad Assisi il 7 dicembre
3. Un appello di alcuni senatori e deputati: Andreotti non e' sopra la legge
4. Sergio Paronetto, amarezza e preghiera
5. Daniela Manini, il primo esempio di disobbedienza civile
6. Laura Lanzillo presenta l'ultimo libro di Rosi Braidotti
7. Lev Tolstoj, se questa presunta scienza
8. Daria Menicanti, lieto fine
9. Cosimo Scordato ricorda Danilo Dolci
10. Una minima bibliografia sul carcere
11. Riletture: Elisa Giunchi, Radicalismo islamico e condizione femminile in
Pakistan
12. Riletture: Osservazioni sull'agricoltura geneticamente modificata e
sulla degradazione delle specie
13. Riletture: Isabelle Stengers, Scienze e poteri
14. Le massime da tre soldi di Draghignazzo Stomaconi: televisioni
15. La "Carta" del Movimento Nonviolento
16. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. MARIA GRAZIA CAMPARI: SUL CONCETTO DI SOLIDARIETA'
[Pubblichiamo la relazione di Maria Grazia Campari al seminario su "Politica
del vivere/vivibilita' della politica" che si e' tenuto a Firenze il 7
novembre scorso nell'ambito del Social forum europeo. Riprendiamo il testo
dall'ottimo sito de "Il paese delle donne": www.womenews.net. Maria Grazia
Campari e' una lucida intellettuale femminista, la cui riflessione e' di
grande rilevanza]
Quella che segue e' una prima, parziale riflessione su alcuni quesiti.
Uno riguarda il ruolo della solidarieta' e la natura della solidarieta'
quale risposta (parziale) di alcune di noi agli eventi bellici e
terroristici (connessi, ormai e' chiaro, da un nesso d'identita') prodotti
incessantemente dal fondamentalismo economico che regge le sorti del
pianeta.
Un altro bel quesito e' quanto siamo cointeressate alla sorte dell'Occidente
in cui viviamo, alla sua impalcatura politica e sociale, cioe' ai livelli di
democrazia, in un momento in cui il processo degenerativo diventa sempre
piu' evidente, poiche', come si constata, guerre e riduzione della
democrazia vanno di pari passo.
E ancora, se non siano le difficolta' e il senso di colpa verso gli esclusi
dal mondo occidentale (cui ci lega un senso di appartenenza) a farci
aggrappare al terzo/quarto mondo come ad una valvola di salvezza.
Gli interrogativi, proposti nell'ambito del seminario su "Politica del
vivere/vivibilita' della politica" rivestono, secondo me, un"importanza
centrale per qualunque riflessione sull"assetto guerresco dell"attuale fase
capitalistica/patriarcale.
Incomincio a prendere in considerazione alcuni punti.
Personalmente, nutro perplessita' sul concetto di solidarieta'. Mi appare,
infatti, come un concetto che intrinsecamente ammette l'esistenza di un
mondo gerarchico-piramidale ed opera su di esso per attenuarne gli effetti
negativi; che ammette, quindi, concettualmente, l'esistenza di eletti e di
esclusi: i primi si mettono all'opera per la condivisione e l'equita'
sociale.
Essa e' spesso evocata come mezzo di contrasto rispetto agli effetti
devastanti della guerra quotidiana fra soggetti, gruppi, enti
multinazionali, nazioni, che e' elemento strutturante del nostro quotidiano.
Mi chiedo se possa essere un efficace fattore di contrasto, vorrei anche
indagarne il senso cercando di assumere un'ottica di genere e valutarne
eventuali slittamenti nella complicita' del sesso escluso dal quadro
politico dominante.
Partendo dal significato letterale, si trova che il concetto di solidarieta'
ha radici nel diritto romano, ove l'obligatio in solidum indicava una forma
di responsabilita' in base alla quale ogni membro di una determinata
comunita' doveva farsi carico della totalita' dei debiti esistenti da
chiunque contratti e, per converso, la comunita' si faceva carico dei debiti
di un qualunque suo membro.
Resta traccia sensibile di questo senso nell'attualita', se il Dizionario
della Lingua Italiana (Zingarelli) parla di obbligo accettato in comune e
anche di accettazione di responsabilita' per azioni altrui. Da qui la mia
sensazione che questo concetto introduca alla accettazione della cornice
obbligante, predisposta dall'ordine esistente rispetto al quale la
solidarieta' connota azioni per la modificazione di alcuni o molti fattori
ad esso intrinseci, ma non basta a sconvolgerlo.
Diverso e', evidentemente il discorso misericordioso che lascia anche i
fattori inalterati e tende solamente evitare scompensi reattivi
potenzialmente idonei a turbare l'ordine.
Inoltre, va forse posto il quesito su cosa significhi per le donne assumersi
la responsabilita' dell'azione di un altro e se cio' non risulti
condivisione (magari, critica) dell'ordine che produce quelle azioni,
predisponendo una situazione di complicita' subalterna al soggetto autore
dell'ordine, di soggezione all'eteronomia, di evitamento della
responsabilita' insita nella creazione di un diverso ordine autonomo.
Ecco perche', secondo me, rispetto alla guerra, che e', appunto, elemento
strutturante del fondamentalismo economico imperante la solidarieta' puo'
facilmente inserirsi nella cornice, ponendosi come generoso tentativo di
attenuarne taluni fra gli effetti piu' efferati.
Nella quotidianita' della guerra infinita, condotta unilateralmente
dall'unica potenza in grado di farla senza tema di subirla, contro tutti
coloro che, esclusi dal circolo dei beati possidentes, mostrano di non
allinearsi ai suoi interessi, nella quotidianita' della risposta
"terroristica" di coloro che contrastano, con violenze speculari, le mire
della potenza egemone, mi pare utile fare leva su una cultura dei diritti e
della cittadinanza universale di preferenza che su una cultura della
solidarieta'. Per evitare per quanto possibile, di fissare la gerarchia
piramidale inclusi/esclusi.
I postulanti, gli svantaggiati destinatari di misure solidaristiche, non
sono titolari dei diritti di cittadinanza (locale e/o universale), sono
votati all'inesistenza sociale.
Questi concetti risentono di una riflessione su esperienze dirette.
Come donna, leggo l'origine di ogni guerra nella violenza sessuale,
fondamento di tutte le altre.
In particolare, sperimento un vissuto di violenza e prevaricazione sessuale
nell'ordine patriarcale-capitalista predisposto dal soggetto unico maschile
che nega autonomia all'altra, confinandola nell'esclusione dalla
effettivita' dei diritti di cittadinanza, cio' che genera inesistenza
sociale, svantaggio, deresponsabilizzazione e complicita'.
Questo, per restare al progredito e democratico Occidente, percorso ma non
sufficientemente fratturato dall'esperienza del femminismo.
Ecco perche' sono interessata ad un cultura che faccia perno sul concetto di
diritti originariamente condivisi (umani e di cittadinanza universale) e su
una giustizia connotata dalla equivalenza fra esseri umani diversamente
sessuati e diversamente collocati (nel pianeta, nella scala sociale, ecc.).
Diritti umani e di cittadinanza universale che non tollerino esclusi per la
contradizion che nol consente.
Ecco perche' penso che bisogna coltivare, contro le guerre, pratiche
materiali e simboliche che vadano nella giusta direzione, indirizzando le
energie verso iniziative di contrasto rispetto a tutto cio' che si presenta
come unilaterale e a-dialogico, quindi violento.
Pratiche di contrasto che non obliterano il mio sentire soggettivo e il
senso della continuita' delle guerre con la violenza di sesso, ma che
possano anche aggregare su singoli e parziali obiettivi condivisi i soggetti
critici (di qualunque sesso) rispetto alle violenze e alle guerre.
In quest'ottica, mi sembra centrale la vitalita' e la democrazia delle
istituzioni che ci governano, rispetto alle quali mi sembra necessario
impegnarsi con azioni e campagne tese ad imporre coerenza e responsabilita'
a tutte le sedi istituzionali, partendo con l'Unione Europea per giungere
all'Onu.
Iniziando dall'Europa che abitiamo e rispetto alla quale ci proponiamo di
elaborare alcune indicazioni guida per un futuro di cui tutti ci sentiamo in
qualche modo responsabili, si potrebbe, ad esempio, rivendicare imponendolo
alla discussione collettiva, che la futura Costituzione contenga un
preambolo in cui formalmente dichiara: "I popoli europei, nel creare
un'unione sempre piu' stretta, hanno deciso di condividere fra loro e con
tutti i popoli del pianeta un futuro di pace fondato su valori
universalmente riconosciuti.
L'Unione Europea ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta'
dei popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte allo scopo di
assicurare la pace e la giustizia fra i popoli".
Cio' potrebbe avere l'effetto di rivitalizzare anche la "stanca"
Costituzione italiana.
Inoltre si potrebbe iniziare una campagna per la sospensione di tutti gli
accordi economici con Israele, destinata a durare fino all'ottemperanza di
tutte le risoluzioni dell'Onu e al ritiro dai territori illegittimamente
occupati; si potrebbero anche attivare campagne per il boicottaggio e
sanzioni economiche simili a quelle imposte al Sud Africa dell'apartheid.
Cio' potrebbe accompagnarsi alle campagne nazionali per la riduzione delle
spese militari e la sospensione della produzione di armamenti.
Sarebbe ora di affrontare i problemi delle guerre chiedendo all'Europa di
assumere un'identita' autonoma in contrasto con la guerresca governance
planetaria degli Usa e in contrasto con la gerarchia unipolare delle
relazioni internazionali, per un assetto pluralistico.
Il fondamentale quesito sulle sorti della democrazia occidentale e sulla
qualita' del nostro coinvolgimento di donne, richiede dal mio punto di vista
un'indagine sulla natura (anch'essa unipolare ed escludente) di questa
democrazia e la individuazione almeno iniziale di misure tese allo scopo di
fondare un pluralismo possibile.
*
La solidarieta' e' uno dei pilastri della Carta europea approvata a Nizza,
da trasfondere nella prossima Costituzione Europea. Essa si colloca,
inoltre, fra i valori fondanti della Costituzione Italiana.
Habermas, in un intervento a sostegno della Carta, l'ha definita
imprescindibile altra faccia della giustizia.
Rodota' in un recente articolo dal titolo significativo "Perche' non
conviene la fuga dalla solidarieta'" la considera indispensabile "dato
elementare" e "principio ispiratore delle politiche pubbliche" poiche'
produce il congiungimento, nelle Costituzioni Europee del secolo scorso, fra
l'idea individuale e l'idea sociale dei diritti.
Esemplificando, il giurista cita l'art. 2 della nostra Costituzione che
parla di "adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' politica,
economica e sociale", ponendo la solidarieta' fra i criteri ispiratori
dell'insieme delle relazioni fra i cittadini.
Il problema per la giurista femminista nasce dall'ordine del discorso, che
e' anche l'ordine della regola giuridica.
Entriamo brevemente nell'esame delle disposizioni della Carta Europea.
Essa nel capo IV sulla solidarieta' enuncia alcune previsioni garantiste
rivolte alla classe lavoratrice dal contenuto tanto poco affermativo, dalla
tutela tanto sfumata e ipotetica che il giurista lavorista dovrebbe
arrossire nel definirli veri e propri diritti assoluti della personalita' a
valenza pubblicistica (tali sono stati tradizionalmente considerati dalla
dottrina democratica quelli del nostro ordinamento nazionale).
Qui si potrebbe persino ventilare l'ipotesi: cultura dei diritti versus
cultura della solidarieta'.
Quanto alla nostra Costituzione repubblicana. L'art. 2 richiama i doveri di
solidarieta' politica trattati dal titolo IV (Rapporti Politici) che
stabilisce il dovere di difesa in armi del suolo patrio e l'obbligo di
servizio militare come dovere sacro del cittadino; da essi sono escluse le
donne.
Opera il richiamo alla solidarieta' economica attraverso il titolo III
(Rapporti Economici) ove risulta stabilito (art. 37) che i diritti della
donna lavoratrice non sono pari a quelli dell'uomo lavoratore perche'
primario e' per lei l'assolvimento dell'essenziale funzione famigliare.
Opera il richiamo alla solidarieta' sociale attraverso il titolo II
(Rapporti Etico Sociali) ove e' sancita l'inferiorizzazione delle donne
attraverso la previsione (art. 29) del limite alla eguaglianza fra coniugi
posta a garanzia dell'unita' dell'istituto famigliare.
Essendo l'asimmetria - che nell'ordine dato significa inferiorizzazione del
sesso femminile, un dato scontato della realta' - giuristi e sociologi molto
democratici, non si preoccupano di sottoporre all'esame critico dell'ottica
democratica l'ordine escludente predisposto dal loro sesso, che ha creato
periferie di diritti e di umanita'. Tutto, ai loro occhi, e' uno scontato e
felice "sequitur". Basterebbe praticare i loro nobili concetti (quelli
solidaristici in primis) e tutto potrebbe andare per il meglio.
E invece no, perche' l'origine di ogni esclusione, col suo intrinseco
pesante carico di violenza quotidiana, e' proprio li', dietro l'uscio di
ogni casa, e' all'interno dell'ordine vigente e delle sue formali,
inattuabili e belle enunciazioni di valori fondanti, puntualmente smentiti
appena si concretizzano in regole dirette, anche se generali e astratte, che
definiscono la civile (?!) convivenza.
Anche la solidarieta' va quindi vista e praticata con un'ottica sessuata,
accuratamente evitando tutte quelle azioni che, ad un esame approfondito,
mostrino di essere troppo intrinseche all'ordine dato del discorso, del
diritto, della politica.
Non e' facile, occorre un percorso di confronto e riflessione fra donne
consapevoli e politicamente autonome che cerchino insieme una modalita'
possibile per scompaginare l'ordine esistente del discorso, del diritto,
della politica.
Che questo si renda possibile mi pare una scommessa e anche una speranza
collettiva, di cui sarebbe bene rendere in qualche modo avvertiti anche gli
esponenti democratici del pensiero e della politica maschile.
Una democrazia asimmetrica e penalizzante come quella che hanno costruita,
e' chiaro ormai almeno da qualche decennio che non porta da nessuna parte
neppure le loro speranze.
Alle donne che cercano la modificazione resta, poi, il compito arduo di
comprendere e contrastare l'intima complicita' con l'altro sesso che ha reso
possibile e duratura l'ingiustizia mortifera che regge l'ordine vigente.

