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strage voluta da fascisti e servizi segreti
- Subject: strage voluta da fascisti e servizi segreti
- From: Alessandro Marescotti <kfqma at tin.it>
- Date: Sun, 12 Mar 2000 21:58:44 +0100
La Stampa Domenica 12 Marzo 2000 Bomba in questura, giustizia dopo 27 anni Milano: 4 ergastoli per la strage voluta da fascisti e servizi segreti MILANO In galera, per ora, continuerà a rimanerci solo il "Negro", nome in codice che il Sifar e poi il Sid, i servizi segreti degli anni della strategia della tensione, attribuirono a Gianfranco Bertoli, l'uomo che il 17 maggio 1973, fingendosi anarchico, gettò una bomba a mano davanti alla Questura di via Fatebenfratelli uccidendo 4 persone innocenti e ferendone più di 40. I suoi mandanti, o almeno una parte di essi, l'ex ufficiale dell'esercito Amos Spiazzi e neofascisti Carlo Maria Maggi, Francesco Neami e Giorgio Boffelli, anche se sono stati condannati ieri all'ergastolo dalla quinta corte d'assise, continueranno a rimanere liberi, protetti dall'età e dai malanni e da una sentenza che, per quanto giunta dopo 27 anni d'indagini, è ancora di primo grado, quindi rivedibile. Una strage "di Stato" decisa dai vertici golpisti dei servizi di allora e dai gruppi neofascisti veneti per punire con la morte l'allora ministro degli Interni Mariano Rumor, colpevole di non aver voluto decretare lo stato d'emergenza dopo gli attentati di Piazza Fontana e dei treni e di aver anzi deciso di sciogliere l'organizzazione neofascista Ordine Nuovo. Ma quando la bomba deflagrò, Rumor si era già allontanato dalla Questura: a morire furono cittadini indifesi. Ma intanto una prima verità dopo tante bugie, è stata scritta e non lascia scampo al comodo oblio dei misteri d'Italia dietro cui troppo spesso si nascondono realtà imbarazzanti: quella bomba che Bertoli, con la A di anarchia tatuata sul braccio, scagliò in mezzo alla folla che commemorava la morte del commissario Luigi Calabresi, venne costruita (forse) nelle caserme israeliane del Mossad, innescata nel chiuso di certi squallidi uffici dei servizi segreti "deviati" del Sid, trasportata dal fanatismo politico di destra dei fascisti di Ordine Nuovo. E adesso alcune caselle di quel complicatissimo puzzle in cui si saldarono eversione nera e servizi golpisti per ins anguinare il Paese da Piazza Fontana in avanti, hanno un nome. Quello di Amos Spiazzi, il colonnello dell'esercito e dei servizi accusato di aver dato vita all'organizzazione "Rosa dei Venti" e di aver coperto i responsabili dell'attentato: l'unico presente ieri alla lettura della sentenza e a protestare la sua innocenza. Anzi, la sua estraneità: «È un'ingiustizia macroscopica. Non conosco questa gente e non so perchè ce l'hanno con me». Quello di Carlo Maria Maggi, imputato anche per la strage di Piazza Fontana, il medico veneziano accusato di aver guidato i fascisti di Ordine Nuovo. Quello di Francesco Neami, l'ordinovista triestino che avrebbe «istruito Bertoli sull'uso della bomba e sulle risposte da fornire in caso di arresto». Quello di Giorgio Boffelli, l'ex mercernario che avrebbe arruolato "l'anarchico Bertoli" dopo il rifiuto di un altro neofascista, quel Claudio Vinciguerra rifiutatosi di partecipare all'azione perché «sentiva puzza di servizi». La corte ha stabilito la loro colpevolezza accogliendo in pieno le tesi del pubblico ministero Grazia Pradella, pubblica accusa insieme al collega Meroni anche nel processo per Piazza Fontana. «È una sentenza importante per Milano - dice la pm - perché questa strage, che è stata quasi dimenticata, ha colpito la città nel cuore come quella di Piazza Fontana e il fatto che un tribunale abbia riconosciuto le responsabilità di un gruppo di neofascisti del triveneto e milanesi diventa un segnale importante anche per l'altro processo». Sul fascicolo che il giudice istruttore Antonio Lombardi - l'uomo che più di altri ha indagato sulla strage - scoprì nel ?91 tra le carte segrete e "dimenticate" del Sid, intestato a Gianfranco Bertoli, unico reperto di un più ampio carteggio distrutto col fuoco nel 1986, qualcuno scrisse: «Non dare all'autorità giudiziaria se non indispensabile». Furono in molti ad impegnarsi nei depistaggi: alcuni sono morti, altri non sono mai stati s coperti, uno è stato condannato: si tratta dell'ex generale responsabile dell'ufficio "D" del Sid, Gian Adelio Maletti. Per lui la corte ha stabilito 15 anni di reclusione che però il generale non sconterà mai: da anni risiede in Sudafrica. Condanne a pioggia infine anche per vari esponenti di ordine Nuovo: 10 anni per Gilberto Cavallini, 6 anni e 6 mesi a Ettore Malcangi, 6 anni a Enrico Caruso, 6 mesi in continuazione con una precedente pena per Lorenzo Prudente. Prosciolto invece per la sua collaborazione l'ex neofascista legato ai servizi Carlo Digilio, il grande pentito anche dell'inchiesta su Piazza Fontana, l'uomo che descrisse tutti i preparativi dell'attentatro, «organizzato nell'appartamento in via Stella a Verona di Marcello Soffiati». E prosciolti anche Sergio Minetto e Martino Siciliano. I 4 condannati all'ergastolo dovranno anche risarcire il Comune di Milano, parte civile, con una cifra di 500 milioni e svariate centinaia di milioni ai famigliari delle vittime. Nessun risarcimento invece per lo Stato italiano che inspiegabilmente non si è mai costituito parte civile. Copyright ©1999 Scrivi alla Redazione Credits Publikompass
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