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Diario n.4 dall'Ecuador da parte di Cristiano Morsolin



DIARIO N.4 - NEWS DALL'ECUADOR

Siamo in attesa del 24 giugno in cui i movimenti indigeni e sociali dell’Ecuador verificheranno lo stato degli accordi, delle promesse realízzate dal Governo sotto la spinta dell’ultimo leviantamento popular di gennaio.  Non si esclude un’altra protesta nazionale.
Per capire la realta’ invio :
- un’intervista a Auki Tituana, giovane sindaco di Cotacachi e persolita’ emergente nello scenario político
- un'intervento del deputato indigeno di Pachacutik Luis Guilberto Talahua Paucar(El Hoy di domenica scorsa)
- un'intervista a Miguel Lluco, presidente nazionale di Pachacutik, sullo stato degli accordi con il Governo (El Hoy di lunedi scorso).
Saluti latinoamericani

Morsolin Cristiano, e-mail: utopiamo@yahoo.it
Fundacion “CRISTO DE LA CALLE”, 
Calle Maldonado 14-119 y Guillermina Garcia 
Ibarra - Ecuador
Telefono (00593) 6.641056	 ( 7 ore di differenza dall’Italia)
Directora Claudia Ibadango, e-mail: cristodelacalle@yahoo.com 
Telefono : (00593) 6.953955
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INTERVISTA AD AUKI TITUANA

ESPONENTE POLITICO DEL MOVIMENTO INDIGENO

Auki Tituana, da otto anni sindaco di Cotacachi (Imbabura), è il vice presidente dell'associazione che raggruppa tutti i comuni-municipi dell'Ecuador. A 36 anni rappresenta una personalità emergente nello scenario politico del Paese andino. Quando nel 1979 l’Ecuador ritornò alla democrazia, Tituana era un dirigente studentesco che lottava per far rispettare la dignità degli indios. Vent'anni dopo, con un intervallo di cinque anni a Cuba dove ha studiato economia, ritiene che il decentramento, l'esperienza democratica della gestione indigena, il lavoro collettivo e l'eliminazione del razzismo possano creare in Ecuador una nuova realtà per superare la crisi socio-politica-economica e fermare la corruzione dilagante. 

Cristiano Morsolin, dell’Associazione Internazionale "Noi ragazzi del mondo" – Comunità di Capodarco, ha incontrato Auki Tituana e raccolto un’intervista che la MISNA è lieta di pubblicare. 

D.: "Qual è il bilancio di questi 22 anni di democrazia?" R.: "Hanno fatto emergere che l’organizzazione dello Stato non è adeguata alla realtà nazionale. Non è riuscita a creare le basi per migliorare le condizioni economiche e sociali della popolazione. L’azione della classe politica ha persino aggravato la crisi economica e la corruzione dilagante". D.: "C’è chi dice, tuttavia, che la democrazia ha permesso agli indios di poter avere maggiori spazi di espressione e partecipazione". R.: "Sotto il governo civile il movimento indigeno ha vissuto un processo di sviluppo costante, soprattutto da quando ha avuto accesso all’istruzione e alla formazione professionale. Ciò è stato però possibile grazie all’impegno degli indios e non per una politica del governo a favore delle popolazioni autoctone". (Continua) (FB)

D.: "Venti anni fa, Auki Tituana cosa sognava di poter cambiare in Ecuador e cosa ha in effetti ottenuto?" R.: "Da ragazzo sognavo di lottare per avere istituzioni democratiche, scuole, università e opportunità di contribuire allo sviluppo delle nostre popolazioni e delle nostre città. Sognavo di poter migliorare le condizioni di vita a partire dal quotidiano, di creare leggi per formare una società migliore, come del resto continuo a sognare ora. Riguardo a ciò che abbiamo realmente ottenuto , come indios, penso alla nascita di organismi come la Direzione nazionale dell’educazione bilingue, il Consiglio di pianificazione dei popoli indios e afro, l’Istituto nazionale della sanità indigena. Tutto ciò è stato possibile grazie al lavoro del movimento indigeno che ha portato a buoni risultati. Non si possono dimenticare le riforme politiche varate con l’Assemblea Costituente nel 1998, che, tuttavia, restano in gran parte incompiute". "D.: Di cosa ha bisogno ancora il Paese nel XXIesimo secolo?" R.: "Di una riforma politica, economica e sociale profonda. È necessario impegnarci in un lavoro collettivo che possa contare sull’effettiva partecipazione di tutti così da raggiungere l’obiettivo di sconfiggere la corruzione, avviare nuovi programmi di sviluppo e stabilire nuove linee politiche. Vogliamo inoltre che la globalizzazione ci permetta di continuare a costruire la nostra storia e di vivere come ecuadoriani nel riconoscimento e nel rispetto delle diversità". D.: "Come sarà possibile sconfiggere il razzismo?" R: "Innanzitutto riconoscendo che il razzismo esiste. Questo ci permetterà di trovare una soluzione. Credo che i mezzi di comunicazione debbano dare più spazi al movimento indigeno, affinché la nostra cultura venga percepita come una ricchezza per tutto il Paese. È inoltre necessaria una riforma del sistema giudiziario dove si riscontrano ancora forti discriminazioni. Bisogna, naturalmente, agire anche attraverso il canale dell’educazione, migliorando l’insegnamento di
 alcune materie di studio come la storia". D.: "Come potrebbe realizzare tali cambiamenti un presidente indio?" "A partire dalle sollevazioni indigene del gennaio e del febbraio scorsi, gli ecuadoriani hanno iniziato ad interrogarsi sull’opportunità di cambiare la politica del governo e i suoi rappresentanti per avere nuovi leader. Anche gli indios hanno preso una posizione precisa sull’argomento. Se 20 anni fa non sarebbe stato possibile, ora siamo preparati a governare con tutti, meticci, neri o stranieri. Le linee d’azione sarebbero quelle adottate nelle nostre comunità per portare a livello nazionale il modello adottato per le nostre amministrazioni locali. Il principio-guida sarebbe quello dello spirito di partecipazione". D.: "Quali sono i consigli che date alle nuove generazioni indigene?" R: "A livello rurale, nelle comunità vengono ricordate loro l’importanza dello studio, della formazione e la necessità di continuare a lottare per il proprio futuro. I nostri risultati sono un forte stimolo per gli indios più giovani. Continuiamo a dire loro che con l’impegno tutto è possibile e che siamo riusciti ad emergere da un pozzo di pessimismo, sfiducia e scarsa autostima. Credo che nelle loro mani abbiano ora migliori opportunità di crescere". (FB)

