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La nonviolenza e' in cammino. 250
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 250
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 6 Oct 2001 02:34:59 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 250 del 6 ottobre 2001 Sommario di questo numero: 1. La piu' grande rivoluzione del XX secolo: nonviolenta 2. Francesco Comina, l'ultimo bivio 3. Dino Frisullo, lettera aperta al Ministro dell'Interno 4. Peppe Sini, la guerra puo' essere fermata 5. Renato Sacco, caro Francesco 6. Renate Siebert, l'alleanza tra politica e mafia 7. Hannah Arendt, l'amore in cui credo 8. Martin Buber, ogni giorno 9. Marina Rossanda, aiutiamo le Gazzelle ferite 10. Operazione Colomba: progetto 2002 di sostegno alle popolazioni colpite dal conflitto in Cecenia 11. Letture: Luca Bagetto, Etica della comunicazione 12. Letture: Pascal Dreyer, Etty Hillesum, una testimone del Novecento 13. Letture: Tzvetan Todorov, Gli abusi della memoria 14. Riletture: Gotthold Ephraim Lessing, Nathan il saggio 15. Per studiare la globalizzazione: da Rocco Scotellaro a Mara Selvini Palazzoli 16. Gli scartafacci di Biricocolo: l'ircocervo 17. La "Carta" del Movimento Nonviolento 18. Per saperne di piu' 1. UNA CONSTATAZIONE. LA PIU' GRANDE RIVOLUZIONE DEL XX SECOLO: NONVIOLENTA La piu' grande rivoluzione del XX secolo, la piu' grande lotta di liberazione e per la dignita' umana, e' quella condotta dal movimento delle donne, dal pensiero delle donne, dalla prassi delle donne, dalla coscienza delle donne. Una rivoluzione nonviolenta. Una lotta di liberazione nonviolenta. La piu' grande lotta di liberazione della storia dell'umanita', quella che piu' di ogni altra ha dato dignita' e speranza all'umanita' intera. Una lotta di liberazione che continua, e che interpella l'intera umanita', all'intera umanita' indica la via. La via per salvare la biosfera dall'ecocidio; la via per salvare la civilta' umana dalla barbarie; la via che costruisce uguaglianza nel riconoscimento delle differenze; la via della dignita' e della solidarieta', della convivenza e del riconoscimento, del dare la vita invece di toglierla. La via della nonviolenza. 2. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA: L'ULTIMO BIVIO [Questo intervento di Francesco Comina, impegnato in Pax Christi, giornalista e saggista, e' apparso sul "Mattino" di Bolzano. Per contatti: fcomina at ilmattinobz.it] La saggezza di una civilta', di una cultura, di un popolo, esce allo scoperto quando la crisi divampa. Allora si manifesta la voce della sapienza, nell'appello ultimo alla responsabilita' civile o religiosa o nel richiamo forte al senso di umanita' contro le forze della distruzione, della guerra o della carneficina. Quando la bomba atomica divoro', in un solo colpo, Hiroshima e Nagasaki, la voce di Einstein squarcio' il velo di responsabilita' scientifiche e tecnologiche applicate nel trattamento dell'atomo, nei laboratori di Los Alamos: "Da ora in avanti - disse ad alta voce Einstein - ricordatevi solo della vostra umanita' e dimenticate tutto il resto". Ma l'anima apocalittica di "Thanatos" (come la focalizzo' Freud in un carteggio con Einstein) ha continuato a disperdere nell'aria i semi della morte totale, facendo del nostro pianeta vivo (Gaia) un deposito di missili, di bombardieri, di navi da guerra, di testate nucleari e di bombe batteriologiche. E in questo modo la vita di ognuno di noi e di tutto il sistema degli esseri viventi si e' drammaticamente esposta al rischio del suicidio globale, totale, senza alea di riserva. Le parole irresponsabili e folli del segretario della Difesa americana, Donald Rumsfeld, che nei giorni scorsi ha ipotizzato anche l'uso di missili atomici per risolvere la guerra al terrorismo, getta sul muro freddo della condizione umana del terzo millennio l'alternativa mortale che il grande storico Toynbee aveva annotato nel chiudere il suo libro sulla storia dell'uomo: "L'uomo uccidera' la Madre Terra o la riscattera'? La puo' uccidere con il cattivo uso dei potenti mezzi di distruzione che ha nelle sue mani, ma puo' anche riscattarla mettendo a frutto la sua intelligenza creativa e il suo spirito di pace e solidarieta' universale". * Penne in crisi >Nel suo "Dizionario della crisi" ("Repubblica", 3 ottobre, p. 13) un prestigioso giornalista, Antonio Polito, pare quasi ridere a crepapelle sul "pacifismo" che "non sfonda". "Troppo immediata e seria - scrive il giornalista - e' la minaccia alla nostra vita per concederci con Bin Laden i flirt catto-comunisti - e leghisti - che intrecciammo con Saddam e Milosevic". E chiude commentando il termine "pacifismo": "Dall'invasione della Polonia in poi, e' poco piu' che un termine dispregiativo". Polito ha ragione. "Pacifismo" e' un termine dispregiativo ed e' bene che i giornalisti, i quali giudicano il movimento per la pace dalle scrivanie fumose delle redazioni, evitino di evocarlo per racchiudere in un imbuto tutti coloro che non credono che la guerra possa risolvere le controversie internazionali. Non esiste il pacifismo, ma ci sono uomini e donne per la pace, gruppi e associazioni che lavorano per un mondo riconciliato, progetti di solidarieta' fra i popoli, testimoni che hanno subito sulla propria pelle la furia inumana della violenza e hanno deciso di contrastarla con l'azione nonviolenta. Polito sorride, con le sue parole demodee, e incolpa gli uomini di pace che negli anni '30 la politica di Londra e Parigi aveva concesso troppo davanti al nemico. Ma intanto Polito dimentica di considerare i "sommersi" bruciati nei lager per essersi rifiutati di colpire il nemico, o i disertori che obiettarono al nazismo; dimentica la rivoluzione nonviolenta di Gandhi, l'opposizione agli eserciti di Tolstoj, Einstein, Freud. Polito non ha messo nel conto del Novecento la carovana degli obiettori di coscienza, che hanno creato le condizione perche' quasi tutti gli stati democratici accogliessero al loro interno l'opzione