2. INCONTRI. FLAVIO LOTTI: INCONTRIAMOCI AD ASSISI IL 7 DICEMBRE
[Riceviamo e volentieri diffondiamo. Flavio Lotti e' il coordinatore della
Tavola della pace, il principale network pacifista italiano che coordina
innumerevoli associazioni ed istituzioni impegnate per la pace]
Cari amici,
i preparativi americani della guerra contro l'Iraq continuano a ritmo
incessante e tutti coloro che sono consapevoli della gravita' di questa
decisione hanno il dovere di reagire con determinazione e senso di
responsabilita'.
Questa guerra s'inserisce in uno scenario internazionale particolarmente
allarmante (attacco all'Onu, abbandono del multilateralismo, crescita del
terrorismo, dell'anarchia e del disordine internazionale, riduzione drastica
della cooperazione internazionale, debolezza dell'Europa, proliferazione ed
esasperazione dei conflitti...) che deve spingere il movimento per la pace
ad assumere una progettualita' articolata e lungimirante.
Per questo, vi invitiamo a partecipare al seminario nazionale della Tavola
della pace che si terra' sabato 7 dicembre 2002 ad Assisi, presso la
Cittadella, sede della Pro Civitate Christiana (il programma dettagliato
sara' disponibile nei prossimi giorni).
Con questo seminario ci proponiamo di:
- riflettere insieme sulla situazione internazionale e le nuove
responsabilita' del movimento per la pace;
- decidere come proseguire la mobilitazione contro la guerra in Iraq e per
la pace in Medio Oriente, a partire dalla giornata europea indetta dal Forum
sociale europeo per il 15 febbraio 2003;
- fare una valutazione sul Forum sociale europeo di Firenze e riflettere
sulle sue prospettive;
- definire il contributo della Tavola della pace al Forum sociale mondiale
di Porto Alegre (gennaio 2003);
- dare avvio al progetto "per un'Europa solidale e nonviolenta" e al
comitato organizzatore della quinta Assemblea dell'Onu dei Popoli e della
Marcia per la pace Perugia-Assisi del 2003;
- discutere come rafforzare la Tavola della Pace e definire il programma di
lavoro per il 2003.
Con l'augurio di poterci incontrare ad Assisi, vi inviamo i piu' cordiali
saluti.
Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace
Per informazioni econtatti: Tavola della pace: via della viola 1, 06122
Perugia, tel 0755736890, fax 0755739337, e-mail: segreteria at perlapace.it,
sito: www.tavoladellapace.it

