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La vittoria di Lula è una vittoria della sinistra? ( di Frei Betto)
- Subject: La vittoria di Lula è una vittoria della sinistra? ( di Frei Betto)
- From: Serena Romagnoli <md1042 at mclink.it>
- Date: Mon, 23 Dec 2002 18:27:44 +0100
- Organization: Comitato di appoggio MST www.citinv.it/associazioni/MST/
Da ALAI, 16/12/2002 Il significato della vittoria di Lula per la sinistra: La stella sale, di Frei Betto Lula è stato eletto presidente della repubblica con più di 52 milioni di voti. In un paese come il Brasile, una delle dieci maggiori economie del mondo e il terzo in diseguaglianza sociale (dopo la Sierra Leone e la Repubblica Centroafricana) questo pare incredibile. Come è possibile che un tornitore meccanico, fondatore di un partito che nella sua Carta dei principi sostiene il socialismo sia arrivato al governo con il voto popolare? (Osservate che ho scritto governo e non potere. Sono livelli distinti. Chi ha il potere non è abituato ad essere il governo da un punto di vista istituzionale, questo è il caso del capitale finanziario. Chi è governo non ha necessariamente il potere, come gli Stati dell'America Latina, che dipendono dai flussi di capitali esteri). L'arrivo di Lula al più importante incarico della Repubblica rappresenta la sinistra al governo? Alcuni dicono di no, poiché, secondo loro, Lula è stato eletto grazie al fatto che ha abbandonato il suo discorso ideologico, grazie al trucco dei pubblicitari, allo spostamento politico della sinistra verso il centro (o della sinistra verso la social-democrazia). Secondo altri Lula si è comportato come un camaleonte rivestendo di giallo verde il suo colore rosso. Una volta eletto, cambierebbe pace e amore con lo scontro contro le forze retrograde del paese. Siamo cambiati noi o è cambiato il Natale? Si domandava Machado de Assis. Siamo cambiati entrambi. Con l'eccezione dei militanti del PSTU e del PCO, nessuna altra istanza della sinistra brasiliana si è opposta al candidato Lula. E non dubito che gli elettori di quei due piccoli partiti abbiano al secondo turno votato il candidato del PT. Ora questo significa che l'insieme della sinistra brasiliana, salvo i "fortini" già citati, ha appoggiato e ha partecipato all'elezione di Lula. In questo senso la sua elezione è una vittoria della sinistra. Quando parlo della sinistra, non mi riferisco ai militanti arrabbiati che si riempiono la bocca di canonici luoghi comuni e soffrono di non poter morire come guerriglieri nella Serra da Mantiqueira... Militonti che non sempre sono capaci del sacrificio di dar attenzione alla propria famiglia o di fare autocritica di fronte ai propri compagni. Non mi riferisco a quelli che adorano gli stereotipi cinematografici, indossano baschi alla Che Guevara e chiamano "borghese" chi non la pensa come loro. Parlo di quelli che Norberto Bobbio considera collocati a sinistra: quelli che considerano un'aberrazione la disuguaglianza sociale (mentre, secondo lo scienziato politico italiano, la destra la vede come frutto dell'ordine naturale delle cose, o, come dicono altri, contingenza del mercato). Dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1989, è la prima volta che la stella simbolo della sinistra (presente nelle bandiere della Cina e di Cuba e anche del PT e sul basco del Che), ha fatto una curva verso l'alto. Negli ultimi tredici anni, la sinistra è stata condannata al purgatorio. Ha riesaminato i suoi errori, ha fatto autocritica, ha tentato di riorganizzarsi in nuovi partiti, ha promosso manifestazioni contrarie all'attuale modello di globalizzazione e, nel Forum Social Mundial di Porto Alegre, ha tentato di scorgere un altro mondo possibile. Orfana di paradigmi, la sinistra che tanto si vantava della sua coscienza critica e della sua logica dialettica, ha visto crollare i suoi dogmi religiosi: il ritorno dei paesi socialisti al capitalismo ha spezzato la spina dorsale del materialismo storico; la fisica quantica ha mandato all'aria il principio del determinismo; la miseria della Corea del Nord, e l'apertura di Cuba al turismo, con tutte le infrastrutture importate dai paesi capitalisti, hanno mostrato che, nella pratica, la teoria è un'altra. Che significa essere di sinistra oggi? In altri tempi significava professare un catalogo di principi basati sulle teorie di Marx ed Engels, secondo le interpretazioni di Lênin, Trotsky, Stalin o Mao Tse Tung. Dopo l'abbattimento del Muro di Berlino, ho visto, durante viaggi nei paesi socialisti, qualcosa di simile a un gruppo di cardinali che morendo scoprono che non c'è Dio, né il cielo: teorici del Partito hanno aderito prontamente