RE: [latina] La nuova mappa della coca



Tanto l'articolo di S. Bruno quanto le tue considerazioni partono da presupposti infondati:
 
1. Che i cosiddetti "attori armati", termine caro a una certa terminologia accademica, siano tre (guerriglia, paramilitari e militari), non è vero. Il paramilitarismo è una politica controinsorgente di Stato, organizzata e telediretta dalla CIA, dal South Com del Pentagono e dalle alte sfere dell'oligarchia colombiana. Basta studiare un po' di storia contemporanea del Paese (l'epoca antecedente la "Violencia", con i pajaros e chulavitas, paramilitari al servizio dei conservatori e dei latifondisti) per capire che il paramilitarismo non è un soggetto autonomo ed indipendente, ancorché sia stato e continui ad essere composito ed attraversato da contraddizioni interne, che si esprimono con tendenze centrifughe e ridefinizioni nei rapporti di potere.
 
2. Che il problema del Paese sia il conflitto armato, posto che il vero grande problema è l'insieme delle cause che l'hanno storicamente generato: l'assenza di una vera e profonda democrazia, l'annientamento di ogni forma di opposizione politica e sociale, l'abnorme forbice tra un'oligarchia sanguinaria e ricchissima ed una maggioranza di sfruttati ed esclusi, la permanente contro-riforma agraria (vero grande detonatore calcolato dello sfollamento di milioni di colombiani), le croniche dipendenza e sottomissione all'imperialismo USA, ecc.
 
Il conflitto è l'espressione di uno stato di cose, e specularmente il superamento dello stesso può essere intrapreso soltanto sulla base della rimozione delle cause che l'hanno generato.
 
3. Che il Plan Colombia made in Washington sia un piano di lotta al narcotraffico, è una mistificazione che non ha fondamento alcuno: il Plan Colombia, quale componente militare di portata regionale dell'ALCA, è un piano neocoloniale di riposizionamento militare e geo-strategico nel continente delle Forze Armate statunitensi, nonchè un tentativo maldestro di puntellare il traballante regime colombiano e le sue forze repressive, sempre più attraversate da scandali e fratture interni (corruzzione, torture ai soldati per mano di loro superiori, destituzioni di decine di generali ed ufficiali, coinvolgimento in autoattentati e processi giudiziari di diversa natura, ecc.) 
 
La Colombia ha bisogno di una profondo cambiamento strutturale, integrale e generale, al fine di superare la crisi e creare le basi per una pace con giustizia sociale.
 
Max Lioce
Associazione nazionale Nuova Colombia
www.nuovacolombia.net
 
 
 


elena vuolo <elenavuolo at hotmail.com> ha scritto:
Leggo con interesse gli articoli di Simone Bruno articoli: mi hanno aiutata
a capire meglio la situazione in Colombia quando lo scorso agosto ho avuto
modo di conoscere-per il mio lavoro per un'agenzia internazionale delle
Nazioni Unite- cio' che sono le consequenze della guerra per i desplazados.
Quando parlo di conseguenze-sempre per lavoro-lo faccio attraverso la
prospettiva di protezione del diritto alla salute dei desplazados por
conflicto, ma e' questa una prospettiva che in fondo ha molteplici legami
con le conseguenze economiche,sociali che la guerra per la coca e della coca
sta ha prodotto e continua a generare in Colombia.

Ero a Bogota', ad agosto, quando il NY Times ha pubblicato il controverso
articolo sul fallimento del Plan Colombia e vorrei sottolineare come cio'
abbia potuto mettere a nudo lle debolezze -o per meglio dire-lo stato di
"anemia, carenza di democarazia"da parte della stampa e dei mezzi di
comunicazione in Colombia...pochi commenti sull'articolo e soprattutto
provenienti dai mezzi di sinistra...
L'intervista ufficiale-rilasciata alla radio-e fatta alla contraparte
americana in Colombia ha visto come ospite uno dei consultants di Bush che
hanno formulato il Plan Colombia.
In sintesi: a domanda del giornalista, risposta politicamente corretta da
parte del rappresentante del Governo Bush:"il Plan Colombia non e' un
fallimento perche' abbiamo raggiunto la condizione operativa in cui al lato
dell'eradicazione delle droga si sono intraprese e finanziate attivita' di
reinserimento economico per i cocaleros ed i desplazados".

