La nonviolenza e' in cammino. 250



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 250 del 6 ottobre 2001

Sommario di questo numero:
1. La piu' grande rivoluzione del XX secolo: nonviolenta
2. Francesco Comina, l'ultimo bivio
3. Dino Frisullo, lettera aperta al Ministro dell'Interno
4. Peppe Sini, la guerra puo' essere fermata
5. Renato Sacco, caro Francesco
6. Renate Siebert, l'alleanza tra politica e mafia
7. Hannah Arendt, l'amore in cui credo
8. Martin Buber, ogni giorno
9. Marina Rossanda, aiutiamo le Gazzelle ferite
10. Operazione Colomba: progetto 2002 di sostegno alle popolazioni colpite
dal conflitto in Cecenia
11. Letture: Luca Bagetto, Etica della comunicazione
12. Letture: Pascal Dreyer, Etty Hillesum, una testimone del Novecento
13. Letture: Tzvetan Todorov, Gli abusi della memoria
14. Riletture: Gotthold Ephraim Lessing, Nathan il saggio
15. Per studiare la globalizzazione: da Rocco Scotellaro a Mara Selvini
Palazzoli
16. Gli scartafacci di Biricocolo: l'ircocervo
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'

1. UNA CONSTATAZIONE. LA PIU' GRANDE RIVOLUZIONE DEL XX SECOLO: NONVIOLENTA
La piu' grande rivoluzione del XX secolo, la piu' grande lotta di
liberazione e per la dignita' umana, e' quella condotta dal movimento delle
donne, dal pensiero delle donne, dalla prassi delle donne, dalla coscienza
delle donne.
Una rivoluzione nonviolenta. Una lotta di liberazione nonviolenta.
La piu' grande lotta di liberazione della storia dell'umanita', quella che
piu' di ogni altra ha dato dignita' e speranza all'umanita' intera.
Una lotta di liberazione che continua, e che interpella l'intera umanita',
all'intera umanita' indica la via.
La via per salvare la biosfera dall'ecocidio; la via per salvare la civilta'
umana dalla barbarie; la via che costruisce uguaglianza nel riconoscimento
delle differenze; la via della dignita' e della solidarieta', della
convivenza e del riconoscimento, del dare la vita invece di toglierla. La
via della nonviolenza.

2. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA: L'ULTIMO BIVIO
[Questo intervento di Francesco Comina, impegnato in Pax Christi,
giornalista e saggista, e' apparso sul "Mattino" di Bolzano. Per contatti:
fcomina at ilmattinobz.it]
La saggezza di una civilta', di una cultura, di un popolo, esce allo
scoperto quando la crisi divampa. Allora si manifesta la voce della
sapienza, nell'appello ultimo alla responsabilita' civile o religiosa o nel
richiamo forte al senso di umanita' contro le forze della distruzione, della
guerra o della carneficina.
Quando la bomba atomica divoro', in un solo colpo, Hiroshima e Nagasaki, la
voce di Einstein squarcio' il velo di responsabilita' scientifiche e
tecnologiche applicate nel trattamento dell'atomo, nei laboratori di Los
Alamos: "Da ora in avanti - disse ad alta voce Einstein - ricordatevi solo
della vostra umanita' e dimenticate tutto il resto".
Ma l'anima apocalittica di "Thanatos" (come la focalizzo' Freud in un
carteggio con Einstein) ha continuato a disperdere nell'aria i semi della
morte totale, facendo del nostro pianeta vivo (Gaia) un deposito di missili,
di bombardieri, di navi da guerra, di testate nucleari e di bombe
batteriologiche. E in questo modo la vita di ognuno di noi e di tutto il
sistema degli esseri viventi si e' drammaticamente esposta al rischio del
suicidio globale, totale, senza alea di riserva.
Le parole irresponsabili e folli del segretario della Difesa americana,
Donald Rumsfeld, che nei giorni scorsi ha ipotizzato anche l'uso di missili
atomici per risolvere la guerra al terrorismo, getta sul muro freddo della
condizione umana del terzo millennio l'alternativa mortale che il grande
storico Toynbee aveva annotato nel chiudere il suo libro sulla storia
dell'uomo: "L'uomo uccidera' la Madre Terra o la riscattera'? La puo'
uccidere con il cattivo uso dei potenti mezzi di distruzione che ha nelle
sue mani, ma puo' anche riscattarla mettendo a frutto la sua intelligenza
creativa e il suo spirito di pace e solidarieta' universale".
* Penne in crisi
>Nel suo "Dizionario della crisi" ("Repubblica", 3 ottobre, p. 13) un
prestigioso giornalista, Antonio Polito, pare quasi ridere a crepapelle sul
"pacifismo" che "non sfonda". "Troppo immediata e seria - scrive il
giornalista - e' la minaccia alla nostra vita per concederci con Bin Laden i
flirt catto-comunisti - e leghisti - che intrecciammo con Saddam e
Milosevic". E chiude commentando il termine "pacifismo": "Dall'invasione
della Polonia in poi, e' poco piu' che un termine dispregiativo".
Polito ha ragione. "Pacifismo" e' un termine dispregiativo ed e' bene che i
giornalisti, i quali giudicano il movimento per la pace dalle scrivanie
fumose delle redazioni, evitino di evocarlo per racchiudere in un imbuto
tutti coloro che non credono che la guerra possa risolvere le controversie
internazionali. Non esiste il pacifismo, ma ci sono uomini e donne per la
pace, gruppi e associazioni che lavorano per un mondo riconciliato, progetti
di solidarieta' fra i popoli, testimoni che hanno subito sulla propria pelle
la furia inumana della violenza e hanno deciso di contrastarla con l'azione
nonviolenta. Polito sorride, con le sue parole demodee, e incolpa gli uomini
di pace che negli anni '30 la politica di Londra e Parigi aveva concesso
troppo davanti al nemico. Ma intanto Polito dimentica di considerare i
"sommersi" bruciati nei lager per essersi rifiutati di colpire il nemico, o
i disertori che obiettarono al nazismo; dimentica la rivoluzione nonviolenta
di Gandhi, l'opposizione agli eserciti di Tolstoj, Einstein, Freud. Polito
non ha messo nel conto del Novecento la carovana degli obiettori di
coscienza, che hanno creato le condizione perche' quasi tutti gli stati
democratici accogliessero al loro interno l'opzione del servizio civile per
aiutare i sofferenti, i poveri o per dare forza gli enti culturali,
religiosi o ricreativi.
Le piu' grandi voci della cultura mondiale sono state in buona parte per la
pace e la nonviolenza. Nel linguaggio giornalistico queste figure si
chiamano pacifisti, ma Polito ha ragione: pacifismo e' un termine
dispregiativo, trasformiamolo in "nonviolenza".
Nonviolenza si scrive tutto attaccato, mi raccomando, come voleva Capitini,
come vuole Galtung, come vogliamo noi che non amiamo un mondo soggetto alla
logica del conflitto.
* "Tu non uccidere"
Anche per la Chiesa i momenti di crisi sono pericolosi. La saggezza del
Verbo, a volte, lascia il posto agli umori umani ("troppo umani!"). E allora
accade che da una parte ci sia un Papa che grida contro la guerra e contro
la violenza, ma nei sacri palazzi qualcuno non sente ed e' pronto a mediare
con le ragioni della politica. Cosi' l'attacco militare viene giustificato,
senza considerare che nessun versetto del Vangelo lo permette. Ma nella
crisi la voce dell'Evangelo, che invoca la pace fra i popoli, viene
soffocata, e c'e' chi si inventa la patente di legittimita' religiosa per
gli islamici che vengono a noi come fratelli.
E allora torno indietro nel tempo e rileggo le pagine stupende del parroco
di Bozzolo don Primo Mazzolari in un piccolo testo scritto sotto il rombo
delle mitragliatrici nei silenzi curiali della seconda guerra mondiale.
Ecco un monito per la nostra crisi: "Uccidere per giustizia - scriveva
Mazzolari - piu' che una ragione, puo' diventare un anestetico o una ragione
giuridica, da scriba e da fariseo, piuttosto che da cristiano". E ancora:
"Chiunque avverte che l'uccidere in guerra e' un peccato, ha il dovere di
seguire la propria coscienza, poiche' sta scritto: E' meglio obbedire a Dio
che agli uomini".

