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modifiche in corso alla legge 185/90 sull'esportazione di armi
- Subject: modifiche in corso alla legge 185/90 sull'esportazione di armi
- From: "Chiara Bonaiuti" <bonaiuti at irestoscana.it> (by way of Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>)
- Date: Fri, 01 Feb 2002 11:52:07 +0100
Vi invio alcune note su un disegno di legge attualmente in discussione che comporta modifiche alla legge n.185/90, la legge italiana sulla trasparenza e il controllo del commercio di armi, una delle più avanzate e lungimiranti nel contesto europeo ed internazionale. Le modifiche riducono drasticamente controlli, trasparenza e divieti per una parte rilevante dell export italiano di armamenti. Il ddl, presentato dall attuale governo, è molto simile ad uno precedente presentato dal governo D Alema, ma bloccato da ong come Amnesty ed Archivio Disarmo. E quindi prevedibile che verrà approvato in tempi brevi. L Osservatorio sul commercio delle armi vuole quantomeno informare opinione pubblica e parlamentari sulle possibili conseguenze di tali modifiche.
Per saperne di più potete leggere direttamente il ddl 1927 (su internet camera deputati).
Osservatorio sul Commercio delle armi
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IL DISEGNO DI LEGGE N.1927 CHE MODIFICA LA L. N. 185/90 SULLA TRASPARENZA E IL CONTROLLO DEL COMMERCIO DI ARMI ITALIANE: CONSEGUENZE E RISCHI SULLA PACE E SICUREZZA INTERNAZIONALE.
Oscar (Osservatorio sul Commercio delle armi di Ires Toscana)
E’ attualmente in discussione nelle Commissioni riunite Esteri e Difesa il disegno di legge n.1927 recante la ratifica ed esecuzione dell’accordo quadro relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le attività per la difesa europea , che comporta, al contempo, emendamenti la legge n. 185/90 sulla trasparenza e il controllo del commercio di armi La modifica principale consiste nell’introduzione di un nuovo tipo di autorizzazione alle esportazioni di armamenti, la cosiddetta autorizzazione globale di progetto. Per quanto si inserisca nell’ottica dell’integrazione dell’industria europea degli armamenti, gli emendamenti introdotti possono avere conseguenze sulla trasparenza e il controllo del commercio delle armi, sulla pace e sicurezza sia italiana che internazionale. Il risultato è che una parte significativa delle esportazioni di materiale di armamento semplicemente scomparirà dalle possibilità di controllo degli organi parlamentari, della stampa e dell’opinione pubblica. Ugualmente le tradizionali rielaborazioni su tipo di armi esportate, imprese, banche coinvolte e paesi destinatari, le analisi sul trend realizzate da Oscar ogni anno non saranno più possibili per una parte rilevante dell’export italiano di materiale di armamento Su tale parte di export italiano non si applicheranno le normali procedure autorizzatorie né i normali controlli.
Per comprenderne la portata e il contesto nel quale si inseriscono è utile avere due parametri di riferimento: la legge n.185/90 recante “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” ed alcuni riferimenti all’ “Accordo quadro relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le attività per la difesa europea” che con tale disegno di legge si vuole ratificare.
a)
La legge n.185/90, come noto, è un insieme organico di norme che regola la trasparenza e il controllo del commercio italiano di materiali di armamenti. I tratti distintivi della normativa sono identificabili nei seguenti tre punti:
1.
2.
3.
4.
Per tali norme e principi l’Italia si colloca in una delle posizioni più avanzate a livello europeo, sul versante della trasparenza, dei controlli e delle prevenzione dei conflitti, ed è risultata uno dei paesi meno coinvolti nel riarmo di paesi instabili quali ex Jugoslavia, Iraq e Afghanistan.
b)
La modifica principale consiste nell’introduzione di un nuovo tipo di autorizzazione alle esportazioni di armamenti, la cosiddetta autorizzazione globale di progetto. Secondo l’art.7 del ddl, essa viene “ rilasciata a singolo operatore, quando riguarda esportazioni, importazioni o transiti di materiali di armamento da effettuare nel quadro di programmi congiunti intergovernativi o industriali di ricerca, sviluppo, produzione di materiali di armamento svolti con imprese di Paesi membri dell'UE o della NATO”, con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi che garantiscano il rispetto dei principi ispiratori della legge. In sintesi, per ciascun programma di coproduzione realizzato con un paese Nato o dell’Unione Europea, un’unica autorizzazione globale si sostituisce alle singole autorizzazioni finora vigenti per l’esportazione di ogni specifico pezzo e componente.
