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Manifesto-Appello per la pace di Samuel Ruiz, Pedro Casaldaliga e altri vescovi latinoamericani
- Subject: Manifesto-Appello per la pace di Samuel Ruiz, Pedro Casaldaliga e altri vescovi latinoamericani
- From: Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>
- Date: Sun, 11 Nov 2001 13:59:41 +0100
Presentiamo il "manifesto-appello" per la pace e contro la guerra di un gruppo di vescovi e pastori evangelici e cattolici latinoamericani (soprattutto brasiliani) riuniti per alcune giornate di studio, riflessione e preghiera dal 15 al 22 ottobre 2001 ad Ibiuna (stato di San Paolo). Le parole di questi responsabili di chiese cristiane, nel momento attuale cosi' duro e buio, carico di tanta retorica bellicista che sa di morte, diventano un punto di riferimento. Sono parole coraggiose e profetiche, una vera luce nella notte anche per il silenzio sconvolgente e assordante di quasi tutte le voci autorevoli delle chiese. Parole come queste possono risvegliare le coscienze di donne e uomini di ogni parte del mondo perche' si uniscano in un movimento mondiale di opinione pubblica che dica no alla guerra e spinga i governi a costruire la pace con mezzi di pace. (titolo originale del documento: "Clamor dos povos por justiça, solidariadade e paz", tratto da "Correio da Cidadania", settimanale di San Paolo (Brasile), edizione del 29/10/2001, reperibile nel sito www.correiocidadania.com.br).
Il grido dei popoli per la giustizia, la solidarieta' e la paceNoi, vescovi e pastori evangelici e cattolici firmatari di questo appello abbiamo deciso di esprimere la nostra angoscia e preoccupazione davanti all'attuale situazione internazionale. Condanniamo qualsiasi tipo di atto terroristico, come quelli dell'ultimo 11 settembre, che hanno suscitato universale rifiuto e costernazione, per la loro follia e per le migliaia di morti che hanno provocato, anche fra le squadre di soccorso. Si e' udito ovunque un forte grido per la giustizia seguito da gesti di compassione e solidarieta' "per e con" le vittime e i loro familiari. D'altra parte, l'indebita trasformazione del grido per la giustizia in atti di vendetta e rappresaglia, con bombardamenti aerei contro l'Afghanistan, e' ugualmente terrorismo praticato, ora, da governi che si presentano come democratici, civili e cristiani. I bombardamenti stanno provocando innumerevoli vittime innocenti, comprese donne, bambini e anziani, distruzione di infrastrutture, crescita della fame e della disperazione, peggioramento della situazione sanitaria, stanno buttando sulla strada milioni di rifugiati. Si e' incentivato, deliberatamente, un aggravamento della guerra civile fra fazioni politiche rivali, con nuove sofferenze per la popolazione. Oggi, il grido per la giustizia e' accompagnato da un crescente grido per la pace che si esprime in ripetute proteste e marce contro la guerra, in manifestazioni e celebrazioni ecumeniche e interreligiose in favore della pace. Ci uniamo a tutte queste persone e istituzioni religiose e civili e alle nostre comunita', per proporre, alla luce della Parola di Dio e di questo anelito profondo dei nostri popoli, un rinnovato impegno per la giustizia e per il dialogo, la solidarieta' e la pace. "Il frutto della giustizia e' la pace" (Is 32,17). La prolungata indifferenza internazionale davanti alle situazioni di inumana miseria che colpiscono la maggior parte (in continua crescita) della popolazione mondiale sta lasciando un'impronta di sofferenza e di morte in tutto il mondo. Cio' genera risentimenti e rivolte contro i pochi paesi che impongono questo nuovo ordine internazionale e che di questo approfittano, con l'appoggio di organismi internazionali e delle loro politiche di aggiustamento economico. Queste politiche neoliberiste stanno provocando disastri economici e finanziari in molti paesi piegati sotto il peso del debito estero impagabile o toccati da improvvisi movimenti e attacchi alle monete locali da parte della speculazione finanziaria. Si assiste al ritorno, nei paesi poveri, di malattie e epidemie come il colera, la tubercolosi, la febbre gialla, la malaria che sembravano sotto controllo, e al sorgere di epidemie generalizzate come quella dell'AIDS che devastano continenti interi. Dietro quasi tutte le guerre attuali, si muovono gli interessi di industrie belliche e la lotta per il dominio dei mercati e per il controllo delle risorse naturali strategiche come il petrolio e il gas. Senza il superamento delle tensioni provocate dall'esclusione e dall'emarginazione di grandi maggioranze, senza l'impegno concertato e sincero per diminuire le disuguaglianze internazionali, per eliminare la fame, il razzismo, la discriminazione contro le donne e le minoranze etniche e religiose, per cancella re o ridurre i debiti dei paesi poveri e per limitare la distruzione e i danni ambientali, difficilmente saranno preparate le condizioni per una pace duratura.
"Mai piu' la guerra! Mai piu' la guerra! E' la pace che deve guidare il destino di tutta l'umanita'. Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani", fu il grido di Paolo VI, il 4 di ottobre del 1965, di fronte all'Assemblea dell'ONU, nella citta' di New York, oggi ferita dagli attentati. Persone e paesi che soffrirono gli orrori e la follia della guerra senza limiti di alcun genere che si consumo' nell'olocausto di Hiroshima e Nagasaki possono solo unirsi alla voce e alla testimonianza di persone sagge e pastori, come il Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Oscar Romero, martiri della giustizia, che vissero nella nonviolenza attiva, come atteggiamento spirituale e politico. Davanti alle moderne armi di distruzione di massa e alla guerra nucleare, chimica o biologica, che mettono a rischio la sopravvivenza del pianeta terra e della stessa umanita', viene a proposito solo la condanna morale, senza perifrasi, pronunciata da Giovanni XXIII nella Pacem in Terris: "…Non e' piu' possibile pensare che, nella nostra era atomica, la guerra sia un mezzo idoneo per ristabilire i diritti violati" (n. 67). A quelli che oggi pretendono di giustificare la guerra ricordiamo la parola ferma del Concilio: "Qualsiasi azione bellica che mira alla distruzione indiscriminata di citta' intere, o di vaste regioni con i loro abitanti, e' un crimine contro Dio e l'uomo stesso che deve essere condannato con fermezza e senza esitazioni" (GS n.80). Cio' che si sta spendendo nell'attuale operazione militare contro l'Afghanistan sarebbe sufficiente per sottrarre questa nazione e molte altre alla fame, alla miseria e alla distruzione cui sono sottomesse, inaugurando relazioni di rispetto e cooperazione, di aiuto e solidarieta', per non aggravare le sofferenze e piantare nuovi semi di odio e incomprensioni. L'unico cammino per la pace e' quello del superamento delle ingiustizie e delle divergenze, nel quadro di un dialogo guidato da istituzioni politiche e giuridiche internazionali legittime, che dovrebbero essere piu' rispettate e rafforzate, come l'ONU e il Tribunale Internazionale dell'Aja, dove coloro che sono sospettati di crimini di guerra o terrorismo dovrebbero essere condotti, giudicati e puniti, se riconosciuti colpevoli. Guerra e vendetta portate contro una nazione sovrana, praticamente indifesa, in modo unilaterale e imperialista, da uno o piu' paesi, che sono allo stesso tempo parte e giudice, distruggono i fondamenti della convivenza internazionale e instaurano la legge della foresta e del piu' forte, abbattendo le basi del diritto. Una delle prime vittime della guerra e' la verita'. Le guerre moderne sono combattute sui campi di battaglia, ma anche e soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione sociale. La menzogna e la manipolazione della verita', la demonizzazione dell'avversario e l'intossicazione della popolazione con desideri di vendetta e odio rendono difficili i negoziati, il dialogo e la restaurazione della concordia e della pace. Denunciamo e condanniamo, con tutta la forza, la caricatura che si sta diffondendo della fede islamica e del mondo arabo, e che trasforma in oggetto di sospetto persone, popoli e religioni. Ad essi chiediamo perdono per la ingiusta offesa che gli viene arrecata loro dall'occidente. Questo aggrava solo i fraintendimenti, fomenta i preconcetti e aumenta le tensioni internazionali. Uno sguardo su noi stessi e sulla situazione che viviamo ci invita ad un atteggiamento di ascolto, di preghiera, ma anche di deciso impegno nella ricostruzione della giustizia e della pace che comincia nella nostra vita quotidiana, attraverso gesti contro le ingiustizie e le disuguaglianze, i preconcetti e le discriminazioni, per mezzo di atteggiamenti di compassione per e con i poveri e i piccoli, di lotta per politiche sociali includenti e per un nuovo ordine internazionale. La giustificazione della guerra non e' ne' umana ne' evangelica e Gesu' pone fra le beatitudini quella che siamo chiamati a realizzare in questo momento, quella dei costruttori di pace: "Felici quelli che promuovono la pace, perche' saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9).
D. Mose' Joa~o Pontelo; D. Mario Clemente Neto; D. Franco Masserdotti; D. Mauro Montagnoli; D. Xavier Gilles de Maupeou d'Ableiges; D. Apparecido Jose' Dias; D. Elias James Manning; D. Luis Fernandes; D. Eugenio Rixen; D. Antonio Batista Fragoso; D. Luis D'Andrea; D. Jose' Maria Pires; D. Pedro Casaldaliga; D. Heriberto Hermes; D. Tomas Balduino; D. Esmeraldo Barreto de Farias; D. Adriano Ciocca Casino; Mons. Pedro Olmedo; Mons. Marcelino Palentini; Mons. Raul Vera; Mons. Samuel Ruiz; Mons. Hermenegildo Ramirez; Mons. Alejo Zavala; Dom Lui's Deme'trio Valentini; Dom Andre' de Witte; D. Almir dos Santos; Rev. Rolf Schunemann; D. Sebastia~o Armando Gameleira Soares.
Ibiuna (SP, Brasile), 20 ottobre 2001 (traduzione dal portoghese a cura di Luca Spegne)
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