3. TESTIMONIANZE. DINO FRISULLO: LETTERA APERTA AL MINISTRO DELL'INTERNO
[Dino Frisullo e' impegnato nella solidarieta' con gli immigrati, con le
persone ed i popoli oppressi. Per contatti: dinofrisullo at libero.it]
Signor Ministro,
lei e il Presidente del Consiglio in questi giorni avete ripetutamente
negato che l'Italia debba ritenersi in guerra con i musulmani o con coloro
che hanno avuto la sfortuna di nascere in altri luoghi. Dobbiamo supporre
che gli apparati di sicurezza abbiano ricevuto disposizioni conseguenti.
Vorrei raccontarle la storia di Huseyn, profugo kurdo.
Ieri mattina, per la seconda volta in due giorni, e' stato fermato da una
pattuglia di polizia all'interno della stazione Termini a Roma. Era con il
suo amico Yan, anche lui kurdo ma biondo e di pelle chiara tanto quanto
Huseyn e' scuro e crespo di barba e capelli. Una volta controllati i
documenti, in regola per entrambi (anzi: Huseyn ha gia' ricevuto l'asilo
politico che Yan attende ancora), gli agenti hanno trattenuto solo Huseyn.
L'altro pero' e' rimasto, per amicizia.
La prima domanda: siete musulmani? Alla risposta positiva, sono stati
portati nel posto di polizia ferroviaria presso il primo binario e chiusi in
una stanzetta per quattro-cinque ore per un "controllo di documenti".
Prima, sono state sequestrate loro le batterie dei telefonini (poi
restituite) e le spillette del Pkk di Ocalan, non restituite perche' secondo
l'agente erano "illegali". Non basta: dalla Polfer sono stati trasferiti
nell'ufficio stranieri della questura, dove sono rimasti altre cinque ore
senza mai mangiare ne' bere, prima di essere infine rilasciati, a sera, e
scaricati nella stessa stazione.
Mentre le scrivo, signor ministro, Huseyn sta molto male. Per un'intera
giornata ha rivissuto, senza ragione, situazioni gia' viste. Nel suo paese,
il Kurdistan turco, fu arrestato due volte. La prima si risveglio' dal coma
in ospedale, con gli abiti insanguinati dalla tortura. La seconda volta fu
torturato per 45 giorni di seguito. Fuggi' in Germania, ne fu respinto in
Turchia, e' riuscito a espatriare una seconda volta e ad avere asilo in
Italia. Dove non avrebbe mai creduto di ritrovare un analogo arbitrio.
Un altro profugo kurdo, di nome Hamza, e' molto contento: nel centro
autogestito Ararat, a Roma, sta avviando in collaborazione con la Uisp due
squadre di football e pallavolo, le prime "nazionali" del suo paese negato.
C'e' pero' un'ombra nel suo sorriso, da quando nella stessa stazione Termini
una pattuglia l'ha fermato, gli ha chiesto della sua religione, gli ha
controllato i documenti e infine l'ha obbligato, in pubblico, a sfilarsi la
maglietta e rimettersela al contrario, nascondendo all'interno l'immagine
stampata che richiama il suo paese e la sua lotta.
Potrei raccontarle altre storie.
Quella di H., mio amico palestinese, che a quindici anni aveva proiettato la
rabbia infinita della sua infanzia a Sabra e Chatila in un atto di violenza,
ha pagato duramente, ne ha tratto un libro, ora e' un'altra persona e un
libero cittadino in attesa dell'asilo politico. Fino a quando, in tempo di
pre-guerra, e' stato prelevato dal suo posto di lavoro da agenti in borghese
inviati dal Viminale e tradotto a Ponte Galeria, da dove solo l'insistenza
di alcuni avvocati e' riuscita a impedire un'espulsione verso un Medio
Oriente in cui sarebbe messo a morte.
Oppure quella di Tassaduq Hossain, giovane commerciante pakistano che in
vita sua non ha mai fatto politica, ma aveva il vezzo di portare la barba e
vestire l'abito tradizionale nero anziche' bianco. Nella scorsa estate,
prima del dramma delle Twin Towers ma dopo i fatti di Genova, e' stato
prelevato a casa e rimpatriato, nonostante avesse un regolare permesso di
soggiorno, con l'accusa improbabile e mai provata di "partecipazione a banda
armata".
Del resto e' nota la vicenda dei cinque afghani presunti terroristi, poi
risultati normali "clandestini". Meno nota, perche' forse se ne sono
vergognati inquirenti e cronisti, e' la circostanza che le cartine dei
"possibili obiettivi" erano le mappe di Roma normalmente fornite dalla
Caritas, con l'indicazione di San Pietro ed altro.
Signor ministro, che devo rispondere ai miei amici kurdi, pakistani,
indiani, bengalesi o arabi che mi chiedono se dunque e' vero che e'
diventata sospetta la loro religione, i loro abiti, i loro simboli, la loro
pelle? Che dobbiamo rispondere, noi dell'associazionismo che ogni giorno
deve delle risposte agli "stranieri", a chi ci chiede se in tempo di guerra
non sia meglio scivolare rasente i muri, non frequentare stazioni e
metropolitane, insomma nascondersi? E dove mai potrebbero nascondersi?

