Marcia della pace ad Assisi.
Ieri ero con il cuore ad Assisi. Mi sovvengono quei luoghi, quelle pietre, quei
silenzi: chi è stato ad Assisi non può non aver esperimentato al pace. Quei
luoghi sono una risposta alle nostre più grandi aspirazioni. Tutto parla, anche
le strade e dicono: "Vedete che è possibile la pace!"
Per l'uomo che è investito dal
desiderio di denaro, di lusso, di dominio, di potere e che in tutto questo ha
riposto ogni fiducia, quei luoghi rappresentano una sfida. Ed è una sfida
Francesco d'Assisi, questo personaggio capace di far innamorare
chiunque.
Francesco si innamorò dei poveri.
Fino alla sua conversione aveva pensato alla povertà come ad una sorta di
maledizione. Era l'uomo che tutti noi conosciamo. Poi la Povertà divenne un
luogo sicuro per attraversare questa terra. Francesco è ancora oggi figura
esemplare per l'uomo che ama la terra, dell'uomo di pace che parla alle rondini
e ammansisce i lupi.
Francesco fu rimesso in piedi dai
poveri. Non fu lui a salvarli ma furono loro a salvare lui, ad educarlo. Gli
erano innanzi con il loro grido, il loro sguardo ed ebbero la forza, nella loro
debolezza di salvare un'uomo e di insegnargli a fare qualcosa di grande e a
capire quanto fosse stato egoista. E non fu più un egoista, un prepotente, un
selvaggio quale lo era stato fino ad allora.Sto parlando della povertà come
atteggiamento del cuore, come essenzialità nello stile di vita. E' quella voce
interiore che ti ammonisce su ciò che è necessario per te e ciò che non lo è.
Ecco la strada della pace. Ho pensato a tanti fratelli in marcia per le strade
di Assisi ed ho pensato alla risposta al problema della pace. La povertà è la
divina sposa di Francesco che gli ha dato la pace e che coincide con l'amore
senza il quale la povertà sarebbe una mutilazione ancora più grande. Amore come
povertà, come abnegazione. Chi ama, ed è povero perchè ama, è colui che non può
accettare le ingiustizie perchè le condivide a qualche modo. Ed è colui che
rinunciando a se stesso, nella povertà ed abnegazione, non si sente superiore a
nessuno, il mite il non violento.
Questi può diffondere la Pace. Non ho
altro da dire su Francesco. L'ho sempre amato e ammirato e contemplato la sua
figura. Chi fosse passato per l'eremo ad Assisi o lo Speco di Narni sa a cosa mi
riferisco quando congiungo povertà e pace.
Concludo con la preghiera di
Francesco:
"Signore...
fa di me uno strumento della tua
pace:
dovè odio che io porti
l'amore;
dov'è offesa che io porti il
perdono;
dov'è discordia che io porti
l'unione;
dov'è errore che io porti
verità;
dov'è dubbio che io porti la
fede;
dove c'è la disperazione che io porti
la speranza;
dove c'è tenebra che io porti la
luce;
dove c'è disperazione ch'io porti la
gioia."
Sia l'anelito più grande del nostro
cuore e sarà tanto.
Ciao, Daniele
D'Elia
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