[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 382
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 382
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 11 Oct 2002 21:21:10 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 382 del 12 ottobre 2002 Sommario di questo numero: 0. Una comunicazione di servizio: aggiornate gli antivirus 1. Giobbe Santabarbara, sei pensieri piu' uno 2. Enrico Peyretti, una storia per la pace 3. Umberto Santino, il girotondo dei mafiosi 4. Riccardo Orioles, lo sceicco bianco 5. Elise Freinet, mezzi di superamento 6. Francesca Mineo intervista Youssou N'Dour 7. Letture: "I quaderni speciali di Limes", Aspettando Saddam 8. Riletture: Claudio Napoleoni, Dalla scienza all'utopia 9. Riletture: Andrej Sinjavskij, Ivan lo Scemo 10. Riletture: Luciana Stegagno Picchio, La letteratura brasiliana 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 0. UNA COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: AGGIORNATE GLI ANTIVIRUS Da giorni ci giungono numerosissime e-mail recanti in allegato dei virus. Alcune apparentemente provenienti da noi stessi avendo come falso mittente l'indicazione del nostro indirizzo di posta elettronica. Lo stesso sta accadendo a vari altri interlocutori impegnati per la pace e la nonviolenza. Avvisiamo tutti i nostro interlocutori che noi non inviamo mai - ripetiamo: mai - messaggi con allegati, cosicche' se vi giunge una e-mail che ci indica come mittente e recante allegati distruggetela senza aprirla. Invitiamo tutti ad aggiornare gli antivirus dei propri computer. E comunque, come e' noto, nella rete telematica sono disponibili gratuitamente dei servizi di scansione on line con antivirus aggiornati; e' buona cosa effettuare frequenti controlli. 1. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA. SEI PENSIERI PIU' UNO 1. La guerra sa solo distruggere, ma cio' di cui l'umanita' ha bisogno e' salvare se stessa e il mondo dalla distruzione. 2. La guerra non e' il dato saliente della storia umana: il dato saliente e' la pace che sola consente la promozione della vita umana e il progresso della civilta'. 3. A chi afferma che talora non ci sono alternative alla guerra occorre rispondere che dal novero delle alternative proprio la guerra deve essere esclusa. 4. Poiche' la guerra, disse Gandhi, e' sempre omicidio di massa; poiche' la guerra, disse Balducci, e' uscita per sempre dalla sfera della razionalita'; poiche' la guerra tutti ci minaccia: noi che oggi siamo viventi, ma anche coloro che verranno e che non potranno essere se i loro potenziali genitori saranno annientati o che vivranno una vita di stenti se la biosfera sara' irreversibilmente degradata e la civilta' umana fortemente vulnerata, e coloro che furono e piu' non sono ma coi quali la nostra solidarieta' e' forte e assoluta poiche' la nostra umanita' e' tutta impastata del lascito loro, e che se distruggessimo l'umana civilta' sarebbero uccisi una seconda volta con il venir distrutto il frutto del loro travaglio e la memoria del loro consistere che chiamiamo cultura. 5. Per buona sorte del nostro paese la sua legge fondamentale proibisce la guerra. Pace e diritto coincidono quindi. E dunque ogni cittadino italiano in quanto tale e' vocato alla pace, cosi' riconosce la legge che nacque dopo l'ecatombe della seconda guerra mondiale, la Costituzione che fu scritta piu' che dalle mani dei sopravvissuti, dalla memoria del sangue e del cuore dei morti di quella catastrofe immane. E dunque e' in capo ad ogni nostro concittadino difendere la pace e tutto il resto viene dopo. 6. La guerra puo' essere impedita, quindi deve essere impedita. E' nelle nostre mani fermare la guerra. 7. Chiamiamo nonviolenza l'opposizione piu' limpida ed intransigente alla violenza; chiamiamo nonviolenza la lotta piu' coerente e inclusiva dell'umanita' intera contro cio' che alla dignita' umana si oppone; chiamiamo nonviolenza questo riflettere e questo agire, questo cercare e questo trovarci che istituisce colloquio corale, incontro dell'io e del tu, riconoscimento di umanita'. Chiamiamo nonviolenza l'impegno cui siamo chiamati come esseri umani che vogliono vivere la propria umanita', che vogliono che l'umanita' viva. 2. STUDI. ENRICO PEYRETTI: UNA STORIA PER LA PACE [Pubblichiamo la relazione tenuta da Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscalinet.it) al convegno di studi in onore di Alberto L'Abate sul tema "La nonviolenza nella ricerca, nell'educazione, nell'azione. La ricerca per la pace in Italia e nel mondo" svoltosi a Torino l'11-12 febbraio 2001. Abbiamo ripreso il testo dall'eccellente sito del Centro Studi Sereno Regis (per contatti: e-mail: regis at arpnet.it; sito: www.arpnet.it/regis/). Enrico Peyretti e' una delle figure di maggior rilievo della cultura della pace in Italia] Intendo che il compito dato a questo intervento, necessariamente schematico nel tempo limitato, sia la ricerca di un modo di concepire e raccontare la storia, tale da contribuire alla possibilita' della pace. Percio' non daro' qui bibliografie sulle ricerche storiche di pace, che possono essere trovate altrove (1). Provero' invece a rispondere a tre domande: quale concezione della storia, quale sentimento di fronte alla storia, e quale ricerca storica contribuiscono alla pace? Il presupposto, che mi pare ovvio, e' che la storia non si impone a noi come un oggetto dato, ma noi la vediamo, la raccontiamo, la leggiamo, la orientiamo, la pratichiamo in una direzione o nell'altra, nella logica della violenza o della costruzione pacifica, secondo lo spirito con cui la viviamo e la osserviamo. La scelta preliminare della pace positiva da' luce su un certo profilo della storia, sia come pensiero interpretativo dei fatti, sia come azione nel mondo. * 1. Quale concezione della storia? La storia puo' essere pensata secondo tre principali concezioni, ognuna delle quali puo' prevalere senza necessariamente escludere del tutto le altre: 1) storia determinata o guidata principalmente da una dinamica di forze materiali: economiche, militari, organizzative, quantitative; 2) oppure storia mossa da energie e risorse dello spirito umano, cioe' come possibile progresso umano, evoluzione umanizzatrice, civilizzatrice; 3) oppure storia composta da forze non solo umane ma umane e divine in libera sinergia, per l'affermazione del bene sul male (la salvezza), come nelle visioni religiose (dette di solito provvidenzialiste, termine che non deve essere inteso nel senso di fatalistiche e necessarie), specialmente nelle religioni storico-profetiche, del ceppo di Abramo, meglio che in quelle cosmiche, del