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Che aria tira a Genova
- Subject: Che aria tira a Genova
- From: Miriam - AltrEconomia <miriam at altreconomia.it>
- Date: Tue, 17 Jul 2001 09:25:44 +0800
Altrinformazione - "Diario della settimana" - sintesi di lunedì 16 luglio C¹è tensione a Genova? No, non ancora. Il clima tra chi partecipa al Public Forum è disteso, la macchina organizzativa incomincia a girare a grandi volumi. La busta bomba del primo mattino certo preoccupa ma davvero non c¹entra con quello che avviene qui. Nel pomeriggio Isa gira per tre ore nel centro storico di Genova, palazzo Ducale compreso. La presenza di polizia, carabinieri e guardia di finanza è massiccia, ma nessuno la ferma, nessun controllo dei documenti (neppure, appunto, per entrare nell¹atrio di palazzo Ducale: ti fanno solo aprire lo zaino per un controllo veloce). Ripetiamo l¹esperienza la sera: dalle 20 alle 22, in quattro, facciamo un vero e proprio sopralluogo nella zona rossa. Zaini in spalla e abbigliamento informale potremmo essere le avanguardie di quelli che tenteranno di dare l¹assalto al centro. Anche qui nessuno ci ferma, nessun controllo, solo a Davide viene controllata la carta d¹identità a Palazzo Ducale. A differenza di quello che si legge unanimemente sui giornali di oggi (martedì 17) la tensione non si taglia con il coltello. Su ³Repubblica² di martedì c¹è una splendida vignetta di ElleKappa: ³Sale la tensione a Genova² dice uno e l¹altro risponde ³Lo sponsor vuole così². Già, il gioco della drammatizzazione di quel che si muove attorno a Genova va avanti da settimane. Alzare la tensione significa attirare giornalisti e tv come api sul miele. Ma è una strategia che rischia di costare cara. Chiaro che il centro storico è area militarizzata. Camionette di carabinieri a ogni incrocio, volanti e gazzelle ovunque. E questa notte si stanno montando le reti anti-scalata alte quasi 4 metri: ancora un giorno di lavoro e tutti i varchi della zona rossa saranno blindati. Questo sì fa impressione: da lontano le reti (si chiamano ³New Jersey²) sembrano strutture leggere e innocue, da vicino ti accorgi che sono di ferro temprato e pesantissime. Le montano su barriere di cemento che chiudono il passaggio alle auto o, nei vicoli più stretti, le ancorano direttamente ai muri. Un lavoro enorme: i passaggi da chiudere sono davvero tanti e tutti vengono chiusi. Tra poco la zona rossa smetterà di essere un disegno su una carta topografica della città e diventerà paradossalmente reale. L¹altra cosa che colpisce sono i rumori. Il centro è quasi deserto, i semafori inutili per regolare un traffico inesistente. I martelli degli operai che battono sulle reti blindate risuonano a molti incroci. E restano nella testa. Davvero qui si preparano a vivere un assedio. Da settimane i tombini sono già stati saldati (per evitare che qualcuno li usi per mettere bombe), e li vedi, tutti segnati con una pennellata di colore. E decine di falegnami e artigiani sono all¹opera, ancora questa sera, per coprire insegne e vetrine dei negozi con pannelli di legno, alcuni addirittura con fogli e lastre di acciaio. Conclusa l¹opera, impossibile riconoscere quel che c¹è lì sotto, e non c¹è distinzione tra negozi grandi e piccoli, tra banche e mercerie, tra McDonald¹s e focaccerie. Che tristezza! Che tristezza aver costretto una parte della città a blindarsi così, per paura, e ne hanno ben ragione. Per gli ³sfasciavetrine organizzati² non è ancora stagione di saldi.
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