4. UN APPELLO. PEPPE SINI: LA GUERRA PUO' ESSERE FERMATA
[L'autore di questo intervento sta svolgendo un digiuno di condivisione,
meditazione e preparazione all'azione diretta nonviolenta contro la guerra]
La guerra puo' essere fermata. Se lo vogliamo, possiamo. Con la nonviolenza.
La guerra puo' essere fermata. Ma noi dobbiamo fermarla. Con la nonviolenza.
I terroristi sono solo un gruppo criminale, ma gli stati sono ordinamenti
giuridici.
I piu' importanti stati che, facendosi scimmie e specchio e moltiplicatori
dei terroristi, stanno preparando la guerra, sono paesi democratici, stati
di diritto, stati che fanno parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite,
stati che hanno sottoscritto fondamentali trattati internazionali.
Stati che sono quindi vincolati al rispetto del diritto internazionale, alla
volonta' sovrana delle rispettive popolazioni, alla legalita' che fonda la
loro stessa esistenza.
E poiche' i gruppi dirigenti di questi stati stanno preparando una guerra
illegale e criminale occorre che siano i loro popoli ad opporsi, a far
valere la legalita', la democrazia, la ragione, il rispetto dei diritti
umani, il diritto dell'umanita' intera a scongiurare il pericolo di una
guerra dagli esiti apocalittici.
Governanti irresponsabili e succubi della ferocia dei terroristi stanno per
scatenare una guerra illegale e criminale: questa e' la situazione.
E' quindi compito nostro, di cittadini di paesi democratici, di stati di
diritto, fermarli e richiamarli alla saggezza, alla giustizia, alla
legalita'.
Cosicche' questa guerra ci interpella, ci chiama in causa. Sta a noi,
coralmente, impedirla. Sta a noi, coralmente, affermare che il terrorismo si
puo' sconfiggere solo con la forza del diritto e della democrazia, con
l'estensione della solidarieta' e della giustizia. Sta a noi, coralmente,
affermare che la pace si costruisce con la pace, e la convivenza civile
appunto convivendo, e non uccidendo altri esseri umani.
*
Il tempo che abbiamo a disposizione per dissuadere il governo, il parlamento
e il capo dello stato italiano dal precipitarci in questa catastrofe e'
probabilmente pochissimo. Facciamo tutti qualcosa. Facciamola subito.
Scriviamo a tutte le autorita' e le rappresentanze istituzionali che
conosciamo, chiediamo loro di rispettare la Carta dell'ONU, la Costituzione
della Repubblica Italiana, il diritto alla vita di ogni essere umano.
E diciamo loro che se sciaguratamente violeranno la legalita' e aderiranno
alla guerra (invece di opporsi ad essa come ragione coscienza e leggi
esplicitamente richiedono), allora in forza della nostra sovranita' di
cittadini, preso atto che con la loro condotta essi si sono collocati
fuorilegge, avremo il dovere di agire per difendere la legalita'  e le
concrete vite umane in pericolo.
*
Ed agiremo con la nonviolenza.
Con la forza della nonviolenza.
Con la limpidezza della nonviolenza.
Agiremo per fermare la guerra; per contrastare il terrorismo e i suoi
complici e allievi e reduplicatori; per difendere e ripristinare la
legalita'; per affermare la dignita' umana.
Agiremo con l'azione diretta nonviolenta per contrastare operativamente la
macchina bellica;
agiremo con la disobbedienza civile di massa per negare il consenso ai
governanti che aderendo alla guerra si saranno resi fuorilegge: con la
disobbedienza civile di massa cercheremo di paralizzare la catena di comando
del potere politico fedifrago, di bloccare l'efficacia delle decisioni
governative eslegi, bloccando in punti cruciali la macchina della pubblica
amministrazione;
agiremo con lo sciopero generale contro la guerra e contro il terrorismo,
chiamando alla mobilitazione tutti i cittadini italiani in difesa del
diritto, per paralizzare il paese finche' la legalita' costituzionale e la
democrazia non siano ripristinate.
*
Abbiamo pochissimo tempo. Ma siamo decisi.
Ci ascoltino i governanti.
Tutti scrivano loro per dissuaderli dal commettere un'anomica follia, una
sanguinaria follia.
Si preparino tutti gli amici della nonviolenza. E' l'ora (il "kairos", se
possiamo usare questo denso termine) in cui ognuno deve fare i conti con la
propria coscienza, con la propria razionalita', e con il sentimento di
comune appartenenza alla famiglia umana.