3. APPELLI. UN APPELLO DI ALCUNI SENATORI E DEPUTATI: ANDREOTTI NON E' SOPRA
LA LEGGE
[Il testo di questo appello abbiamo ripreso dal quotidiano "Il manifesto"
del 22 novembre 2002]
In seguito alla sentenza di condanna a carico del senatore a vita Giulio
Andreotti, diciotto parlamentari del Comitato "La legge e' uguale per tutti"
hanno firmato un appello in difesa dell'autonomia e dell'indipendenza della
magistratura.
"Crediamo che una legge uguale per tutti sia alla base della convivenza
civile in un sistema democratico e su questo presupposto ci siamo mossi in
questi mesi. Davanti ai clamori e alle polemiche conseguenti alla condanna
in secondo grado del senatore Andreotti, riteniamo di dover ribadire che un
sistema democratico deve basarsi sul bilanciamento dei poteri, nel quale
ogni mandato si deve esplicare nel pieno rispetto di tutte le regole, e che
quindi nemmeno l'investitura del voto popolare puo' essere considerata
prevalente e in questa ottica consideriamo che sia patrimonio inviolabile
l'autonomia e l'indipendenza della Magistratura.
Ripetuto che per tutti la presunzione di non colpevolezza deve essere totale
fin al compimento del giudizio, crediamo che non si possa usare il caso
specifico per alimentare una polemica sulla credibilita' della Magistratura
e quindi scardinare l'ordinamento costituzionale, cosi' come crediamo che il
caso specifico non possa essere indicato come sintomo di malessere, crisi,
non funzionamento o quant'altro della Magistratura.
Ad esempio, non si tratta di un disinvolto, arbitrario, interessato
procedere di un Pm, ma si tratta di un giudizio emesso da un collegio
composto anche da giudici popolari, di una decisione specifica che puo'
essere anche "sbagliata" ma comunque si tratta di una decisione che deve
essere accettata, puo' essere modificata e corretta, e puo' essere non
condivisa e discussa, auspicabilmente alla luce di tutti gli elementi e
quindi a sentenza depositata, nel pieno rispetto e nell'accettazione delle
regole democratiche che abbiamo prima richiamato.
Una sentenza che viene modificata in appello non e' sintomo di una patologia
del sistema giudiziario, ma e' la prova del suo funzionamento.
Si continua a parlare di giustizia senza dire cosa si vuole cambiare.
C'e' il legittimo sospetto che continueremo a discutere di progressivi
ridimensionamenti della Magistratura anziche' affrontare i veri problemi
della giustizia per tutti. Lo diciamo anche da garantisti, ma ancora una
volta le garanzie debbono essere per tutti e non solo per alcuni.
Abbiamo invece assistito ad una serie incredibile di straripamenti, di
aprioristiche assoluzioni politiche, di inammissibili giudizi di chi riveste
cariche istituzionali, di accuse, evidentemente interessate, di processi
televisivi, che peraltro sono un privilegio soltanto di alcuni condannati,
che nei fatti sono diventati solamente, per testo e contesto, attacchi alla
magistratura".
Per ulteriori adesioni: m.acciarini@ senato.it, a.battisti at senato.it
Sen. Maria Chiara Acciarini, sen. Alessandro Battisti, sen. Daria Bonfietti,
on. Valerio Calzolaio, on. Francesco Carboni, sen. Renato Cambursano, sen.
Mario Cavallaro, sen. Nando Dalla Chiesa, sen. Bruno Dettori, sen. Tana De
Zulueta, sen. Anna Donati, on. Giovanni Kessler, sen. Marina Magistrelli,
sen. Achille Occhetto, sen. Pierluigi Petrini, on. Roberta Pinotti, sen.
Albertina Soliani, sen. Gianpaolo Zancan.

