Re: [latina] La nuova mappa della coca



Mah..

se un articolo deve avere un certa lunghezza, è evidente che non può contenere la storia del paese. L'articolo parla della forte penetrazione del narcoparamilitarismo nella cupola del parami,litarismo e di striscio dei suoi effetti sulle negoziazioni. i tre punti che scrive max sono ben noti a chiunque si avvicini nel modo giusto al paese. Ora è importante ripeterle, ma anche vedere cosa succede di nuovo, l'articolo era pensato per peacereporter che ha già trattato il tema varie volte. Credendo che i fenomeni interni ai paras fossero poco conosciuti di quello ho scritto.

Ora solo una nota per continuare a discutere.
Che i paras siano sistemici allo stato è noto, perlomeno in quella che era la loro componente pura (definiamola così) è anche abbastanza chiaro che il processo di pace sia (anche) un tentativo di mantenerli organici al sistema, dato che cominciavano ad agire un po' troppo per conto loro. Però la trasformazione che hanno subito strada facendo sta creando parecchi problemi all'oligarchia del paese. Qui si stanno scontrando in maniera evidente una oligarchia classica che è rappresentata da Cambio Radical (CR) di Vargas Lleras e una nuova elite, quella paramilitare che è ben rappresentata dal presidente uribe. C'è in gioco l'equilibrio di forze tra i due gruppi, Cambio Radical rappresenta quella elite che non vuole dividere il potere con i narcotrafficanti, se vuoi riconducibile a Galan che quasi 20 anni fa aveva cominciato la sua campagna contro il narcotraffico, non tanto come male del paese, ma come attore che penetrava e corrompeva l'elite del paese (un po' una mia interpretazione di quello che si definiva il neo liberalismo, che nasce dal analizzare un po' su chi poggiava), secondo me tanto riconducibile a Galan, che Vargas Lleras si definisce liberale e con i liberali sta in combutta adesso. (lui ha subito un attentato di matrice para e Gaviria, presidente dei liberali ha perso una sorella assassinata in campagna elettorale)

già che ci sono una cosa ancora sul Plan Colombia.
Max dice che è una militarizzazione regionale, cosa indubbiamente vera, ma secondo me in fin dei conti sta prevalendo di più l'altra interpretazione sempre di Max, ossia quella di un accordo egemonico tra gli USA e ancora una volta le elites colombiane per poter mantenere il controllo del paese.
Del resto così nasce ai tempi di Pastrana il pan colombia.
Pastrana cercava appoggi per poter in qualche modo coprire i costi sociali di un eventuale accordo con le FARC, costi sociali intesi come spese che lo stato avrebbe dovuto sostenere per arrivare ad un accordo, dato che come dice Max il conflitto nasce dalle condizioni di enorme disparità tra una massa di gente portata alla miseria e chi invece naviga nel lusso totale. Pastrana aveva concepito il plan colombia come una serie di aiuti internazionali di tipo sociale per pagare i costi di un accordo con le FARC, costi di tipo sociale perchè prevedevano una riorganizzazione del paese secondo un modello lievemente più equitativo e con uno stato sociale più forte. Poi è venuto trasformandosi, quando la maggior parte degli aiuti sono cominciati ad entrare dagli USA e sotto forma di aiuti militari, cosa che ha spaventato un po' tutti gli altri paesi che si sono quindi fatti indietro. A quel punto le elites del paese hanno assaporato l'idea di una soluzione senza concessioni, ossia poter risolvere il problema FARC attraverso la via militare e non negoziale.

L'esercito è un tema complesso, più di quello che sembra, tema poco studiato qui nel paese anche a livello accademico, credo un punto fondamentale fu la nascita del (frente nacional) che gli da la sua struttura pseudo nazionale e un ruolo di protezione della oligarchia, ma poi andrebbe analizzato più a livello regionale, questo esercito è formato da gente di classe media, che risponde quasi esclusivamente ai comandi regionali più che nazionali. Non è unitario, è formato da una serie di gruppi relativamente indipendenti che definirei quasi mercenari, che agiscono per conto di chi paga di più, sia lo stato (con plan colombia), i terratenienti, i narcotrafficanti, come nel caso di Jamundì, o paramilitari come in mille occasioni. Poi la securità democratica gli ha praticamente permesso di mascherare con facciate di legalità tutto ciò.

