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I: America latina: intervista a Perez esquivel del periodista V. R. Spagnolo
Giro alla lista questa mail, arrivata solo a me, forse per errore.
Cari saluti.
Marina
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> saludos amigos,
> sigue una entrevista publicada para el diario italiano "Avvenire". Es una
> consolacion para nosotros y espero para vos tambien.
> Hasta luego y suerte,
> Davide
>
>
>
>
> La difficile transizione alla democrazia del continente: parla il Nobel
per
> la pace Perez Esquivel
>
> SOS DAL SUDAMERICA
>
> Fame, esclusione sociale, bambini di strada, possesso della terra:
continua
> l'emergenza e non si riesce ad uscire dal sottosviluppo «I conti col
passato
> vanno chiusi con la giustizia e la riconciliazione»
>
> Vincenzo R. Spagnolo
>
>
> ROMA. «In America Latina stiamo cercando di superare il passato per
> costruire
> il presente. Non c'è altra strada. Soltanto dopo aver fatto i conti con
ciò
> che siamo stati, potremo guardare al futuro. Tutto dipenderà da noi:
quello
> che saremo capaci di seminare nei prossimi anni, sarà esattamente ciò che
> raccoglieremo». Sono molti anni che l'intellettuale argentino Adolfo Perez
> Esquivel s'impegna nel difficile campo della difesa dei diritti umani in
> Sudamerica. Un impegno tenace e quotidiano, pagato a caro prezzo con la
> tortura nelle carceri argentine degli anni Settanta e sottolineato nel
1980
> dall'attribuzione del premio Nobel per la pace. L'immagine che scatta del
> proprio continente è quella di un «lugar maravilloso y al mismo tiempo
> afligido», un luogo bellissimo ma sofferente: «L'America Latina sta
uscendo
> dall'epoca delle dittature militari dopo aver pagato un alto costo in vite
> umane. In molti Paesi sono in atto processi democratici. Ma non è solo
> ponendo il voto in un'urna che possiamo dirci democratici. Democrazia
> significa uguali diritti per tutti. E invece è sotto i nostri occhi la
> terribile sperequazione fra la condizione di pochi privilegiati e quella,
> misera, della maggior parte delle popolazioni locali».
> Quali sono oggi le emergenze in Sudamerica?
> «Ci sono mali che affliggono l'intero continente: l'aumento della povertà,
> l'esclusione sociale, la violenza per le strade e quella strutturale. Su
> tutto, incombe come una spada di Damocle l'enorme debito estero che grava
su
> molti Paesi. Una cosa ingiusta e immorale, perché più paghiamo, più
dobbiamo
> e meno ci resta. Lo ha sottolineato più volte, dall'alto della sua
autorità
> morale e spirituale, anche lo stesso Giovanni Paolo II: i popoli di
America
> Latina, Africa e Asia hanno già pagato molte volte l'ammontare del debito.
E
> invece gli altissimi interessi sottraggono risorse importanti allo
sviluppo.
> Inoltre, c'è un'altra bomba silenziosa, che non viene menzionata sui
> giornali
> ma fa più vittime di una guerra». Quale?
> «La fame, che sta facendo stragi in Sudamerica. Servono nuovi concetti di
> sviluppo e possibilità di vita per i contadini, da realizzare con progetti
> che tengano conto delle realtà locali. Ora, ad esempio, attraverso la
> politica degli Stati Uniti, si sta applicando il "Piano Colombia".
> Si tratta di ben 1300 milioni di dollari, cifra alla quale ha contribuito
> anche l'Unione Europea. Ebbene, io chiederei all'Ue di tirarsi indietro da
> questa iniziativa, che mira soprattutto a regionalizzare il conflitto
> colombiano nel continente. Ma non si può pensare che il narcotraffico e la
> guerriglia siano solo un problema militare o di polizia: il problema della
> droga dev'essere controllato nei Paesi dov'è il mercato, con interventi ad
> hoc e un'educazione e un'informazione adeguata e non solo confinandolo
> laddove oggi avvengono gli scontri e la guerriglia. In Colombia in questo
> momento ci sono quasi un milione di profughi interni. Una tragedia
> spaventosa, che ci riempie di angoscia e preoccupazione».
> C'è qualcosa che i Paesi più sviluppati possono fare per fermare
> tuttoquesto?
> «Sembra incredibile, ma in un mondo che si fa sempre più ricco e
> tecnologico,
> vanno aumentando poveri ed esclusi. Anni fa, con don Helder Camara andammo
> nel Nord Est del Brasile per sostenere la causa di alcune popolazioni
locali
> che una multinazionale voleva privare del diritto alla terra. Quando fummo
> in
> tribunale, gli indios issarono un cartello con una grande scritta, perché
il
> giudice potesse vederla da lontano. Diceva: chi ha comprato la Terra a
Dio?
> Il Signore ha dato la terra a tutti e non a un piccolo settore della
> popolazione mondiale. Lo sfruttamento delle risorse deve essere fatto con
> intelligenza e rispetto: gli indios prima di seminare chiedono permesso
alla
> Terra, le rendono onore perché sanno che, se utilizzata con raziocinio,
essa
> darà loro aiuto e nutrimento. L'appello del Vaticano sulla necessità di
> rispettare la terra e di distribuirne meglio le risorse andrebbe ripetuto
> nel
> nostro continente ogni santo giorno, perché possa diventare pratica
> quotidiana dell'operato di chi ha in mano le leve del potere e la gestione
> degli sterminati latifondi».
> Già, il potere. Molti Paesi latinoamericani stanno attraversando una fase
di
> delicata transizione: dalle oligarchie militari del passato a regimi più
> liberali, ma a volte simili a "democrazie sotto tutela".
> «Credo che sia un momento difficile, di transizione appunto. Soprattutto
> perché ci sono problemi non risolti: basta vedere ciò che accade in Cile
con
> Pinochet, la situazione del Perù, la violenza in Colombia. Credo che, per
> avviarci pienamente sulla via della democrazia, dobbiamo chiudere i conti
> col
> passato. Questo può avvenire solo facendo giustizia. Non basta dire:
> "Bisogna dimenticare il passato". I popoli che dimenticano,
> commettono di nuovo gli stessi errori. Come cristiani, siamo chiamati a
> ricomporre il corpo sociale e le relazioni personali attraverso la
> riconciliazione, il perdono. Ebbene, io posso perdonare coloro che mi
hanno
> torturato, ma non posso dimenticare. Chi ha sbagliato deve riconoscere la
> propria colpa e a questo deve seguire la riparazione del danno. Solo
allora,
> arriveranno il perdono e la riconciliazione».
> Una riconciliazione che potrebbe aprire la strada alla rinascita
> delcontinente?
> «Ci sono molti segni di speranza. Sono come fiumi sotterranei, che
> all'improvviso potrebbero salire in superficie e cambiare la storia. Il
> movimento dei "Sem terra" brasiliani, ad esempio, o gli altri
> movimenti indigeni. O ancora le organizzazioni per i diritti umani e
quelle
> per i diritti delle donne, molto importanti laddove la donna ha sempre
avuto
> una presenza attiva nella vita sociale, culturale e politica. Ecco, in
> questa
> epoca di globalizzazione che a volte annichilisce le realtà locali,
dobbiamo
> recuperare l'identità di essere popolo, ritrovare una spiritualità e un
> senso
> di vita comune. Paolo VI ci chiamava il "continente della
> speranza". Aveva ragione e continua ad averla ancora oggi, perché
> l'America Latina continua ad essere el continente de la esperanza».
> Vincenzo R. Spagnolo
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