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Re: Venezuela: Il golpe nascosto
Terribile articolo,
fondamentalmente uno lo condivide, ma scritto con mille imprecisioni, come
da qualcuno che parli per sentito dire...
bah... un po' di editing, almeno, Manifesto.
gc.
Il 12/12/2002 alle 12.44, Nello Margiotta, hai scritto:
>LUCIANA CASTELLINA http://www.ilmanifesto.it
>Mi sento colpevole, credo che tutti dovremmo sentirci colpevoli. Di
>disattenzione grave. Nonostante i reiterati appelli che da mesi ci arrivano
>dagli aggrediti. Gli ultimi in ordine di tempo nel continente che non
>consente alcuna sospensione dell'attenzione: l'America del sud. E' vero che
>siamo tutti impegnati ad impedire l'aggressione all'Iraq (che peraltro è già
>in atto, visto che centinaia di aerei americani già bombardano il paese un
>giorno sì e uno no). Questa non è tuttavia una giustificazione al nostro
>silenzio sulla vicenda che si sta consumando da mesi in Venezuela e sta
>purtroppo per giungere a un fatale esito: la defenestrazione tramite golpe
>diluito del presidente democraticamente e regolarmente eletto dal popolo,
>Hugo Chavez. Colpi di stato da qualche tempo in America latina non ce ne
>erano più stati. Il sub continente sembrava vaccinato dopo le tragedie degli
>anni `60 e `70. E però l'astensione era evidentemente dovuta solo al fatto
>che né Washington né i suoi clienti locali sembravano averne più bisogno: in
>tutte le capitali salvo L'Avana le redini del potere erano state collocate
>in mani sicure e le popolazioni tramortite dalla cura del Fmi. Poi le cose
>hanno cominciato a cambiare: da un lato la catastrofe argentina e il fiasco
>di Cardoso, l'«assennato» presidente brasiliano, assai amato anche dal miope
>riformismo europeo; dall'altro, e di conseguenza, la vittoria di Chavez in
>Venezuela, un anno dopo di Lula in Brasile, un mese fa di Lucio Gutierrez in
>Ecuador.
>
>I protagonisti non sono certo uguali: l'ex metalmeccanico di San Paolo ha
>alle spalle decenni di militanza sindacale ed è sostenuto da un grande
>partito popolare di sinistra. Gli altri due sono espressione di movimenti
>populisti, ma anche popolari, perché alla direzione dei rispettivi paesi
>sono stati portati dalla rabbia e dalle aspirazioni dei diseredati che per
>ora - Chavez è lì da ormai quasi quattro anni - non sono stati delusi né
>ingannati. Pur fra mille difficoltà - prima fra tutte quella dovuta
>all'assenza a proprio sostegno di una forza politica organizzata e
>sperimentata - le prime scelte compiute sono state quelle giuste. E in
>particolare in Venezuela hanno provocato subito scintille, perché hanno
>toccato gli interessi di chi ha a che fare con quella cosa per cui si stanno
>oggi facendo tutte le guerre: il petrolio.
>
>Certo, bin Laden non si può cercarlo, con tutta la buona volontà e
>nonostante la fantasia dell'Istituto che il Pentagono gestisce a Los Angeles
>in collaborazione con un pezzo di Hollywood, a Maracaibo. Ma Iraq,
>Afghanistan, Cecenia, e Venezuela sono in definitiva legati fera loro da
>questo filo di olio nero. Ed è per questo che Chavez non è sopportabile.
>Soprattutto è necessario bloccare, ricattandolo e intimidendolo, il processo
>iniziato in America Latina subito, prima che diventi contagioso. Il golpe
>alla cilena che si sta preparando a Caracas, animato dalla mobilitazione dei
>ceti privilegiati e dalle corrotte organizzazioni sindacali (e, purtroppo,
>persino da antichi compagni comunisti - quelli del Mas - a tal punto
>convertiti da non sapere più distinguere fra populismo e popolare, da non
>saper più vedere la sostanza della posta in gioco in Venezuela) non è ancora
>arrivato all'ultimo atto. Gli Stati uniti, immersi fino al collo nel primo
>tentativo di rovesciare Chavez, un anno fa (furono i primi a «riconoscere»
>il nuovo governo golpista, assieme alla Spagna), questa volta sembrano più
>cauti. Non solo perché hanno al momento gatte più urgenti da pelare ma
>perché sono finalmente un po' intimiditi da quello che sta accadendo in
>America Latina, da Lula innanzitutto. E poi perché lo sciopero ad oltranza
>che i golpisti hanno promosso è tutt'ora minoritario, il grosso del popolo
>di Caracas, e ancor più della provincia, non solo non partecipa ma è sceso e
>scende in strada (due milioni di persone l'altro giorno) a sostegno del suo
>presidente. Non è facilissimo gridare «nuove elezioni» quando quelle che
>hanno eletto l'attuale parlamento e governo sono state libere e
>regolarissime. Ma proprio per questo sarebbe anche più grave che
>prevalessero: si tratterebbe di un'altra e durissimo colpo portato alla
>legalità, ottenuto col ricatto del blocco della produzione e del trasporto
>petrolifero - base di sopravvivenza per il Venezuela - un atto analogo a
>quello dei camionisti cileni. Non voglio aggiungere un'altra manifestazione
>al già lungo elenco di quelle che stiamo facendo in queste settimane. Si
>tratta solo di ricordarsi della vicenda venezuelana, delle implicazioni
>generali che quel che lì sta accadendo comporta. Non possiamo lasciare che
>avvenga nel silenzio dei media, dei partiti, dei parlamenti, della chiesa; e
>anche dei nostri movimenti.
>**************************************************
>Nello
>
>change the world before the world changes you because another world is
>possible