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un anno fa la guerra del Kossovo
- Subject: un anno fa la guerra del Kossovo
- From: Alessandro Marescotti <kfqma at tin.it>
- Date: Fri, 24 Mar 2000 07:56:40 +0100
La guerra del Kossovo, un anno dopo Noi, pacifisti da ergastolo "Chiunque, in tempo di guerra, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose, che possano destare pubblico allarme o deprimere lo spirito pubblico o altrimenti menomare la resistenza della nazione di fronte al nemico, o svolge comunque un'attivita' tale da recare nocumento agli interessi nazionali, e' punito con la reclusione non inferiore a cinque anni. La pena non e' inferiore a quindici anni: 1. se il fatto e' commesso con propaganda o comunicazioni dirette a militari; 2. se il colpevole ha agito in seguito ad intelligenze con lo straniero. La pena e' dell'ergastolo se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze col nemico". Avete appena letto l'articolo 265 del Codice penale. Il sito che state consultando vale un ergastolo. PeaceLink infatti un anno fa racconto' la storia di chi, contravvenendo agli "interessi nazionali", ha "fraternizzato" via Internet con il "nemico" per far cessare i bombardamenti contro la Repubblica Federale di Jugoslavia. Nella guerra contro la Repubblica Federale di Jugoslavia l'informazione pacifista ha compiuto un balzo in avanti per quantita', qualita' e rapidita'. E' stata infatti la prima guerra combattuta anche su Internet. Il sito della rete telematica PeaceLink veniva aggiornato anche 20-30 volte al giorno e consultato da migliaia di persone perche' conteneva la mappa completa della mobilitazione antiguerra. E' stato un archivio di testimonianze e informazioni alternative. In tempo reale dalla rete sbucavano le voci dell'Italia che la TV censurava. Sul sito c'era molto piu' spazio di quanto ne potessero offrire quei (pochi) giornali di tendenza pacifista. Era cosi' possibile tenere on line un dossier sempre aggiornato sul Kossovo e sulla guerra. Il dossier era prelevato ogni giorno dal sito e circolava in tante citta', dove ognuno poteva stamparlo, fotocopiarlo e diffonderlo. Un simile servizio non lo poteva realizzare alcun giornale se non a costi proibitivi. I gruppi di base producevano le informazioni e le facevano circolare. Stampante e fotocopiatrice facevano fa collegamento fra il modem e la piazza. Dal digitale, alla carta, alle persone. Il villaggio globale antiguerra ha compiuto cosi' la sua prima esercitazione pratica scrivendo in Italia una nuova pagina di esperienza nonviolenta collettiva col computer. "Dal basso", e mai come prima, le tecnologie telematiche hanno giocato un ruolo informativo di rilievo nella mobilitazione nonviolenta cosi' come fra i militari i sistemi di telecomunicazione hanno svolto il ruolo di "rete di coordinamento" del sistema bellico. Reti di pace contro reti di guerra si sono fronteggiate nel conflitto. In collegamento con le citta' di Nis e di Belgrado, noi pacifisti potevamo comunicare con gli oppositori di Milosevic e da loro sapevamo "in tempo reale" (dal vivo delle loro testimonianze) che venivano lanciate bombe a grappolo sui civili. Via Internet potevamo conoscere le distanze reali e apprendere che i quartieri residenziali bombardati erano lontani chilometri (e non metri) dalle caserme. La Nato mentiva. Diceva di voler bombardare i militari e invece terrorizzava i civili colpendo sempre piu' vicino le persone. La Nato parlava di errori involontari di alcuni metri. Ma tramite PeaceLink giungeva la voce libera di Djordje Vidanovic, oppositore di Milosevic, testimone dei bombardamenti. Ma piu' la Nato diceva bugie e - come il naso di Pinocchio - piu' si allungavano le comunicazioni Internet di Djordje Vidanovic, nostro corrispondente e vittima dall'inferno di Nis. Ma la Nato e' tenuta a rispettare le Convenzioni di Ginevra? Un consulente legale dell'Alleanza Atlantica, Max Johnson, ha dichiarato ad Amnesty International che la Nato non ha sottoscritto le Convenzioni di Ginevra e che pertanto essa "non dovrebbe essere equiparata a uno Stato in termini di obblighi internazionali". La dichiarazione di Max Johnson (1) risale al marzo '96. Ma e' sufficiente per comprendere che, in ultima analisi, la Nato non considera vincolanti per se stessa le norme contenute nelle Convenzioni di Ginevra. Seguendo il filo logico dell'argomentazione di Max Johnson, i piloti della Nato non potrebbero essere processati per violazioni di tali Convenzioni. E' quasi superfluo ricordare che le Convenzioni di Ginevra sono la massima espressione del diritto internazionale umanitario in guerra. Esse vietano di uccidere i civili, di