del servizio civile per aiutare i sofferenti, i poveri o per dare forza gli enti culturali, religiosi o ricreativi. Le piu' grandi voci della cultura mondiale sono state in buona parte per la pace e la nonviolenza. Nel linguaggio giornalistico queste figure si chiamano pacifisti, ma Polito ha ragione: pacifismo e' un termine dispregiativo, trasformiamolo in "nonviolenza". Nonviolenza si scrive tutto attaccato, mi raccomando, come voleva Capitini, come vuole Galtung, come vogliamo noi che non amiamo un mondo soggetto alla logica del conflitto. * "Tu non uccidere" Anche per la Chiesa i momenti di crisi sono pericolosi. La saggezza del Verbo, a volte, lascia il posto agli umori umani ("troppo umani!"). E allora accade che da una parte ci sia un Papa che grida contro la guerra e contro la violenza, ma nei sacri palazzi qualcuno non sente ed e' pronto a mediare con le ragioni della politica. Cosi' l'attacco militare viene giustificato, senza considerare che nessun versetto del Vangelo lo permette. Ma nella crisi la voce dell'Evangelo, che invoca la pace fra i popoli, viene soffocata, e c'e' chi si inventa la patente di legittimita' religiosa per gli islamici che vengono a noi come fratelli. E allora torno indietro nel tempo e rileggo le pagine stupende del parroco di Bozzolo don Primo Mazzolari in un piccolo testo scritto sotto il rombo delle mitragliatrici nei silenzi curiali della seconda guerra mondiale. Ecco un monito per la nostra crisi: "Uccidere per giustizia - scriveva Mazzolari - piu' che una ragione, puo' diventare un anestetico o una ragione giuridica, da scriba e da fariseo, piuttosto che da cristiano". E ancora: "Chiunque avverte che l'uccidere in guerra e' un peccato, ha il dovere di seguire la propria coscienza, poiche' sta scritto: E' meglio obbedire a Dio che agli uomini". 3. TESTIMONIANZE. DINO FRISULLO: LETTERA APERTA AL MINISTRO DELL'INTERNO [Dino Frisullo e' impegnato nella solidarieta' con gli immigrati, con le persone ed i popoli oppressi. Per contatti: dinofrisullo at libero.it] Signor Ministro, lei e il Presidente del Consiglio in questi giorni avete ripetutamente negato che l'Italia debba ritenersi in guerra con i musulmani o con coloro che hanno avuto la sfortuna di nascere in altri luoghi. Dobbiamo supporre che gli apparati di sicurezza abbiano ricevuto disposizioni conseguenti. Vorrei raccontarle la storia di Huseyn, profugo kurdo. Ieri mattina, per la seconda volta in due giorni, e' stato fermato da una pattuglia di polizia all'interno della stazione Termini a Roma. Era con il suo amico Yan, anche lui kurdo ma biondo e di pelle chiara tanto quanto Huseyn e' scuro e crespo di barba e capelli. Una volta controllati i documenti, in regola per entrambi (anzi: Huseyn ha gia' ricevuto l'asilo politico che Yan attende ancora), gli agenti hanno trattenuto solo Huseyn. L'altro pero' e' rimasto, per amicizia. La prima domanda: siete musulmani? Alla risposta positiva, sono stati portati nel posto di polizia ferroviaria presso il primo binario e chiusi in una stanzetta per quattro-cinque ore per un "controllo di documenti". Prima, sono state sequestrate loro le batterie dei telefonini (poi restituite) e le spillette del Pkk di Ocalan, non restituite perche' secondo l'agente erano "illegali". Non basta: dalla Polfer sono stati trasferiti nell'ufficio stranieri della questura, dove sono rimasti altre cinque ore senza mai mangiare ne' bere, prima di essere infine rilasciati, a sera, e scaricati nella stessa stazione. Mentre le scrivo, signor ministro, Huseyn sta molto male. Per un'intera giornata ha rivissuto, senza ragione, situazioni gia' viste. Nel suo paese, il Kurdistan turco, fu arrestato due volte. La prima si risveglio' dal coma in ospedale, con gli abiti insanguinati dalla tortura. La seconda volta fu torturato per 45 giorni di seguito. Fuggi' in Germania, ne fu respinto in Turchia, e' riuscito a espatriare una seconda volta e ad avere asilo in Italia. Dove non avrebbe mai creduto di ritrovare un analogo arbitrio. Un altro profugo kurdo, di nome Hamza, e' molto contento: nel centro autogestito Ararat, a Roma, sta avviando in collaborazione con la Uisp due squadre di football e pallavolo, le prime "nazionali" del suo paese negato. C'e' pero' un'ombra nel suo sorriso, da quando nella stessa stazione Termini una pattuglia l'ha fermato, gli ha chiesto della sua religione, gli ha controllato i documenti e infine l'ha obbligato, in pubblico, a sfilarsi la maglietta e rimettersela al contrario, nascondendo all'interno l'immagine stampata che richiama il suo paese e la sua lotta. Potrei raccontarle altre storie. Quella di H., mio amico palestinese, che a quindici anni aveva proiettato la rabbia infinita della sua infanzia a Sabra e Chatila in un atto di violenza, ha pagato duramente, ne ha tratto un libro, ora e' un'altra persona e un libero cittadino in attesa dell'asilo politico. Fino a quando, in tempo di pre-guerra, e' stato prelevato dal suo posto di lavoro da agenti in borghese inviati dal Viminale e tradotto a Ponte Galeria, da dove solo l'insistenza di alcuni avvocati e' riuscita a impedire un'espulsione verso un Medio Oriente in cui sarebbe messo a morte. Oppure quella di Tassaduq Hossain, giovane commerciante pakistano che in vita sua non ha mai fatto politica, ma aveva il vezzo di portare la barba e vestire l'abito tradizionale nero anziche' bianco. Nella scorsa estate, prima del dramma delle Twin Towers ma dopo i fatti di Genova, e' stato prelevato a casa e rimpatriato, nonostante avesse un regolare permesso di soggiorno, con l'accusa improbabile e mai provata di "partecipazione a banda armata". Del resto e' nota la vicenda dei cinque afghani presunti terroristi, poi risultati normali "clandestini". Meno nota, perche' forse se ne sono vergognati inquirenti e cronisti, e' la circostanza che le cartine dei "possibili obiettivi" erano le mappe di Roma normalmente fornite dalla Caritas, con l'indicazione di San Pietro ed altro. Signor ministro, che devo rispondere ai miei amici kurdi, pakistani, indiani, bengalesi o arabi che mi chiedono se dunque e' vero che e' diventata sospetta la loro religione, i loro abiti, i loro simboli, la loro pelle? Che dobbiamo rispondere, noi dell'associazionismo che ogni giorno deve delle risposte agli "stranieri", a chi ci chiede se in tempo di guerra non sia meglio scivolare rasente i muri, non frequentare stazioni e metropolitane, insomma nascondersi? E dove mai potrebbero nascondersi? 