Cosa c'e' che non va con il Plan Colombia, allora, mi sono chiesta? E la
risposta l'ho trovata parlando con le persone che sono scappate da quelle
zone citate da Simone Bruno: quanto piu' si procede con le fumigazioni ed i
pesticida, tanto piu' si rafforza lo spirito di sopravvivenza dei cocaleros,
che hanno imparato che dopo le fumigazioni le piante di coca si possono
ancora salvare lavandole con miscela di acqua e zucchero ..non mi si chieda
la ragione chimica che c'e' al fondo, io ho visto solo le ragioni sociali
che spingono le persone a sopravvivere al Plan Colombia.

Il plan Colombia non ha eradicato la coltivazione della coca,semplicemente
ha acuito la lotta tra FARC e paramilitari, ha obbligato entrambi i gruppi a
definire nuove modalita' di spartizione delle carreteras, ha conferito
giustificazione alla violenza perpetrata nei confronti della popolazione
civile che vive nelle zone di coltivazione e che magari con le coltivazioni
non e' neppure coinvolta. Purtroppo, e' proprio la popolazione civile a
pagarne le spese: FARC, paramilitares, gruppi militari piu' o meno regolari,
controllano le carreteras, come detto, e con le carreteras l'accesso di
viveri e medicine.
Viveri: primo nella lista, il controllo dello zucchero, precisamente perche'
lo si sta impiegando per lavare le piante di coca.
Medicine, specie quelle per la lesmaniasis, diarrea e febbre gialla, ossia
le malattie che colpiscono prevalentemente i guerrilleros nelle zone della
foresta colombiana..peccato che entrambe le tre malattie colpiscano anche
chi non indossa alcuna divisa, di alcuna fazione.
Controllo delle caretteras per il controllo della coca significa anche che i
civili, campesinos soprattutto, non hanno il diritto a rientrare al proprio
villaggio perche' cosi' deciso dalla "pattuglia " piu' o meno regolare di
FARC o paramilitari..Tutto cio' produce il fenomeno del desplazamiento
croníco, gota a gota, come si dice in Colombia: sicche' le famiglie sono
cosi' obbligate a lasciare casa, terra ed andare presso le comunita' piu' o
meno urbane piu' vicine..
E'il desplazamiento cronico una delle consequenze piu' gravi prodotte nella
distribuzione di potere ed abusi che il Plan Colombia ha prodotto:non e'
certo un desplazamiento massivo, fatto di concentrazioni elevate di
desplazdos, ma piuttosto un fenomeno cronico, sottile che produce miseria,
fenomeni di violenza, poverta' nelle zone rurali prima ed in quelle
subrubane dopo, dove i desplazados si rifugiano.

E'un fallimento il Plan Colombia perche' di fatto non ha saputo costruire
sostenibile alternative economiche per i cocaleros e-d'altro lato-come si
puo' fornire un'alternativa di lavoro alla produzione di coca se la sua
redditivita' ha un tasso del 100%?
E' un fallimento il Plan Colombia perche' non ha fatto altro che aiutare a
ridisegnare la mappa geografica di distribuzione dei laboratori di coca, ha
contribuito a creare una nuova etichetta per il desplazamiento, definendo
cosi' i desplazados -che si concentrano nelle zone di frontiera con Ecuador-
migranti economici..ossia una formula apparentemente chiara e semplice per
indicare volonta' nella migrazione di queste persone.
In realta' i migranti economici sono desplazados che il governo ecuadoriano
non vuole ricevere, perche' se lo facesse dovrebbe allora aderire al mandato
internazionale di protezione dei rifugiati; in piu' il governo Colombiano
non riconosce queste persone come desplazados perche' e' piu' comodo non
farsi troppe domande sulle dinamiche che spingono le persone a vivere nella
zona di frontiera, con accesso nullo o limitato o insufficiente a forme di
base di sicurezza sociale, come salute e lavoro.