4. RIFLESSIONE. SERGIO PARONETTO: AMAREZZA E PREGHIERA
[Ringraziamo Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto at yahoo.com)
per questo intervento. Sergio Paronetto e' impegnato nei movimenti
nonviolenti e particolarmente in Pax Christi, ed e' un infaticabile
operatore di pace]
Come molti di voi, anch'io stasera 21 novembre 2002 ho il cuore gonfio di
amarezza. Dopo aver pensato e scritto qualcosa, sento il bisogno di
comunicarvi un pensiero.
Stasera  anche  l'Italia sta entrando in guerra. Al vertice Nato di Praga,
Berlusconi e' stato chiaro. Fini ha precisato che siamo pronti sia
all'azione militare sia alla ricostruzione col contributo delle nostre
imprese.
Lo sappiamo tutti. Si avvicina il tempo di una grande mobilitazione. Forse
inedita.
Essa dovra' unire l'indignazione verso "la guerra immorale e illegale" alla
forza creativa della nonviolenza.
A una lotta nonviolenta determinata e serena in nome della Carta dell'Onu.
In nome della Costituzione italiana.
Ognuno in nome delle sue convinzioni piu' radicate.
Per continuare l'impegno di Firenze.
La giornata del dialogo cristiano-islamico (29 novembre) puo' essere
importante cosi' come l'anniversario della Dichiarazione universale dei
diritti umani (10 dicembre).
Per i credenti in Cristo "nostra pace" che ha abbattuto i muri di divisione
annullando nel suo corpo l'inimicizia (Ef 2,14), giunge il tempo di
diventare corpo donato alla pace, di alzarsi in piedi, di cantare la
rivoluzione del Magnificat.
Penso sia necessario accompagnare l'iniziativa piu' ampia e decisa con una
vibrante contemplazione, con una robusta preghiera. Lasciamo che lo Spirito
preghi in noi e con noi librandosi sugli abissi del male.
Vigilando. Se volete, cerchero' ogni tanto di comunicarvi qualche
espressione orante disponibile a leggere le vostre e pregando con voi.
Shalom.
Sergio

5. RIFLESSIONE. DANIELA MANINI: IL PRIMO ESEMPIO DI DISOBBEDIENZA CIVILE
[Dallo stupendo articolo di Daniela Manini, Le irriducibili, in "Keshet.
Vita e cultura ebraica", n. 2-3 del maggio-giugno 2002, riportiamo questo
minimo passo, ma tutto l'articolo merita di essere letto, e tutta la bella
rivista diretta da Bruno Segre (per contatti: keshet at libero.it). Daniela
Manini e' architetto, docente, cultrice di studi biblici]
Non e' probabilmente un caso che il primo esempio di disobbedienza civile
propostoci dalla Bibbia sia offerto da donne, le levatrici che non eseguono
l'ordine del Faraone di uccidere i neonati maschi ebrei.