ceppo indu' (2). La prima di queste immagini della storia e' quella che piu' facilmente si impone. Per esempio, i fatti del 1989 nell'Europa dell'Est, sono stati interpretati come la vittoria militare ed economica dell'Occidente nella terza guerra mondiale non combattuta, ma pur sempre decisa dalla forza militare, negando importanza decisiva, pur insieme ad altri fattori, alle rivoluzioni popolari nonviolente (3). Molte generazioni, ancora alcuni di noi, hanno imparato a scuola che la storia e' mossa e promossa in definitiva dalle guerre, perche' la storiografia e' stata per lo piu' opera degli scribi delle corti e dei governi, occupati nelle guerre, o degli intellettuali delle classi dominanti. Poi e' venuta l'attenzione degli storici alla vita dei popoli, fino alla microstoria del quotidiano, ben piu' seria, interessante e istruttiva. Se la storia e' questa, la storia della vita, allora essa comprende la guerra e la pace, l'amore e l'odio, la distruzione e la costruzione. La seconda visione della storia come fatta dallo spirito umano e' propria non solo delle filosofie idealiste, ma anche dalle filosofie etiche. Gandhi, quando gli viene contestato che la nonviolenza e' fuori dalla storia, scrive: "La storia in realta' e' una registrazione di ogni interruzione della costante azione della forza dell'amore o dell'anima (...), e' una registrazione di un'interruzione del corso della natura. La forza dell'anima, essendo naturale, non viene registrata dalla storia". La storia e' dunque, per Gandhi, un sismografo, che non scrive nulla quando la terra vive tranquilla e non trema, e si sveglia solo per registrare distruzione e morte. Gandhi dice pure che "il fatto che vi sono ancora tanti uomini vivi nel mondo dimostra che questo non e' fondato sulla forza delle armi ma sulla forza della verita' e dell'amore" (4). Cioe', questo fatto dimostra per Gandhi che la storia reale dell'umanita' non e' quella delle guerre. La vera storia e' il tessuto continuo della vita, nel quale prevale, pur con mille limiti, la cooperazione; nel quale procedono le cose umane, pur con i problemi che la vita sa risolvere piu' o meno bene. In questo tessuto, violenza e guerre ne sono soltanto gli strappi. Le guerre e la violenza, anziche' essere la storia, sarebbero proprio la non-storia, l'arresto e i vuoti della storia umana. Aldo Capitini ha questa idea della storia: "La storia vivente ha dimensioni molto piu' vaste di quella scritta. La storia non ha soltanto aperto questa strada, costruito questo argine, spostate queste pietre dal monte alla piazza architettonica; la storia ha dato moltissimo a me direttamente e interiormente, mediante l'umanita' scesa in me dai miei, e abitudini, tendenze, linguaggio, mentalita', che provengono dalla storia e continuano in essa. Anche riguardo a cose elementari la storia mi ha mutato; e certamente non guardo l'alba, il monte, il mare, con lo stesso animo con cui avrei guardato quegli eventi cosi' semplici tremila anni fa. Ormai non posso e non debbo disfarmi dell'attestazione interiore dei valori, perche' mi parrebbe di spiantare la ragione d'essere e di svilupparsi di qualsiasi coscienza umana" (5). La sostanza centrale della storia degli uomini e' cio' che altrove Capitini chiama la "costruzione corale dei valori", che avviene nell'intimo, nel silenzio, nel continuo delle esistenze, nelle loro dimensioni di incontro e non di scontro eliminatorio. Per Levinas la ragione totalitaria, linea di fondo della filosofia occidentale, eleva la storia universale a giudizio inappellabile dell'operato dei singoli, considera la guerra come strumento risolutivo del confronto politico, e infine giustifica tutti i regimi totalitari (6). Ma col termine "infinito" opposto a "totalita'", egli indica cio' che rompe la totalita', ed e' la relazione etica, che sorge dall'appello veniente dal volto bisognoso ed indifeso dell'altro uomo. Questo atto etico non ha bisogno di alcun riconoscimento da parte del giudizio storico per essere sensato, e neppure ha bisogno della promessa religiosa (7), perche' e' esso stesso significazione di senso. L'atto etico e' dunque la vera vicenda umana, che realizza l'umano, e non dipende dal cosiddetto successo storico (8). La storia, dunque, non e' tutta la realta'. Uno dei "convincimenti etici fondamentali" che "molta parte, la parte migliore dell'umanita', ha posto a base del suo vivere in societa', ha espresso in una straordinaria varieta' di culture popolari tra loro non isolate e ha trasmesso, soprattutto attraverso la sapienza della donna, sino al momento presente", uno di questi convincimenti e' "la tranquillita' e la pace che vengono dalla certezza di una giustizia non affidata alla storia" (9). Anche un pensatore come il nostro concittadino Vattimo, rifacendosi a Marcuse, ha espresso l'idea che la storia abbia come senso la riduzione della violenza (salvo poi vedere senz'altro la modernizzazione come effettiva riduzione di violenza, che e' giudizio ben discutibile) (10). E dunque, quando avanza la violenza, la storia umana si arresta o arretra, e viceversa. Tutti questi modi di interpretare il cammino attraverso vicende che hanno come protagonista eminente lo spirito umano, vedono la storia come consistente soprattutto nelle opere di pace. Nella terza delle concezioni indicate, la visione religiosa o teologica della storia come storia della salvezza, attraverso i liberi e fallibili atti umani, Dio vive insieme all'uomo la liberazione dal male e la crescita nel bene. Nessuna necessita' divina sostituisce l'uomo, ma l'alleanza di Dio lo accompagna. La storia non e' garantita dal rischio di fallire (la fedelta' infedele del popolo d'Israele nella Bibbia ebraica, poi, nella Bibbia cristiana, l'immagine mitica dell'inferno e della dannazione, o della distruzione apocalittica, significano questa possibilita' di fallimento personale e collettivo), ma e' sostenuta dalla speranza attiva. In particolare, nel cristianesimo, Dio si e' abbassato (kenosis) nella condizione umana per condividere con l'umanita' tutta l'esperienza del male e dell'ingiustizia piu' assurdi, per spezzarne l'assolutezza del potere con la forza dell'amore totale e infinitamente vitale. Questa storia di Dio con l'uomo si svolge non nei momenti isolati del rito religioso, ma nel tempo comune, dentro la storia umana, laica, quotidiana, fermentandola senza forzarla. Attraverso la libera fede e la risposta attiva e pratica, nella vita vissuta come amore, si compie la promessa e la profezia di salvezza, come disse Gesu' nella sinagoga di Nazareth: "oggi questa parola si realizza tra voi" (11). Questo genere