4. UN APPELLO. PEPPE SINI: LA GUERRA PUO' ESSERE FERMATA [L'autore di questo intervento sta svolgendo un digiuno di condivisione, meditazione e preparazione all'azione diretta nonviolenta contro la guerra] La guerra puo' essere fermata. Se lo vogliamo, possiamo. Con la nonviolenza. La guerra puo' essere fermata. Ma noi dobbiamo fermarla. Con la nonviolenza. I terroristi sono solo un gruppo criminale, ma gli stati sono ordinamenti giuridici. I piu' importanti stati che, facendosi scimmie e specchio e moltiplicatori dei terroristi, stanno preparando la guerra, sono paesi democratici, stati di diritto, stati che fanno parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, stati che hanno sottoscritto fondamentali trattati internazionali. Stati che sono quindi vincolati al rispetto del diritto internazionale, alla volonta' sovrana delle rispettive popolazioni, alla legalita' che fonda la loro stessa esistenza. E poiche' i gruppi dirigenti di questi stati stanno preparando una guerra illegale e criminale occorre che siano i loro popoli ad opporsi, a far valere la legalita', la democrazia, la ragione, il rispetto dei diritti umani, il diritto dell'umanita' intera a scongiurare il pericolo di una guerra dagli esiti apocalittici. Governanti irresponsabili e succubi della ferocia dei terroristi stanno per scatenare una guerra illegale e criminale: questa e' la situazione. E' quindi compito nostro, di cittadini di paesi democratici, di stati di diritto, fermarli e richiamarli alla saggezza, alla giustizia, alla legalita'. Cosicche' questa guerra ci interpella, ci chiama in causa. Sta a noi, coralmente, impedirla. Sta a noi, coralmente, affermare che il terrorismo si puo' sconfiggere solo con la forza del diritto e della democrazia, con l'estensione della solidarieta' e della giustizia. Sta a noi, coralmente, affermare che la pace si costruisce con la pace, e la convivenza civile appunto convivendo, e non uccidendo altri esseri umani. * Il tempo che abbiamo a disposizione per dissuadere il governo, il parlamento e il capo dello stato italiano dal precipitarci in questa catastrofe e' probabilmente pochissimo. Facciamo tutti qualcosa. Facciamola subito. Scriviamo a tutte le autorita' e le rappresentanze istituzionali che conosciamo, chiediamo loro di rispettare la Carta dell'ONU, la Costituzione della Repubblica Italiana, il diritto alla vita di ogni essere umano. E diciamo loro che se sciaguratamente violeranno la legalita' e aderiranno alla guerra (invece di opporsi ad essa come ragione coscienza e leggi esplicitamente richiedono), allora in forza della nostra sovranita' di cittadini, preso atto che con la loro condotta essi si sono collocati fuorilegge, avremo il dovere di agire per difendere la legalita' e le concrete vite umane in pericolo. * Ed agiremo con la nonviolenza. Con la forza della nonviolenza. Con la limpidezza della nonviolenza. Agiremo per fermare la guerra; per contrastare il terrorismo e i suoi complici e allievi e reduplicatori; per difendere e ripristinare la legalita'; per affermare la dignita' umana. Agiremo con l'azione diretta nonviolenta per contrastare operativamente la macchina bellica; agiremo con la disobbedienza civile di massa per negare il consenso ai governanti che aderendo alla guerra si saranno resi fuorilegge: con la disobbedienza civile di massa cercheremo di paralizzare la catena di comando del potere politico fedifrago, di bloccare l'efficacia delle decisioni governative eslegi, bloccando in punti cruciali la macchina della pubblica amministrazione; agiremo con lo sciopero generale contro la guerra e contro il terrorismo, chiamando alla mobilitazione tutti i cittadini italiani in difesa del diritto, per paralizzare il paese finche' la legalita' costituzionale e la democrazia non siano ripristinate. * Abbiamo pochissimo tempo. Ma siamo decisi. Ci ascoltino i governanti. Tutti scrivano loro per dissuaderli dal commettere un'anomica follia, una sanguinaria follia. Si preparino tutti gli amici della nonviolenza. E' l'ora (il "kairos", se possiamo usare questo denso termine) in cui ognuno deve fare i conti con la propria coscienza, con la propria razionalita', e con il sentimento di comune appartenenza alla famiglia umana. 5. RIFLESSIONE. RENATO SACCO: CARO FRANCESCO [Per contatti con don Renato Sacco (parroco di Cesara e consigliere nazionale di Pax Christi): via alla Chiesa, 20, 28891 Cesara (VB), tel. 323827120; per contatti con Pax Christi: paxchristi at tiscalinet.it] Caro Francesco, ho pensato a te in questa notte di vigilia della tua festa. Tu sei anche il Patrono d'Italia. Mi sei venuto in mente perche' - non offenderti - qui non sappiamo piu' che pesci pigliare, e visto che tu te la sei cavata con gli uccelli e col lupo, magari hai qualche suggerimento anche per i pesci. Si', perche' qui siamo travolti da ondate sempre piu' forti di violenza, di terrorismo e di guerra. Violenza che genera altra violenza. C'e' la sensazione che le parole non dicano piu' nulla, che la verita' sia l'ultima cosa che interessa, che l'ebbrezza di fare la guerra sia piu' forte di ogni altra emozione. Altro che umilta', poverta', semplicita' e perfetta letizia. E prende piede un po' anche la rassegnazione. Non sappiamo che pesci pigliare. Allora mi rivolgo a te che sei ricordato nel mondo come l'uomo della pace. Anche la tua Assisi e' citta' simbolo di pace: c'e' stato qualche anno fa un grande incontro di rappresentanti religiosi in preghiera per la pace e tra pochi giorni sara' meta di una