distruggere le loro case, di effettuare bombardamenti indiscriminati contro ospedali, scuole, di colpire la Croce Rossa, ecc. Il Primo protocollo aggiuntivo del 1977 alle Convenzioni di Ginevra del 1949 specifica: "Le parti del conflitto dovranno sempre distinguere la popolazione civile dai combattenti e gli obiettivi civili da quelli militari e di conseguenza dirigeranno le loro operazioni solo contro gli obiettivi militari". Il protocollo citato vieta in tempo di guerra qualsiasi provvedimento che abbia come effetto quello di privare la popolazione civile dei mezzi indispensabili alla sopravvivenza e all'articolo 70 impone addirittura operazioni di soccorso alle popolazioni civili "non adeguatamente fornite" di mezzi di sussistenza. E nell'articolo 18 del Secondo protocollo aggiuntivo si impone l'obbligo di soccorrere le popolazioni civili "in gravi difficolta' a causa della mancanza dei mezzi necessari alla sopravvivenza, come cibo e forniture mediche". Il Primo protocollo aggiuntivo afferma esplicitamente che "le proprieta' civili non devono essere bersaglio di attacchi o rappresaglie, e proprieta' e installazioni che vengono comunemente utilizzate a uso civile devono essere considerate civili a meno che non sia appurato che non lo sono". Gli Stati Uniti, di fronte a tale chiarezza, si sono rifiutati di sottoscrivere questi protocolli aggiuntivi. Sul sito di PeaceLink è stata conservata la memoria storica della guerra di un anno fa. Si puo' leggere, dal vivo delle testimonianze, cio' che la Nato ha fatto, in violazione delle convenzioni citate, in una guerra che e' stata definita "guerra umanitaria". Per l'Italia questa guerra ha inoltre significato la violazione dell'articolo 11 della sua Costituzione: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Per la Nato e' venuto poi meno il rispetto del suo trattato costitutivo firmato a Washington il 14 aprile 1949, che all'art.1 recita: "Le nazioni aderenti alla Nato si impegnano, come e' stabilito nello Statuto dell'ONU, a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale". Tale Trattato Nato autorizza guerre unicamente di autodifesa collettiva dei membri dell'Alleanza Atlantica e non e' stato modificato - come erroneamente si crede - neppure dal nuovo "Concetto Strategico" firmato dai capi di stato della Nato il 24 aprile 1999 in quanto la modifica dei trattati internazionali comporta la ratifica dei parlamenti e non solo la firma dei governi. Il Trattato Nato e' stato in quella sede "reinterpretato" per dare una parvenza di legittimita' alla guerra del Kossovo, ma il testo originario firmato nel 1949 e' rimasto immutato; in esso viene riconosciuta la preminenza dell'ONU sulla Nato. L'intervento Nato in Kossovo, non e' inutile ricordarlo, non ha ricevuto alcuna autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU ed e' quindi illegale dal punto di vista del diritto internazionale fondato sulla Carta delle Nazioni Unite. L'illegalita' di questa guerra si evidenzia giuridicamente con chiarezza inequivocabile. Attenzione pero', non stiamo cavillando sui dettagli formali per garantismo filo-Milosevic. Non si tratta di cavilli giuridici. Il diario di guerra del prof.Djordje Vidanovic documenta infatti l'aspetto sostanziale della guerra, le emozioni e la vita di chi - pur opponendosi a Milosevic - ha vissuto nell'angoscia di essere ucciso dalle "bombe umanitarie" della Nato. In una parola e' il racconto di una moderna barbarie. Cosi' come barbarie e' la pena di morte o la legge del taglione. Ma se i presidenti degli Stati Uniti sono convinti assertori della pena di morte, molto piu' problematica e' per la coscienza europea l'accettazione della morte inflitta per di piu' in maniera indiscriminata e cieca attraverso la guerra. A ben vedere troviamo un'anomalia rispetto a qualunque pena capitale o legge del taglione. Con la guerra infatti la punizione della morte e' inflitta, oltre che senza processo, anche senza la certa individuazione del colpevole. Le bombe colpiscono tutti, buoni e cattivi. Le bombe "intelligenti" della Nato hanno ucciso in questa guerra 488 civili (secondo altre stime 527), 426 soldati serbi, 114 poliziotti serbi. E non ha tutelato i kossovari (2018 sono state le vittime dell'escalation della violenza e delle persecuzioni dopo i bombardamenti). (2) Questa guerra, che ha ucciso quindi persone del tutto innocenti, costituisce - dal punto di vista della giustizia - un fatto inammissibile per qualunque ordinamento umano. E non ha prevenuto il peggio ma lo ha scatenato. Questa fu la ragione profonda per cui - dopo la tragedia della seconda guerra mondiale - fu bandita la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Le