di vita nell'amore generoso e sovrabbondante, non puo' essere altro che costruzione di una storia di pace. In questa visione, la storia vera e salvifica e' in corso, e' il cuore di tutta la storia, ed e' storia di pace attiva, nella lotta interiore contro il male, nella resistenza forte opposta alla violenza, ma nel perdono e nella mitezza anche verso il violento, per riguadagnarlo all'umanita'. * 2. Quale sentimento della storia? Questa seconda domanda vuole individuare gli atteggiamenti profondi ed esistenziali, prima che elaborati ed interpretativi, con cui gli umani si pongono davanti agli avvenimenti e ai movimenti della storia umana: atteggiamenti e sentimenti di rassegnazione e adattamento a cio' che avviene? Oppure volonta' di cambiamento verso un maggior valore, verso un senso migliore, discernendo bene e male, giusto e ingiusto, positivo e negativo? E quale sara' il criterio distintivo tra questi opposti? Se ci si pone davanti alla storia avvenuta e alla storia in atto in modo attivo e positivo, il passato sara' osservato per trarne esperienza, ma non sara' proiettato sul presente e sul futuro come una legge fatale, ed il futuro potra' essere progettato e voluto con caratteri migliori di tante situazioni ed eventi del passato. Qui entra in gioco davvero l'opzione profonda tra violenza e nonviolenza, tra la legge della forza e della sopraffazione da un lato e, dall'altro lato, la legge dell'equivalenza, cioe' dell'uguale valore tra gli esseri umani e del necessario reciproco rispetto assoluto. La "regola d'oro" presente in tutte le culture umane, detta in decine di modi diversi ma analoghi (ne ho raccolti circa venticinque), esprime e comanda questa equivalenza e questo rispetto: non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te (in negativo); fai agli altri quel che desideri che gli altri facciano a te (in positivo). L'opzione e' dunque essenzialmente morale, ed avviene nell'intimo dell'animo umano, nella libera (relativamente ma realmente libera) decisione fondamentale. Come opzione fondamentale, essa puo' essere contraddetta da singoli atti della persona, ma vale ancora se rimane l'orientamento di fondo di quella persona. Di fronte al male pesantemente presente nella storia e nel presente, la persona che ha scelto di agire secondo la regola d'oro, impegnandosi a superare la violenza della storia anzitutto a cominciare da se' (12), imparera' a indignarsi senza odiare (13), ad im-pegnarsi, sentendosi presa-in-pegno dal valore degli altri, sentendo che il confine buoni-cattivi, bene-male, non passa tra due campi o categorie, ma tra due comportamenti, due spiriti e atteggiamenti tra i quali ognuno ha da scegliere e decidersi, dentro di se'. * 3. Quale ricerca storica? La ricerca, in generale, dipende da cio' che gia' si pre-conosce in parte e percio' si desidera conoscere, proprio perche' non si conosce del tutto: Eros, per Platone, e' figlio di ricchezza e poverta': ha e non ha cio' che cerca; e' filo-sofo chi non e' sapiente come gli dei, ne' ignorante come gli animali bruti, ma ha un po' di sapienza e ne desidera altra, come gli esseri umani; Agostino intuisce che Dio dice a chi lo cerca: "Non mi cercheresti se non mi avessi gia' trovato". Che cosa si cerca nella storia? La scelta degli oggetti, degli ambiti, dei profili che andiamo a cercare nel mare immenso della realta' storica dipende dai sentimenti con cui alla storia guardiamo. E questi derivano dalla prime esperienze dell'esistenza personale, dalla cultura in cui si viene educati, e infine dalle scelte morali con cui personalmente si reagisce alle influenze ricevute e alla realta' incontrata. In conseguenza di cio' che ognuno cerca e va a vedere nella storia, si forma la propria concezione della storia. La quale e' quell'immagine del cammino umano nel tempo che una data tradizione, un dato insegnamento, una data ricerca e un dato orientamento personale ci danno. Una certa selezione dei fatti storici, da un certo punto di vista, forma quella certa filosofia della storia, che poi determina l'ottica con cui torniamo a cercare fatti e significati nella storia conoscibile. La ricerca storica dipende dal sentimento con cui guardiamo la storia e plasma l'idea della storia, che continuera' a guidare la nostra ricerca. Se abbiamo visto solo guerre e non abbiamo reagito con una indignazione attiva e impegnata a vedere di piu', continueremo a vedere solo guerre, a cercare solo guerre nel passato, e a non aspettarci altro che inevitabili guerre nel futuro. Per esempio, nei fatti del 1989, Johan Galtung vede la combinazione di tre fattori: il primato della politica, la politica di pace, il potere popolare dei due tipi di movimenti di base, per la pace all'ovest, del dissenso all'est, perche', in quanto cercatore di pace, ha la vista preparata a riconoscere le condizioni che rendono possibili grandi rivolgimenti politici senza uso di violenza. Altri, i piu', anche Bobbio, hanno visto soltanto la maggiore minaccia militare e la piu' forte pressione economica come causa della vittoria occidentale nella guerra non combattuta, ma rimasta minaccia effettiva di guerra, la Guerra Fredda. Cosi' la guerra, le armi, la sopraffazione sono riconosciute regine inamovibili della storia (14). Un altro esempio: la Resistenza italiana al nazifascismo e' stata per lungo tempo interpretata unicamente in termini militari. Anna Bravo ha ricordato che nel dopoguerra l'apposita commissione del Ministero della Difesa riconosceva la qualifica di partigiano soltanto a chi aveva partecipato a tre azioni armate (15). Ma Anna Maria Bruzzone affermava: "Nel nostro libro (16) abbiamo dato lo stesso valore a chi ha sparato e a chi ha nascosto in casa gli ebrei" (17). Nel lavoro citato alla nota 15, La Resistenza civile nelle ricerche storiche, ho cercato di seguire e dimostrare l'evoluzione, fino al 1995, della storiografia della Resistenza nello scoprire e riconoscere la realta' della resistenza civile. Claudio Pavone, che, nel suo saggio maggiore del 1991 (18) era rimasto insensibile alla ricerca della resistenza civile, non armata, nel 1995 riconosceva chiaramente, grazie al lavoro di Bravo e Bruzzone, il "valore euristico" del concetto di resistenza civile, che e' "qualcosa di piu' ampio" della cosiddetta resistenza passiva (19). Jacques Semelin, il maggiore storico europeo della resistenza civile, ha scritto nella sua opera principale: "Non e' stata la sola curiosita' storica a motivare questa ricerca: essa e' nata da un interrogativo piu' profondo, di natura etica e strategica, sulle capacita' delle societa' di resistere senza armi ad una aggressione (oocupazione militare o potere totalitario)" (20). Dunque, sono il bisogno e il desiderio di vedere che permettono allo storico serio di vedere, non di sognare, cio' che senza quel desiderio non saprebbe vedere. Il bisogno e la scelta della pace permettono di vedere la pace anche nella storia e non solo nell'utopia. Per superare la guerra, metterla fuori dalla storia, liberare l'umanita' da questo flagello, bisogna inventare e valorizzare le alternative. In questo modo bisogna vedere anche la storia, evidenziando non tanto le paci imposte dai vincitori ai vinti, che concludono le guerre, atto finale e scopo delle guerre stesse, non le paci-intervallo tra le guerre, ma le paci-invece-delle-guerre, cioe' i conflitti condotti a soluzioni non distruttive e non omicide. Cosi' pure, e' da fare anche una storia controfattuale. Non e' vero che la storia non si fa con i "se". E' invece importante studiare le alternative di pace lasciate cadere, o non viste per incapacita', o soffocate per volonta' contraria, e ipotizzare le differenti condizioni ed opportunita' che ne sarebbero seguite. Non e' vero che la storia si fa unicamente con i fatti pesantemente avvenuti. Anche le occasioni perse sono meditazione storica, per fare oggi e domani una storia di qualita' umana migliore. Questa e' ricerca storica per la pace. La ricerca delle alternative alla guerra e' particolarmente convincente quando e' possibile rintracciare nella storia fattuale, dei casi reali (pochi o tanti) di difesa dei giusti diritti, di liberazione da un'oppressione, di lotte condotte senza riproduzione della violenza omicida. Quel che e' fatto e' possibile, anche se appare difficile. La dominante cultura di guerra ha di fatto ignorato queste forme di resistenza e di liberazione, facendole apparire impossibili. A questa scoperta un ramo della cultura della pace sta lavorando in questi anni. Alberto L'Abate ha studiato le precedenti esperienze (21) ed ha realizzato egli stesso interventi alternativi alla guerra in zone di acuti conflitti (22). Anche per questo aspetto di prima importanza del suo lavoro lo ringraziamo e lo festeggiamo oggi. * Una sintesi della bibliografia "Difesa senza guerra", pubblicata in Effe, n. 9, estate 1998, rivista bibliografica delle Librerie Feltrinelli. Ho costruito progressivamente negli anni una bibliografia dei casi storici di difesa senza guerra, che aggiorno e completo continuamente. Qui richiamo e presento soltanto alcune delle maggiori opere indicate. Il primo libro italiano in argomento fu quello di Aldo Capitini, il filosofo italiano della nonviolenza, che porta alcuni casi storici: da Roma antica repubblicana, al Sudafrica 1900-1910 e 1952, all'India 1917-1947, alla Norvegia 1940-1943. L'antologia di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, e' fondamentale anche dal punto di vista storico, non solo per la lotta d'indipendenza dell'India, ma anche per l'azione di Gandhi negli altri grandi conflitti sociali e culturali meno noti che lo ebbero protagonista creativo e decisivo. Nel 1984 apparve la raccolta La difesa popolare nonviolenta in cui l'autore, Theodor Ebert, analizza, anche con una certa ampiezza, i seguenti casi: Berlino 1920, Ruhr 1923, Danimarca 1940-45, Norvegia 1940-43, Finlandia 1948, Berlino 1953, Ungheria 1956, Cecoslovacchia 1968, Polonia 1980. Da quasi trent'anni Gene Sharp promuove la ricerca storica nel Program on Nonviolent Sanctions in Conflict and Defense al Center for International Affairs della Harvard University. La sua opera del 1973, Politica dell'azione nonviolenta, in tre volumi (Potere e lotta, Le tecniche, La dinamica), pubblicati in Italia dalle Edizioni Gruppo Abele, e' un classico della Peace research. Sharp propone sette spiegazioni del fatto per cui gli storici hanno trascurato e ignorato questo genere di lotte, quindi elenca 198 tecniche di lotta nonviolenta, non immaginate a tavolino, ma osservate nella storia di tutti i tempi e luoghi. Per ogni tecnica l'autore colleziona diversi casi storici; si tratta dunque di una raccolta di molte centinaia di realta' storiche di nonviolenza attiva in luogo della guerra. Poche persone oggi, sotto l'effetto di rimbombanti notizie sull'islamismo violento, possono sapere che anche l'Islam ha ispirato e ispira azioni concrete nonviolente. Il libro di Eknath Easwaran presenta la grande figura e l'azione straordinaria di Abdul Ghaffar Khan. Leader nella lotta d'indipendenza dagli inglesi dei Pathan della Frontiera Indiana, Abdul Ghaffar Khan seppe condurre con l'educazione queste popolazioni musulmane, di tradizione ferocemente guerriera, ad adottare la resistenza nonviolenta contro il dominio inglese, e arrivo' a costruire un esercito nonviolento di 100.000 "servi di Dio". Questo "Gandhi musulmano" trovo' nella sua fede islamica l'ispirazione alla nonviolenza ed elaboro' in termini islamici questo concetto. Recente e' l'edizione italiana di Islam e nonviolenza di Chaiwat Satha Anand. Lo studioso thailandese, musulmano, sostiene con buoni argomenti la speciale attitudine della cultura islamica all'azione nonviolenta (nonostante fenomeni di uso politico strumentale dell'Islam), e racconta in particolare un'azione nonviolenta nel Pattani (Thailandia) nel 1975. Ancora tra popolazioni musulmane (in collaborazione con la minoranza cattolica locale) e' da segnalare la straordinaria decennale resistenza nonviolenta di massa del 90% della popolazione albanese del Kossovo al regime di pratica occupazione militare serba. Posso indicare anzitutto Ibrahim Rugova, La question du Kosovo; poi alcune pubblicazioni italiane, frutto di esperienza e testimonianza diretta, di Valentino e Giancarlo Salvoldi, Lush Gjergji e Alberto L'Abate. La serie dei Quaderni della Difesa Popolare Nonviolenta (Dpn), edita da La Meridiana di Molfetta (Bari), comprende ormai oltre trenta titoli, dei quali almeno una dozzina su precisi casi storici in Italia e nel mondo: Norvegia, Danimarca, Cecoslovacchia, Germania Est, Resistenza nel Bergamasco, Polonia, Filippine, Resistenza a Forli', Lettonia, Lituania. L'Ipri (Italian Peace Research Institute, via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824, fax 0115158000, e-mail: regis at arpnet.it), associato all'Ipra (l'associazione internazionale di ricerca per la pace), nel suo Comitato Scientifico per la Dpn (Progetto Nazionale di Ricerca sulla Difesa Popolare Nonviolenta, Comitato Scientifico, via San Giovanni Maggiore Pignatelli 14, 80134 Napoli, tel. 0815510286, fax Antonio Drago 0812394508) ha pubblicato gli atti di quattro dei cinque convegni nazionali di ricerca, includenti anche