ai nuovi tempi neoliberisti, e pochissimi sono stati i militanti che si sono rifugiati nelle trincee per ricominciare la lotta per il socialismo. Ancora meno quelli che si sono alleati ai poveri, alle grandi vittime della scomparsa del socialismo reale. Insomma che diavolo di uomo e donna nuovi erano quelli che di fronte allo scossa subita dal sistema non portavano in sé convinzioni, valori soggettivi, capaci di mantenere accesa la vocazione rivoluzionaria? Con la caduta del Muro è stato chiaro che c'erano tre tipi di militanti di sinistra: i conformisti, gli ideologici e gli organici. Conformisti erano quelli che si erano adattati al socialismo con lo stesso spirito opportunista con il quale si sono adattati dopo al capitalismo. Il loro ruolo era succhiare alle mammelle dello Stato. Facevano del partito unico il trampolino per soddisfare le proprie ambizioni personali. Erano fisiologicamente di sinistra, senza nessuna convinzione soggettiva rispetto alle posizioni che sostenevano con la bocca, verso l'esterno.... Gli ideologici, sapevano a memoria i testi marxisti, citavano ampie bibliografie, adoravano le riunioni infinite, onoravano i loro capi al potere, ma non dimostravano amore al popolo, trattavano i loro sottoposti con la stessa empatia con la quale si comporta un borghese nei testi di Gorki, e non stringevano mai legami con i settori più poveri della popolazione. Gli organici si sono mantenuti sempre sintonizzati con il movimento sociale, guidandolo a rafforzare le organizzazioni della società civile, come è stato il caso, in Brasile, dei comunisti, che hanno lavorato insieme ai sindacati rurali e urbani e dei cristiani che, legati alle comunità ecclesiali di base e alle pastorali popolari hanno aiutato ad accrescere il movimento popolare Solo gli organici sopravvivono nella sinistra degli ex-paesi socialisti. Solo loro, in Brasile non si sono sentiti travolti dal fallimento del socialismo nell'Est europeo, come se il Muro di Berlino fosse caduto sulle loro teste. Lula è frutto dell'oggetto della sinistra: la classe lavoratrice. Mi ricordo della fondazione del PT. I politici iscritti ai partiti di sinistra erano furiosi di fronte alla petulanza di un operaio che si rifiutava di entrare nei partiti che rappresentavano gli interessi delle classi lavoratrici e, con un gesto audace, creava quel che nessuno, fino ad allora, aveva pensato possibile: un partito di lavoratori. Ho visto un dirigente comunista, famoso intellettuale, strapparsi i capelli indignato, come se dicesse: perché un proletario vuole essere avanguardia del proletariato? Forse non conosce la storia? Non sa che i partiti dell'avanguardia del proletariato quasi sempre sono stati diretti da intellettuali (Lênin, Stalin, Mao, Fidel etc)? Guardare Lula attraverso un'ottica ideologica, prima di mettere a fuoco la sua estrazione sociale, è capovolgere i termini dell'equazione politica. Intanto Lula non è il risultato di se stesso, ma di un movimento sociale costruito lungo 40 anni (1962-2002); nel quale le teorie di Marx hanno avuto meno importanza della pedagogia di Paulo Freire. Lula è frutto delle comunità di base e della teologia della liberazione, della sinistra che ha affrontato la dittatura e delle opposizioni sindacali; della CUT e del MST; dell'aggravarsi della crisi sociale brasiliana e dell'attuale globocolonizzazione. Lula è quel che resta della sinistra organica dopo la caduta del Muro di Berlino. Ora, la stella sale. Le congiunture nazionale e internazionale hanno subito cambiamenti sostanziali dopo il 1989. Il mondo unipolare è rimasto sotto l'egemonia neoliberista; il capitale speculativo ha superato quello produttivo; la disuguaglianza è cresciuta; le teorie della sinistra sono passate per una rigorosa valutazione critica; movimenti come il MST hanno innovato i metodi di lotta adeguando proposte e conquiste; le rivoluzioni sono diventate impossibili (Nicarágua, El Salvador, Colômbia etc.) di fronte alla guerra di bassa intensità delle potenze metropolitane. Nel frattempo la pietra angolare di tutto l'edificio della sinistra, dai socialisti utopici a Fidel Casto, non soltanto è rimasta, ma si è espansa: la povertà come fenomeno collettivo. Poiché solo i cinici si fingono di sinistra per ottenere pezzetti di potere. Essere di sinistra è, come principio etico, lottare perché tutti abbiano accesso ai beni essenziale,alla vita e alla felicità. E' all'interno dell'aggravarsi della questione sociale che Lula ha vinto le elezioni. Le sue forze di sostegno politico come la CUT e il MST, avevano già costretto l'agenda politica del paese a inserire temi come la riforma del lavoro e agraria. La