Simo

Un'altra Colombia "è" possibile! wrote:
Tanto l'articolo di S. Bruno quanto le tue considerazioni partono da presupposti infondati: 1. Che i cosiddetti "attori armati", termine caro a una certa terminologia accademica, siano tre (guerriglia, paramilitari e militari), non è vero. Il paramilitarismo è una politica controinsorgente di Stato, organizzata e telediretta dalla CIA, dal South Com del Pentagono e dalle alte sfere dell'oligarchia colombiana. Basta studiare un po' di storia contemporanea del Paese (l'epoca antecedente la "Violencia", con i /pajaros/ e /chulavitas/, paramilitari al servizio dei conservatori e dei latifondisti) per capire che il paramilitarismo non è un soggetto autonomo ed indipendente, ancorché sia stato e continui ad essere composito ed attraversato da contraddizioni interne, che si esprimono con tendenze centrifughe e ridefinizioni nei rapporti di potere. 2. Che il problema del Paese sia il conflitto armato, posto che il vero grande problema è l'insieme delle cause che l'hanno storicamente generato: l'assenza di una vera e profonda democrazia, l'annientamento di ogni forma di opposizione politica e sociale, l'abnorme forbice tra un'oligarchia sanguinaria e ricchissima ed una maggioranza di sfruttati ed esclusi, la permanente contro-riforma agraria (vero grande detonatore calcolato dello sfollamento di milioni di colombiani), le croniche dipendenza e sottomissione all'imperialismo USA, ecc. Il conflitto è l'espressione di uno stato di cose, e specularmente il superamento dello stesso può essere intrapreso soltanto sulla base della rimozione delle cause che l'hanno generato. 3. Che il Plan Colombia /made in/ Washington sia un piano di lotta al narcotraffico, è una mistificazione che non ha fondamento alcuno: il Plan Colombia, quale componente militare di portata regionale dell'ALCA, è un piano neocoloniale di riposizionamento militare e geo-strategico nel continente delle Forze Armate statunitensi, nonchè un tentativo maldestro di puntellare il traballante regime colombiano e le sue forze repressive, sempre più attraversate da scandali e fratture interni (corruzzione, torture ai soldati per mano di loro superiori, destituzioni di decine di generali ed ufficiali, coinvolgimento in autoattentati e processi giudiziari di diversa natura, ecc.) La Colombia ha bisogno di una profondo cambiamento strutturale, integrale e generale, al fine di superare la crisi e creare le basi per una pace con giustizia sociale.
Max Lioce
Associazione nazionale Nuova Colombia
www.nuovacolombia.net <http://www.nuovacolombia.net>


*/elena vuolo <elenavuolo at hotmail.com>/* ha scritto:

    Leggo con interesse gli articoli di Simone Bruno articoli: mi
    hanno aiutata
    a capire meglio la situazione in Colombia quando lo scorso agosto
    ho avuto
    modo di conoscere-per il mio lavoro per un'agenzia internazionale
    delle
    Nazioni Unite- cio' che sono le consequenze della guerra per i
    desplazados.
    Quando parlo di conseguenze-sempre per lavoro-lo faccio attraverso la
    prospettiva di protezione del diritto alla salute dei desplazados por
    conflicto, ma e' questa una prospettiva che in fondo ha molteplici
    legami
    con le conseguenze economiche,sociali che la guerra per la coca e
    della coca
    sta ha prodotto e continua a generare in Colombia.

    Ero a Bogota', ad agosto, quando il NY Times ha pubblicato il
    controverso
    articolo sul fallimento del Plan Colombia e vorrei sottolineare
    come cio'
    abbia potuto mettere a nudo lle debolezze -o per meglio dire-lo
    stato di
    "anemia, carenza di democarazia"da parte della stampa e dei mezzi di
    comunicazione in Colombia...pochi commenti sull'articolo e
    soprattutto
    provenienti dai mezzi di sinistra...
    L'intervista ufficiale-rilasciata alla radio-e fatta alla contraparte
    americana in Colombia ha visto come ospite uno dei consultants di
    Bush che
    hanno formulato il Plan Colombia.
    In sintesi: a domanda del giornalista, risposta politicamente
    corretta da
    parte del rappresentante del Governo Bush:"il Plan Colombia non e' un
    fallimento perche' abbiamo raggiunto la condizione operativa in
    cui al lato
    dell'eradicazione delle droga si sono intraprese e finanziate
    attivita' di
    reinserimento economico per i cocaleros ed i desplazados".

