Betlemme, Aida Refugee Camp: diario di una volontaria



Betlemme, 18 aprile 2002

Qui, dove abita la disperazione ...

Sono molti in questa terra i luoghi dove si annida la disperazione piu' profonda. Uno tra questi sono sicuramente le fogne a cielo aperto di Aida Refugee Camp - Betlemme. Si arriva a Betlemme assediata aggirando il check point con il suo via vai interminabile di mezzi militari, con una macchina che ti lascia al confine del villaggio di Beit Jala. Li', dietro una montagna di terra e detriti aspetta un'altra macchina che ti porta all'ospedale di Beit Jala attraverso un labirinto di stradine per evitare la strada principale molto pericolosa perche' la citta' e' sotto coprifuoco. Ogni tanto si sentono degli spari, provenienti probabilmente dalla citta' vecchia dove c'e' la Chiesa della Nativita'.

Dall'ospedale in poi si puo' solo camminare a piedi. I tratti somatici occidentali aiutano. Anche qui come a Ramallah, Nablus, Jenin, il silenzio e' innaturale.

L'entrata del campo profughi di Aida e' annunciata da un tremendo tanfo di fognatura. Si inizia a salire e all'improvviso, il vociare dei bambini. Una marea di bambini che corrono saltano giocano tra vicoli angusti pieni di sole sudore immondizia e escrementi nel quindicesimo giorno di coprifuoco. Abdel Fattah, dottore in biologia, e' il direttore del centro culturale "Al Rowwad". Ingannati dal nome si aspetta di trovarsi in tutt'altro tipo di posto, invece questo buco di due stanze e un bagno e' l'unico ambulatorio medico del campo.

La moglie di Abdel e' araba di Gerusalemme, lei ha carta di identita' blu che il governo israeliano rilascia ai cittadini di Gerusalemme, lui ha la green card della West Bank e con questi documenti a nessuno dei due e' permesso di attraversare i check point verso l'area di residenza dell'altro. Prima della chiusura totale dei Territori, fino a marzo, Abdel la sera riusciva a tornare a casa dalla moglie attraverso vie alternative, sempre col fiato dei soldati sul collo. Ora e' impossibile. I soldati sparano a vista. Nel campo rifugiati di Aida abitano cinquemila persone, provenienti da trentacinque villaggi diversi e da Gerusalemme Est. La maggior parte sono sfollati della guerra del 1948, moilti anche di quella del 1967. Da agosto 2001 ad oggi il campo ha subito tre invasioni dell'esercito israeliano. Quest'ultima non e' diversa dalle altre. Tanks. Cecchini. Emergenza acqua e cibo. Da quindici giorni i bambini da uno a tre anni aspettano di essere vaccinati. Nonostante cio' non e' permesso rifiutare il cibo. "Dove mangia uno mangiano due, e dove mangiano due mangiano tre ..." dice un vecchio proverbio musulmano. Il pranzo consumato tra queste povere mura ha il calore dell'accoglienza ma il sapore della speranza uccisa. Dilaniata. Torturata. E' terribile leggere negli occhi delle persone la consapevolezza di non avere nessun futuro. E' terribile chiedere cosa si puo' fare e sentirsi rispondere che niente si puo' fare. Niente. E l'Europa, la democratica Europa, che fino a un mese fa qui era vista come l'unica possibilita' di aiuto concreto, ora ha svelato il suo vero volto.

Che rispondere a Noah, professore universitario che insegna diritti umani quando sbattendo sul tavolo la carta delle Nazioni Unite ti chiede "cosa posso insegnare io ora ai miei ragazzi? Queste menzogne?" E tu sei li' ammutolito e attonito e sai che non ci sono piu' parole.

E all'improvviso ti ringraziano, ti dicono grazie per le decine di volontari che vengono qui per alleviare le pene del popolo palestinese. Solo loro riescono a strappare un sorriso ai disperati di Aida Refugee Camp.

Francesca Ciarallo - volontari Apg XXIII in Palestina

[Martedi' 9 Aprile Don Oreste Benzi e un gruppo di volontari della comunita' Papa Giovanni XXIII, assieme a un membro dell'associazione PeaceLink, hanno deciso di recarsi in Palestina e in Israele per testimoniare un impegno di Pace, contattando le organizzazioni impegnate per la risoluzione del conflitto e rimanendo vicino alle vittime del conflitto in medio oriente].

[Per contattare la delegazione dell'Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII e' possibile chiamare direttamente il numero 0097267257053, oppure utilizzare questi altri recapiti telefonici: 0541751498 - 3478448791 - 3280542028]