MISNA, 16 GIUGNO 2001

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Construir sin discriminación ni racismo

Por Luis Guilberto Talahua Paucar*(DEPUTADO INDIGENA)

Cuando en la Comisión de Asuntos Indígenas y otras Etnias del Congreso Nacional decidimos proponer el tema del "Foro Ciudadano sobre la Discriminación, el racismo y la intolerancia: Desafíos impostergables en el Ecuador del siglo XXI" en varias ciudades del país, pensamos que este encuentro serviría no solo para aportar a la cumbre mundial que se desarrollará en Sudáfrica en el mes de septiembre, sino para intentar cambiar en algo esta realidad que afecta, sobre todo, a los pueblos indígenas y negros de nuestro país.
Creemos que, desde su inicio, el Estado nacional fue excluyente y, en su formación y su historia, ha excluido a los pueblos indígenas; tal es así que antes del 98 no existe en ninguna parte de la legislación la palabra indio. Esto nos ha obligado a sobrevivir manteniendo nuestra cultura y nuestra justicia alejada de las propuestas del Estado. 
Y así como este Estado excluyente ignora la realidad y las necesidades del pueblo indígena, también la sociedad reproduce ese desinterés y lo expresa diariamente en su relación con los demás, usando términos despectivos cuando se habla de uno de nuestros compañeros y compañeras. En nuestra lengua, por ejemplo, el término ico, significa un diminutivo, pero que guarda respeto. Mientras que el mestizo lo usa para hacernos sentir que estamos en condiciones inferiores. Nos marginan y se burlan de nosotros, porque no manejamos correctamente el castellano, cuando ese es nuestro segundo idioma. 
En nuestras comunidades aprendimos a vivir con respeto hacia nuestros compañeros, hacia nuestros ancianos y los niños. Era una relación entre pobres donde siempre ha existido solidaridad y fraternidad. Conocimos la discriminación y el racismo cuando salimos a las ciudades a trabajar o estudiar y fuimos maltratados por los mestizos cuando entrábamos a las iglesias, cuando los maestros gritaban a nuestros niños por llevar su sombrero o los pies descalzos, o cuando, en los medios de comunicación, no nos permitían expresar nuestra opinión. 
Este racismo ha forzado incluso a que algunas comunidades se oculten de la sociedad, por temor a ser maltratadas. Nuestros compañeros Záparas, por ejemplo, admiten que se ocultaron por años por temor a los mestizos y también a otros indígenas. Pero ahora están orgullos de su reconocimiento internacional y quieren enseñar al mundo su cultura. 
Hoy creemos que todo este proceso de movilización indígena ha logrado que se reconociera nuestra presencia. Que el Estado y la sociedad admitan, por fin, que somos también parte de este país y que tenemos derecho a participar en las decisiones que se tomen en beneficio de todos. El reconocimiento del Estado pluricultural en la Constitución y en el convenio 169 son solo normas que nos reconocen, pero es necesario que la sociedad reconozca que existe un problema de discriminación y racismo y proponga alternativas para que desaparezca.
Ahora, la sociedad ve con recelo que los indios intenten asumir el poder, pero nosotros hemos dicho que lo que queremos es construir un nuevo Estado, que sea realmente plurinacional, donde todos participen y exista respeto a nuestras diferencias. Hemos fortalecido el proceso político y organizativo dentro de nuestras comunidades y ahora intentamos fortalecer y participar en verdaderos procesos de desarrollo para toda la sociedad ecuatoriana. 
Mucha gente dice que es el movimiento el que provoca racismo desde el otro lado, pero esto no es verdad. Lo que el movimiento reclama es que se los mestizos y los indígenas nos miremos de frente, encontremos diferencias y también ideas comunes. 
El Estado puede aportar, pero es la sociedad la que debe iniciar un cambio que corresponde a todos y que solo ocurrirá cuando el Gobierno comprenda que la educación es el camino para generar justicia social. 
No necesitamos compasión, lo que necesitamos es que se comprendan y se respeten nuestros valores y nuestra cultura, nuestra identidad y nuestra capacidad para aportar a construir un país mejor.

