Vauro vuole querelare l'Espresso



Fonte: www.ilbarbieredellasera.com

19.10.2001
Vauro vuole querelare l'Espresso
di Ambrogio

Al vignettista, attualmente nel Panshir per Emergency, il settimanale di via Po ha cambiato un articolo e ora lo censura. Vauro querelerà.

Abbiamo appena sentito Vauro, dall'Afghanistan.

È incazzato nero, e non solo perché c'è la guerra. Ce l'ha con "L'Espresso". Che ha pubblicato sul numero speciale sull'Afghanistan un suo articolo.

O meglio un articolo a sua firma ("Kabul vista da Vauro", pubblicato sul n. 41 de "L'Espresso") che, secondo il vignettista de "il manifesto", non contiene una sola parola uscita dal suo pennarello (Vauro anche gli articoli li scrive con il pennarello, esattamente come fa le vignette...).

A sentire Vauro, infatti, i contenuti del pezzo sarebbero lesivi della sua dignità professionale, perché inesatti, se non del tutto falsi, e sicuramente contenenti una massa di volgarità (il che, detto da lui...) mai dette né pensate.

Non si sognerebbe mai, infatti, dice il vignettista, di scrivere cose tipo "la gente (a Kabul, n.d.r.) dorme mangia beve e copula sotto le macerie", o castronerie storiche come quella secondo cui il palazzo reale di Kabul sarebbe stato bruciato qualche mese fa, quando tutti (!) sanno che il palazzo è andato distrutto nel 1994.

L'ignoto riscrittore del pezzo di Vauro sostiene anche che i talebani "non odiano" (sic) gli americani perché a Kabul girano i dollari, e che lo stesso Vauro ha avuto paura a dare la carità alle donne con il "burqa" perché altrimenti chissà cosa gli facevano i talebani.

Vauro chiede inutilmente la pubblicazione di una sua lettera da due numeri, ma il responsabile del numero speciale, Antonio Carlucci, scarica le responsabilità su Roberto Fabiani, vero autore della riscrittura del pezzo, cercando di intenerire il cuore di Vauro, che invece - avendolo ben duro, il cuore, a forza di vedere la gente morire sotto le bombe - avrebbe deciso di "agire legalmente" (cioé di querelare) "l'Espresso" e il suo direttore Giulio Anselmi.