Credo che quando si parla della nuova mappa della coca sia importante anche
guardare cosa c'e' dietro a questa nuova mappatura, cosa succede nella vita
quotidiana delle persone comuni.

Quanto scritto e' solo un contributo minimo, senza pretese di onniscienza.
Saluti
Elena


>From: Simone Bruno
>Reply-To: latina at peacelink.it
>To: latina at peacelink.it
>Subject: [latina] La nuova mappa della coca
>Date: Sun, 10 Sep 2006 16:21:22 -0500
>
>http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=&idart=6213
>
>
>La nuova mappa della coca
>I loschi intrighi fra il mondo dei paramilitari e il narcotraffico, tra
>processi di pace e Plan Colombia
>
>
>
>
>
>*scritto per noi da*
>*Simone Bruno*
>* *
>Questa è la storia di un cadavere fatto a pezzi e nascosto, ma è anche la
>storia di un processo di pace, di una tavola delle trattative in cui ti
>siedi credendo di parlare con criminali reazionari e violenti, e poi
>finisci stringendo la mano di chi controlla il traffico di droga del tuo
>paese. È quindi anche la storia di questo traffico, che qui in Colombia
>tutto compra e tutto corrompe.
>Il cadavere di cui si sono recuperati e analizzati in questi giorni i vari
>pezzi è di Carlos Castaño, colui che ha unificato i gruppi paramilitari
>colombiani sotto la sigla Auc (autodefensas unidas de Colombia), sparito
>dall’aprile del 2004. Evidentemente non era andato, come volevano alcuni, a
>rifugiarsi in Israele dal suo maestro, Yair Klein, che lo aveva addestrato
>quando Rodriguez Gacha, braccio destro di Escobar, aveva voluto creare un
>piccolo esercito di sicari. Non era nemmeno negli Usa a raccontare alla Dea
>tutti i segreti del narcotraffico colombiano. Era stato fatto a pezzi e
>sotterrato sotto qualche metro di terra proprio qui in Colombia. In
>quell’inizio del 2004 si cominciava a parlare di un processo di pace con i
>paramilitari della Auc, gruppo tra i più feroci che abbia conosciuto il
>continente.
>Si prospettava un processo in condizioni “favorevoli” e le Auc cominciavano
>ad assaporare l’idea di uscire pulite da un decennio di semi-clandestinità
>e atrocità, di venirne fuori senza grosse condanne penali e con la concreta
>possibilità di potersi gustare ricchezze e terre conquistate a colpi di
>motosega e macete. Il processo veniva incontro a uno stato che voleva
>dimostrarsi forte e capace di arrivare dove i gruppi illegali erano la
>legge, ma anche ai capi paramilitari che non aspettavano altro che poter
>tornare alla vita civile per godere quanto guadagnato, strizzando anche
>l’occhio all’idea di una futura carriera politica.
>Ma le Auc non si presentavano come un monolito, anzi stavano vivendo una
>vera e propria guerra interna.
>L’espansione paramilitare avvenne sotto la guida politica di Carlos
>Castaño, ma, come lui stesso confessa nella sua autobiografia, il vero
>cervello agiva nell’ombra: colui che guidava la crescita attraverso
>finanziamenti spesso legati al traffico di droga era “el profe”, ossia suo
>fratello Vicente Castaño.
>Nel ’97, il fenomeno paramilitare era sufficientemente diffuso sul
>territorio nazionale da permettere a Carlos la creazione di una struttura
>nazionale, le Auc per l’appunto, ma sin dal primo momento fu evidente il
>conflitto interno di questa struttura: alcuni erano autentici leader
>antiguerriglieri, altri invece erano semplici narcotrafficanti che avevano
>bisogno di un esercito per i loro traffici.
>Un conflitto che divenne incontrollabile.
>La guerra scoppiò nella regione di Antioquia tra due gruppi: “El bloque
>metro”, guidato dal comandante “doblecero” storico preparatore militare
