Una comunità Jekyll e una comunità Hyde.



Il quotidiano La Stampa di sabato 5 ottobre riporta un articolo di Noam Chomsky ripreso dalla rivista Global, dal titolo Una comunità Jekyll e una comunità Hyde.

In esso Chomsky sottolinea come molto spesso i termini del discorso politico vengano utilizzati attribuendo loro un significato diverso da quello letterale. Per esempio "il termine terrorismo non viene utilizzato secondo la sua definizione di vocabolario, ma è riservato agli atti di terrorismo commessi da loro contro gli Stati Uniti o i loro alleati e clienti".
Ecco alcune parti salienti dell'articolo.
"Uno di questi termini resi ambigui è la comunità internazionale . Il senso letterale è ragionevolmente chiaro: l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, o una sostanziale maggioranza di essa, ne costituirebbero una prima, buona approssimazione. Invece il termine viene regolarmente utilizzato per indicare gli Stati Uniti insieme ad alcuni alleati e clienti (Intcom). Di conseguenza, viene costituita una impossibilità logica per gli Stati Uniti di sfidare la comunità internazionale.

Da nessuna parte si legge che per 25 anni gli Stati Uniti hanno ostacolato gli sforzi della comunità internazionale volti a raggiungere un accordo fra israeliani e palestinesi, secondo le linee oggi riprese dalla proposta saudita, che la lega araba ha approvato nel marzo scorso. Usualmente quella proposta viene definita una grande opportunità storica che potrà essere realizzata soltanto se i paesi arabi si convinceranno, infine, ad accettare in pieno l'esistenza di Israele. In realtà i paesi arabi (insieme all'Organizzazione per la liberazione della Palestina) hanno ripetutamente fatto ciò, a partire dal gennaio 1976, quando si sono uniti al resto del mondo per sostenere una risoluzione del consiglio di sicurezza della Nazioni Unite che invocava un accordo politico basato sul ritiro di Israele dai territori occupati.(...) Gli stati Uniti opposero il veto alla risoluzione. Da allora, Washington ha regolarmente bloccato simili iniziative".

"Similmente, non leggiamo da nessuna parte che gli Stati Uniti sfidano la comunità internazionale in materia di terrorismo, pur se essi soli o quasi (con Israele, e l'unica astensione dell'Honduras) hanno votato contro l'importante risoluzione delle Nazioni Unite del dicembre 1987, che condannava duramente questa piaga dell'era moderna e chiedeva a tutti gli Stati di sradicarla. Le ragioni di quel voto sono istruttive e, oggi, di grande rilevanza. Ma tutto ciò è stato cancellato dalla storia, come avviene di solito quando Intcom si oppone alla comunità internazionale intesa nel vero senso della parola. A quel tempo, gli Stati Uniti stavano ostacolando gli sforzi compiuti dai latinoamericani per portare a compimento un accordo di pace in Centro America, e subirono una condanna per terrorismo internazionale dalla Corte internazionale di giustizia, che ordinò agli Stati Uniti di porre fine a tali crimini. La risposta degli Stati Uniti fu l'escalation".

"Uno dei più importanti temi contemporanei è la rivoluzione normativa che Intcom ha posto in atto negli anni '90, accettando infine così si sente affermare il suo dovere di interventi umanitario per porre fine a crimini tremendi. Ma nessuno ricorda che al contrario la comunità internazionale respinge il cosiddetto diritto all'intervento umanitario, insieme ad altre forme di coercizione che essa percepisce come una nuova forma dell'imperialismo tradizionale".

"C'è un genere letterario molto in voga, in cui ci si chiede quali carenze culturali impediscano a Intcom di rispondere in modo adeguato ai crimini commessi da altri. Secondo ogni logica, è invece assai più pressante un'altra domanda che resta senza risposta: perché Intcom persevera nei suoi crimini, sia agendo in prima persona, sia dando un indispensabile sostegno ai suoi clienti, che conducono pratiche omicide?".