esempi storici. Se ci fu resistenza nonviolenta al nazismo, il piu' feroce dei domini militari, allora questo metodo ha valore molto generale. In questo ambito, l'opera finora piu' completa e' quella di Jacques Semelin, Senz'armi di fronte a Hitler. La resistenza civile in Europa 1939-1943, ed. Sonda 1993. Il lavoro si limita al periodo 1939-1943 per illustrare le sole forme di lotta nonarmata autonome dalla lotta armata. Studia le forme di resistenza nonarmata al nazismo in tutti i paesi occupati e nella stessa Germania. L'edizione italiana contiene anche due appendici: una assai utile di Stefano Piziali, Commento bibliografico. La resistenza nonarmata in Italia; e una mia (che sara' pubblicata riveduta e corretta), Un caso italiano: lo sciopero come strumento di lotta, sugli scioperi operai del '43 e '44 in Italia, trascurati da Semelin. Sulla resistenza italiana un lavoro meritorio e' il libro di Anna Bravo e Anna Maria Bruzzone (In guerra senz'armi. Storie di donne 1943-1945). Sono 125 interviste su diversi aspetti dell'opposizione delle donne alla guerra con atti di umanita', e sulla violenza di genere inflitta dalla guerra alle donne. Il libro contribuisce a individuare un'immagine della difesa che supera la guerra, e della cittadinanza svincolata dalla figura del cittadino in armi. In tema di Resistenza italiana merita segnalare l'attivita' del Centro Studi Difesa Civile (via della Cellulosa 112, 00166 Roma, tel. 0661550768), che ha organizzato alcuni convegni i cui atti, con ricerche e testimonianze originali, sono pubblicati. Secondo l'ordine di Hitler, l'esercito dei guastatori doveva lasciare "ceneri e fango" al posto della citta' di Napoli in rivolta, dal 27 al 30 settembre 1943. Una popolazione in gran parte femminile, quasi senza armi, inflisse all'esercito tedesco "l'unica sconfitta popolare da esso subita nel mondo". Il glorioso episodio e' studiato da Ermes Ferraro, La Resistenza napoletana e le "quattro giornate", in Una strategia della pace: la difesa popolare nonviolenta (a cura di A. Drago e O. Stefani, ed. Fuori Thema, esaurito). Jacques Semelin ha pubblicato piu' recentemente Quand les dictatures se fissurent... Resistances civiles a l'Est et au Sud. Per ognuna delle quattro parti (Resistenza e religione, Resistenza e diritti dell'uomo, Resistenza e comunicazione, Resistenza e legittimita') singoli studiosi esaminano un caso del Sud e uno dell'Est nel decennio precedente le rivoluzioni del 1989: Filippine nel 1986 e Polonia; dissidenza cecoslovacca di Carta 77 e Bolivia dal 1978; Benin nel 1987-1992 e Piazza Tienanmen a Pechino nel 1989, tentativi di colpi di stato in Spagna nel 1981 e a Mosca nel 1991. Sulle lotte nonviolente per i diritti civili negli Stati Uniti, mi limito a indicare L'altro Martin Luther King (testi dei discorsi piu' politici, con ampia bibliografia). Il 1989, anno delle rivoluzioni nonviolente nell'Europa dell'Est, e' studiato da Giovanni Salio in Il potere della nonviolenza, con la piu' ampia rassegna critica delle varie opposte interpretazioni di quegli avvenimenti. Salio vi riconosce il piu' recente e notevole esempio delle potenzialita' dell'azione nonviolenta. Il Novecento ha visto la massima violenza, ma anche le piu' grandi prove del potere della nonviolenza. - Giovanni Salio, Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995, L. 24.000. - Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, L. 12.000. - Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1996, L. 22.000. - Theodor Ebert, La difesa popolare nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984, L. 12.000. - Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985 e sgg., 3 voll., L. 23.000, L. 29.000 e L. 32.000. - Eknath Easwaran, Badshah Khan. Il Gandhi musulmano, Sonda, Torino-Milano 1990, L. 22.000. - Chaiwat Satha Anand, Islam e nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1997, L. 12.000. - Jacques Semelin, Senz'armi di fronte a Hitler, Sonda, Torino-Milano, 1993, L. 32.000. - Ibrahim Rugova, La question du Kosovo, Fayard, Paris 1994, 110 FF. - Giancarlo e Valentino Salvoldi e Lush Gjergji, Kosovo, un popolo che perdona, Emi, Bologna 1997, L. 15.000. - Alberto L'Abate, Prevenire la guerra nel Kossovo, Quaderni della Difesa Popolare Nonviolenta, La Meridiana, Molfetta 1997, L. 15.000. - Anna Bravo e Anna Maria Bruzzone, In guerra senza armi, Laterza, Roma-Bari 1995, L. 25.000. - a cura di Jacques Semelin, Quand les dictatures se fissurent: Resistances civiles a l'est et au sud, Desclee de Brouwer, 1995, 137 FF. - a cura di Paolo Naso, L'altro Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993, L. 28.000. * Note 1. Una bibliografia da me curata, piu' volte pubblicata in edizioni successivamente crescenti e sempre incomplete, puo' essere richiesta a peyretti at tiscalinet.it. Una sua sintesi e' stata pubblicata in Effe, n. 9, estate 1998, rivista bibliografica delle Librerie Feltrinelli. 2. Per questa distinzione, che non va forzata, vedi: Hans Kung, Cristianesimo e religioni universali, Mondadori 1986, pp. 327-329; Armido Rizzi, Il senso e il sacro. Lineamenti di filosofia della religione, Editrice Elle Di Ci, 1995, pp. 61-70. Raimon Panikkar, filosofo e teologo interculturale, euro-indiano, propone una visione della storia cosmo-te-andrica, composta da energie naturali, divine ed umane. 3. Mi scriveva Norberto Bobbio, in una lettera del primo settembre 1994: "La ragione principale per cui sono caduti quei regimi, a cominciare da quelli della Germania Orientale, e della Russia stessa, e' la sconfitta in una guerra (la guerra fredda), non combattuta, ma vinta, se non con l'esercizio diretto della violenza, con la minaccia d'una violenza, che si e' manifestata alla fine di per se stessa efficace. La pratica della nonviolenza non c'entra". Giovanni Salio, in Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, 1995, esamina una dozzina di diverse interpretazioni di quegli eventi, scegliendo poi quella di Johan Galtung, che riconosce tra i fattori decisivi l'azione popolare nonviolenta. 4. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi 1996, pp. 64-65. 5. Aldo Capitini, La vita religiosa, seconda edizione, Cappelli, Bologna 1985, p. 24, citato anche in Giacomo Zanga, Aldo Capitini, La sua vita, il suo pensiero, Bresci editore, Torino 1988, p. 78. 6. Emmanuel Levinas, Totalita' e Infinito. Saggio sull'esteriorita', Jaca Book 1990, p. 19-20. 7. Emmanuel Levinas, Etica e infinito. Dialoghi con Philippe Nemo, Citta' Nuova 1984, p. 124. 8. Cfr. Giovanni Ferretti, La filosofia di Levinas. Alterita' e trascendenza, Rosenberg & Sellier, 1996, pp. 102-103, 156-162, 262-263. 