    Cosa c'e' che non va con il Plan Colombia, allora, mi sono
    chiesta? E la
    risposta l'ho trovata parlando con le persone che sono scappate da
    quelle
    zone citate da Simone Bruno: quanto piu' si procede con le
    fumigazioni ed i
    pesticida, tanto piu' si rafforza lo spirito di sopravvivenza dei
    cocaleros,
    che hanno imparato che dopo le fumigazioni le piante di coca si
    possono
    ancora salvare lavandole con miscela di acqua e zucchero ..non mi
    si chieda
    la ragione chimica che c'e' al fondo, io ho visto solo le ragioni
    sociali
    che spingono le persone a sopravvivere al Plan Colombia.

    Il plan Colombia non ha eradicato la coltivazione della
    coca,semplicemente
    ha acuito la lotta tra FARC e paramilitari, ha obbligato entrambi
    i gruppi a
    definire nuove modalita' di spartizione delle carreteras, ha
    conferito
    giustificazione alla violenza perpetrata nei confronti della
    popolazione
    civile che vive nelle zone di coltivazione e che magari con le
    coltivazioni
    non e' neppure coinvolta. Purtroppo, e' proprio la popolazione
    civile a
    pagarne le spese: FARC, paramilitares, gruppi militari piu' o meno
    regolari,
    controllano le carreteras, come detto, e con le carreteras
    l'accesso di
    viveri e medicine.
    Viveri: primo nella lista, il controllo dello zucchero,
    precisamente perche'
    lo si sta impiegando per lavare le piante di coca.
    Medicine, specie quelle per la lesmaniasis, diarrea e febbre
    gialla, ossia
    le malattie che colpiscono prevalentemente i guerrilleros nelle
    zone della
    foresta colombiana..peccato che entrambe le tre malattie
    colpiscano anche
    chi non indossa alcuna divisa, di alcuna fazione.
    Controllo delle caretteras per il controllo della coca significa
    anche che i
    civili, campesinos soprattutto, non hanno il diritto a rientrare
    al proprio
    villaggio perche' cosi' deciso dalla "pattuglia " piu' o meno
    regolare di
    FARC o paramilitari..Tutto cio' produce il fenomeno del
    desplazamiento
    croníco, gota a gota, come si dice in Colombia: sicche' le
    famiglie sono
    cosi' obbligate a lasciare casa, terra ed andare presso le
    comunita' piu' o
    meno urbane piu' vicine..
    E'il desplazamiento cronico una delle consequenze piu' gravi
    prodotte nella
    distribuzione di potere ed abusi che il Plan Colombia ha
    prodotto:non e'
    certo un desplazamiento massivo, fatto di concentrazioni elevate di
    desplazdos, ma piuttosto un fenomeno cronico, sottile che produce
    miseria,
    fenomeni di violenza, poverta' nelle zone rurali prima ed in quelle
    subrubane dopo, dove i desplazados si rifugiano.

    E'un fallimento il Plan Colombia perche' di fatto non ha saputo
    costruire
    sostenibile alternative economiche per i cocaleros e-d'altro
    lato-come si
    puo' fornire un'alternativa di lavoro alla produzione di coca se
    la sua
    redditivita' ha un tasso del 100%?
    E' un fallimento il Plan Colombia perche' non ha fatto altro che
    aiutare a
    ridisegnare la mappa geografica di distribuzione dei laboratori di
    coca, ha
    contribuito a creare una nuova etichetta per il desplazamiento,
    definendo
    cosi' i desplazados -che si concentrano nelle zone di frontiera
    con Ecuador-
    migranti economici..ossia una formula apparentemente chiara e
    semplice per
    indicare volonta' nella migrazione di queste persone.
    In realta' i migranti economici sono desplazados che il governo
    ecuadoriano
    non vuole ricevere, perche' se lo facesse dovrebbe allora aderire
    al mandato
    internazionale di protezione dei rifugiati; in piu' il governo
    Colombiano
    non riconosce queste persone come desplazados perche' e' piu'
    comodo non
    farsi troppe domande sulle dinamiche che spingono le persone a
    vivere nella
    zona di frontiera, con accesso nullo o limitato o insufficiente a
    forme di
    base di sicurezza sociale, come salute e lavoro.

