RE: [latina] La nuova mappa della coca



Leggo con interesse gli articoli di Simone Bruno articoli: mi hanno aiutata a capire meglio la situazione in Colombia quando lo scorso agosto ho avuto modo di conoscere-per il mio lavoro per un'agenzia internazionale delle Nazioni Unite- cio' che sono le consequenze della guerra per i desplazados. Quando parlo di conseguenze-sempre per lavoro-lo faccio attraverso la prospettiva di protezione del diritto alla salute dei desplazados por conflicto, ma e' questa una prospettiva che in fondo ha molteplici legami con le conseguenze economiche,sociali che la guerra per la coca e della coca sta ha prodotto e continua a generare in Colombia.

Ero a Bogota', ad agosto, quando il NY Times ha pubblicato il controverso articolo sul fallimento del Plan Colombia e vorrei sottolineare come cio' abbia potuto mettere a nudo lle debolezze -o per meglio dire-lo stato di "anemia, carenza di democarazia"da parte della stampa e dei mezzi di comunicazione in Colombia...pochi commenti sull'articolo e soprattutto provenienti dai mezzi di sinistra... L'intervista ufficiale-rilasciata alla radio-e fatta alla contraparte americana in Colombia ha visto come ospite uno dei consultants di Bush che hanno formulato il Plan Colombia. In sintesi: a domanda del giornalista, risposta politicamente corretta da parte del rappresentante del Governo Bush:"il Plan Colombia non e' un fallimento perche' abbiamo raggiunto la condizione operativa in cui al lato dell'eradicazione delle droga si sono intraprese e finanziate attivita' di reinserimento economico per i cocaleros ed i desplazados".

Cosa c'e' che non va con il Plan Colombia, allora, mi sono chiesta? E la risposta l'ho trovata parlando con le persone che sono scappate da quelle zone citate da Simone Bruno: quanto piu' si procede con le fumigazioni ed i pesticida, tanto piu' si rafforza lo spirito di sopravvivenza dei cocaleros, che hanno imparato che dopo le fumigazioni le piante di coca si possono ancora salvare lavandole con miscela di acqua e zucchero ..non mi si chieda la ragione chimica che c'e' al fondo, io ho visto solo le ragioni sociali che spingono le persone a sopravvivere al Plan Colombia.

Il plan Colombia non ha eradicato la coltivazione della coca,semplicemente ha acuito la lotta tra FARC e paramilitari, ha obbligato entrambi i gruppi a definire nuove modalita' di spartizione delle carreteras, ha conferito giustificazione alla violenza perpetrata nei confronti della popolazione civile che vive nelle zone di coltivazione e che magari con le coltivazioni non e' neppure coinvolta. Purtroppo, e' proprio la popolazione civile a pagarne le spese: FARC, paramilitares, gruppi militari piu' o meno regolari, controllano le carreteras, come detto, e con le carreteras l'accesso di viveri e medicine. Viveri: primo nella lista, il controllo dello zucchero, precisamente perche' lo si sta impiegando per lavare le piante di coca. Medicine, specie quelle per la lesmaniasis, diarrea e febbre gialla, ossia le malattie che colpiscono prevalentemente i guerrilleros nelle zone della foresta colombiana..peccato che entrambe le tre malattie colpiscano anche chi non indossa alcuna divisa, di alcuna fazione. Controllo delle caretteras per il controllo della coca significa anche che i civili, campesinos soprattutto, non hanno il diritto a rientrare al proprio villaggio perche' cosi' deciso dalla "pattuglia " piu' o meno regolare di FARC o paramilitari..Tutto cio' produce il fenomeno del desplazamiento croníco, gota a gota, come si dice in Colombia: sicche' le famiglie sono cosi' obbligate a lasciare casa, terra ed andare presso le comunita' piu' o meno urbane piu' vicine.. E'il desplazamiento cronico una delle consequenze piu' gravi prodotte nella distribuzione di potere ed abusi che il Plan Colombia ha prodotto:non e' certo un desplazamiento massivo, fatto di concentrazioni elevate di desplazdos, ma piuttosto un fenomeno cronico, sottile che produce miseria, fenomeni di violenza, poverta' nelle zone rurali prima ed in quelle subrubane dopo, dove i desplazados si rifugiano.