9. Pier Cesare Bori, Per un consenso etico tra culture, seconda edizione, Marietti, Genova 1995, p. 108. 10. N. Bobbio, G. Bosetti, G. Vattimo, La sinistra nell'eta' del karaoke, I libri di Reset, Donzelli 1994, p. 54. 11. Cfr. Vangelo di Luca, 4, 21. Questa lettura del cristianesimo non anzitutto come dottrina, ne' morale, ne' culto rituale, ma come storia profetica, storia santa in atto, lettura che era piu' chiara nella teologia biblica del primo millennio cristiano, e' richiamata oggi efficacemente, per esempio, da un grande monaco, di recente scomparso, Benedetto Calati, i cui saggi principali si possono vedere nella raccolta Sapienza Monastica, Studia Anselmiana, Roma 1994. Nell'Introduzione a questo volume, Innocenzo Gargano scrive: "La profezia e' insomma il mistero che si dispiega progressivamente nelle manifestazioni della bellezza cosmica, nella storia dei popoli, nel mistero nascosto in ogni uomo e donna e nella crescita di ciascun individuo", op. cit., p. 55-56. Una piu' rapida e colloquiale esposizione del pensiero di Calati si trova nell'intervista-testamento raccolta da Raffaele Luise in La visione di un monaco, Cittadella, Assisi, 2000. 12. Cfr. Etty Hillesum: "E' proprio l'unica possibilita' che abbiamo, Klaas, non vedo altre alternative, ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso cio' per cui ritiene di dover distruggere gli altri" (Diario 1941-1943, Adelphi 1985, p. 212). 13. Nadia Neri, autrice di Un'estrema compassione. Etty Hillesum testimone e vittima del Lager, Bruno Mondadori, 1999, nel quale mostra come nessuna vittima, nel Novecento, era riuscita come lei a "trasformare il dolore in forza", evidenzia la centralita' in Etty Hillesum dell'"indignarsi senza odiare", in un intervento torinese del maggio 2000, ora leggibile nell'opuscolo Il pensiero di un'estrema compassione, Coop. Studi, via Ormea 69, 10125 Torino, tel 0116503158, cs at arpnet.it, p. 35. 14. Cfr. la lettera di Bobbio e il libro di G. Salio, Il potere della nonviolenza, citati alla nota 3. 15. Anna Bravo citata da Enrico Peyretti in La Resistenza civile nelle ricerche storiche, in Fascismo, Resistenza, Letteratura, Percorsi storico-letterari del Novecento italiano, I Quaderni del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, n. 2, febbraio 1997, pp. 61-87. La citazione e' a p. 67. 16. Anna Bravo e Anna Maria Bruzzone, In guerra senza armi. Storie di donne 1943-1945, Laterza, 1995. 17. Cfr. La Resistenza civile..., cit. alla nota 15, p. 67. 18. Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralita' nella Resistenza, Bollati Boringhieri 1991. 19. Claudio Pavone, I percorsi di questo speciale, articolo introduttivo al fascicolo de Il Ponte, n. 1/1995, dedicato a Resistenza. Gli attori, le identita', i bilanci storiografici, p. 13. 20. Jacques Semelin, Senz'armi di fronte a Hitler, Sonda, Torino 1993, p. 13. 21. Alberto L'Abate, Forze nonarmate e nonviolente di pace. I precedenti storici, in Volontari di pace in Medio Oriente, a cura di Alberto L'Abate e Silvano Tartarini, I Quaderni della D.P.N., n. 21, Edizioni La Meridiana, Molfetta 1993, pp. 17-35. 22. Si veda, per esempio, il fascicolo citato nella nota precedente e, di Alberto L'Abate, Kossovo: una guerra annunciata. Attivita' e proposte della diplomazia non ufficiale per prevenire la destabilizzazione nei Balcani, Edizioni La Meridiana, Molfetta 1999. In questo libro L'Abate riassume l'attivita' che ha svolto per due anni nella "Ambasciata di pace" a Pristina. 3. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: IL GIROTONDO DEI MAFIOSI [Umberto Santino e' il presidente del "Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato" (per contatti: via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e--mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it), il massimo studioso dei poteri criminali, e una delle figure piu' luminose del movimento antimafia. Questo articolo e' apparso sul quotidiano "Liberazione" del 15 settembre 2002, con il titolo Quei disegni di legge che i mafiosi attendono con ansia] Le notizie sulle informative del Sisde che lanciavano l'allarme sulla possibilita' di una reazione violenta della mafia alla decisione di stabilizzare il carcere duro (il 41 bis) sono del luglio scorso e gia' allora venivano fatti i nomi dei possibili bersagli: Marcello Dell'Utri e Cesare Previti. Dopo le dichiarazioni di Bagarella ("siamo stanchi delle strumentalizzazioni dei politici") e di altri mafiosi che attaccavano gli avvocati che prima deprecavano l'applicazione del 41 bis ma ora, diventati parlamentari, non dicevano una parola contro di esso, il Sisde aveva analizzato la posizione di sette avvocati siciliani eletti nelle ultime elezioni. Tre erano di Forza Italia: il senatore Enrico La Loggia, il capogruppo al Senato Renato Schifani e l'attuale vicepresidente della Commissione Giustizia Nino Mormino; tre di An: Antonino Battaglia, Giuseppe Bongiorno, Enzo Fragala', e uno, Francesco Saverio Romano, dell'Udc. Potevano essere loro i destinatari del "messaggio" dei boss. I legali dei mafiosi avevano fatto promesse, preso impegni? Ovviamente sono fioccate le smentite, ma a Dell'Utri, sotto processo a Palermo per concorso in associazione mafiosa, era stata assegnata la scorta. La "Repubblica" del 7 settembre ha pubblicato ampi stralci dei rapporti del Sisde: uno scoop solo a meta', che ha avuto come risultato una pioggia di accuse al giornale e di recriminazioni sull'ennesima fuga di notizie. Nessuno, o quasi, che si interroghi sul contenuto dei rapporti e sui possibili sviluppi. Negli ultimi anni si e' detto e ridetto che la mafia era "sommersa", che i boss piu' sanguinari ormai erano definitivamente sottochiave, che Provenzano, uomo di tutte le stagioni (killer con Liggio, stragista con Riina, e ora mediatore e pacificatore), latitante da quasi 40 anni, aveva saldamente in mano le redini di Cosa nostra e aveva optato per il business rinunciando alla violenza. Poi, nel marzo di quest'anno, era arrivata la lettera di Aglieri al superprocuratore Vigna, con la richiesta di "soluzioni intelligenti e concrete" per i mafiosi in carcere, e in seguito gli "stragisti" hanno deciso di "emergere", coniugando protesta e minaccia, avviando un'offensiva che, stando ai rapporti del Sisde, potrebbe culminare in azioni sanguinose. L'offensiva non e' fatta solo di dichiarazioni e di minacce, ma anche di manovre intese a colpire personaggi che hanno assunto un ruolo di primo piano. Farebbe parte di questo canovaccio l'attacco a Gianfranco Micciche', il reuccio siciliano tirato in ballo a proposito