5. RIFLESSIONE. RENATO SACCO: CARO FRANCESCO
[Per contatti con don Renato Sacco (parroco di Cesara e consigliere
nazionale di Pax Christi): via alla Chiesa, 20, 28891 Cesara (VB), tel.
323827120; per contatti con Pax Christi: paxchristi at tiscalinet.it]
Caro Francesco,
ho pensato a te in questa notte di vigilia della tua festa. Tu sei anche il
Patrono d'Italia.
Mi sei venuto in mente perche' - non offenderti - qui non sappiamo piu' che
pesci pigliare, e visto che tu te la sei cavata con gli uccelli e col lupo,
magari hai qualche suggerimento anche per i pesci.
Si', perche' qui siamo travolti da ondate sempre piu' forti di violenza, di
terrorismo e di guerra. Violenza che genera altra violenza. C'e' la
sensazione che le parole non dicano piu' nulla, che la verita' sia l'ultima
cosa che interessa, che l'ebbrezza di fare la guerra sia piu' forte di ogni
altra emozione.
Altro che umilta', poverta', semplicita' e perfetta letizia.
E prende piede un po' anche la rassegnazione.
Non sappiamo che pesci pigliare.
Allora mi rivolgo a te che sei ricordato nel mondo come l'uomo della pace.
Anche la tua Assisi e' citta' simbolo di pace: c'e' stato qualche anno fa un
grande incontro di rappresentanti religiosi in preghiera per la pace e tra
pochi giorni sara' meta di una grande marcia per la pace.
Certo, il primo cruccio e' proprio per la Chiesa, quella che tu hai voluto
ricostruire.
Siamo in una situazione dove ci vorrebbe, forse, piu' coraggio evangelico, e
invece prende piede la piu' realistica prudenza evangelica. Un po' di anni
fa la Chiesa italiana aveva invitato alla scelta preferenziale per gli
ultimi. Oggi, agli occhi di chi ci guarda, non appare immediato l'entusiasmo
di veder prendere in mano il Vangelo sine glossa.
Tu sei stato un tipo deciso, hai scelto la poverta' e i poveri, la liberta'
da ogni potere e sei stato uomo di pace, per la Chiesa e per il mondo.
Certo, ti hanno preso per matto, per uno fuori di testa. Ma non ti sei
lasciato condizionare. Tu hai avuto anche qualche problemino col Papa.
Noi oggi abbiamo, a dire il vero, un Papa coraggioso, che sulla guerra non
si stanca di ripetere che e' avventura senza ritorno, che continua a
richiamare alla pace come unica via. Certo la sua voce e' un po fuori dal
coro, soprattutto in questi giorni in cui soffiano venti di guerra. Anche
chi gli sta intorno a volte e' tentato di correggere un po le sue posizioni,
come se avesse paura di prendere sul serio la logica nonviolenta del
Vangelo.
Aiutaci a non perdere il coraggio della fede.
Anche se oggi nella Chiesa se ne sentono un po' di tutti i colori: c'e' chi
dice che tu sarai anche un bravo santo, ma non sei adatto a fare il Ministro
della Difesa, come dire che la guerra... quando ci vuole ci vuole. C'e' chi
e' preoccupato se i cattolici si mescolano con quanti denunciano, come in
occasione del G8, le ingiustizie di questo mondo, globallzzato solo nel
denaro non nella solidarieta' e nei diritti umani. Come se i cattolici
dovessero restare delle persone pie, slegate e non inserite nel contesto
reale e faticoso delle contraddizioni, vivendo nel mondo.
C'e' chi, peraltro, ricopre anche gradi militari: abbiamo preti e vescovi
con le stellette. E' di questi giorni anche la proposta di archiviazione del
caso di Emanuele Scieri, il paracadutista trovato morto il 16 agosto 1999.
Speriamo che si faccia luce su questa tragedia avvenuta all'interno di una
caserma, per essere piu' credibili quando si vuole andare a fare luce su
tragedie a livello internazionale.
Tu, che sei l'uomo della semplicita', aiutaci a non accettare le
semplificazioni pericolose che oggi rischiano di andare per la maggiore,
come ad esempio dire che "la guerra e' contro il terrorismo e si colpiranno
solo i terroristi, in modo chirurgico senza vittime innocenti". Mi sembra
una grossa bugia!
I recenti conflitti ci ricordano invece che la maggior parte delle vittime
sono proprio i civili, oltre il 90%.
Anche per noi oggi c'e' il rischio di essere presi un po' per gente fuori di
testa se diciamo di essere contro la guerra e contro la violenza. Si rischia
di essere considerati amici del nemico. "Sei contro la guerra, allora sei
con i terroristi". E' faticoso dire il proprio sdegno e la propria condanna
di fronte a un criminale attentato terroristico e nello stesso tempo
sostenere che non si puo' combattere il terrorismo con la guerra.
Martin Luther King, grande testimone del nostro tempo, diceva "L'oscurita'
non ci puo' far uscire dall'oscurita', soltanto la luce puo' farlo". E'
stato ucciso.
Anche un grande vescovo, amico dei poveri e amante della pace, e' stato
preso un po' per matto: don Tonino Bello, un tuo grande ammiratore. Sulla
sua tomba non c'e' scritto ne' Vescovo, ne' Presidente di Pax Christi, solo
il suo nome e "terziario francescano". Un bel riconoscimento alla tua
figura.
Ma cosa non ne ha sentite anche lui, ai tempi della guerra del Golfo. Quante
critiche dai giornali, dai politici e anche da alcuni uomini di chiesa. Ha
sofferto molto. Gli e' venuta l'ulcera, poi degenerata in tumore.
Era lui, con la passione che sempre aveva quando raccontava, a ricordarci -
andando a Sarajevo nel '92 - il tuo incontro con il sultano Melik el Kamil.
Erano tempi duri, c'erano le crociate, e tu hai voluto compiere un gesto
folle, disarmato, e sei stato accolto con molta simpatia (piu' dal sultano
che dai crociati) e hai avuto modo di parlare non solo di Gesu' Cristo, ma
anche della assurdita' della guerra.
Si', frate Francesco, ci devi proprio dare una mano.
Oggi siamo un po come quei pescatori di Galilea (li avrai certo incontrati
di persona in paradiso) che dopo una notte di fatica tornavano con le reti
vuote, anche loro non avevano saputo pigliare pesci; poi pero' Qualcuno (che
tu gia' conoscevi bene sulla terra e ora puoi incontrare faccia a faccia) ha
ridato loro speranza e, gettando di nuovo le reti, non sapevano piu' come
fare perche' di pesci ne avevano presi troppi.
Grazie (piccolo) fratello Francesco.
Pace e bene.

6. FRASI COLTE AL VOLO. RENATE SIEBERT: L'ALLEANZA TRA POLITICA E MAFIA
[Da Renate Siebert, Le donne, la mafia, Il Saggiatore, Milano 1994, 1997, p.
121. Renate Siebert e' un'illustre sociologa di forte impegno civile]
Assenza della "coscienza del tragico" e "banalita' del male" designano in
modo pregnante, io credo, l'alleanza tra politica e mafia che ha devastato
la societa' civile italiana del dopoguerra.

7. FRASI COLTE AL VOLO. HANNAH ARENDT: L'AMORE IN CUI CREDO
[Dalla raccolta di scritti di Hannah Arendt, Ebraismo e modernita',
Feltrinelli, Milano 1993, p. 222. Hannah Arendt e' stata, tra l'altro, la
piu' grande pensatrice della politica del Novecento]
La sola specie d'amore che conosco e in cui credo e' l'amore per le persone.

8. RIFLESSIONE. MARTIN BUBER: OGNI GIORNO
[Da Martin Buber, I racconti dei Chassidim, Garzanti, Milano 1979, p. 335.
Un libro che a tutti raccomandiamo]
Il Magghid di Kosnitz diceva: "Ogni giorno l'uomo deve uscire dall'Egitto".