E'un fallimento il Plan Colombia perche' di fatto non ha saputo costruire sostenibile alternative economiche per i cocaleros e-d'altro lato-come si puo' fornire un'alternativa di lavoro alla produzione di coca se la sua redditivita' ha un tasso del 100%? E' un fallimento il Plan Colombia perche' non ha fatto altro che aiutare a ridisegnare la mappa geografica di distribuzione dei laboratori di coca, ha contribuito a creare una nuova etichetta per il desplazamiento, definendo cosi' i desplazados -che si concentrano nelle zone di frontiera con Ecuador- migranti economici..ossia una formula apparentemente chiara e semplice per indicare volonta' nella migrazione di queste persone. In realta' i migranti economici sono desplazados che il governo ecuadoriano non vuole ricevere, perche' se lo facesse dovrebbe allora aderire al mandato internazionale di protezione dei rifugiati; in piu' il governo Colombiano non riconosce queste persone come desplazados perche' e' piu' comodo non farsi troppe domande sulle dinamiche che spingono le persone a vivere nella zona di frontiera, con accesso nullo o limitato o insufficiente a forme di base di sicurezza sociale, come salute e lavoro.

Credo che quando si parla della nuova mappa della coca sia importante anche guardare cosa c'e' dietro a questa nuova mappatura, cosa succede nella vita quotidiana delle persone comuni.

Quanto scritto e' solo un contributo minimo, senza pretese di onniscienza.
Saluti
Elena


From: Simone Bruno <simonbru at tin.it>
Reply-To: latina at peacelink.it
To: latina at peacelink.it
Subject: [latina] La nuova mappa della coca
Date: Sun, 10 Sep 2006 16:21:22 -0500

http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=&idart=6213


La nuova mappa della coca
I loschi intrighi fra il mondo dei paramilitari e il narcotraffico, tra processi di pace e Plan Colombia