grande marcia per la pace. Certo, il primo cruccio e' proprio per la Chiesa, quella che tu hai voluto ricostruire. Siamo in una situazione dove ci vorrebbe, forse, piu' coraggio evangelico, e invece prende piede la piu' realistica prudenza evangelica. Un po' di anni fa la Chiesa italiana aveva invitato alla scelta preferenziale per gli ultimi. Oggi, agli occhi di chi ci guarda, non appare immediato l'entusiasmo di veder prendere in mano il Vangelo sine glossa. Tu sei stato un tipo deciso, hai scelto la poverta' e i poveri, la liberta' da ogni potere e sei stato uomo di pace, per la Chiesa e per il mondo. Certo, ti hanno preso per matto, per uno fuori di testa. Ma non ti sei lasciato condizionare. Tu hai avuto anche qualche problemino col Papa. Noi oggi abbiamo, a dire il vero, un Papa coraggioso, che sulla guerra non si stanca di ripetere che e' avventura senza ritorno, che continua a richiamare alla pace come unica via. Certo la sua voce e' un po fuori dal coro, soprattutto in questi giorni in cui soffiano venti di guerra. Anche chi gli sta intorno a volte e' tentato di correggere un po le sue posizioni, come se avesse paura di prendere sul serio la logica nonviolenta del Vangelo. Aiutaci a non perdere il coraggio della fede. Anche se oggi nella Chiesa se ne sentono un po' di tutti i colori: c'e' chi dice che tu sarai anche un bravo santo, ma non sei adatto a fare il Ministro della Difesa, come dire che la guerra... quando ci vuole ci vuole. C'e' chi e' preoccupato se i cattolici si mescolano con quanti denunciano, come in occasione del G8, le ingiustizie di questo mondo, globallzzato solo nel denaro non nella solidarieta' e nei diritti umani. Come se i cattolici dovessero restare delle persone pie, slegate e non inserite nel contesto reale e faticoso delle contraddizioni, vivendo nel mondo. C'e' chi, peraltro, ricopre anche gradi militari: abbiamo preti e vescovi con le stellette. E' di questi giorni anche la proposta di archiviazione del caso di Emanuele Scieri, il paracadutista trovato morto il 16 agosto 1999. Speriamo che si faccia luce su questa tragedia avvenuta all'interno di una caserma, per essere piu' credibili quando si vuole andare a fare luce su tragedie a livello internazionale. Tu, che sei l'uomo della semplicita', aiutaci a non accettare le semplificazioni pericolose che oggi rischiano di andare per la maggiore, come ad esempio dire che "la guerra e' contro il terrorismo e si colpiranno solo i terroristi, in modo chirurgico senza vittime innocenti". Mi sembra una grossa bugia! I recenti conflitti ci ricordano invece che la maggior parte delle vittime sono proprio i civili, oltre il 90%. Anche per noi oggi c'e' il rischio di essere presi un po' per gente fuori di testa se diciamo di essere contro la guerra e contro la violenza. Si rischia di essere considerati amici del nemico. "Sei contro la guerra, allora sei con i terroristi". E' faticoso dire il proprio sdegno e la propria condanna di fronte a un criminale attentato terroristico e nello stesso tempo sostenere che non si puo' combattere il terrorismo con la guerra. Martin Luther King, grande testimone del nostro tempo, diceva "L'oscurita' non ci puo' far uscire dall'oscurita', soltanto la luce puo' farlo". E' stato ucciso. Anche un grande vescovo, amico dei poveri e amante della pace, e' stato preso un po' per matto: don Tonino Bello, un tuo grande ammiratore. Sulla sua tomba non c'e' scritto ne' Vescovo, ne' Presidente di Pax Christi, solo il suo nome e "terziario francescano". Un bel riconoscimento alla tua figura. Ma cosa non ne ha sentite anche lui, ai tempi della guerra del Golfo. Quante critiche dai giornali, dai politici e anche da alcuni uomini di chiesa. Ha sofferto molto. Gli e' venuta l'ulcera, poi degenerata in tumore. Era lui, con la passione che sempre aveva quando raccontava, a ricordarci - andando a Sarajevo nel '92 - il tuo incontro con il sultano Melik el Kamil. Erano tempi duri, c'erano le crociate, e tu hai voluto compiere un gesto folle, disarmato, e sei stato accolto con molta simpatia (piu' dal sultano che dai crociati) e hai avuto modo di parlare non solo di Gesu' Cristo, ma anche della assurdita' della guerra. Si', frate Francesco, ci devi proprio dare una mano. Oggi siamo un po come quei pescatori di Galilea (li avrai certo incontrati di persona in paradiso) che dopo una notte di fatica tornavano con le reti vuote, anche loro non avevano saputo pigliare pesci; poi pero' Qualcuno (che tu gia' conoscevi bene sulla terra e ora puoi incontrare faccia a faccia) ha ridato loro speranza e, gettando di nuovo le reti, non sapevano piu' come fare perche' di pesci ne avevano presi troppi. Grazie (piccolo) fratello Francesco. Pace e bene. 6. FRASI COLTE AL VOLO. RENATE SIEBERT: L'ALLEANZA TRA POLITICA E MAFIA [Da Renate Siebert, Le donne, la mafia, Il Saggiatore, Milano 1994, 1997, p. 121. Renate Siebert e' un'illustre sociologa di forte impegno civile] Assenza della "coscienza del tragico" e "banalita' del male" designano in modo pregnante, io credo, l'alleanza tra politica e mafia che ha devastato la societa' civile italiana del dopoguerra. 7. FRASI COLTE AL VOLO. HANNAH ARENDT: L'AMORE IN CUI CREDO [Dalla raccolta di scritti di Hannah Arendt, Ebraismo e modernita', Feltrinelli, Milano 1993, p. 222. Hannah Arendt e' stata, tra l'altro, la piu' grande pensatrice della politica del Novecento] La sola specie d'amore che conosco e in cui credo e' l'amore per le persone. 8. RIFLESSIONE. MARTIN BUBER: OGNI GIORNO [Da Martin Buber, I racconti dei Chassidim, Garzanti, Milano 1979, p. 335. Un libro che a tutti raccomandiamo] Il Magghid di Kosnitz diceva: "Ogni giorno l'uomo deve uscire dall'Egitto". 