Per ottenerla l’operatore deve dichiarare solo “la descrizione del programma congiunto; le imprese dei paesi di destinazione o di provenienza del materiale; il tipo di materiale”(art. 6 ddl).
c)
In linea generale (con i distinguo che andremo ad illustrare relativi alle coproduzioni con cinque paesi europei che hanno firmato l’accordo quadro), nel caso di autorizzazione globale di progetto:
1.
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3.
4.
5.
Il campo di applicazione è molto vasto ed è prevedibile che, in pochi anni, essa coprirà una parte rilevante delle nostre esportazioni di armi. La licenza si applica a tutti i progetti di coproduzione realizzati in con paesi della Nato o dell’Unione Europea, che abbiano genericamente aderito ai principi della nostra normativa. Considerando che i programmi di coproduzione intergovernativa coprono già il 50% degli scambi in ambito europeo e che tale percentuale è destinata ad aumentare in seguito al processo di integrazione e globalizzazione dell’industria si può avere una prima stima della portata della modifica. A tale quota va aggiunta la percentuale di coproduzioni interindustriali: secondo la formulazione dell’emendamento all’art.13 della legge, infatti, le procedure semplificate non si applicano solo agli accordi intergovernativi, “più sicuri” in quanto prevedono un accordo preventivo tra governi, ma anche ad accordi tra industrie dei paesi sopra elencati.
e) Un’ulteriore modifica
Il disegno di legge prevede un’ulteriore modifica che riguarda il divieto di esportare a paesi i cui governi siano responsabili di accertate violazioni dei diritti umani. Il nuovo testo precisa che le violazioni delle convenzioni devono essere gravi e accertate da appropriati organi dell’UE e dell’ONU. L’aggiunta dell’aggettivo gravi restringe la cerchia dei paesi che ricadono all’interno del divieto.
, viene motivata con la necessità di “adeguarsi al criterio numero 2 previsto dal "Codice di condotta", che prevede la specificità della gravità per le violazioni dei diritti dell'uomo”. Merita precisare che il Codice di Condotta, approvato nel 1998 e non vincolante giuridicamente, è stato inteso come una base di partenza, un minimo comun denominatore sul quale costruire una regolamentazione più rigorosa e vincolante. I criteri che introduce, specifica lo steso documento, “should be regarded as the minimum for the management of, and restraint in, conventional arms transfers by all EU Member”. Ed ancora, nelle disposizioni operative è precisato che il Codice “non ostacolerà il diritto degli Stati membri di operare politiche nazionali più restrittive”.
f) Il contesto europeo e l’accordo quadro per la ristrutturazione dell’industria
Le modifiche introdotte dal disegno di legge sono motivate dalla necessità di adeguarsi e ratificare un accordo internazionale: l’accordo quadro per la ristrutturazione dell’industria europea della difesa ("Framework Agreement Concerning Measures to Facilitate the Restructuring and Operation of the European Defense Industry") presentato il 27 luglio 2000. L’accordo, come noto firmato e ratificato da altri cinque paesi (Francia Gran Bretagna, Spagna, Germania e Svezia) è nato su spinta dei rappresentanti delle industrie europee degli armamenti con il fine di facilitare il processo di integrazione e di ristrutturazione dell’industria.
A tal fine l’accordo introduce appunto la licenza globale di progetto da applicare a singoli programmi di coproduzione intergovernativa realizzati solo tra i sei paesi che hanno ratificato l’accordo e che si sono impegnati a rispettare le norme in esso contemplate. Tale licenza si sostituisce alle singole autorizzazioni e copre tutto il progetto di coproduzione non preclude la richiesta di certificati di arrivo a destino e di utilizzo delle società, né i controlli a dogana.
Al contempo, per definire le destinazioni finali dei materiali coprodotti, l’accordo prevede l’obbligo di una procedura di decisione comune tra le autorità dei paesi partecipanti ad una coproduzione, volta a definire assieme una lista di destinazioni lecite, cui esportare il prodotto finito. La procedura è quella del consensus, molto simile all’unanimità, la quale conferisce a ciascun paese partecipante alla coproduzione una sorta di diritto di veto nel bloccare l’inserimento nella lista di un paese ritenuto, secondo la propria politica e normativa, a rischio, aggressivo o repressivo. In tal modo, almeno formalmente si favoriscono i paesi con le normative più avanzate (Italia, Svezia, Germania) e un processo di orientamento dei criteri esportativi verso standard alti. Ogni paese le cui industrie partecipino alla coproduzione mantengono quindi una responsabilità e potere sulla definizione delle destinazioni finali.