*Diputado indígena
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'TAMBIEM ESTE GOBIERNO SE HA BURLADO'

Miguel Lluco, coordinador nacional de Pachakutik, y experimentado dirigente indígena, no duda en afirmar que, frente a la falta de voluntad política del Gobierno para responder a las aspiraciones indias y las trabas encontradas en el diálogo instaurado con el régimen en febrero pasado, nada es descartable en el país, menos una nueva movilización de un sector que también comienza a dar síntomas de una anticipada fiebre electoral. Anota que en su congreso de agosto Pachakutik entrará en definiciones electorales, aunque anticipa que Auki Tituaña es un buen candidato. (PM)

Por Paúl Mena
Redacción Quito

En las últimas semanas se han evidenciado discrepancias en Pachakutik del Guayas en torno a quién será el candidato presidencial indio para los comicios del 2 002. Unos respaldan abiertamente a Antonio Vargas y otros a Auki Tituaña. 
¿La fiebre electoral ingresó tempraneramente en las filas indígenas?
El problema que se presentó en Guayas lo ha asumido la directiva provincial. Al señor Manuel Peñafiel, por actuar unipersonalmente, se lo destituyó, y el 28 de julio se nombrará al nuevo coordinador provincial. Pero no se trata de respaldar a Antonio Vargas o a Auki Tituaña, sino de que actualicemos el proyecto político y el programa de Gobierno de Pachakútik, que luego deberán ser asumidos por nuestros candidatos.

¿El congreso de Pachakutik de agosto será el escenario de las definiciones electorales?
En ese congreso resolveremos si vamos solos a los comicios o hacemos alianza con algún sector político, y también los mecanismos de la selección de los precandidatos y luego de los candidatos que nos representarán en el 2 002.

¿Auki Tituaña podría ser un buen candidato para la Presidencia de la República?
Es un buen candidato. Conocemos a Auki porque trabajó muchos años como asesor dentro de la Conaie y con él elaboramos el proyecto político que sirvió de referencia para llevar adelante nuestras luchas en la década pasada. Es un profesional muy honesto y correcto, por lo tanto tiene el perfil. Pero también tienen buen perfil Alberto Acosta y don Antonio Vargas.

¿Ya es tiempo de un candidato propio de los sectores indígenas?
Se está haciendo un balance en cada una de las provincias sobre la participación de Pachakútik en comicios anteriores en alianzas con la ID, MPD, Nuevo País, Socialista. Pero pienso que luego de una experiencia del movimiento desde 1996 a la fecha, ya estaríamos en condiciones de presentarnos con un perfil propio y solo como movimiento Pachakutik.

¿El diálogo que se mantiene con el Gobierno es visto como un desgaste para la dirigencia indígena?
El viernes pasado concluimos en Baños un congreso de Ecuarunari, la mayor organización dentro de la Conaie, y hemos resuelto informar a las bases las cosas que se han concretado como acuerdos con el Gobierno, y dejar en claro los puntos en que no ha habido la voluntad del Gobierno.

La Conaie dio un plazo al Gobierno, hasta el 24 de junio. ¿El fin del diálogo es casi un hecho?
Los indios somos por demás resistentes. Muchos años, muchas conversaciones, muchas propuestas, pero esa resistencia tiene límites, y por eso se ha hablado del 24 de junio, cuando las organizaciones de base definirán en torno al diálogo. Yo no considero que este diálogo ha logrado los frutos esperados. Tanto esfuerzo que se hizo en el levantamiento de febrero, con muchos heridos y muertos, mucho sufrimiento de la gente, y el Ejecutivo no ha respondido a ese clamor, pese a que se comprometió ha hacerlo en un documento de 23 puntos. Este Gobierno, al igual que otros, se ha burlado, y ha fallado a la esperanza que tuvo el pueblo.

¿Roto el diálogo, qué se espera de los sectores indígenas?
En cualquier parte del mundo, cuando no es atendido por su Gobierno, el pueblo que tiene hambre, que no tiene trabajo, reacciona. Y esa reacción, en un país con más del 80% de población pobre, es impredecible.

¿Entonces no se descarta un nuevo levantamiento?
Ninguna cosa es descartada en este país.


La ficha

Miguel lluco, carpintero de profesión, se mantiene en la dirigencia indígena desde 1972. Nació en Guamote en 1945, Fue dirigente de las organizaciones de base de Chimborazo, luego de la Ecuarunari y la Conaie. Fue diputado por Chimborazo entre 1996 y 1998