    Credo che quando si parla della nuova mappa della coca sia
    importante anche
    guardare cosa c'e' dietro a questa nuova mappatura, cosa succede
    nella vita
    quotidiana delle persone comuni.

    Quanto scritto e' solo un contributo minimo, senza pretese di
    onniscienza.
    Saluti
    Elena


    >From: Simone Bruno
    >Reply-To: latina at peacelink.it
    >To: latina at peacelink.it
    >Subject: [latina] La nuova mappa della coca
    >Date: Sun, 10 Sep 2006 16:21:22 -0500
    >
    >http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=&idart=6213
    >
    >
    >La nuova mappa della coca
    >I loschi intrighi fra il mondo dei paramilitari e il
    narcotraffico, tra
    >processi di pace e Plan Colombia
    >
    >
    >
    >
    >
    >*scritto per noi da*
    >*Simone Bruno*
    >* *
    >Questa è la storia di un cadavere fatto a pezzi e nascosto, ma è
    anche la
    >storia di un processo di pace, di una tavola delle trattative in
    cui ti
    >siedi credendo di parlare con criminali reazionari e violenti, e poi
    >finisci stringendo la mano di chi controlla il traffico di droga
    del tuo
    >paese. È quindi anche la storia di questo traffico, che qui in
    Colombia
    >tutto compra e tutto corrompe.
    >Il cadavere di cui si sono recuperati e analizzati in questi
    giorni i vari
    >pezzi è di Carlos Castaño, colui che ha unificato i gruppi
    paramilitari
    >colombiani sotto la sigla Auc (autodefensas unidas de Colombia),
    sparito
    >dall’aprile del 2004. Evidentemente non era andato, come volevano
    alcuni, a
    >rifugiarsi in Israele dal suo maestro, Yair Klein, che lo aveva
    addestrato
    >quando Rodriguez Gacha, braccio destro di Escobar, aveva voluto
    creare un
    >piccolo esercito di sicari. Non era nemmeno negli Usa a
    raccontare alla Dea
    >tutti i segreti del narcotraffico colombiano. Era stato fatto a
    pezzi e
    >sotterrato sotto qualche metro di terra proprio qui in Colombia. In
    >quell’inizio del 2004 si cominciava a parlare di un processo di
    pace con i
    >paramilitari della Auc, gruppo tra i più feroci che abbia
    conosciuto il
    >continente.
    >Si prospettava un processo in condizioni “favorevoli” e le Auc
    cominciavano
    >ad assaporare l’idea di uscire pulite da un decennio di
    semi-clandestinità
    >e atrocità, di venirne fuori senza grosse condanne penali e con
    la concreta
    >possibilità di potersi gustare ricchezze e terre conquistate a
    colpi di
    >motosega e macete. Il processo veniva incontro a uno stato che
    voleva
    >dimostrarsi forte e capace di arrivare dove i gruppi illegali
    erano la
    >legge, ma anche ai capi paramilitari che non aspettavano altro
    che poter
    >tornare alla vita civile per godere quanto guadagnato, strizzando
    anche
    >l’occhio all’idea di una futura carriera politica.
    >Ma le Auc non si presentavano come un monolito, anzi stavano
    vivendo una
    >vera e propria guerra interna.
    >L’espansione paramilitare avvenne sotto la guida politica di Carlos
    >Castaño, ma, come lui stesso confessa nella sua autobiografia, il
    vero
    >cervello agiva nell’ombra: colui che guidava la crescita attraverso
    >finanziamenti spesso legati al traffico di droga era “el profe”,
    ossia suo
    >fratello Vicente Castaño.
    >Nel ’97, il fenomeno paramilitare era sufficientemente diffuso sul
    >territorio nazionale da permettere a Carlos la creazione di una
    struttura
    >nazionale, le Auc per l’appunto, ma sin dal primo momento fu
    evidente il
    >conflitto interno di questa struttura: alcuni erano autentici leader
    >antiguerriglieri, altri invece erano semplici narcotrafficanti
    che avevano
    >bisogno di un esercito per i loro traffici.
    >Un conflitto che divenne incontrollabile.
    >La guerra scoppiò nella regione di Antioquia tra due gruppi: “El
    bloque
    >metro”, guidato dal comandante “doblecero” storico preparatore
    militare
    >delle AUC e il “bloque cacique Nutibara”, agli ordini di Don
    Berna, uno
    >degli uomini più potenti nel paese, signore incontrastato di
    Medellin,
    >ereditiero del cartello di “Don Pablo”, un uomo che è
    sopravvissuto è
    >uscito vincitore da tutti i conflitti vissuti in questa devastata
    terra.
    >La sconfitta e morte di “doblecero”, uomo di Carlos Castaño,
    segna un punto
    >di svolta, il momento in cui fu evidente che la cupola delle AUC
    era ormai
    >sotto il controllo dei narcotrafficanti. Carlos denunciò
    pubblicamente
    >alcuni capi paramilitari di non essere altro che
    narcotrafficanti, il
    >processo di pace muoveva i primi passi, ma il Carlos Castaño che
    vedevano i
    >Colombiani nelle numerose interviste in tv era ormai un uomo
    isolato, senza
    >alcun potere politico sul gruppo da lui stesso creato.
    >La cosa che da sempre spaventa un narcotrafficante Colombiano è
    lo spettro
    >dell’estradizione negli Stati Uniti. Chi traffica in questo paese
    tiene in
    >conto di passare qualche tempo in prigione, ma sa anche che i
    potenti in
    >questo paese la prigione se la scelgono e da lì possono continuare a
    >gestire gli affari con un relativa tranquillità. Ma andare in
    galera negli
    >USA è un altro conto.
    >Carlos era stato richiesto in estradizione e aveva deciso di
    negoziare la
    >sua posizione con la DEA, da qualche mese ormai stava intrattenendo
    >relazioni con gli agenti, cercando di scambiare informazioni in
    cambio
    >dell’immunità.
    >Quel 16 di aprile un gruppo di paramilitari si avvicinò di
    soppiatto al
    >“rancho al Hombro”. Carlos si sentiva sicuro, ma sbagliava. Con
    la pistola
    >puntata contro chiese: “Chi lo ha ordinato?”, “El profe” fu la
    risposta, e
    >poi partirono i colpi. Un fratricidio.
    >La sua sparizione diede il via libera al massiccio ingresso di
    >narcotrafficanti nel processo di pace di Ralito.
    >Dunque un processo di pace che voleva smantellare l’apparato
    paramilitare
    >si è trasformato in un processo di negoziazione con i più grandi
    >narcotrafficanti del paese, i quali hanno potuto spostare il
    centro dei
    >loro affari in impenetrabili aree rurali, difesi da veri e propri
    eserciti
    >e hanno davanti a loro la prospettiva della cancellazione di ogni
    reato
    >commesso e la concreta possibilità di veder cancellate le
    richieste di
    >estradizione (tema in realtà ancora in discussione).
    >In questo paese sarà difficile liberarsi dei gruppi armati e del
    conflitto
    >che questi alimentano se non si tiene nella dovuta considerazione il
    >problema del narcotraffico, un cancro che corrompe tutto con
    facilità,
    >grazie alla imponente mole di denaro che è capace di generare.
    >Qualche giorno fa ha fatto scandalo un articolo del NYTimes che
    dichiarava
    >il fallimento del “Plan Colombia”, ossia il piano di
    finanziamento militare
    >da parte degli Usa della lotta contro il narcotraffico in Colombia.
    >Nonostante le fumigazioni, la superficie coltivata non
    diminuisce, ma
    >cambia, si sposta sul territorio. Cesar è sotto il controllo di
    Jorge 40,
    >capo narcoparamilitare, e del suo “bloque norte”; Bolivar, Sucre,
    Cordoba e
    >nord Antioquia sono controllati da Ernesto Baez e i suoi del
    Bloque Central
    >Bolivar ma anche da gruppi di Don Berna e Mancuso; Magdalena
    Medio sotto il
    >controllo di Isaza; il Pacifico del bloque omonimo è controllato da
    >Gordolindo e llanos, tornati nelle mani di Vicente Castaño.
    >Le aree dove la coltivazione diminuisce sono invece Putomayo e
    Caquetà,
    >dominio delle Farc, e Norte de Santander sotto influenza dell’Eln.
    >Forse, se il Plan Colombia si fosse concentrato su tutte le aree,
    >indipendentemente da chi ne detiene il controllo, i risultati
    sarebbero
    >differenti.
    >
    >--
    >Mailing list Latina dell'associazione PeaceLink.
    >Per ISCRIZIONI/CANCELLAZIONI:
    http://www.peacelink.it/mailing_admin.html
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