Per quanto l’accordo quadro presenti vaghezze e limiti soprattutto sul versante politico e della trasparenza, è’ evidente che le modifiche introdotte dal ddl si spingono oltre a quanto previsto dall’accordo sui seguenti punti:
1.
Conclusioni
In sintesi gli effetti delle modifiche apportate dal disegno di legge sulla attuale normativa italiana, incidono, per una parte rilevante delle nostre esportazioni, sugli aspetti salienti della legge n.185/90: principi, trasparenza, controlli, divieti. In generale lo spirito che lo informa sembra essere quello di una riduzione piuttosto drastica e frettolosa di alcuni elementi essenziali della legislazione nazionale, quando ancora la regolamentazione multi o sovranazionale non risulta sufficientemente forte, dettagliata o estesa, delegando a paesi con normative meno avanzate delle nostre l’applicazione di divieti controlli e trasparenza.
Le motivazioni di tali modifiche sono quelle di facilitare l’integrazione dell’industria degli armamenti e di adeguarsi a strumenti multinazionali, in particolare l’accordo quadro per la ristrutturazione dell’industria. A prescindere da alcune inesattezze, e da alcune modifiche introdotte dal ddl non richieste dagli strumenti internazionali (quali l’estensione dell’autorizzazione globale a paesi Nato e UE che non hanno ratificato l’accordo quadro o la restrizione del divieto di esportare a paesi i cui governi sono responsabili di violazioni delle convenzioni sui diritti umani), è importante sottolineare che, nel processo di integrazione dell’industria e nel difficile cammino verso la costituzione di una politica estera e di sicurezza comune, risultano estremamente importanti le modalità con cui questo cammino viene intrapreso e gli obiettivi di breve e lungo periodo da perseguire.
Sulle modalità si possono tracciare alcuni brevi spunti di riflessione:
1.
2.
3.
La scelta delle modalità ha effetti diretti sul risultato di medio e di lungo periodo che si vuole perseguire e sull’Europa politica che si vuole costruire, sulla pace e sulla sicurezza italiana, europea ed internazionale. Se il rapido processo di integrazione e globalizzazione dell’industria è un dato di fatto e può costituire, secondo alcuni, una spinta verso l’armonizzazione delle normative sulla trasparenza e controllo, è evidente che la teoria funzionalista dello spill over così come quella del mercato unico, non può essere integralmente applicata ad un’area dalle molteplici implicazioni quale quella delle armi, in quanto gli interessi dell’industria non sempre si conciliano con le esigenze di politica estera nazionale sia essa intesa in termini tradizionali come mantenimento di una capacità difensiva interna, sia in termini più avanzati come strumenti di prevenzione dei conflitti che possono coinvolgere l’Italia e l’Europa, e della tutela dei diritti umani.. Il processo di integrazione industriale non può automaticamente creare un’Europa della difesa, se non è guidato, e corretto da una dimensione politica che integri gli aspetti economico industriali con quelli della della pace e della sicurezza e da un realismo che prenda atto della gradualità di questo difficile processo cercando di non lasciare vuoti normativi in un campo delicato quale quello del commercio di armi.
In linea generale, lo spirito delle modifiche apportate, anche nel contesto di accordi e documenti internazionali, come l’accordo quadro e il codice di condotta, sembra rispecchiare da parte del nostro paese una politica rinunciataria che risponde al principio del minimo comun denominatore. Al contrario l’Italia, in forza della propria normativa, che la poneva, fino adesso, in una delle posizioni più avanzate, avrebbe potuto svolgere un ruolo guida, propulsivo e responsabile, volto a costruire una regolamentazione europea di trasparenza e controllo del commercio delle armi orientata verso standard alti. Solo con un atteggiamento responsabile si può costruire politica estera e di sicurezza dell’UE, orientata al mantenimento della pace e della sicurezza europea ed internazionale, che accompagni azioni di soluzione dei conflitti ad azioni preventive realmente efficaci e lungimiranti.
Chiara Bonaiuti Oscar (Osservatorio sul Commercio delle armi di Ires Toscana)
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