9. INIZIATIVE. MARINA ROSSANDA: AIUTIAMO LE GAZZELLE FERITE [Questo articolo di Marina Rossanda, medico, gia' parlamentare, impegnata nella solidarieta', e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" del 5 ottobre 2001] All'inizio del 2001 abbiamo lanciato la campagna "Gazzella" per l'adozione a distanza di bambini feriti nell'intifada attuale. Vogliamo aggiornare i lettori sul suo andamento. I bambini "adottati", oltre alla titolare Ghazalah che sta a Hebron, sono ormai 120, tutti nella striscia di Gaza. Tutti hanno ricevuto le rate maturate; Marisa Musu con alcuni volontari le ha consegnate in marzo e in agosto alle loro famiglie, contattate una per una. In agosto chi scrive e' andata a trovare Gazzella - Ghazalah Jaradat e' il suo nome intero, con la rata della seconda meta' dell'anno e con una certa ansia perche' la ragazzina aveva subito un trauma gravissimo. Il suo nome si puo' addirittura trovare tra i bambini uccisi segnalati dal Defence for Children International, in una lista di cinque feriti in stato di ""morte cerebrale". Per fortuna all'ospedale al-Ahli di Hebron dove e' stata portata dopo aver ricevuto lo sparo in testa, e dove era stata fatta la prima nera diagnosi, neurochirurghi e rianimatori l'hanno trattata bene e prontamente. Quando la vidi circa due settimane dopo la bambina era ancora priva di coscienza, e si agitava nel letto accudita dai parenti ma stava emergendo: a quell'eta' lo fanno, di recuperare molto. I chirurghi avevano avuto la saggezza di togliere un lembo osseo per decomprimere il cervello gonfio dopo aver tolto pallottola ed ematoma, di conservarlo correttamente, e sono stati in grado di riposizionarlo per ridare al cranio la sua funzione di scatola rigida protettiva quando la ragazza ha cominciato a migliorare. Cosi' ha potuto essere riabilitata bene localmente e poi in Iraq - dove gli esperti dicono che si trovi un'ottima scuola riabilitativa -, e' addirittura tornata a scuola e ha superato l'esame di ottavo livello. Ghazalah e' ora una bella quindicenne bruna, un po' timida, che non nasconde la sua avversione per gli occupanti, convinta che essa sia ricambiata; e chi potrebbe darle torto avendo visto quel che abbiamo visto, che e' una minima parte delle loro sofferenze quotidiane? Quando la timidezza si e' sciolta, Ghazalah ha sfoggiato un buon inglese, spiegando che da grande le sarebbe piaciuto fare il medico o l'infermiera, per poter aiutare gli altri come avevano aiutato lei. E infine, invitata a dire quale regalo le piacerebbe per fine d'anno, dopo essersi schermita, ha avuto un'idea: "Ecco un regalo lo vorrei tanto: un pezzetto di pace". Commossa, la rassicuro che stiamo facendo il possibile e che comunque loro non sono soli nella loro resistenza. Anche il nostro supporto non e' carita', ma espressione di solidarieta'. Ghazalah vive a Saeir con il padre agricoltore, una madre dal volto stanco, una sorella e quattro fratelli, in una casa che pare una scatola a un piano, vicina ad altre due simili abitate dal resto del gruppo familiare. Le casette stanno sulla cima di una collinetta nuda e sassosa, servita da una ripidissima strada sterrata. Il suo gruppo familiare e' stato colpito da altre due sciagure, con esiti piu' gravi: una cuginetta di 10 anni resa cieca da una caduta e un altro cugino di 13 con gravi postumi fisici e psichici di un incidente d'auto. Non sono traumi da occupazione, - quindi non una priorita' forse - ma a vedere questa gente decisamente civile costretta a usare sentieri da capre, mi chiedo quanta responsabilita' abbia la lunga occupazione nell'aumentare i rischi della loro esistenza. Ghazalah e' stata colpita mentre usciva di scuola e qualche suo compagno tirava pietre; l'esercito ha cercato di far passare il suo trauma come esito di incidente stradale, ma e' stato seccamente smentito dai medici dell'ospedale al-Ahli. I suoi disgraziati cugini vivono anche loro in luoghi a costante rischio. Ormai la capacita' delle funzioni riabilitative delle aree autonome palestinesi, pur sostenute da associazioni locali attive per i disabili e da organizzazioni internazionali, e' stata ampiamente superata dall'immenso bisogno generato dalla durissima risposta israeliana che non solo ha generato sempre nuovi casi ma ha frapposto ostacoli a non finire alla vita delle loro comunita'. Dobbiamo fare qualcosa anche per loro. 10. INIZIATIVE. OPERAZIONE COLOMBA: PROGETTO 2002 DI SOSTEGNO ALLE POPOLAZIONI COLPITE DAL CONFLITTO IN CECENIA [Riportiamo questo progetto di intervento in Cecenia dell'Operazione Colomba. Il progetto e' sottoscritto e presentato da don Oreste Benzi, presidente dell'Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII (esperienza di cui l'Operazione Colomba e' uno dei frutti). Per contatti con l'Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII: via Mameli 1, 47900 Rimini, tel. 054155503, tel. 054154719, fax 054122365, e-mail: info at apg23.org. Per contatti con l'Operazione Colomba: via della Grotta Rossa 6, 47900 Rimini, tel. 0541751498, fax: 0541751624, e-mail: operazione.colomba at libero.it, sito: www.geocities.com/opcol] * La Comunita' Papa Giovanni XXIII La Comunita' Papa Giovanni XXIII da oltre 30 anni opera nel vasto mondo della emarginazione in Italia e nelle seguenti zone di missione: Zambia, Tanzania, Kenia, Sierra Leone, Brasile, Cile, Bolivia, Russia, India, Bangladesh, Croazia, Hong-Kong, Messico, Kossovo. Dal 7 Ottobre 1998 l'Associazione e' stata riconosciuta dal Pontificio Consiglio dei Laici come Associazione Internazionale Privata di Fedeli di Diritto Pontificio. Persone senza dimora, minori in difficolta', portatori di handicap, tossicodipendenti, malati di AIDS, nomadi, anziani vengono accolti nelle nostre comunita' e con loro i membri della nostra associazione condividono direttamente la vita giorno e notte come in una vera famiglia. Abbiamo fondato 164 case famiglia (vere famiglie allargate dove singoli o coppie di sposi diventano temporaneamente o definitivamente padre e madre, fratello o sorella di persone con handicap, minori in difficolta', ex-tossicodipendenti, etilisti, persone con problemi psichici), 26 comunita' terapeutiche per il recupero dei tossicodipendenti, 9 cooperative sociali (imprese produttive che hanno lo scopo di valorizzare e sviluppare