*scritto per noi da*
*Simone Bruno*
* *
Questa è la storia di un cadavere fatto a pezzi e nascosto, ma è anche la storia di un processo di pace, di una tavola delle trattative in cui ti siedi credendo di parlare con criminali reazionari e violenti, e poi finisci stringendo la mano di chi controlla il traffico di droga del tuo paese. È quindi anche la storia di questo traffico, che qui in Colombia tutto compra e tutto corrompe. Il cadavere di cui si sono recuperati e analizzati in questi giorni i vari pezzi è di Carlos Castaño, colui che ha unificato i gruppi paramilitari colombiani sotto la sigla Auc (autodefensas unidas de Colombia), sparito dall’aprile del 2004. Evidentemente non era andato, come volevano alcuni, a rifugiarsi in Israele dal suo maestro, Yair Klein, che lo aveva addestrato quando Rodriguez Gacha, braccio destro di Escobar, aveva voluto creare un piccolo esercito di sicari. Non era nemmeno negli Usa a raccontare alla Dea tutti i segreti del narcotraffico colombiano. Era stato fatto a pezzi e sotterrato sotto qualche metro di terra proprio qui in Colombia. In quell’inizio del 2004 si cominciava a parlare di un processo di pace con i paramilitari della Auc, gruppo tra i più feroci che abbia conosciuto il continente. Si prospettava un processo in condizioni “favorevoli” e le Auc cominciavano ad assaporare l’idea di uscire pulite da un decennio di semi-clandestinità e atrocità, di venirne fuori senza grosse condanne penali e con la concreta possibilità di potersi gustare ricchezze e terre conquistate a colpi di motosega e macete. Il processo veniva incontro a uno stato che voleva dimostrarsi forte e capace di arrivare dove i gruppi illegali erano la legge, ma anche ai capi paramilitari che non aspettavano altro che poter tornare alla vita civile per godere quanto guadagnato, strizzando anche l’occhio all’idea di una futura carriera politica. Ma le Auc non si presentavano come un monolito, anzi stavano vivendo una vera e propria guerra interna. L’espansione paramilitare avvenne sotto la guida politica di Carlos Castaño, ma, come lui stesso confessa nella sua autobiografia, il vero cervello agiva nell’ombra: colui che guidava la crescita attraverso finanziamenti spesso legati al traffico di droga era “el profe”, ossia suo fratello Vicente Castaño. Nel ’97, il fenomeno paramilitare era sufficientemente diffuso sul territorio nazionale da permettere a Carlos la creazione di una struttura nazionale, le Auc per l’appunto, ma sin dal primo momento fu evidente il conflitto interno di questa struttura: alcuni erano autentici leader antiguerriglieri, altri invece erano semplici narcotrafficanti che avevano bisogno di un esercito per i loro traffici.
Un conflitto che divenne incontrollabile.
La guerra scoppiò nella regione di Antioquia tra due gruppi: “El bloque metro”, guidato dal comandante “doblecero” storico preparatore militare delle AUC e il “bloque cacique Nutibara”, agli ordini di Don Berna, uno degli uomini più potenti nel paese, signore incontrastato di Medellin, ereditiero del cartello di “Don Pablo”, un uomo che è sopravvissuto è uscito vincitore da tutti i conflitti vissuti in questa devastata terra. La sconfitta e morte di “doblecero”, uomo di Carlos Castaño, segna un punto di svolta, il momento in cui fu evidente che la cupola delle AUC era ormai sotto il controllo dei narcotrafficanti. Carlos denunciò pubblicamente alcuni capi paramilitari di non essere altro che narcotrafficanti, il processo di pace muoveva i primi passi, ma il Carlos Castaño che vedevano i Colombiani nelle numerose interviste in tv era ormai un uomo isolato, senza alcun potere politico sul gruppo da lui stesso creato. La cosa che da sempre spaventa un narcotrafficante Colombiano è lo spettro dell’estradizione negli Stati Uniti. Chi traffica in questo paese tiene in conto di passare qualche tempo in prigione, ma sa anche che i potenti in questo paese la prigione se la scelgono e da lì possono continuare a gestire gli affari con un relativa tranquillità. Ma andare in galera negli USA è un altro conto. Carlos era stato richiesto in estradizione e aveva deciso di negoziare la sua posizione con la DEA, da qualche mese ormai stava intrattenendo relazioni con gli agenti, cercando di scambiare informazioni in cambio dell’immunità. Quel 16 di aprile un gruppo di paramilitari si avvicinò di soppiatto al “rancho al Hombro”. Carlos si sentiva sicuro, ma sbagliava. Con la pistola puntata contro chiese: “Chi lo ha ordinato?”, “El profe” fu la risposta, e poi partirono i colpi. Un fratricidio. La sua sparizione diede il via libera al massiccio ingresso di narcotrafficanti nel processo di pace di Ralito. Dunque un processo di pace che voleva smantellare l’apparato paramilitare si è trasformato in un processo di negoziazione con i più grandi narcotrafficanti del paese, i quali hanno potuto spostare il centro dei loro affari in impenetrabili aree rurali, difesi da veri e propri eserciti e hanno davanti a loro la prospettiva della cancellazione di ogni reato commesso e la concreta possibilità di veder cancellate le richieste di estradizione (tema in realtà ancora in discussione). In questo paese sarà difficile liberarsi dei gruppi armati e del conflitto che questi alimentano se non si tiene nella dovuta considerazione il problema del narcotraffico, un cancro che corrompe tutto con facilità, grazie alla imponente mole di denaro che è capace di generare. Qualche giorno fa ha fatto scandalo un articolo del NYTimes che dichiarava il fallimento del “Plan Colombia”, ossia il piano di finanziamento militare da parte degli Usa della lotta contro il narcotraffico in Colombia. Nonostante le fumigazioni, la superficie coltivata non diminuisce, ma cambia, si sposta sul territorio. Cesar è sotto il controllo di Jorge 40, capo narcoparamilitare, e del suo “bloque norte”; Bolivar, Sucre, Cordoba e nord Antioquia sono controllati da Ernesto Baez e i suoi del Bloque Central Bolivar ma anche da gruppi di Don Berna e Mancuso; Magdalena Medio sotto il controllo di Isaza; il Pacifico del bloque omonimo è controllato da Gordolindo e llanos, tornati nelle mani di Vicente Castaño. Le aree dove la coltivazione diminuisce sono invece Putomayo e Caquetà, dominio delle Farc, e Norte de Santander sotto influenza dell’Eln. Forse, se il Plan Colombia si fosse concentrato su tutte le aree, indipendentemente da chi ne detiene il controllo, i risultati sarebbero differenti.

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