6. RIFLESSIONE. LAURA LANZILLO PRESENTA L'ULTIMO LIBRO DI ROSI BRAIDOTTI
[Questo articolo abbiamo ripreso dal quotidiano "Il manifesto" del 21
novembre 2002]
In questa piccola fetta di pianeta che anche noi abbiamo la ventura di
abitare dopo l'11 settembre 2001 nel discorso pubblico e in quello politico,
anzi nel discorso pubblico e politico maschile, sembra sia diventato
impossibile non affrontare le questioni che ineriscono al vivere associato,
l'esistenza dello spazio comune, le relazioni (pubbliche o private che
siano) fra individui, in termini di continua e violenta opposizione:
Occidente contro Islam, civilta' contro barbarie, cattolici contro
musulmani, identita' contro cosmopolitismo, cittadini contro clandestini,
nazioni contro nazioni, culture contro culture.
E ovviamente anche la politica italiana non si sottrae alla discussione. Uno
degli ultimi grotteschi episodi che animano il misero dibattito pubblico
italiano e' la questione del crocifisso, imposto dal ministro Moratti in
ogni aula di scuola, richiesto - con la proposta di un disegno di legge
presentato da zelanti esponenti della Lega - in tutti gli uffici pubblici.
Perche'? Perche' contraddistinguerebbe l'identita' nazionale italiana;
perche' - secondo le parole di Baget Bozzo - sarebbe "espressione di
civilta'".
E di nuovo abbiamo assistito a pagine di giornali, interviste, inchieste e
sondaggi su "siete d'accordo sul crocifisso nelle scuole?", "lei, che cosa
appenderebbe sul muro del suo ufficio?" e amenita' varie. Fino alle proposte
di affiggere sui muri delle scuole anche i simboli delle altre religioni, in
modo da trasformare il muro che sta dietro la cattedra e che tutti
ricordiamo triste, sporco, un po' scrostato e leggermente ammuffito in un
bel patchwork colorato su cui gli alunni possano fissare l'attenzione e
distrarsi un po' dalle lunghe e "noiose" lezioni che quotidianamente li
tormentano. Una bella soluzione, vero? Degna di una politica di sinistra e
progressista, all'insegna della tolleranza e del multiculturalismo e che si
oppone all'intolleranza e all'arroganza del potere della destra di governo.
Ma siamo sicuri che le retoriche della tolleranza e del multiculturalismo di
cui si fa paladina una certa parte della sinistra siano davvero strategie
politiche alternative e opposte alle logiche identitarie di esclusione, di
violenza, di confinamento e di dominio che guidano oggi tragicamente tanto
la politica estera di George Bush jr. quanto la politica interna italiana
(ma non solo italiana) che emana la legge Bossi-Fini e i decreti sul
crocifisso?
*
Una nuova occasione per riflettere su questi temi, finalmente in maniera non
dogmatica, ma come assunzione problematica delle ferite e delle sfide che il
nostro tempo offre sia alla riflessione sia alla pratica politica, e' il
nuovo libro di Rosi Braidotti, Nuovi soggetti nomadi (Luca Sossella editore,
pp. 202, euro 15,00).
Braidotti, teorica femminista, docente di women's studies all'universita' di
Utrecht, ripresenta con questo volume la sua teoria e pratica del soggetto
nomade, gia' esposta in un famoso libro del 1994, pubblicato in Italia da
Donzelli nel 1995 con il titolo Soggetto nomade. Femminismo e crisi della
modernita'. A quel testo, di cui vengono ripubblicati i primi quattro
capitoli, e' oggi aggiunto un nuovo capitolo: Genere, identita' e
multiculturalismo in Europa.
E' in queste ultime pagine che Braidotti prova ad andare oltre le teorie del
pensiero critico (che pure e' tra le fonti primarie della sua riflessione)
che vedono un'Europa il cui destino, fato ineludibile, sarebbe la propria
decadenza, il proprio tramontare, prolungato in un'inesauribile agonia.
Braidotti pensa invece all'Europa come spazio di quel soggetto nomade che
non abita il centro - come il soggetto della modernita' -, ma che viaggia
nella periferia di uno spazio che non e' piu' immaginato e vissuto come
omogeneo e omogeneizzante, quale era quello degli Stati-nazione, ma che e'
tutto quanto periferia, margine, differenza, pluralita', in questo senso
multiculturale.
Contro le coazioni identitarie a cui e' fin dall'origine sottoposta la
politica moderna Braidotti riafferma (e di recente lo ha fatto anche sulle
pagine di questo giornale in due interviste rilasciate a Ida Dominijanni) la
scommessa nei confronti delle "soggettivita' nomadi e diasporiche che si
possono coalizzare contro le identita' fisse e la retorica nazionalista e
razzista" (vedi "Il manifesto" del 13 settembre scorso).
La soggettivita' nomade, di cui manifestazione precipua e' la soggettivita'
femminile, e' una possibile risposta alla crisi del soggetto moderno
razionale, di cui emblema e' l'individuo cittadino maschio proprietario.
Alle strategie di omologazione e identificazione che governano la
costruzione dell'individuo abitante dello Stato si oppone un'ottica che da'
priorita' alla differenza sessuale, ambito nel quale avviene la relazione di
riconoscimento delle differenze (e non solo delle uguaglianze) tra donne e
tra donne e uomini.
"Poiche' classe sociale, razza, appartenenza etnica, genere, eta' e altri
tratti specifici sono gli assi di differenziazione che, intersecandosi e
interagendo, costituiscono la soggettivita', la nozione di nomade si
riferisce alla simultanea presenza di alcuni o molti di questi tratti nello
stesso soggetto".
*
In un continuo dialogo con gli apporti piu' fecondi della riflessione del
pensiero femminile (dalle teoriche della differenza sessuale francesi e
italiane alle pensatrici influenzate dal pensiero critico, dal radicalismo
lesbico alle pensatrici post-coloniali, dall'empirismo femminista alla
teoria del feminism standpoint), ma anche con la riflessione filosofica
poststrutturalista o le analisi critiche ai concetti di nazione, identita',
cultura che provengono dall'antropologia o dai postcolonial Studies,
Braidotti mette ora a verifica la figura della nomade di fronte alle sfide
della globalizzazione e prova a "collocarla" concretamente nel nuovo spazio
dell'Unione Europea.
Al nazionalismo europeo, al mito dell'omogeneita' culturale e della
whiteness, e cioe' l'essere bianchi come valore che fonda e normalizza le
dinamiche di potere che certificano il dominio del bianco (il non colore)
sugli altri colori e su cui si costruirebbe la presunta identita' europea,
Braidotti oppone la realta' della whiteness, il suo essere cioe' colore fra
i colori, segno di collocamento, differenza non escludente, ma che dalla
consapevolezza e responsabilita' di se' e di cio' che quella differenza
significa si apre alla relazione con le altre differenze. "Essere un
soggetto nomade europeo significa essere in transito all'interno di
differenti formazioni identitarie ma allo stesso tempo sufficientemente
ancorati a una posizione storica da accettare di assumersene la
responsabilita'".
Il multiculturalismo di cui ci parla Braidotti e' allora solo apparentemente
parola identica a quella che usano i teorici nord-americani, alla Walzer o,
da noi, alla Sartori.
Se in questi ultimi multiculturalismo di fatto indica una strategia di
potere non molto dissimile da quella veicolata in eta' moderna attraverso il
concetto di tolleranza, poiche' diventa nei fatti strategia di esclusione di
chi non fa parte della comunita', in Braidotti multiculturalismo diventa
parola e concetto nuovo, che apre a una pratica politica nuova, fondata
sull'originario differire da se' del soggetto (di cui ognuno fa esperienza
nel distacco dal corpo della madre al momento della nascita) e che a partire
da cio' riflette non sull'omogeneita' artificiale della comunita' politica,
ma sullo squilibrio sociale che agisce positivamente la politica. Una
soggettivita' che alla sicurezza dei confini e dell'autoidentificazione come
costituzione-isolamento del se' oppone la contaminazione, l'ibridazione, il
contatto fra i corpi, l'esodo da se' e dalla propria signoria di potere e
dominio.
Vicina alle riflessioni sulla questione multiculturale proposte da Stuart
Hall o da Moulier-Boutang, Braidotti oppone a un'idea di cultura come
sostanza o bagaglio "etnico" naturale, che ognuno di noi porterebbe con se',
la forma della differenza, snodo imprescindibile per pensare e praticare lo
spazio europeo come spazio marginale, "progetto aperto e multistratificato".
Il razzismo, il fondamentalismo religioso, la militarizzazione e la
virilizzazione della sfera pubblica e della vita quotidiana, di cui prime
vittime sono i corpi senza vita che ormai quotidianamente approdano sulle
nostre spiagge, testimoniano che lo spettro della "Fortezza Europa" e' oggi
una tragica realta', che se esclude chi europeo non e', al tempo stesso
rende noi, europei, prigionieri delle sue stesse mura.
Il libro di Braidotti ci ricorda tuttavia che la "Fortezza Europa" non e' il
nostro fato ineludibile, ma che ad essa si puo' sostituire un'altra Europa,
un'Europa che al lessico maschile della guerra e della violenza,
dell'identita' e della tolleranza opponga la parola femminile della
relazione, del dialogo, della responsabilita' "nei confronti di quella
particolare fetta di periferia del mondo che ci tocca di abitare".