9. INIZIATIVE. MARINA ROSSANDA: AIUTIAMO LE GAZZELLE FERITE
[Questo articolo di Marina Rossanda, medico, gia' parlamentare, impegnata
nella solidarieta', e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" del 5 ottobre
2001]
All'inizio del 2001 abbiamo lanciato la campagna "Gazzella" per l'adozione a
distanza di bambini feriti nell'intifada attuale.
Vogliamo aggiornare i lettori sul suo andamento.
I bambini "adottati", oltre alla titolare Ghazalah che sta a Hebron, sono
ormai 120, tutti nella striscia di Gaza. Tutti hanno ricevuto le rate
maturate; Marisa Musu con alcuni volontari le ha consegnate in marzo e in
agosto alle loro famiglie, contattate una per una.
In agosto chi scrive e' andata a trovare Gazzella - Ghazalah Jaradat e' il
suo nome intero, con la rata della seconda meta' dell'anno e con una certa
ansia perche' la ragazzina aveva subito un trauma gravissimo. Il suo nome si
puo' addirittura trovare tra i bambini uccisi segnalati dal Defence for
Children International, in una lista di cinque feriti in stato di ""morte
cerebrale". Per fortuna all'ospedale al-Ahli di Hebron dove e' stata portata
dopo aver ricevuto lo sparo in testa, e dove era stata fatta la prima nera
diagnosi, neurochirurghi e rianimatori l'hanno trattata bene e prontamente.
Quando la vidi circa due settimane dopo la bambina era ancora priva di
coscienza, e si agitava nel letto accudita dai parenti ma stava emergendo: a
quell'eta' lo fanno, di recuperare molto. I chirurghi avevano avuto la
saggezza di togliere un lembo osseo per decomprimere il cervello gonfio dopo
aver tolto pallottola ed ematoma, di conservarlo correttamente, e sono stati
in grado di riposizionarlo per ridare al cranio la sua funzione di scatola
rigida protettiva quando la ragazza ha cominciato a migliorare. Cosi' ha
potuto essere riabilitata bene localmente e poi in Iraq - dove gli esperti
dicono che si trovi un'ottima scuola riabilitativa -, e' addirittura tornata
a scuola e ha superato l'esame di ottavo livello.
Ghazalah e' ora una bella quindicenne bruna, un po' timida, che non nasconde
la sua avversione per gli occupanti, convinta che essa sia ricambiata; e chi
potrebbe darle torto avendo visto quel che abbiamo visto, che e' una minima
parte delle loro sofferenze quotidiane?
Quando la timidezza si e' sciolta, Ghazalah ha sfoggiato un buon inglese,
spiegando che da grande le sarebbe piaciuto fare il medico o l'infermiera,
per poter aiutare gli altri come avevano aiutato lei. E infine, invitata a
dire quale regalo le piacerebbe per fine d'anno, dopo essersi schermita, ha
avuto un'idea: "Ecco un regalo lo vorrei tanto: un pezzetto di pace".
Commossa, la rassicuro che stiamo facendo il possibile e che comunque loro
non sono soli nella loro resistenza. Anche il nostro supporto non e'
carita', ma espressione di solidarieta'.
Ghazalah vive a Saeir con il padre agricoltore, una madre dal volto stanco,
una sorella e quattro fratelli, in una casa che pare una scatola a un piano,
vicina ad altre due simili abitate dal resto del gruppo familiare. Le
casette stanno sulla cima di una collinetta nuda e sassosa, servita da una
ripidissima strada sterrata. Il suo gruppo familiare e' stato colpito da
altre due sciagure, con esiti piu' gravi: una cuginetta di 10 anni resa
cieca da una caduta e un altro cugino di 13 con gravi postumi fisici e
psichici di un incidente d'auto. Non sono traumi da occupazione, - quindi
non una priorita' forse - ma a vedere questa gente decisamente civile
costretta a usare sentieri da capre, mi chiedo quanta responsabilita' abbia
la lunga occupazione nell'aumentare i rischi della loro esistenza. Ghazalah
e' stata colpita mentre usciva di scuola e qualche suo compagno tirava
pietre; l'esercito ha cercato di far passare il suo trauma come esito di
incidente stradale, ma e' stato seccamente smentito dai medici dell'ospedale
al-Ahli. I suoi disgraziati cugini vivono anche loro in luoghi a costante
rischio.
Ormai la capacita' delle funzioni riabilitative delle aree autonome
palestinesi, pur sostenute da associazioni locali attive per i disabili e da
organizzazioni internazionali, e' stata ampiamente superata dall'immenso
bisogno generato dalla durissima risposta israeliana che non solo ha
generato sempre nuovi casi ma ha frapposto ostacoli a non finire alla vita
delle loro comunita'.
Dobbiamo fare qualcosa anche per loro.