del giovane di belle speranze Alessandro Martello che circolava liberamente nel ministero con le bustine di cocaina. Tutto si deve a una telefonata anonima e qualcuno sussurra che fu pure una telefonata anonima che porto' alla cattura di Nino Giuffre', che avrebbe indebolito la posizione di Provenzano. Cosa ha spinto gli stragisti detenuti ad avviare questa sorta di girotondo dell'impunita' che ha come parola d'ordine: Iddu (cioe' Berlusconi) pensa sulu a iddu (a se stesso) e a noi no? E' solo la questione del 41 bis, riconfermato almeno per questa legislatura, o c'e' dell'altro? Il problema dei problemi e' l'ergastolo e per i mafiosi condannati e' un'esigenza vitale, pena la loro decadenza da capi, che si faccia di tutto per cancellare le condanne o per abolirlo definitivamente. Ci sono due disegni di legge che i mafiosi attendono con ansia che arrivino in porto. Entrambi sono stati presentati da esponenti del Polo. Il primo porta il numero 1447 ed e' stato presentato il 20 novembre del 2001 da Michele Saponara (Fi) e Mario Pepe (An). Si introduce una modifica al codice di procedura penale e in nome della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e del principio del "diritto a un processo equo", si dispone la revisione del processo nel caso in cui l'imputato non ha potuto controinterrogare il testimone d'accusa che ha reso le dichiarazioni solo in sede istruttoria. Pepe smentisce di aver firmato quella proposta di legge e sostiene che con quel numero corre un disegno di legge, sottoscritto anche da deputati dell'opposizione e gia' approvato dalla Commissione Giustizia, che riguarda la revisione dei processi in seguito a condanna della Corte europea del diritti dell'uomo e che dopo le perplessita' manifestate dal procuratore Grasso avrebbe presentato un emendamento che esclude i processi di mafia. L'altra legge e' l'art. 15 della cosiddetta proposta Pittelli. In soldoni: le dichiarazioni di un "pentito" devono essere confermate da "elementi di prova di diversa natura", non dalle dichiarazioni di un altro pentito. Queste leggi darebbero un colpo mortale ai processi e alle condanne degli ultimi anni. Si chiedono i mafiosi: perche' vanno avanti speditamente provvedimenti come l'abolizione del falso in bilancio, il legittimo sospetto, cioe' le leggi ad personam, a tutela di Berlusconi e dei suoi fedelissimi, e non si approvano le leggi a nostro favore? Per Berlusconi la priorita' piu' impellente e' tirarsi fuori dai processi che lo riguardano e risolvere a suo modo il conflitto d'interesse (che i governi di centro-sinistra non seppero risolvere) e per questo e' pronto a sfidare l'opinione pubblica nazionale e internazionale, mentre una legislazione smaccatamente favorevole ai mafiosi scoprirebbe un po' troppo il gioco. Forse si pensa di poter soddisfare gli appetiti dei mafiosi picconando lo Stato di diritto, delegittimando la magistratura e rilanciando le opere pubbliche, riducendo o eliminando i controlli di legalita'. Ma questo andrebbe bene per i mafiosi a piede libero, Provenzano in testa, non per i soci di Riina costretti a scontare pene definitive. E i mafiosi ergastolani non si rassegnano a fare i capri espiatori. D'altra parte il ricorso al delitto "eccellente" non e' detto che sia vincente, potrebbe riportare l'emergenza e innescare reazioni come quelle degli anni '80 e '90, con leggi speciali in seguito cassate o attenuate. Viviamo quindi un periodo difficile, in cui puo' accadere di tutto. Dell'Utri ha rinunciato alla scorta e ha fatto recitare al Parlamento europeo l'Apologia di Socrate di Platone. Socrate sarebbe lui, mentre Meleto e gli altri accusatori del filosofo sarebbero i giudici che lo processano per mafia. Ma ne' lui ne' Previti sembrano avere la stoffa dei saggi e degli eroi. Se tra le vittime probabili della offensiva mafiosa ci sono loro e' per motivi molto meno nobili. Se le parole degli agenti del Sisde corrispondono a quello che pensano e dicono i mafiosi, Dell'Utri sarebbe "un bersaglio ideale", perche' viene "percepito come mascariato, come compromesso con la mafia e quindi non difendibile a livello di opinione pubblica" e lo stesso discorso vale per Previti. Qualunque cosa succeda, l'epitaffio per i due amiconi di Berlusconi e' gia' scritto e non potrebbe essere peggiore. 4. RIFLESSIONE. RICCARDO ORIOLES: LO SCEICCO BIANCO [Da "Tanto per abbaiare" n. 147 del 7 ottobre 2002, la rivista elettronica di Riccardo Orioles (per contatti: ricc at libero.it) riprendiamo questo articolo. Facciamo un dono grande ai nostri interlocutori suggerendo loro di abbonarsi alla e-zine, richiedendola all'autore. Riccardo Orioles e' la lotta di Pippo Fava che continua, ed e' un uomo di un rigore tale che quasi ti toglie il fiato, e sono queste persone che tengono insieme il mondo] Lo sceicco bianco. La settimana scorsa Paolo Mieli, sul Corriere, ha dedicato un bel corsivo alla "trasmissione ereditaria del potere" nei Paesi arabi. Un ottimo pezzo, ben documentato: Gheddafi e il figlio Saadi, Mubarak e il figlio Gamal, Assad e il figlio Bashar e naturalmente Saddam e il figlio Qusay; per non parlare delle monarchie assolute vere e proprie, in Arabia, in Kuwait, in Marocco e negli altri paesi "moderati". Conclusione: i Paesi arabi masticano poco di democrazia: il potere ormai la' si trasmette (come nel nostro medioevo) per dinastie. Giusto. Ma il presidente Bush, di chi e' figlio? E che parentela ha col governatore della Florida, che di fatto l'ha eletto? Agli sceicchi arabi ormai ci siamo (razzisticamente) abituati. Il guaio e' che qui si cominciano a vedere sceicchi anche in occidente: dove la via dinastica comincia pericolosamente a prendere piede, e non solo (come prima) alla testa delle grandi multinazionali ma direttamente al governo degli stati. Strano che di una faccenda del genere, che attiene al nucleo intimo della democrazia liberale, si debba occupare un communista come me, mentre un liberale doc come Mieli o non se ne accorge o fa finta di niente. (Riflessione: tenuto conto che la vecchia repubblica aristocratica e' gia' un guscio vuoto da un pezzo, siamo ancora ai Giulio-Claudi o siamo gia' a Caracalla? Non e' un particolare ininfluente). 5. MAESTRE. ELISE FREINET: MEZZI DI SUPERAMENTO [Da Elise Freinet, Nascita di una pedagogia popolare, Editori Riuniti, Roma 1973, 1975, p. 459. Elise e' stata la compagna e la collaboratrice di Celestin Freinet] Le tecniche venivano identificate con lo scopo, mentre non erano altro che mezzi di superamento, e facilmente si poteva arrivare ad una concezione tradizionalista ipocrita come l'antica, e forse ancor piu' ipocrita in quanto con la pretesa della novita'. 