La nuova mappa della coca



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La nuova mappa della coca
I loschi intrighi fra il mondo dei paramilitari e il narcotraffico, tra processi di pace e Plan Colombia

		
		
		

*scritto per noi da*
*Simone Bruno*
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Questa è la storia di un cadavere fatto a pezzi e nascosto, ma è anche la storia di un processo di pace, di una tavola delle trattative in cui ti siedi credendo di parlare con criminali reazionari e violenti, e poi finisci stringendo la mano di chi controlla il traffico di droga del tuo paese. È quindi anche la storia di questo traffico, che qui in Colombia tutto compra e tutto corrompe. Il cadavere di cui si sono recuperati e analizzati in questi giorni i vari pezzi è di Carlos Castaño, colui che ha unificato i gruppi paramilitari colombiani sotto la sigla Auc (autodefensas unidas de Colombia), sparito dall’aprile del 2004. Evidentemente non era andato, come volevano alcuni, a rifugiarsi in Israele dal suo maestro, Yair Klein, che lo aveva addestrato quando Rodriguez Gacha, braccio destro di Escobar, aveva voluto creare un piccolo esercito di sicari. Non era nemmeno negli Usa a raccontare alla Dea tutti i segreti del narcotraffico colombiano. Era stato fatto a pezzi e sotterrato sotto qualche metro di terra proprio qui in Colombia. In quell’inizio del 2004 si cominciava a parlare di un processo di pace con i paramilitari della Auc, gruppo tra i più feroci che abbia conosciuto il continente. Si prospettava un processo in condizioni “favorevoli” e le Auc cominciavano ad assaporare l’idea di uscire pulite da un decennio di semi-clandestinità e atrocità, di venirne fuori senza grosse condanne penali e con la concreta possibilità di potersi gustare ricchezze e terre conquistate a colpi di motosega e macete. Il processo veniva incontro a uno stato che voleva dimostrarsi forte e capace di arrivare dove i gruppi illegali erano la legge, ma anche ai capi paramilitari che non aspettavano altro che poter tornare alla vita civile per godere quanto guadagnato, strizzando anche l’occhio all’idea di una futura carriera politica. Ma le Auc non si presentavano come un monolito, anzi stavano vivendo una vera e propria guerra interna. L’espansione paramilitare avvenne sotto la guida politica di Carlos Castaño, ma, come lui stesso confessa nella sua autobiografia, il vero cervello agiva nell’ombra: colui che guidava la crescita attraverso finanziamenti spesso legati al traffico di droga era “el profe”, ossia suo fratello Vicente Castaño. Nel ’97, il fenomeno paramilitare era sufficientemente diffuso sul territorio nazionale da permettere a Carlos la creazione di una struttura nazionale, le Auc per l’appunto, ma sin dal primo momento fu evidente il conflitto interno di questa struttura: alcuni erano autentici leader antiguerriglieri, altri invece erano semplici narcotrafficanti che avevano bisogno di un esercito per i loro traffici.
Un conflitto che divenne incontrollabile.
La guerra scoppiò nella regione di Antioquia tra due gruppi: “El bloque metro”, guidato dal comandante “doblecero” storico preparatore militare delle AUC e il “bloque cacique Nutibara”, agli ordini di Don Berna, uno degli uomini più potenti nel paese, signore incontrastato di Medellin, ereditiero del cartello di “Don Pablo”, un uomo che è sopravvissuto è uscito vincitore da tutti i conflitti vissuti in questa devastata terra. La sconfitta e morte di “doblecero”, uomo di Carlos Castaño, segna un punto di svolta, il momento in cui fu evidente che la cupola delle AUC era ormai sotto il controllo dei narcotrafficanti. Carlos denunciò pubblicamente alcuni capi paramilitari di non essere altro che narcotrafficanti, il processo di pace muoveva i primi passi, ma il Carlos Castaño che vedevano i Colombiani nelle numerose interviste in tv era ormai un uomo isolato, senza alcun potere politico sul gruppo da lui stesso creato. La cosa che da sempre spaventa un narcotrafficante Colombiano è lo spettro dell’estradizione negli Stati Uniti. Chi traffica in questo paese tiene in conto di passare qualche tempo in prigione, ma sa anche che i potenti in questo paese la prigione se la scelgono e da lì possono continuare a gestire gli affari con un relativa tranquillità. Ma andare in galera negli USA è un altro conto. Carlos era stato richiesto in estradizione e aveva deciso di negoziare la sua posizione con la DEA, da qualche mese ormai stava intrattenendo relazioni con gli agenti, cercando di scambiare informazioni in cambio dell’immunità. Quel 16 di aprile un gruppo di paramilitari si avvicinò di soppiatto al “rancho al Hombro”. Carlos si sentiva sicuro, ma sbagliava. Con la pistola puntata contro chiese: “Chi lo ha ordinato?”, “El profe” fu la risposta, e poi partirono i colpi. Un fratricidio. La sua sparizione diede il via libera al massiccio ingresso di narcotrafficanti nel processo di pace di Ralito. Dunque un processo di pace che voleva smantellare l’apparato paramilitare si è trasformato in un processo di negoziazione con i più grandi narcotrafficanti del paese, i quali hanno potuto spostare il centro dei loro affari in impenetrabili aree rurali, difesi da veri e propri eserciti e hanno davanti a loro la prospettiva della cancellazione di ogni reato commesso e la concreta possibilità di veder cancellate le richieste di estradizione (tema in realtà ancora in discussione). In questo paese sarà difficile liberarsi dei gruppi armati e del conflitto che questi alimentano se non si tiene nella dovuta considerazione il problema del narcotraffico, un cancro che corrompe tutto con facilità, grazie alla imponente mole di denaro che è capace di generare. Qualche giorno fa ha fatto scandalo un articolo del NYTimes che dichiarava il fallimento del “Plan Colombia”, ossia il piano di finanziamento militare da parte degli Usa della lotta contro il narcotraffico in Colombia. Nonostante le fumigazioni, la superficie coltivata non diminuisce, ma cambia, si sposta sul territorio. Cesar è sotto il controllo di Jorge 40, capo narcoparamilitare, e del suo “bloque norte”; Bolivar, Sucre, Cordoba e nord Antioquia sono controllati da Ernesto Baez e i suoi del Bloque Central Bolivar ma anche da gruppi di Don Berna e Mancuso; Magdalena Medio sotto il controllo di Isaza; il Pacifico del bloque omonimo è controllato da Gordolindo e llanos, tornati nelle mani di Vicente Castaño. Le aree dove la coltivazione diminuisce sono invece Putomayo e Caquetà, dominio delle Farc, e Norte de Santander sotto influenza dell’Eln. Forse, se il Plan Colombia si fosse concentrato su tutte le aree, indipendentemente da chi ne detiene il controllo, i risultati sarebbero differenti.