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A proposito di Cuba
- Subject: A proposito di Cuba
- From: "mbonazzi2" <mbonazzi2 at libero.it>
- Date: Sat, 30 Aug 2003 15:40:48 +0200
Regime? Un errore indotto Waine Smith L'arresto e la lunga prigionia di dozzine di dissidenti a Cuba e la repentina esecuzione dei tre uomini che avevano tentato di dirottare un traghetto sono eventi degni di biasimo. Negli ultimi anni avevamo assistito a un incoraggiante tendenza verso una maggiore tolleranza nei confronti dei dissidenti cubani. Durante il suo viaggio nell'isola, circa un anno fa, l'ex presidente statunitense Jimmy Carter ne aveva incontrati alcuni, così come avevano fatto altri leader internazionali e molti visitatori americani. I dissidenti più noti avevano avuto il permesso di recarsi all'estero. Il gover-no non aveva mostrato cenni di apprezzamento verso il Progetto Varela che chiedeva un referendum sulle principali libertà politiche e sulle rifor-me economiche, ma non aveva nean-che imprigionato chi lo ha proposto. Perché allora questo improvviso capovolgimento? Perché questo giro di vite? In parte si è trattato di una reazione alle sempre più pressanti provocazioni dell'amministrazione Bush che ha ordinato a James Cason, nuovo capo dell'Ufficio di interessi degli Usa a Cuba, di tenere una serie di incontri di alto profilo con i dissidenti prevedendo perfino alcuni seminari nella sua residenza all'Avana. Considerato che l'intenzione annunciata da Cason era di promuovere la "transizione a una forma di governo partecipativa" i cubani hanno finito per considerare gli incontri come sostanzialmente sovversivi e provocatori. In tutta onestà, proviamo a immaginare la reazione del ministro della giustizia Usa e dei direttore della sicurezza interna se il capo dell'ufficio di interessi cubani a Washington organizzasse degli incontri con qualche americano scontento e dichiarasse che lo scopo di tali incontri è quello di dare vita a una nuova forma di governo - socialista - negli Usa. Gli chiederebbero di allontanarsi dal paese più rapidamente di quanto Tom Ridge possa dire "duct tape" (il nastro adesivo consigliato contro i fantomatici attacchi chimici, ndr). Rispetto al giro di vite, più degli incontri di Cason con i dissidenti hanno avuto peso l'annuncio e la messa in atto da parte degli Usa della politica degli attacchi preventivi e l'inizio del conflitto in Iraq. Agli occhi dei cubani, è sembrato come se gli Usa avessero chiaramente adottato una politica di azione militare contro qualsiasi "stato canaglia", ignorando le organizzazioni e le leggi internazionali. È tempo, hanno concluso i cubani, di chiudere i boccaporti "Chi lo sa? - mi ha detto un isolano - La prossima volta potrebbe toccare a noi". I cubani ricordano che la loro na-zione è stata a volte citata come uno dei paesi dell' "Asse del male". E ricordano anche che l'anno scorso i funzionari del dipartimento di stato hanno cercato di dimostrare - senza produrre alcuna prova - il coinvolgimento di Cuba nella produzione di armi biologiche e che quindi il paese rappresentava una potenziale minaccia. Ce n 'è abbastanza per provocare un attacco preventivo, e se così fosse, concludono i cubani non è più possibile che ci siano dissidenti, in tutta probabilità diretti dagli Usa, che girano m piena libertà. La conclusione può far pensare a una certa paranoia. Sembra piuttosto improbabile che gli Stati Uniti intendano attaccare Cuba - benché se io fossi cubano non ne sarei così sicuro. La mia incertezza sarebbe ulteriormente incoraggiata dalle dichiarazioni dell'ambasciatore Usa nella Repubblica Dominicana, il quale il 10 aprile ha affermato che l'attacco all' Iraq doveva servire da "esempio" per Cuba. A parte questo, la risposta di Cuba è stata una reazione eccessiva, di estre-ma brutalità. Adesso le iniziative del Congresso per allentare le sanzioni nei confronti dell'isola sono in sospeso. Agli occhi del resto del mondo, Cuba è diventata uno stato canaglia - l'esatto contrario di quello che vogliono i cu-bani, se temono un'azione militare. L'isola dovrebbe piuttosto migliorare la propria reputazione internazionale e cercare il supporto politico degli euro-pei, dei canadesi e di tutti gli altri. Lo spropositato giro di vite rende questo sostegno più improbabile. C'erano mo-dalità certo meno drammatiche e controproducenti per mantenere il controllo dei dissidenti. Ci sono infiltrati dei servizi cubani all'interno del movimento. Molti dei testimoni apparsi nei processi erano "dissidenti" che poi si sono rivelati agenti dei servizi. Se il giro di vite cubano non serve, a mio parere, gli interessi del paese,la politica statunitense non è vantaggiosa nei nostri confronti. La via migliore per creare a Cuba una società più aperta passa attraverso la riduzione delle tensioni, il dialogo e l'ampliamento dei contatti. La vecchia politica dell'embargo, delle pressioni e dell'impegno volto all' isolamento del paese caraibico non ha funzionato in più di quarant'anni e i trucchi ancora più aggressivi messi in atto dall'amministrazione