7. MAESTRI. LEV TOLSTOJ: SE QUESTA PRESUNTA SCIENZA
[Da Leone Tolstoi, La vera vita - Il denaro - Come leggere il Vangelo,
Manca, Genova 1991, p. 245. Lev Tolstoj, nato nel 1828 e scomparso nel 1910,
non solo grandissimo scrittore, ma anche educatore e riformatore religioso e
sociale, propugnatore della nonviolenza intesa come cristiana "non
resistenza al male", che si potrebbe anche dire: in-nocenza (che, insieme a
nonviolenza, e' una bella traduzione della parola gandhiana ahimsa). Opere
di Lev Tolstoj: tralasciando qui le opere letterarie (ma cfr. almeno Tutti i
romanzi, Sansoni, Firenze; e alcuni dei piu' grandi racconti, come La morte
di Ivan Il'ic, e Padre Sergio), della gigantesca pubblicistica tolstojana
segnaliamo particolarmente almeno Quale scuola, Mondadori, Milano; Perche'
la gente si droga? e altri saggio su societa', politica, religione,
Mondadori, Milano; Il regno di Dio e' in voi, Bocca, Roma, poi
Publiprint-Manca, Trento-Genova; La legge della violenza e la legge
dell'amore, Edizioni del Movimento Nonviolento, Verona; La vera vita, Manca,
Genova. Opere su Lev Tolstoj: dal nostro punto di vista segnaliamo
particolarmente Pier Cesare Bori, Gianni Sofri, Gandhi e Tolstoj, Il Mulino,
Bologna; Pier Cesare Bori, Tolstoj, Edizioni cultura della pace, S. Domenico
di Fiesole (Fi); Pier Cesare Bori, L'altro Tolstoj, Il Mulino, Bologna;
Amici di Tolstoi (a cura di), Tolstoi il profeta, Il segno dei Gabrielli, S.
Pietro in Cariano (Vr). Un riferimento utile: "Amici di Tolstoi", c/o Gloria
Gazzeri, via Casole d'Elsa 13, 00139 Roma, tel. 068125697, e-mail:
amiciditolstoi at tiscalinet.it]
Se questa presunta scienza, l'economia politica, non si fosse assunta, cosi'
come tutte le scienze giuridiche, il compito di fare l'apologia della forza,
essa non cercherebbe di negare che l'attuale ripartizione delle ricchezze,
l'esclusione di una parte degli uomini tanto dal possesso delle terre e del
suolo che dal capitale, l'asservimento di questi stessi uomini da parte di
altri uomini, e' in stretta correlazione con l'esistenza del denaro, poiche'
oggi non e' che con l'uso del denaro che gli uni dispongono del lavoro degli
altri, ovvero mantengono questi ultimi sotto la loro dipendenza.

8. POESIA E VERITA'. DARIA MENICANTI: LIETO FINE
[Da AA. VV., Poesie d'amore. L'assenza, il desiderio, Newton Compton, Roma
1986, 1994, p. 68. Daria Menicanti, insegnante, traduttrice, saggista, e'
stata una fine poetessa]

C'era una volta che mi innamorai
di uno sino a conviverci.
Ma lui cercava una perpetua rissa
e applausi femminili al suo nome
e l'affannata attesa per ognuno degli ambiti ritorni.
Ora il suo battelletto se n'e' andato
lontano. In compagnia di un dappoco
oggi mi annoio. Eh, si':
meravigliosamente mi annoio