disoccupazione, la fame, la cattiva qualità della sanità e dell'educazione, hanno fatto sì che l'elettorato riconoscesse, con Lula, la possibilità di un altro Brasile. Questa possibilità esiste purché la sinistra abbia chiarezza del fatto che un'elezione non è la rivoluzione. Questa è una rottura del sistema, quella è cambiamento del governo. Lula non instaurerà il socialismo per decreto. Modernizzerà il capitalismo, accrescendo la capacità produttiva del paese e riducendo la disoccupazione e la fame. Non farà il desiderabile, ma il possibile. Non inventerà la ruota, ma le imprimerà la velocità sufficiente per attenuare il debito sociale. Per realizzare questo obiettivo, Lula conta sull'appoggio di un'ampia maggioranza della popolazione. Anche se i militanti vogliono da lui un discorso ideologico, che suonerebbe bene agli orecchi abituati alla musica ortodossa (e preoccuperebbe il popolo) bisogna riconoscere che Lula ha riscattato per la sinistra, tra le altre, una virtù preziosa e, da tempo, lasciata in un angolo dai difensori della nuova società: il buon umore. Si, perché era quasi un marchio registrato, il militante arrabbiato, burbero, incapace di sorridere, scherzare e rallegrarsi delle cose buone della vita. Quel militante per il quale il calcio era alienazione, la religione oppio del popolo; il carnevale promiscuità l'uomo in giacca e cravatta, borghese; una donna ben vestita, frivola. Il militante che sognava di costruire un mondo nuovo adottando comportamenti tipici dell'uomo vecchio: l'ira, l'invidia, la sete di vendetta, l'autoritarismo, l'ambizione del potere. La sinistra che ha sempre parlato di tattica per la conquista del potere, ha avuto difficoltà a capire l'applicazione di questa tattica in un processo elettorale. Come mi ha detto Duda Mendonça: vendo prodotti a quelli a cui non piacciono. In altre parole, pubblicità è convincere il mercato ad acquistare quello che non conosce o rifiuta. E l'offerta deve essere, agli occhi del cliente, una buona offerta. (Per chi non lo sapesse, la pubblicità è stata inventata da Gesù nell'imballare il suo messaggio con il rotolo del vangelo, parola greca che significa buona novella. Apostoli e missionari sono i pubblicitari del Cristianesimo) La tattica elettorale ha avuto successo. Ha portato a votare Lula settori della popolazione che prima lo guardavano con preconcetto. Ha ampliato l'arco di appoggio nella sfera dei partiti (Appoggio non è alleanza. Lula non ha promesso nessun incarico a nessun partito, né ha ceduto rispetto al suo programma di governo. Non ci sono stati scambi) Lula non ha fatto una campagna per soddisfare quelli del PT, o la sinistra. Né farà un governo con questi obiettivi. Sarà il presidente di tutti i brasiliani, coerente con i principi che lo hanno portato a fondare il PT e fedele al suo programma di governo. Metterà al primo posto le questioni sociali alle quali l'economia sarà sottoposta. Se questo non è essere di sinistra, che cos'è essere di sinistra? C'è chi dice che essere di sinistra è abbattere il capitalismo e edificare una società socialista. Concordo con questa tesi, anche per ragioni aritmetiche; non ci sarà un futuro dignitoso per l'umanità, se non avverrà quel che predica il sacerdote nella celebrazione dell'eucarestia - divisione dei beni della terra e dei frutti del lavoro umano. Ma come porre fine al sistema che mette il profitto individuale al di sopra dei diritti collettivi? Attraverso rivoluzioni? Dubito che nell'attuale congiuntura siano possibili. Dopo la rivoluzione cubana, 43 anni fa, nessun'altra rivoluzione è stata possibile in America Latina, eccetto quella sandinista, in Nicaragua, abortita pochi anni dopo. Forse l'effetto Lula potrà dimostrare che, attraverso l'accumulazione progressiva dei movimenti sociali è possibile conquistare pezzetti di potere. E introdurre nuovi quadri nella sfera del governo. Se questo significherà il superamento progressivo delle politiche neoliberiste, e il miglioramento della qualità della vita della maggioranza della popolazione, applaudirò, considerando questo un grande balzo in avanti. In caso contrario, darò ragione a Robert Michels che nel 1912, nel suo classico “I partiti politici”, ha sostenuto questa tesi, fino ad ora confermata dalla storia: ogni partito rivoluzionario che insiste nel disputare uno spazio nelle istituzioni borghesi finisce per essere cooptato da esse invece di trasformarle. Ora i dadi sono stati lanciati! E non dobbiamo domandare cosa farà Lula per il Brasile, dobbiamo chiederci che cosa ciascuno di noi farà per rafforzare le basi popolari della sua governabilità .
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