10. INIZIATIVE. OPERAZIONE COLOMBA: PROGETTO 2002 DI SOSTEGNO ALLE
POPOLAZIONI COLPITE DAL CONFLITTO IN CECENIA
[Riportiamo questo progetto di intervento in Cecenia dell'Operazione
Colomba. Il progetto e' sottoscritto e presentato da don Oreste Benzi,
presidente dell'Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII (esperienza di
cui l'Operazione Colomba e' uno dei frutti). Per contatti con l'Associazione
Comunita' Papa Giovanni XXIII: via Mameli 1, 47900  Rimini, tel. 054155503,
tel. 054154719, fax 054122365, e-mail: info at apg23.org. Per contatti con
l'Operazione Colomba: via della Grotta Rossa 6, 47900 Rimini, tel.
0541751498, fax: 0541751624, e-mail: operazione.colomba at libero.it, sito:
www.geocities.com/opcol]
* La Comunita' Papa Giovanni XXIII
La Comunita' Papa Giovanni XXIII da oltre 30 anni opera nel vasto mondo
della emarginazione in Italia e nelle seguenti zone di missione: Zambia,
Tanzania, Kenia, Sierra Leone, Brasile, Cile, Bolivia, Russia, India,
Bangladesh, Croazia, Hong-Kong, Messico, Kossovo. Dal 7 Ottobre 1998
l'Associazione e' stata riconosciuta dal Pontificio Consiglio dei Laici come
Associazione Internazionale Privata di Fedeli di Diritto Pontificio.
Persone senza dimora, minori in difficolta', portatori di handicap,
tossicodipendenti, malati di AIDS, nomadi, anziani vengono accolti nelle
nostre comunita' e con loro i membri della nostra associazione condividono
direttamente la vita giorno e notte come in una vera famiglia. Abbiamo
fondato 164 case famiglia (vere famiglie allargate dove singoli o coppie di
sposi diventano temporaneamente o definitivamente padre e madre, fratello o
sorella di persone con handicap, minori in difficolta',
ex-tossicodipendenti, etilisti, persone con problemi psichici), 26 comunita'
terapeutiche per il recupero dei tossicodipendenti, 9 cooperative sociali
(imprese produttive che hanno lo scopo di valorizzare e sviluppare le
capacita' lavorative di persone che sarebbero altrimenti escluse dal mercato
del lavoro, cercando di promuoverne l'inserimento in normali aziende),
famiglie aperte (disponibili ad accogliere non solo i propri figli naturali
ma anche quelli da "rigenerare" nell'amore), 12 centri diurni (per
sviluppare e valorizzare le capacita' specifiche di persone con gravi
handicap).
Dal 1973 l'Associazione ha aperto la convenzione per l'obiezione di
coscienza ed ha attivamente operato in questi anni per una riforma della
legge sull'obiezione di coscienza e per la nascita dei Caschi Bianchi,
obiettori di coscienza in servizio in missioni umanitarie e di pace, come
riconosciuto dall'art. 9 della legge 230 del 1998.
* L'Operazione Colomba - corpo civile di pace
Nel Maggio 1992, dal desiderio di provare a vivere la nonviolenza nella
guerra della ex-Yugoslavia, la Comunita' Papa Giovanni XXIII ha dato vita ad
una serie di iniziative denominate "Operazione Colomba", che hanno coinvolto
centinaia di giovani di diverse parti d'Italia e numerosi obiettori di
coscienza.
Condividendo la vita (le paure, i disagi, le sofferenze) delle persone piu'
colpite dalla violenza del conflitto, abbiamo reso possibile il dialogo tra
le differenti parti in lotta e tra le chiese, abbiamo aiutato a riunire le
famiglie divise dai diversi fronti, protetto le minoranze etniche, ed
abbiamo contribuito a ricreare un clima di convivenza e riconciliazione.
A partire dal 1995 abbiamo esportato questo modo di entrare nelle guerre
anche in Albania, Kossovo, Africa (Sierra Leone) e Timor Est.
Oggi siamo in Congo, Chiapas (Messico) ed in Cecenia (Russia) convinti che
dal vivere con le vittime della guerra e promuovendo attivita' di tutela dei
diritti umani e dei diritti individuali delle fasce di popolazione piu'
emarginate e sofferenti nascano delle strade inaspettate per la pace.
In questi anni abbiamo stretto rapporti di collaborazione con numerosi
organismi fra i quali le Nazioni Unite, numerosi centri per i diritti umani
ed ong locali ed internazionali, esponenti delle chiese, associazioni e
gruppi locali.
* I conflitti del Caucaso
L'area caucasica e' da anni sconvolta da numerosi conflitti interni, in
Daghestan, in Abkhazia - Georgia, in Nagorno - Karabakh, in Ossezia
Meridionale, in Ossezia Settentrionale, in Inguscezia ed in Cecenia.
Ne descriviamo alcuni in dettaglio.
- Cecenia. Questa repubblica e' stata la sola del Caucaso settentrionale a
proclamarsi unilateralmente indipendente nel 1991. Nel 1994 Mosca invia le
sue truppe: la guerra fa decine di migliaia di morti. Sconfitto, l'esercito
russo si ritira nell'agosto 1996. Un trattato di pace, firmato nell'autunno
del 1996, prevede di definire entro cinque anni lo status definitivo della
Cecenia. Indipendente di fatto, la repubblica resta uno Stato debole di cui
il presidente, Asian Maskhadov, ex ufficiale dell'Armata rossa e a capo
della lotta per l'indipendenza, controlla solo la capitale. Mosca accusa la
repubblica di essere il santuario del "terrorismo islamico" nel Caucaso.
Nell'agosto '99 la guerra ricomincia con l'attacco di ribelli ceceni in
Daghestan e la risposta dell'esercito federale russo che invade la Cecenia.
Il conflitto e' tuttora in corso.
- Inguscezia. Dopo alcuni scontri fra osseti e ingusci che hanno provocato
centinaia di morti, dal 1992 al 1995 nelle due repubbliche e' in vigore lo
stato di emergenza. L'lnguscezia era stata privata del 40% del suo
territorio a vantaggio dell'Ossezia dopo la seconda guerra mondiale, quando
ingusci e ceceni furono deportati da Stalin per la loro presunta
"collaborazione" con i nazisti. Attualmente ospita piu' di 200.000 profughi.
- Ossezia Settentrionale.  L'Ossezia del Nord fa parte della Federazione
Russa ed e' l'unica repubblica a maggioranza cristiana del Caucaso russo.
Ospita molti profughi causati dai numerosi conflitti che dagli anni novanta
hanno insanguinato la zona. L'Ossezia stessa ha combattuto un breve
conflitto, durato dal 31 ottobre '91 al febbraio '92, contro la confinante
Inguscezia per motivi territoriali. Il confine tra i due stati, entrambi
appartenenti alla Federazione Russa, e' tuttora molto militarizzato. Un
altro conflitto che ha portato molta gente a rifugiuarsi in Ossezia del Nord
e' stato quello che, nella confinante Georgia indipendente, ha visto
fronteggiarsi forze indipendentiste sud ossete e quelle governative
georgiane. Naturalmente anche il confine con la Georgia e' molto
militarizzato. L'Ossezia e' anche diventata rifugio per molti profughi russi
(piu' di 100.000) provenienti fin dal '94 dalla Cecenia.
* Storia della presenza dell'Operazione Colomba in Caucaso
Da quasi due anni la nostra associazione si interessa dei conflitti nella
regione del Caucaso con particolare attenzione a quello tuttora in atto in
Cecenia. Numerosi sono stati i viaggi esplorativi in Cecenia, Inguscezia,
Kabardino Balkaria, Ossezia del Nord e regione di Stavropol, per valutare e
provvedere ai primari bisogni dei profughi che piu' subiscono la guerra, per
monitorare la situazione dei diritti umani e per valutare la possibilita' di
aprire una nostra presenza permanente in quei territori. Uno dei maggiori
problemi che ci si e' posto e' quello della sicurezza in quanto gli
stranieri sono l'obiettivo privilegiato di bande locali dedite ai rapimenti
a scopo di estorsione. La nostra associazione non e' in grado economicamente
e non vuole adottare apparati di sicurezza che limitino l'azione stessa del
progetto.
Dunque abbiamo ritenuto che un eventuale progetto si sarebbe dovuto basare
sulla conoscenza diretta dell'ambiente e della lingua locale (il russo) e
sulla stretta collaborazione con un partner locale. Per questo alcuni nostri
volontari hanno passato circa sei mesi a Volgograd in una struttura
dell'Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII per imparare la lingua e
conoscere meglio la cultura russa. In questi mesi, inoltre, si sono creati
legami con la Caritas di Vladikavkaz (Ossezia del Nord). La migliore
conoscenza del territorio, della lingua e della cultura ci ha portati a
iniziare un progetto proprio nell'area di Vladikavkaz che risulta essere la
meno rischiosa ma con la particolarita' di trovarsi molto vicina ai luoghi
dove si sta consumando il conflitto ceceno. Questa vicinanza ci permettera',
oltre al lavoro con i profughi residenti in Ossezia, di rimanere in contatto
con le numerose associazioni locali operanti in Inguscezia e Cecenia per
poter avere sempre un quadro completo della situazione.
* Contesto ambientale
Alla periferia di Vladikavkaz vi e' l'orfanotrofio, definito anche "Dietzki
Center", al quale vengono affidati bambini orfani o tolti alle famiglie. La
struttura e' piuttosto vecchia ma ben tenuta anche grazie alla buona
volonta' del direttore e del personale. La Caritas locale ha iniziato un
piccolo programma di aiuto all'istituto fornendo vestiti e scarpe usate.
L'orfanotrofio si trova in una zona che era in passato luogo di colonie
estive, ma e' ormai abitata, da circa otto anni, da profughi (piu' di 100)
che provengono dalla Georgia. In questi anni non sono riusciti ad ottenere
lo status di rifugiati ne' documenti russi; per la burocrazia, che li
tollera, sono immigrati clandestini dalla Georgia. Per i profughi e'
impossibile ottenere un lavoro regolare e qundi sopravvivono con lavori
saltuari come braccianti, naturalmente in nero. Ci pare che esistano
microconflitti fra i profughi e il personale dell'orfanotrofio e che non ci
sia nessun tipo di integrazione fra i bambini residenti nell'orfanotrofio e
quelli profughi. Inoltre ci pare che la situazione precaria in cui vivono i
profughi possa creare microconflitti all'interno della comunita' stessa.
* Attivita' in loco
1) Sostegno alla popolazione civile
- Animazione: partiremo da un progetto di animazione con i bambini che
risiedono nell'area periferica della citta' di Vladikavkaz, profughi e
orfani ospiti di un orfanotrofio. L'attivita' si svolgerebbe durante tre
pomeriggi a settimana nelle ore lasciate libere dalla scuola. Gli incontri
dureranno circa tre ore suddivise in giochi ricreativi di gruppo, laboratori
manuali ed attivita' varie volte alla sistemazione e all'addobbo del luogo.
Questo ha lo scopo di coinvolgere bambini, profughi e orfani assieme, per
farli conoscere meglio fra loro, collaborare trovando nuove strategie per
affrontare situazioni precarie, sfogare le tensioni, sentire propri quei
luoghi che dopo 8 anni ancora non lo sono, restituire loro la dignita' di
essere bambini, divertire e permetterci un incontro graduale e di confidenza
anche con i loro genitori (adulti).
- sostegno agli adulti: le situazioni precarie di vita delle persone hanno
creato casi di estremo disagio o di emarginazione sui quali vorremmo
concentrare le nostre forze nella seconda fase. Gli interventi a favore
delle famiglie o dei singoli potranno essere di diverso tipo, dall'aiuto
materiale a quello psico-sociale. Tutti gli interventi saranno comunque
mirati all'abbassamento della tensione, all'integrazione degli emarginati
(profughi e non) e alle diverse problematiche derivanti dalla guerra.
Partner locali: Caritas russa.
2) Monitoraggio del conflitto
La nostra presenza in Ossezia del Nord, data la vicinanza all'Inguscezia e
alla Cecenia, permettera' ai nostri operatori sul campo di poter monitorare,
attraverso viaggi e incontri con organizzazioni umanitarie, la situazione in
quella regione senza esservi stabilmente presenti. I viaggi avranno scadenza
bisettimanale e avranno luogo solo se sussisteranno tutte le condizioni di
sicurezza necessarie. I nostri operatori si affideranno alla struttura di
sicurezza messa in atto da altre organizzazioni gia' operative in Inguscezia
e Cecenia, con le quali vi sono gia' da tempo rapporti di collaborazione. I
viaggi avranno lo scopo di mantenere il polso sulla situazione generale del
Caucaso e in particolare su quella cecena. Particolare attenzione avremo per
la situazione del rispetto dei diritti umani. Il monitoraggio e la
conoscenza della situazione in Cecenia e Inguscezia sara' importante anche
rispetto al nostro lavoro in Ossezia del Nord essendovi, infatti,
contrapposizione fra i vari stati che compongono il Caucaso. In queste
dinamiche di conflitto e di contrapposizione e' importante riportare l'idea
di "umanita' del nemico" in quanto la propaganda tende sempre a demonizzare
e a spersonalizzare la controparte per accumunarla in un unico giudizio
negativo. Potrebbe essere importante riportare tra l'una e l'altra parte
notizie di modo da innescare piccoli circuiti di vera informazione.
Partner locali: Caritas Internazionale.
* Attivita' in Italia
La raccolta di informazioni sul campo e la stessa vita in mezzo alle vittime
dei conflitti ci carica della grossa responsabilita' di rendere nota a tutti
l'atrocita' di queste guerre che si svolgono lontano dall'Italia. Per questo
diventa fondamentale un accurato lavoro di studio, formazione ed
informazione in Italia.
1) Creazione di un osservatorio sui conflitti in Caucaso
La vita di condivisione ci permette di avere un punto di vista molto
ravvicinato alle problematiche del conflitto ma allo stesso tempo anche
limitato. Riteniamo quindi fondamentale creare un osservatorio permanente
sulle cause generali (economiche, politiche e sociali) che hanno creato e
mantengono vivo il conflitto caucasico e tutte le eventuali responsabilita'
dell'occidente.
2) Formazione dei volontari
Data la complessita' della situazione caucasica, l'elevato grado di
pericolosita' per gli occidentali e la grande diversita' della lingua russa
da quella italiana, riteniamo fondamentale svolgere continui ed approfonditi
corsi di formazione per i volontari che si accingeranno a partire per i
nostri progetti.
3) Informazione
Riteniamo fondamentale riportare in Italia (attraverso incontri pubblici,
seminari, produzione di materiale come bollettini, mostre fotografiche,
incontri di formazione nelle scuole, etc.) l'esperienza fatta dai nostri
operatori e volontari sul campo, notizie sulle violazioni dei diritti umani,
sulle estreme condizioni di vita dei civili, sulla situazione generale di
questo dimenticato conflitto ed eventuali complicita' o connivenze
dell'occidente che permettono la prosecuzione della guerra. Riteniamo molto
importante creare in Italia una coscienza nonviolenta contro la guerra che
possa anche diventare movimento d'opinione.
Le fasi di studio, formazione ed informazione sono molto delicate in quanto
un'azione di questo genere potrebbe mettere in una situazione di difficolta'
i nostri operatori in loco, stiamo quindi pensando a forme indirette che
possano evitare di collegare le nostre realta' sul campo ad eventuali azioni
e campagne di sensibilizzazione in Italia.
Responsabile del progetto ed esecutore: Associazione Comunita' Papa Giovanni
XXIII.
* Dati tecnici
Segreteria organizzativa: Operazione Colomba, via della Grotta Rossa 6,
47900 Rimini.
Risorse umane in loco: due volontari permanenti ed altri a turno (tra cui
obiettori di coscienza in servizio civile - legge 230/98 e 64/2001) per un
massimo di 8 contemporaneamente.
Inizio  progetto: settembre 2001.
Durata complessiva: un anno, da valutare in base all'evolversi del conflitto
e alla situazione dei profughi.
Il costo complessivo del suddetto progetto per l'anno 2001/02 e' di Lire
61.500.000.
Referente del progetto in Russia: Andrea Pagliarani.
Referente del progetto in Italia: Alberto Capannini.

11. LETTURE. LUCA BAGETTO: ETICA DELLA COMUNICAZIONE
Luca Bagetto, Etica della comunicazione. Che cos'e' l'ermeneutica
filosofica, Paravia, Torino 1999, pp. 158, lire 15.000. Una sintetica
introduzione sull'ermeneutica nella filosofia contemporanea. Con antologia
di testi dei principali autori.

12. LETTURE. PASCAL DREYER: ETTY HILLESUM, UNA TESTIMONE DEL NOVECENTO
Pascal Dreyer, Etty Hillesum, una testimone del Novecento, Edizioni Lavoro,
Roma 2000, pp. 184, lire 20.000. Una utile monografia sulla grande figure
della giovane donna vittima e testimone della Shoah.

13. LETTURE. TZVETAN TODOROV: GLI ABUSI DELLA MEMORIA
Tzvetan Todorov, Les abus de la memoire, Arlea, Paris 1998, pp. 64, franchi
20. Un opuscolo la cui lettura raccomandiamo vivamente (come gli altri
lavori di Todorov di denuncia della violenza e del pregiudizio). Ignoriamo
se sia stato tradotto in italiano.

14. RILETTURE. GOTTHOLD EPHRAIM LESSING: NATHAN IL SAGGIO
Gotthold Ephraim Lessing, Nathan il saggio, Garzanti, Milano 1992, pp. 340,
lire 17.000. Sara' banale scriverlo una volta di piu', ma consigliamo
veramente a tutti la lettura di questo classico della comprensione tra le
culture, cioe' tra gli esseri umani.

15. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA ROCCO SCOTELLARO A MARA
SELVINI PALAZZOLI

* ROCCO SCOTELLARO
Profilo: nato a Tricarico (Matera) nel 1923, morì a Portici stroncato da un
infarto nel 1953. Appassionato militante della sinistra, sindaco di
Tricarico, amico di Carlo Levi e Manlio Rossi-Doria, impegnato nell'azione e
nella riflessione meridionalista, scrittore e poeta. Opere di Rocco
Scotellaro: E' fatto giorno, Mondadori, Milano; Contadini del Sud, Laterza,
Bari; L'uva puttanella, Laterza, Bari. Opere su Rocco Scotellaro: Franco
Fortini, La poesia di Scotellaro, Basilicata, Matera; AA; VV., Il sindaco
poeta di Tricarico, Basilicata, Matera; Franco Vitelli, Bibliografia critica
su Scotellaro, Basilicata, Matera.

* GIOVANNI SCOTTO
Profilo: ricercatore presso il «Berghof Research Center for Constructive
Conflict Management» di Berlino; collabora con l'«Institute for Peace Work
and Nonviolent Settlement of Conflicts» di Wahlenau e con il «Centro studi
difesa civile» di Roma. Opere di Giovanni Scotto: con Emanuele Arielli, I
conflitti, Bruno Mondadori, Milano 1998; sempre con Emanuele Arielli, La
guerra del Kosovo, Editori Riuniti, Roma 1999. Per contatti: sito:
http://userpage.fu-berlin.de/~gscotto ; e-mail: gscotto at zedat.fu-berlin.de

* PETE SEEGER
Profilo: folksinger americano, impegnato nei movimenti per la pace e i
diritti civili.

* ERMIS SEGATTI
Profilo: docente presso la facoltà teologica di Torino, collabora a numerose
riviste ed è esperto dei problemi delle società dell'est europeo.

* BRUNO SEGRE
Profilo: nato a Lucerna nel 1930, si è occupato di sociologia della
cooperazione e di educazione delgi adulti nell'ambito del Movimento Comunità
fondato da Adriano Olivetti; ha fatto parte del Consiglio del "Centro di
documentazione ebraica contemporanea" di Milano; dal 1991 presiede l'
Associazione italiana "Amici di Nevé Shalom / Wahat al-Salam". Opere di
Bruno Segre: Gli Ebrei in Italia, Fenice 2000, 1993; La Shoah, Il
Saggiatore, 1998.

* ELVIRA SELLERIO
Profilo: editrice di forte impegno culturale e civile.

* MARA SELVINI PALAZZOLI
Profilo: nata nel 1916 e scomparsa nel 1999, psicoterapeuta, fondatrice a
Milano del Centro per lo studio della famiglia, ha dato fondamentali
contributi alla ricerca sulla terapia familiare. Opere di Mara Selvini
Palazzoli: L'anoressia mentale, Feltrinelli, Milano 1963, 1981; Paradosso e
controparadosso, Feltrinelli, Milano 1975; Il mago smagato, Feltrinelli,
Milano; Sul fronte dell'organizzazione, Feltrinelli, Milano 1981; I giochi
psicotici nella famiglia, Cortina, Milano 1988, 1997.

16. GLI SCARTAFACCI DI BIRICOCOLO: L'IRCOCERVO
[Il nostro Biricocolo, vecchierello com'e', crede ancora alle favole. E
cosi' si immagina di vivere in un mondo in cui la parola serve per
comunicare il pensiero e non per nasconderlo, in cui l'uomo e' un aiuto per
l'uomo anziche' un nemico, in cui eccetera eccetera. Che ci volete fare, e'
fatto cosi'. Valla un po' a capire certa gente]
Non si puo' essere per la nonviolenza a meta'; o si e' per la nonviolenza,
oppure no. Senza offesa per nessuno, ma basta con le mistificazioni.

17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

18. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ;
angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 250 del 6 ottobre 2001