9. MAESTRI. COSIMO SCORDATO RICORDA DANILO DOLCI
[Questo intervento padre Cosimo Scordato lo ha pronunciato alla tavola
rotonda svoltasi il 20 aprile 2002 a Palermo nell'ambito della giornata
maieutica su "Il metodo nonviolento nell'esperienza di Danilo Dolci".
Abbiamo ripreso il testo dalla bella rivista del Centro per lo sviluppo
creativo "Danilo Dolci" di Partinico, "Appunti per gli amici" n. 3 del
gennaio-giugno 2002 (ringraziamo Vito La Fata - per contatti:
vitofata at inwind.it - per avercene inviata anche la versione elettronica).
Cosimo Scordato, nato a Bagheria nel 1948, sacerdote, docente di teologia
sistematica presso la Facolta' Teologica di Sicilia, fondatore negli anni
ottanta del "Comitato popolare antimafia", dal 1986 e' rettore della chiesa
S. Francesco Saverio all'Albergheria di Palermo dove con l'omonimo centro
sociale lavora a una prassi e a una teoria del risanamento. Opere di Cosimo
Scordato: Uscire dal fatalismo, Edizioni Paoline, Milano 1991; (con Giuseppe
Savagnone e Emanuele Sgroi), Violenza, mafia e criminalita' organizzata,
Caritas-Piemme, Casale Monferrato 1995. Opere su Cosimo Scordato: Augusto
Cavadi, Fare teologia a Palermo. Intervista a don Cosimo Scordato, Palermo
1990. Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova
nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; partecipa all'esperienza di
Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale in
cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il
sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni
e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della
nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Tra le molte opere
di Danilo Dolci segnaliamo per un primo avvio almeno le seguenti: una
antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e
riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di
creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti:
Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e
l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Opere su Danilo Dolci: Giuseppe
Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La
parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci);
Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S.
Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza.
Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes,
Napoli 2000]
La complessita' di Danilo Dolci ci impone il dovere di tornare a piu'
riprese e da diverse prospettive alla sua figura; non pretendendo di offrire
un approccio complessivo, ci limiteremo a ricostruire alcune sue
sfaccettature a partire dagli incontri personali dai quali e' nata non solo
quella grande attenzione che ha fatto maturare anche alcune precise scelte
del nostro centro sociale, ma anche la franca e sincera amicizia scandita da
incontri, telefonate, la nostra visita al borgo di Dio e, viceversa, gli
interventi di Danilo presso il nostro centro.
L'intervento ha anche il duplice valore della personale testimonianza ad un
uomo che ha saputo amare la Sicilia, sposandone ricchezze e poverta'; e
della riconoscenza-riconoscimento che tante delle intuizioni che hanno
ispirato il lavoro del nostro centro hanno avuto origine dalla esperienza
socio-culturale e politica di Danilo.
La scansione temporale diventa anche un pretesto per evidenziare alcuni
degli aspetti piu' rilevanti della complessita' della sua figura.
*
L'incontro e la curiosita'
Il primo incontro di conoscenza risale al 1971 quando, essendo studente di
teologia a Roma, un mio amico, interessato ad un elaborato sulla
nonviolenza, mi chiedeva informazioni su Danilo; ma io, uscito da poco dal
seminario, non seppi fornirgliele; senonche' la cosa comincio' ad
interessarmi e cosi', prima lui stesso cerco' di entrare in contatto,
successivamente anche io decisi di fare una visita a Partinico, dove potei
incontrarlo insieme con Francesco Stabile.
Mi ricordo soprattutto l'atmosfera di quel luogo, tappezzato di manifesti,
scritte e, tra le altre, la famosa immagine dei due asini di fronte a due
balle di paglia con la scritta "cooperation"; lui non pote' dedicarci troppo
tempo, ma servi' per avere una prima idea di alcune delle sue iniziative
soprattutto sul versante pedagogico (con seminari, incontri di studio,
esperienze con bambini...); ma l'incontro servi' piu' a creare il contatto
che non a dare una compiuta informazione su tutto quello che avveniva in
quel luogo ed intorno ad esso.
*
Il profilo intellettuale
L'anno seguente cominciai le mie letture a partire dai Racconti siciliani;
l'impatto, inizialmente strano, a poco a poco mi faceva intravedere, dietro
il genere letterario singolare della narrazione dalla viva voce dei vari
personaggi, l'interesse che Danilo dedicava all'ascolto, raccogliendo anche
le briciole delle inflessioni dialettali e, dietro di esso, quel genere
letterario narrativo che nella gente privilegia le cose e non le parole in
un tentativo di presa diretta sulla realta'; storie di vita dalle quali si
profilano vicende, emozioni non mediate se non da una parola che le
concretizza; storie di vita che rappresentano anche uno spaccato di quella
gente, per lo piu' proveniente dal mondo rurale, alle prese con
l'inserimento lavorativo, con le difficolta' a farsi strada in una societa'
che non sempre e' ospitale (emigrazione); frammenti di vita familiare, a mo'
di bozzetti, che lasciano intravedere la concretezza di una cultura (il modo
di pensare, di agire, di interferire...); ma, la cosa che ancor piu' mi
tocco' era l'attenzione a questa povera gente che diventava soggetto
narrante e soggetto narrato e tutto questo mi faceva percepire il profilo
popolare dell'antropologia di Danilo.
*
Le autoanalisi popolari
Dimensione popolare che scoprivo ancor piu' successivamente quando, leggendo
Inchiesta a Palermo, mi rendevo conto da un lato del suo desiderio di
conoscenza non compromesso da letture presuntuose, ma alimentato dal dare la
parola e dalla voglia di leggerci dentro in profondita'; dall'altro lato, mi
rendevo conto della sua attenzione a questo soggetto comunitario col quale
voleva concrescere attraverso quel difficile percorso dell'autoanalisi
popolare da cui doveva scaturire una piu' articolata comprensione della
realta', ma orientata ad una soggettualita' politica, capace di rivendicare
diritti senza alcuna violenza, con la sola arma della partecipazione
democratica e della rivendicazione dignitosa del proprio riscatto.
*
La saggezza popolare
L'attenzione alla gente ed alla cultura popolare costituiva una delle sue
fonti di pensiero; era come se si fosse assegnato non solo di dare voce alla
gente, ma anche di dare da pensare raccogliendo le osservazioni che
soprattutto la vita di ogni giorno (in campagna o in mare) faceva maturare
nella vita di ognuno, dando forma ad un pensiero, spesso implicito, ma che
richiede molta attenzione se vuole essere apprezzato.
A tal proposito, mi ricordo il suo intervento in un convegno di educazione
alla mondialita', nel quale era stato inserito un suo gruppo di lavoro;
abbiamo partecipato al momento conclusivo nel quale Danilo doveva valutare i
risultati della partecipazione emersi dal laboratorio; due cose mi colpirono
in quell'incontro nel quale egli raccolse ed evidenzio' con un'attenzione
meticolosa i frammenti dell'esperienza di ciascuno; la prima fu l'attenzione
che rivolse al peduncolo del limone; essa nasceva da un dialogo con un
contadino il quale gli aveva fatto notare sia l'importanza del peduncolo
nella pianta, sia l'importanza del modo come raccogliere il frutto; nel
peduncolo, infatti, si dava questo interscambio che porta la pianta a
fruttificare e, viceversa, che tiene in vita il frutto in quanto collegato
vitalmente alla pianta; cosi', lui stesso mi propose di leggere un testo che
raccontava di questo dialogo, e a stento ci trattenemmo dalla commozione per
la cura con cui tutte le considerazioni venivano osservate, raccolte e date
a pensare.
*
La maieutica e la reciprocita' della comunicazione
Altro tema importante che lui stesso presento' al nostro centro era quello
della comunicazione; era il momento nel quale stava lavorando al manifesto
"dal trasmettere al comunicare" intorno al quale era riuscito a raccogliere
un consenso ampio e qualificato; era sostenuto da molte firme illustri e
non, e soprattutto era diventata la proposta per un ripensamento della vita
politica e della stessa pedagogia scolastica: il trasmettere, infatti, e'
fonte di violenza, solo il comunicare rispetta l'altro e crea le condizioni
per la reciprocita' personale.
In questo contesto, non solo riprendeva il tema classico della maieutica
socratica, ma metteva in evidenza anche il valore della reciprocita' proprio
a partire dalla esperienza della gravidanza e della maternita': la donna da'
tutto al bambino, ma il bambino da' alla donna di diventare madre;
intuizione bellissima di grande intensita' umana e di grande portato
antropologico; non c'e' nessuno talmente povero che non abbia qualcosa da
dire e da dare e viceversa non c'e' nessuno talmente generoso che non abbia
qualcosa da ricevere.
*
La Nota a Uscire dal fatalismo
L'ultimo riferimento e' a quella Nota che con tanto affetto e cura egli
scrisse come Introduzione al volumetto Uscire dal fatalismo (Edizioni
Paoline, Alba 1991); per noi del Centro sociale si trattava di
un'esplicitazione del profondo filo rosso che ci legava a Danilo al di la'
delle genealogie bibliografiche; con la solita padronanza delle tematiche
della contemporaneita' egli coglieva nel segno nel momento in cui,
apprezzando il nostro lavoro e soprattutto sollecitandolo a nuovi
approfondimenti, indicava nel frammento del lavoro quotidiano in un
quartiere popolare la possibilita' di resistere alla condizione dispersa
dell'omile umano, come a volere restituire alla dimensione del territorio ed
ai fili della tessitura quotidiana di rapporti, di collaborazioni, di
sinergie volti tutti alla liberazione dell'uomo, la dignita' di una presenza
che sara' tanto piu' globale quanto piu' sapra' sporcarsi le mani nel
particolare di un luogo e di un tempo precisi e delimitati.
*
Religiosita'
Non mi risulta che Danilo fosse credente nel senso stretto della parola;
ne', mi pare, che avesse avuto modo di intrattenere rapporti particolari con
comunita' o persone religiose dell'Isola; per di piu' la sua opera non ebbe
particolare accoglienza all'interno della comunita' cristiana se il
cardinale Ruffini nella lettera pastorale "Il vero volto della Sicilia" si
permise di includere, tra i mali della Sicilia, proprio la persona di Danilo
Dolci; la qual cosa certamente lo avra' amareggiato; rimasi, pero',
edificato allorquando, avendogli ricordato detto episodio, egli mi sorrise e
si limito' a commentare dicendo: "erano altri tempi".
Solo una volta mi  capito' di sfiorare la tematica religiosa ed ho capito
che egli era interessato piuttosto a tutte le esperienze religiose in
quanto, ciascuna a modo proprio, sono portatrici di elementi di saggezza
umana; mi piace, pero', recuperare il tema da un altro punto di vista: il
profondo senso di religiosita' della vita; balza agli occhi di tutti,
infatti, la leggerezza di un pensiero che vuole restituire la poesia al
senso delle cose; il fatto che, dopo tante pubblicazioni caratterizzate da
fine osservazione fenomenologica e da attento acume socio-culturale, senti'
il bisogno di ricorrere al linguaggio della poesia, non va ricondotto
soltanto a quella attitudine che emerge in tante persone di accompagnare le
proprie esperienze col taccuino delle espressioni poetiche, quanto piuttosto
va ricondotto a quella segreta attenzione al mondo della vita, al quale si
addice il linguaggio poetico in quanto capace di evocare la bellezza che
sorprende, di creare nessi linguistici che hanno il compito di restituire il
tessuto vivente delle creature, di far palpitare di fronte alla complessita'
della realta', di esprimere il senso di stupore di fronte alla gratuita'
dell'esserci e del ritrovarsi...
Si tratta di una strada diversa che fa intravedere il senso della
trascendenza non in un superamento-allontanamento dalle cose, piuttosto nel
farsi prendere da esse e dallo sporgere oltre di esse; ma ci basti, al
momento, avere appena insinuato un possibile percorso.