6. TESTIMONIANZE. FRANCESCA MINEO INTERVISTA YOUSSOU N'DOUR [Questa intervista abbiamo ripreso dal quotidiano "Il manifesto" del 9 ottobre 2002, dove e' apparsa col titolo "Cara Africa, non smettere mai di sognare"] Francese e wolof, la lingua nazionale del Senegal. Tradizione africana e modernita', nel suo tipico crossover. Youssou N'Dour (che si esibira' il 30 novembre a Torino e il primo dicembre a Milano), ha pubblicato in questi giorni il piacevole album Nothing's in vain (Nonesuch/Cgd) dove si narra anche delle sue battaglie civili. E si respira ancora una buona dose di mbalax, ovvero la musica senegalese degli ultimi decenni: fusione alchemica tra la tradizione griot e le sonorita' afro-cubane tornate "a casa", nel continente nero, in cerca delle proprie radici. Album delicato, con una bella cover di George Brassens. - Francesca Mineo: Il titolo dell'album non corrisponde a una canzone: a cosa si riferisce dicendo che mai nulla e' compiuto invano? - Youssou N'Dour: Il concetto parte in effetti da un'idea e non da un brano: bisogna dare possibilita' a tutti nella vita, questo e' quello che vorrei dire. Se io vedo in un villaggio i bambini che giocano a calcio, vedo anche qualcuno che ha particolare talento e che, so gia', potra' avere poche possibilita' di emergere. Molti bambini, molte persone, non avranno mai voce in futuro. Ecco perche' c'e' bisogno dell'aiuto di tutti per poter dare risposte alle persone. - F. M.: L'amore e le donne sono protagoniste di questo album. - Y. N'D.: Beh, per cominciare e' a una donna che dedico l'album, cioe' a mia madre: e' una cantastorie, legata alla musica spirituale e agli strumenti tradizionali, al griot. Trovo bello cantare per le donne, anche perche', quando ho iniziato, erano loro le prime che volevano ascoltarmi, erano loro le prime fan, erano interessate a quello che facevo. Mia madre, le sue amiche, erano il mio primo pubblico. Il mondo sarebbe migliore con molte piu' donne nei posti di comando perche' sono le uniche a riuscire a vedere e vivere la modernita' ma, al tempo stesso, a essere custodi dei valori. Anche in Africa, dove molte donne si sono emancipate, la tradizione e' ancora nelle loro mani. L'amore ci spinge a mettere molto impegno in qualsiasi cosa noi facciamo. Tuttavia mostra degli aspetti difficili, come canto nella cover "Il n'ya pas d'amour heureux" di Brassens: l'amore e' come un edificio con stanze ora trasparenti e luminose, ora buie. - F. M.: Non manca mai in un suo album l'appello alla pace: a quale pezzo e' riservato in particolare? - Y. N'D.: In tutto il disco ma forse ancor piu' nell'ultimo pezzo, "Africa, dream again": voglio dare una visione sull'Africa che di solito non si conosce. E' il volto dell'Africa che, malgrado tutte le sofferenze, sorride ed e' capace di dare speranza. - F. M.: La prima parte dell'album e' piu' legata a strumentazioni tradizionali, dopo e' piu' pop: c'e' un intento preciso? - Y. N'D.: Questo e' un po' il mio stile: mi piace viaggiare e quindi sperimentare i suoni, conservare qualcosa che viene dalla tradizione e la modernita'. Ho cercato di utilizzare, in registrazione, un vasto numero di strumenti tradizionali, cosa che sara' piu' difficile replicare dal vivo dove utilizzeremo piu' tecnologia. - F. M.: Qual e' la vita musicale a Dakar? - Y. N'D.: Dakar e' un posto incredibile, e' un luogo dove si radunano i musicisti, dove si puo' suonare dal vivo per strada. Ho registrato l'album nello studio dove lavoro abitualmente, si chiama Xippy; e' uno studio che non ha nulla di speciale se non che e' ideale per registrare la musica africana. Ha qualcosa in piu', perche' riesce a valorizzare la potenza della musica, di tutti gli strumenti. - F. M.: Lei lavora molto anche con la sua etichetta per promuovere la musica africana: che cosa ha in piu' questo tipo di produzione? - Y. N'D.: Abbiamo bisogno di etichette in Africa, perche' le major discografiche non conoscono molto a fondo questo genere di musica. Dall'Africa invece vengono suoni molto piu' colorati. Per questo riuscire a produrla in casa e' stato un bel traguardo. Ho cercato di proporre un'alternativa ai nuovi musicisti, per creare un movimento di musica africana. - F. M.: Lei e' impegnato in Jubilee 2000. Pensa di impegnarsi a favore delle vittime del traghetto recentemente affondato nelle acque del Senegal? - Y. N'D.: Sono sempre impegnato in Jubilee 2000 perche' bisogna parlare all'occidente della cancellazione del debito, perche' abbiamo bisogno di molta pressione fuori dall'Africa. Bisogna cercare di cancellare il debito in cambio di piu' democrazia in paesi oggi martoriati da mancanza di liberta' e da dittature. Per quanto riguarda la tragedia in mare, stiamo pensando a qualcosa per aiutare le famiglie delle vittime. Ho coinvolto anche Peter Gabriel che e' molto toccato dalla vicenda. 7. LETTURE. "I QUADERNI SPECIALI DI LIMES": ASPETTANDO SADDAM "I quaderni speciali di Limes", Aspettando Saddam, supplemento al n. 3/2002 di "Limes", pp. 200, euro 8. Molti punti di vista si confrontano, come e' tradizione della benemerita rivista diretta da Lucio Caracciolo. Le tesi di alcuni interventi sono raccapriccianti (per non dire di certe abominevoli vignette), altri contributi ci trovano consenzienti, ma tutto e' opportuno leggere. 8. RILETTURE. CLAUDIO NAPOLEONI: DALLA SCIENZA ALL'UTOPIA Claudio Napoleoni, Dalla scienza all'utopia, Bollati Boringhieri, Torino 1992, pp. XVIII + 236. Una raccolta di saggi del grande economista di straordinario impegno scientifico e civile. Alcuni testi qui raccolti ci appaiono imprescindibili. 9. RILETTURE. ANDREJ SINJAVSKIJ: IVAN LO SCEMO Andrej Sinjavskij, Ivan lo Scemo, Guida, Napoli 1993, pp. 472. Un libro appassionante su "paganesimo, magia e religione del popolo russo", ma anche una testimonianza della dignita' umana, e vedi sublimi quelle ultime pagine "A mo' di conclusione" di struggente fraterna testimonianza sui prigionieri dei campi di lavoro sovietici. 10. RILETTURE. LUCIANA STEGAGNO PICCHIO: LA LETTERATURA BRASILIANA Luciana Stegagno Picchio, La letteratura brasiliana, Sansoni Accademia, Firenze-Milano 1972, pp. 700. Uno straordinario affresco di una realta' da conoscere. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dellâambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dellâuomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 382 del 12 ottobre 2002
- Prev by Date: rossonotizienet n. 20
- Next by Date: Fwd: Una lettera di Gino Strada
- Previous by thread: rossonotizienet n. 20
- Next by thread: Fwd: Una lettera di Gino Strada
- Indice: