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Luttwak sulla guerra
- Subject: Luttwak sulla guerra
- From: Sabrina Fusari <safusar at tin.it> (by way of Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>)
- Date: Sun, 30 Sep 2001 20:09:41 +0200
da Il Resto del Carlino Online SARA' UNA GUERRA DI PAROLE di Edward Luttwak Gli Stati Uniti stanno ammassando un imponente potenziale militare, facendo convergere sull'oceano Indiano nord-occidentale quattro flotte con altrettante portaerei. L'impressione prevalente è che si preparino a invadere l'Afganistan o a colpire di nuovo l'Iraq con bombe questa volta più intelligenti del 1991. Nessuna delle due opzioni in realtà è probabile. Non quella irachena, a meno che non emergano prove inconfutabili contro Saddam Hussein, indicato come uno dei principali finanziatori di Osama Bin Laden (meno ricco di quanto si favoleggi). In questo caso, ma solo in questo caso, si materializzerebbe l'ipotesi di una rappresaglia su larga scala, preceduta da una vasta preparazione diplomatica. Anche l'opzione afgana non appare possibile né necessaria. Non è possibile in quanto costringerebbe a richiamare almeno 3mila riservisti. Non è necessaria in quanto per sconfiggere i talebani sarà sufficiente, da un lato, tagliare i rifornimenti militari provenienti dal Pakistan e, dall'altro, riarmare massicciamente i loro mortali nemici dell'Alleanza settentrionale (che la stragrande maggioranza dei governi mondiali riconosce tuttora come il legale governo afgano). Di conseguenza ritengo che la risposta americana agli attacchi dell' settembre non possa che essere al 50% per cento diplomatica e al 50% per cento militare. A questa previsione sono indotto da una semplice constatazione: in Afganistan non ci sono obiettivi validi per un bombardamento aereo o per azioni di commando. Non è un obiettivo valido Al Qaeda, la cui struttura è frammentata e mobile. Non ci sono quartieri generali. I depositi di armi sono baracche di sperduti villaggi. I campi di addestramento sono appunto solo campi. O sono in Paesi stranieri, per esempio gli Usa nei quali si addestrarono i piloti suicidi. Bombardare quelle baracche e quei campi sarebbe inutile in termini materiali e controproduttivo in termini politici. I più insignificanti danni inflitti all'Afganistan verrebbero immediatamente rapportati alle stragi disastrose di New York e Washington. Non molto più promettente sarebbe una campagna di bombardamenti sui talebani. Anche costoro non formano un esercito vero e proprio. Se il Pakistan tagliasse loro le forniture militari ne risentirebbero. E potrebbero perdere qualche dozzina di carri armati e qualche centro di comando a Kabul, Kandahar, Jalalabad in caso di battaglia con gli americani. Tutto qui. Riassumendo: è difficile trovare 4 o 5 obiettivi degni di essere bombardati. Per un confronto: in Iraq ce n'erano 7 e in Serbia, nove anni dopo, ne erano stati identificati . Ovviamente gli obiettivi di basso profilo, come quelli di Al Qaeda, possono essere attaccati da commandos. E infatti non a caso già in area di operazione di trovano i Rangers del 75esimo battaglione di fanteria e la Delta Force dei paracadutisti. Non dovrebbero avere alcun problema a entrare, anche perché i talebani non dispongono di un efficace sistema radar e di forze di intercettazione. L'Afganistan può essere penetrato da ordinari aerei da trasporto, che sono quelli usati dalle forze speciali. I Combat Talon' C 3 volano a basse quote, con ogni tempo, di giorno e di notte, e atterrano anche su piste desertiche. I massimi comandi americani sono però riluttanti a ordinare, come fanno invece israeliani e britannici, operazioni di commando. Ricordano ancora la debacle di Mogadiscio, nel 3, quando Rangers e Delta furono uccisi. E da allora, se premuti dai politici, hanno sempre posto come precondizione una vasta raccolta di intelligence. Ora forse saranno più disposti a rischiare la vita dei loro uomini. Non rimane da sperare che agenti locali o pakistani guidino i commandos americani nelle tane di Osama Bin Laden, da prendere vivo o morto'.
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