10. MATERIALI. UNA MINIMA BIBLIOGRAFIA SUL CARCERE
- AA. VV., Carcere 80, fascicolo monografico di "Devianza ed emarginazione",
n. 4 del dicembre 1982;
- AA. VV., "Ero in carcere...", fascicolo monografico di "Servitium", n. 39
del maggio-giugno 1985;
- AA. VV., Le istituzioni in Italia, Savelli, Roma 1976;
- AA. VV., Liberarsi dalla necessita' del carcere, atti del convegno
nazionale, Parma, 1-2 dicembre 1984;
- Giorgio Agamben, Mezzi senza fine, Bollati Boringhieri, Torino 1996;
- Amnesty International, Rapporto annuale 2002, Edizioni Cultura della Pace,
S. Domenico di Fiesole (Fi) 2002;
- Jose' Maria Arguedas, Il Sexto, Einaudi, Torino 1980, 1982;
- Franco Basaglia, Franca Basaglia Ongaro (a cura di), Crimini di pace,
Einaudi, Torino 1995;
- Marco Cappelletto, Anna Lombroso (a cura di), Carcere e societa',
Marsilio, Venezia 1976;
- Nils Christie, Abolire le pene?, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985;
- Luigi Ciotti, Persone, non problemi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994;
- Alessandro Dal Lago, Non-persone, Feltrinelli, Milano 1999;
- Elvio Damoli, Antonio Lovati, Carcere e societa'. Oltre la pena,
Caritas-Piemme, Casale Monferrato 1994;
- Michel Foucault, Dalle torture alle celle, Lerici, Cosenza 1979;
- Michel Foucault, Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino 1976;
- Ermanno Gallo, Vincenzo Ruggiero, Il carcere immateriale, Sonda,
Milano-Torino 1989;
- Bronislaw Geremek, La pieta' e la forca, Laterza, Roma-Bari 1986, 1995;
- Mario Gozzini, Carcere perche', carcere come, Edizioni Cultura della Pace,
S. Domenico di Fiesole 1988;
- Bianca Guidetti Serra, Francesco Santanera (a cura di), Il paese dei
celestini, Einaudi, Torino 1973;
- Primo Levi, Opere, 2 voll., Einaudi, Torino 1997;
- Saverio Lodato, Vademecum per l'aspirante detenuto, Garzanti, Milano 1993;
- Alberto Magnaghi, Un'idea di liberta', Manifestolibri, Roma 1985;
- Alberto Manacorda, Il manicomio giudiziario, De Donato, Bari 1982;
- Magistratura Democratica, Il carcere dopo le riforme, Feltrinelli, Milano
1979;
- Michelle Perrot (a cura di), L'impossibile prigione, Rizzoli, Milano 1981;
- Rapporto degli ispettori europei sullo stato delle carceri in Italia,
Sellerio, Palermo 1995;
- Aldo Ricci, Giulio Salierno, Il carcere in Italia, Einaudi, Torino 1971,
1978;
- Marina Valcarenghi, I manicomi criminali, Mazzotta, Milano 1975.

11. RILETTURE. ELISA GIUNCHI: RADICALISMO ISLAMICO E CONDIZIONE FEMMINILE IN
PAKISTAN
Elisa Giunchi, Radicalismo islamico e condizione femminile in Pakistan,
L'Harmattan Italia, Torino 1999, pp. 154, lire 29.000. Uno studio che
consigliamo.

12. RILETTURE. OSSERVAZIONI SULL'AGRICOLTURA GENETICAMENTE MODIFICATA E
SULLA DEGRADAZIONE DELLE SPECIE
Osservazioni sull'agricoltura geneticamente modificata e sulla degradazione
delle specie, Bollati Boringheri, Torino 2000, pp. 102, lire 24.000. Un
utile lavoro collettivo del gruppo dell'"Encyclopedie des nuisances" animato
a Parigi da Jaime Semprun.

13. RILETTURE. ISABELLE STENGERS: SCIENZE E POTERI
Isabelle Stengers, Scienze e poteri, Bollati Boringhieri, Torino 1998, lire
24.000. Un saggio agile e vivace.

14. LE MASSIME DA TRE SOLDI DI DRAGHIGNAZZO STOMACONI: TELEVISIONI
* Cosi' come nell'Opera da tre soldi si afferma che fondare una banca e' un
crimine peggiore che rapinarla, credo vi sia chi commette un crimine
peggiore di chi possiede o e' a capo di reti televisive intese alla
corruzione del gusto e delle anime e della cosa pubblica: coloro che
accettano di comparirvi come ospiti.

15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

16. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 424 del 23 novembre 2002