>delle AUC e il “bloque cacique Nutibara”, agli ordini di Don Berna, uno
>degli uomini più potenti nel paese, signore incontrastato di Medellin,
>ereditiero del cartello di “Don Pablo”, un uomo che è sopravvissuto è
>uscito vincitore da tutti i conflitti vissuti in questa devastata terra.
>La sconfitta e morte di “doblecero”, uomo di Carlos Castaño, segna un punto
>di svolta, il momento in cui fu evidente che la cupola delle AUC era ormai
>sotto il controllo dei narcotrafficanti. Carlos denunciò pubblicamente
>alcuni capi paramilitari di non essere altro che narcotrafficanti, il
>processo di pace muoveva i primi passi, ma il Carlos Castaño che vedevano i
>Colombiani nelle numerose interviste in tv era ormai un uomo isolato, senza
>alcun potere politico sul gruppo da lui stesso creato.
>La cosa che da sempre spaventa un narcotrafficante Colombiano è lo spettro
>dell’estradizione negli Stati Uniti. Chi traffica in questo paese tiene in
>conto di passare qualche tempo in prigione, ma sa anche che i potenti in
>questo paese la prigione se la scelgono e da lì possono continuare a
>gestire gli affari con un relativa tranquillità. Ma andare in galera negli
>USA è un altro conto.
>Carlos era stato richiesto in estradizione e aveva deciso di negoziare la
>sua posizione con la DEA, da qualche mese ormai stava intrattenendo
>relazioni con gli agenti, cercando di scambiare informazioni in cambio
>dell’immunità.
>Quel 16 di aprile un gruppo di paramilitari si avvicinò di soppiatto al
>“rancho al Hombro”. Carlos si sentiva sicuro, ma sbagliava. Con la pistola
>puntata contro chiese: “Chi lo ha ordinato?”, “El profe” fu la risposta, e
>poi partirono i colpi. Un fratricidio.
>La sua sparizione diede il via libera al massiccio ingresso di
>narcotrafficanti nel processo di pace di Ralito.
>Dunque un processo di pace che voleva smantellare l’apparato paramilitare
>si è trasformato in un processo di negoziazione con i più grandi
>narcotrafficanti del paese, i quali hanno potuto spostare il centro dei
>loro affari in impenetrabili aree rurali, difesi da veri e propri eserciti
>e hanno davanti a loro la prospettiva della cancellazione di ogni reato
>commesso e la concreta possibilità di veder cancellate le richieste di
>estradizione (tema in realtà ancora in discussione).
>In questo paese sarà difficile liberarsi dei gruppi armati e del conflitto
>che questi alimentano se non si tiene nella dovuta considerazione il
>problema del narcotraffico, un cancro che corrompe tutto con facilità,
>grazie alla imponente mole di denaro che è capace di generare.
>Qualche giorno fa ha fatto scandalo un articolo del NYTimes che dichiarava
>il fallimento del “Plan Colombia”, ossia il piano di finanziamento militare
>da parte degli Usa della lotta contro il narcotraffico in Colombia.
>Nonostante le fumigazioni, la superficie coltivata non diminuisce, ma
>cambia, si sposta sul territorio. Cesar è sotto il controllo di Jorge 40,
>capo narcoparamilitare, e del suo “bloque norte”; Bolivar, Sucre, Cordoba e
>nord Antioquia sono controllati da Ernesto Baez e i suoi del Bloque Central
>Bolivar ma anche da gruppi di Don Berna e Mancuso; Magdalena Medio sotto il
>controllo di Isaza; il Pacifico del bloque omonimo è controllato da
>Gordolindo e llanos, tornati nelle mani di Vicente Castaño.
>Le aree dove la coltivazione diminuisce sono invece Putomayo e Caquetà,
>dominio delle Farc, e Norte de Santander sotto influenza dell’Eln.
>Forse, se il Plan Colombia si fosse concentrato su tutte le aree,
>indipendentemente da chi ne detiene il controllo, i risultati sarebbero
>differenti.
>
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