Bush non funzioneranno oggi. Così si è riusciti solo, a invertire la tendenza verso una maggiore tolleranza dei dissidenti e a spedire in carcere tanta brava gente. Esattamente il contrario di quello che dovremmo desiderare. Regime? Ci siamo solo difesi Ricardo Alarcon Era il 28 gennaio di quest'anno. George Bush lo aveva detto molto chiaramente, perché si capisse bene. Non si è nascosto dove non potevano udirlo. Lo ha proclamato apertamente, nella sessione solenne del Congresso, nella sua informativa sullo stato dell'Unione, all'interno del discorso più importante dei presidenti nordamericani. Queste sono state le sue parole: "Più di tremila sospetti di terrorismo sono stati arrestati in molti paesi. Molti altri hanno avuto un destino diverso. Diciamolo in questo modo: questi ultimi non sono più un problema per gli Stati Uniti". Il testo ufficiale distribuito dalla Casa Bianca ha anche aggiunto che questa rivelazione è stata accolta con un applauso da chi ascoltava nel Campidoglio. Si sapeva già, ovviamente, che ci sono migliaia di persone incarcerate negli Stati uniti e in altri paesi il cui governo "favorisce" i diritti umani così accuratamente come fa Bush. Molti sono incarcerati da più di un anno senza sapere il loro formale atto di accusa e non hanno avuto un avvocato che li difenda. Non si conoscono i loro nomi anche se si afferma che in maggioranza sono immigrati o hanno la pelle abbastanza scura per il razzismo che si coltiva in questa società, sempre immaginata "superiore". Chi occupa la Casa Bianca, però, ha aggiunto qualcosa che prima non si era mai detto in forma così scarna: "Molti altri hanno avuto un destino diverso", ossia non sono prigionieri ma " non sono più un problema". Non si ricordava nulla di simile dai tempi di Hitler. Da tanto tempo il mondo non ascoltava un simile riconoscimento ufficiale ad una politica di giustizia extragiudiziale, di liquidazione fisica di esseri umani senza nessun altro procedimento che quello di premere il grilletto. Il discorso è stato pubblicato ampiamente perché tutti intendessero. Eccetto una rivista di, New York, non ha provocato nessuna denuncia, né una protesta. Dopo gli applausi il silenzio. Si provava così, ancora una volta, quello che un secolo prima aveva scoperto Mark Twain circa i tre doni con cui Dio aveva benedetto gli Stati uniti "Libertà di espressione, libertà di coscienza e prudenza perché non si eserciti mai nessuna delle due". Sono passati mesi, C'è stata anche una guerra che ha scaricato sull' indifeso popolo iracheno tutta la capacità distruttrice dell'impero, senza causa ne giustificazione, oltraggiando il diritto internazionale come, in epoca diversa, aveva fatto un altro fuhrer. Aumenta il numero dei sospetti che sono nelle carceri degli Stati uniti e degli altri paesi senza nessun processo legale. E sono molti quelli che hanno avuto "un destino diverso" o, più semplicemente, "non sono più un problema". Nessuno ha un'idea, se pur approssimativa, di chi e quanti siano gli assassinati che hanno allungato la già interminabile lista di quelli "no problem". Di questi ultimi non si occupano neanche i personaggi che nel mondo dicono di difendere i diritti umani, praticando così un'attività tanto redditizia quanto elegante. Recentemente alcuni politici e altre personalità hanno sentito l'urgenza di criticare Cuba riguardo al processo dei mercenari che agirono contro la loro patria, al soldo del governo di Washington e per le sanzioni applicate a vari terroristi, sono risultati colpevoli secondo la legge e i procedimenti legali. Cuba non ha violato nessun principio giuridico, nessuna norma internazionale, non ha fatto nulla che danneggiasse la pace nel mondo, né l' interesse legittimo di qualcuno. Ha solo esercitato il diritto irrinunciabile di difendersi e lo ha fatto senza ricorrere alla guerra o alla violenza. Cuba si difende da chi la aggredisce e soffoca la sua sovranità organizzando, dirigendo e finanziando gruppi di traditori mentre intensifica contro,di lei una guerra economica implacabile e minaccia di distruggerla. Nessuno può ignorare che questi gruppi sono stati creati da Washington, perché è provato da una quantità di documenti ufficiali pubblicati per anni proprio negli Stati uniti. Nessuno può negare che è il governo nordamericano a dirigere e sostenere questi gruppi perché è facile trovare informazioni al riguardo, visitando. semplicemente i siti del governo Usa su Internet. Al posto delle calunnie contro Cuba, doveva perciò sorgere, un sentimento elementare di giustizia e di condanna delle continue aggressioni che l'isola subisce. Invece coloro che si stracciano le vesti davanti alle dure risoluzioni che Cuba si è vista obbligata a prendere e che si precipitano a censurarla; non hanno pronunciato neppure una parola per respingere l' insolita dichiarazione di Bush. O sono gli stessi che stanno ancora applaudendo? Gli articoli di Wayne Smith e Ricardo Alarcon sono tratti da "Latinoamerica e tutti i sud del mondo" n. 83/84.
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