testimonianze raccolte sul sito di PeaceLink durante la guerra sono documenti di una barbarie moderna a cui hanno partecipato non solo militari ma anche ministri e capi di stato, gente che oggi ha morti sulla coscienza e tanti consigli umanitari da dispensare agli altri. Il presidente del consiglio Massimo D'Alema aveva detto che la strategia Nato si sarebbe concentrata su "obiettivi di esclusiva rilevanza militare" (discorso alla Camera dei Deputati, 26 marzo 1999). Ma sarebbe stato cosi'? Tramite la raccolta quotidiana delle testimonianze di fonte civile potevamo ogni giorno, un anno fa, smentire quelle parole fornendo agli stessi giornali informazioni di prima mano. Le testimonianze raccolte direttamente dalla Jugoslavia tramite Internet (attendibili proprio perche' provenienti da chi faceva opposizione al regime di Milosevic) sono state inviate a deputati e senatori italiani e sono divenute base per un'interrogazione parlamentare. Ci siamo accorti che avevamo in alcuni casi piu' informazioni dei giornalisti e dei parlamentari. Ma questo, si badi bene, non e' avvenuto "grazie ad Internet", ma grazie ad una rete di persone che si e' saputa organizzare, coordinando molteplici competenze ed attivita', dall'interpretazione delle lingue straniere alla creazione di pagine Internet. Solo grazie a questa "strategia lillipuziana" si e' potuto fronteggiare il gigante Gulliver per legarlo (o farlo inciampare) con tanti esili fili. Durante la guerra il Kossovo la telematica per la pace si e' caricata ancora una volta della funzione morale di dare voce a chi non aveva voce e viveva nella disperazione di poter morire innocente per colpe non commesse. Questo usare la tecnologia dell'informazione per "dar voce ai senza voce" richiama l'esempio del giornalista Webb Miller, inviato della United Press per dare informazioni sul movimento gandhiano. Miller, dopo aver assistito il 21 maggio 1931 al pestaggio a sangue dei nonviolenti nei pressi delle saline di Dharasana, uso' tutta la potenza tecnologica di allora per informare il mondo. Il giorno dopo oltre mille giornali nel mondo pubblicavano la notizia e il gesto violento si ripercuoteva su chi l'aveva compiuto come una sonora sconfitta inflitta sul piano dell'opinione pubblica mondiale. Che possibilita' di vittoria potrebbe avere la nonviolenza senza un forte sistema di diffusione dell'informazione? Nella memoria collettiva un fatto non esiste se non e' conosciuto. La telematica diventa quindi una strategia e un mezzo per far giungere al mondo il grido della nonviolenza. Buona parte di quanto ricevevamo dalla Jugoslavia via Internet non sarebbe divenuto comunicazione, e quindi vita, e quindi azione, senza Sabrina Fusari, una ragazza che ha saputo mettere la sua conoscenza delle lingue al servizio della piu' alta causa che la vita ci possa dare l'occasione di perseguire. Come si puo' globalizzare la pace e la difesa dei diritti umani senza conoscere l'inglese? L'accoppiata inglese-Internet e' la nuova rivoluzione pacifica e nonviolenta che occorrerebbe far esplodere nel mondo, parlo soprattutto del mondo delle informazioni e della menzogna che le manipola o le filtra. Abbiamo a portata di mano una "bomba" nonviolenta di cui tutti possiamo diventare gli artefici e gli... artificieri. Spetta a noi oggi sperimentare come l'inglese, la telematica, la cultura della pace e dei diritti umani possano realizzare il sogno (o la saggezza?) cosi' espressa dall'antico filosofo cinese Meng-Tzu: "Quanti non godono nell'uccidere gli uomini possono unificare il mondo" Alessandro Marescotti presidente di PeaceLink a.marescotti at peacelink.it http://www.peacelink.it (1) La dichiarazione di Max Johnson e' riportata a pagina 235 di "Crimini di guerra", edito da Internazionale, un libro che si avvale della consulenza legale del generale britannico A.P.V.Rogers e che e' recentemente uscito in Italia con il sostegno dell'associazione "Amani" (e-mail: amani at iol.it). (2) Le Monde Diplomatique, marzo 2000. -------------------------------------------------------------------- Informazioni a cura di PEACELINK E' incoraggiata la libera diffusione (citando la fonte) web: http://www.peacelink.it e-mail: a.marescotti at peacelink.it -------------------------------------------------------------------- Indirizzo di posta convenzionale: PeaceLink, c.p.2009, 74100 Taranto (Italy) -------------------------------------------------------------------- Per sostenere PeaceLink: ccp 13403746 intestato ad Associazione PeaceLink, via Galuppi 15, 74010 Statte --------------------------------------------------------------------
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