le capacita' lavorative di persone che sarebbero altrimenti escluse dal mercato del lavoro, cercando di promuoverne l'inserimento in normali aziende), famiglie aperte (disponibili ad accogliere non solo i propri figli naturali ma anche quelli da "rigenerare" nell'amore), 12 centri diurni (per sviluppare e valorizzare le capacita' specifiche di persone con gravi handicap). Dal 1973 l'Associazione ha aperto la convenzione per l'obiezione di coscienza ed ha attivamente operato in questi anni per una riforma della legge sull'obiezione di coscienza e per la nascita dei Caschi Bianchi, obiettori di coscienza in servizio in missioni umanitarie e di pace, come riconosciuto dall'art. 9 della legge 230 del 1998. * L'Operazione Colomba - corpo civile di pace Nel Maggio 1992, dal desiderio di provare a vivere la nonviolenza nella guerra della ex-Yugoslavia, la Comunita' Papa Giovanni XXIII ha dato vita ad una serie di iniziative denominate "Operazione Colomba", che hanno coinvolto centinaia di giovani di diverse parti d'Italia e numerosi obiettori di coscienza. Condividendo la vita (le paure, i disagi, le sofferenze) delle persone piu' colpite dalla violenza del conflitto, abbiamo reso possibile il dialogo tra le differenti parti in lotta e tra le chiese, abbiamo aiutato a riunire le famiglie divise dai diversi fronti, protetto le minoranze etniche, ed abbiamo contribuito a ricreare un clima di convivenza e riconciliazione. A partire dal 1995 abbiamo esportato questo modo di entrare nelle guerre anche in Albania, Kossovo, Africa (Sierra Leone) e Timor Est. Oggi siamo in Congo, Chiapas (Messico) ed in Cecenia (Russia) convinti che dal vivere con le vittime della guerra e promuovendo attivita' di tutela dei diritti umani e dei diritti individuali delle fasce di popolazione piu' emarginate e sofferenti nascano delle strade inaspettate per la pace. In questi anni abbiamo stretto rapporti di collaborazione con numerosi organismi fra i quali le Nazioni Unite, numerosi centri per i diritti umani ed ong locali ed internazionali, esponenti delle chiese, associazioni e gruppi locali. * I conflitti del Caucaso L'area caucasica e' da anni sconvolta da numerosi conflitti interni, in Daghestan, in Abkhazia - Georgia, in Nagorno - Karabakh, in Ossezia Meridionale, in Ossezia Settentrionale, in Inguscezia ed in Cecenia. Ne descriviamo alcuni in dettaglio. - Cecenia. Questa repubblica e' stata la sola del Caucaso settentrionale a proclamarsi unilateralmente indipendente nel 1991. Nel 1994 Mosca invia le sue truppe: la guerra fa decine di migliaia di morti. Sconfitto, l'esercito russo si ritira nell'agosto 1996. Un trattato di pace, firmato nell'autunno del 1996, prevede di definire entro cinque anni lo status definitivo della Cecenia. Indipendente di fatto, la repubblica resta uno Stato debole di cui il presidente, Asian Maskhadov, ex ufficiale dell'Armata rossa e a capo della lotta per l'indipendenza, controlla solo la capitale. Mosca accusa la repubblica di essere il santuario del "terrorismo islamico" nel Caucaso. Nell'agosto '99 la guerra ricomincia con l'attacco di ribelli ceceni in Daghestan e la risposta dell'esercito federale russo che invade la Cecenia. Il conflitto e' tuttora in corso. - Inguscezia. Dopo alcuni scontri fra osseti e ingusci che hanno provocato centinaia di morti, dal 1992 al 1995 nelle due repubbliche e' in vigore lo stato di emergenza. L'lnguscezia era stata privata del 40% del suo territorio a vantaggio dell'Ossezia dopo la seconda guerra mondiale, quando ingusci e ceceni furono deportati da Stalin per la loro presunta "collaborazione" con i nazisti. Attualmente ospita piu' di 200.000 profughi. - Ossezia Settentrionale. L'Ossezia del Nord fa parte della Federazione Russa ed e' l'unica repubblica a maggioranza cristiana del Caucaso russo. Ospita molti profughi causati dai numerosi conflitti che dagli anni novanta hanno insanguinato la zona. L'Ossezia stessa ha combattuto un breve conflitto, durato dal 31 ottobre '91 al febbraio '92, contro la confinante Inguscezia per motivi territoriali. Il confine tra i due stati, entrambi appartenenti alla Federazione Russa, e' tuttora molto militarizzato. Un altro conflitto che ha portato molta gente a rifugiuarsi in Ossezia del Nord e' stato quello che, nella confinante Georgia indipendente, ha visto fronteggiarsi forze indipendentiste sud ossete e quelle governative georgiane. Naturalmente anche il confine con la Georgia e' molto militarizzato. L'Ossezia e' anche diventata rifugio per molti profughi russi (piu' di 100.000) provenienti fin dal '94 dalla Cecenia. * Storia della presenza dell'Operazione Colomba in Caucaso Da quasi due anni la nostra associazione si interessa dei conflitti nella regione del Caucaso con particolare attenzione a quello tuttora in atto in Cecenia. Numerosi sono stati i viaggi esplorativi in Cecenia, Inguscezia, Kabardino Balkaria, Ossezia del Nord e regione di Stavropol, per valutare e provvedere ai primari bisogni dei profughi che piu' subiscono la guerra, per monitorare la situazione dei diritti umani e per valutare la possibilita' di aprire una nostra presenza permanente in quei territori. Uno dei maggiori problemi che ci si e' posto e' quello della sicurezza in quanto gli stranieri sono l'obiettivo privilegiato di bande locali dedite ai rapimenti a scopo di estorsione. La nostra associazione non e' in grado economicamente e non vuole adottare apparati di sicurezza che limitino l'azione stessa del progetto. Dunque abbiamo ritenuto che un eventuale progetto si sarebbe dovuto basare sulla conoscenza diretta dell'ambiente e della lingua locale (il russo) e sulla stretta collaborazione con un partner locale. Per questo alcuni nostri volontari hanno passato circa sei mesi a Volgograd in una struttura dell'Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII per imparare la lingua e conoscere meglio la cultura russa. In questi mesi, inoltre, si sono creati legami con la Caritas di Vladikavkaz (Ossezia del Nord). La migliore conoscenza del territorio, della lingua e della cultura ci ha portati a iniziare un progetto proprio nell'area di Vladikavkaz che risulta essere la meno rischiosa ma con la particolarita' di trovarsi molto vicina ai luoghi dove si sta consumando il conflitto ceceno. Questa vicinanza ci permettera', oltre al lavoro con i profughi residenti in Ossezia, di rimanere in contatto con le numerose associazioni locali operanti in Inguscezia e Cecenia per poter avere sempre un quadro completo della situazione. * Contesto ambientale Alla periferia di Vladikavkaz vi e' l'orfanotrofio, definito anche "Dietzki Center", al quale vengono affidati bambini orfani o tolti alle famiglie. La struttura e' piuttosto vecchia ma ben tenuta anche grazie alla buona volonta' del direttore e del personale. La Caritas locale ha iniziato un piccolo programma di aiuto all'istituto fornendo vestiti e scarpe usate. L'orfanotrofio si trova in una zona che era in passato luogo di colonie estive, ma e' ormai abitata, da circa otto anni, da profughi (piu' di 100) che provengono dalla Georgia. In questi anni non sono riusciti ad ottenere lo status di rifugiati ne' documenti russi; per la burocrazia, che li tollera, sono immigrati clandestini dalla Georgia. Per i profughi e' impossibile ottenere un lavoro regolare e qundi sopravvivono con lavori saltuari come braccianti, naturalmente in nero. Ci pare che esistano microconflitti fra i profughi e il personale dell'orfanotrofio e che non ci sia nessun tipo di integrazione fra i bambini residenti nell'orfanotrofio e quelli profughi. Inoltre ci pare che la situazione precaria in cui vivono i profughi possa creare microconflitti all'interno della comunita' stessa. * Attivita' in loco 1) Sostegno alla popolazione civile - Animazione: partiremo da un progetto di animazione con i bambini che risiedono nell'area periferica della citta' di Vladikavkaz, profughi e orfani ospiti di un orfanotrofio. L'attivita' si svolgerebbe durante tre pomeriggi a settimana nelle ore lasciate libere dalla scuola. Gli incontri dureranno circa tre ore suddivise in giochi ricreativi di gruppo, laboratori manuali ed attivita' varie volte alla sistemazione e all'addobbo del luogo. Questo ha lo scopo di coinvolgere bambini, profughi e orfani assieme, per farli conoscere meglio fra loro, collaborare trovando nuove strategie per affrontare situazioni precarie, sfogare le tensioni, sentire propri quei luoghi che dopo 8 anni ancora non lo sono, restituire loro la dignita' di essere bambini, divertire e permetterci un incontro graduale e di confidenza anche con i loro genitori (adulti). - sostegno agli adulti: le situazioni precarie di vita delle persone hanno creato casi di estremo disagio o di emarginazione sui quali vorremmo concentrare le nostre forze nella seconda fase. Gli interventi a favore delle famiglie o dei singoli potranno essere di diverso tipo, dall'aiuto materiale a quello psico-sociale. Tutti gli interventi saranno comunque mirati all'abbassamento della tensione, all'integrazione degli emarginati (profughi e non) e alle diverse problematiche derivanti dalla guerra. Partner locali: Caritas russa. 2) Monitoraggio del conflitto La nostra presenza in Ossezia del Nord, data la vicinanza all'Inguscezia e alla Cecenia, permettera' ai nostri operatori sul campo di poter monitorare, attraverso viaggi e incontri con organizzazioni umanitarie, la situazione in quella regione senza esservi stabilmente presenti. I viaggi avranno scadenza bisettimanale e avranno luogo solo se sussisteranno tutte le condizioni di sicurezza necessarie. I nostri operatori si affideranno alla struttura di sicurezza messa in atto da altre organizzazioni gia' operative in Inguscezia e Cecenia, con le quali vi sono gia' da tempo rapporti di collaborazione. I viaggi avranno lo scopo di mantenere il polso sulla situazione generale del Caucaso e in particolare su quella cecena. Particolare attenzione avremo per la situazione del rispetto dei diritti umani. Il monitoraggio e la conoscenza della situazione in Cecenia e Inguscezia sara' importante anche rispetto al nostro lavoro in Ossezia del Nord essendovi, infatti, contrapposizione fra i vari stati che compongono il Caucaso. In queste dinamiche di conflitto e di contrapposizione e' importante riportare l'idea di "umanita' del nemico" in quanto la propaganda tende sempre a demonizzare e a spersonalizzare la controparte per accumunarla in un unico giudizio negativo. Potrebbe essere importante riportare tra l'una e l'altra parte notizie di modo da innescare piccoli circuiti di vera informazione. Partner locali: Caritas Internazionale. * Attivita' in Italia La raccolta di informazioni sul campo e la stessa vita in mezzo alle vittime dei conflitti ci carica della grossa responsabilita' di rendere nota a tutti l'atrocita' di queste guerre che si svolgono lontano dall'Italia. Per questo diventa fondamentale un accurato lavoro di studio, formazione ed informazione in Italia. 1) Creazione di un osservatorio sui conflitti in Caucaso La vita di condivisione ci permette di avere un punto di vista molto ravvicinato alle problematiche del conflitto ma allo stesso tempo anche limitato. Riteniamo quindi fondamentale creare un osservatorio permanente sulle cause generali (economiche, politiche e sociali) che hanno creato e mantengono vivo il conflitto caucasico e tutte le eventuali responsabilita' dell'occidente. 2) Formazione dei volontari Data la complessita' della situazione caucasica, l'elevato grado di pericolosita' per gli occidentali e la grande diversita' della lingua russa da quella italiana, riteniamo fondamentale svolgere continui ed approfonditi corsi di formazione per i volontari che si accingeranno a partire per i nostri progetti. 3) Informazione Riteniamo fondamentale riportare in Italia (attraverso incontri pubblici, seminari, produzione di materiale come bollettini, mostre fotografiche, incontri di formazione nelle scuole, etc.) l'esperienza fatta dai nostri operatori e volontari sul campo, notizie sulle violazioni dei diritti umani, sulle estreme condizioni di vita dei civili, sulla situazione generale di questo dimenticato conflitto ed eventuali complicita' o connivenze dell'occidente che permettono la prosecuzione della guerra. Riteniamo molto importante creare in Italia una coscienza nonviolenta contro la guerra che possa anche diventare movimento d'opinione. Le fasi di studio, formazione ed informazione sono molto delicate in quanto un'azione di questo genere potrebbe mettere in una situazione di difficolta' i nostri operatori in loco, stiamo quindi pensando a forme indirette che possano evitare di collegare le nostre realta' sul campo ad eventuali azioni e campagne di sensibilizzazione in Italia. Responsabile del progetto ed esecutore: Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII. * Dati tecnici Segreteria organizzativa: Operazione Colomba, via della Grotta Rossa 6, 47900 Rimini. Risorse umane in loco: due volontari permanenti ed altri a turno (tra cui obiettori di coscienza in servizio civile - legge 230/98 e 64/2001) per un massimo di 8 contemporaneamente. Inizio progetto: settembre 2001. Durata complessiva: un anno, da valutare in base all'evolversi del conflitto e alla situazione dei profughi. Il costo complessivo del suddetto progetto per l'anno 2001/02 e' di Lire 61.500.000. Referente del progetto in Russia: Andrea Pagliarani. Referente del progetto in Italia: Alberto Capannini. 11. LETTURE. LUCA BAGETTO: ETICA DELLA COMUNICAZIONE Luca Bagetto, Etica della comunicazione. Che cos'e' l'ermeneutica filosofica, Paravia, Torino 1999, pp. 158, lire 15.000. Una sintetica introduzione sull'ermeneutica nella filosofia contemporanea. Con antologia di testi dei principali autori. 12. LETTURE. PASCAL DREYER: ETTY HILLESUM, UNA TESTIMONE DEL NOVECENTO Pascal Dreyer, Etty Hillesum, una testimone del Novecento, Edizioni Lavoro, Roma 2000, pp. 184, lire 20.000. Una utile monografia sulla grande figure della giovane donna vittima e testimone della Shoah. 13. LETTURE. TZVETAN TODOROV: GLI ABUSI DELLA MEMORIA Tzvetan Todorov, Les abus de la memoire, Arlea, Paris 1998, pp. 64, franchi 20. Un opuscolo la cui lettura raccomandiamo vivamente (come gli altri lavori di Todorov di denuncia della violenza e del pregiudizio). Ignoriamo se sia stato tradotto in italiano. 14. RILETTURE. GOTTHOLD EPHRAIM LESSING: NATHAN IL SAGGIO Gotthold Ephraim Lessing, Nathan il saggio, Garzanti, Milano 1992, pp. 340, lire 17.000. Sara' banale scriverlo una volta di piu', ma consigliamo veramente a tutti la lettura di questo classico della comprensione tra le culture, cioe' tra gli esseri umani. 15. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA ROCCO SCOTELLARO A MARA SELVINI PALAZZOLI * ROCCO SCOTELLARO Profilo: nato a Tricarico (Matera) nel 1923, morì a Portici stroncato da un infarto nel 1953. Appassionato militante della sinistra, sindaco di Tricarico, amico di Carlo Levi e Manlio Rossi-Doria, impegnato nell'azione e nella riflessione meridionalista, scrittore e poeta. Opere di Rocco Scotellaro: E' fatto giorno, Mondadori, Milano; Contadini del Sud, Laterza, Bari; L'uva puttanella, Laterza, Bari. Opere su Rocco Scotellaro: Franco Fortini, La poesia di Scotellaro, Basilicata, Matera; AA; VV., Il sindaco poeta di Tricarico, Basilicata, Matera; Franco Vitelli, Bibliografia critica su Scotellaro, Basilicata, Matera. * GIOVANNI SCOTTO Profilo: ricercatore presso il «Berghof Research Center for Constructive Conflict Management» di Berlino; collabora con l'«Institute for Peace Work and Nonviolent Settlement of Conflicts» di Wahlenau e con il «Centro studi difesa civile» di Roma. Opere di Giovanni Scotto: con Emanuele Arielli, I conflitti, Bruno Mondadori, Milano 1998; sempre con Emanuele Arielli, La guerra del Kosovo, Editori Riuniti, Roma 1999. Per contatti: sito: http://userpage.fu-berlin.de/~gscotto ; e-mail: gscotto at zedat.fu-berlin.de * PETE SEEGER Profilo: folksinger americano, impegnato nei movimenti per la pace e i diritti civili. * ERMIS SEGATTI Profilo: docente presso la facoltà teologica di Torino, collabora a numerose riviste ed è esperto dei problemi delle società dell'est europeo. * BRUNO SEGRE Profilo: nato a Lucerna nel 1930, si è occupato di sociologia della cooperazione e di educazione delgi adulti nell'ambito del Movimento Comunità fondato da Adriano Olivetti; ha fatto parte del Consiglio del "Centro di documentazione ebraica contemporanea" di Milano; dal 1991 presiede l' Associazione italiana "Amici di Nevé Shalom / Wahat al-Salam". Opere di Bruno Segre: Gli Ebrei in Italia, Fenice 2000, 1993; La Shoah, Il Saggiatore, 1998. * ELVIRA SELLERIO Profilo: editrice di forte impegno culturale e civile. * MARA SELVINI PALAZZOLI Profilo: nata nel 1916 e scomparsa nel 1999, psicoterapeuta, fondatrice a Milano del Centro per lo studio della famiglia, ha dato fondamentali contributi alla ricerca sulla terapia familiare. Opere di Mara Selvini Palazzoli: L'anoressia mentale, Feltrinelli, Milano 1963, 1981; Paradosso e controparadosso, Feltrinelli, Milano 1975; Il mago smagato, Feltrinelli, Milano; Sul fronte dell'organizzazione, Feltrinelli, Milano 1981; I giochi psicotici nella famiglia, Cortina, Milano 1988, 1997. 16. GLI SCARTAFACCI DI BIRICOCOLO: L'IRCOCERVO [Il nostro Biricocolo, vecchierello com'e', crede ancora alle favole. E cosi' si immagina di vivere in un mondo in cui la parola serve per comunicare il pensiero e non per nasconderlo, in cui l'uomo e' un aiuto per l'uomo anziche' un nemico, in cui eccetera eccetera. Che ci volete fare, e' fatto cosi'. Valla un po' a capire certa gente] Non si puo' essere per la nonviolenza a meta'; o si e' per la nonviolenza, oppure no. Senza offesa per nessuno, ma basta con le mistificazioni. 17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 18. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 250 del 6 ottobre 2001
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