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Inno alla liberta' (A.Capitini)
INNO - VIII
Confessarsi alla liberta', abitudine somma;
mentre tanti corteggiano i potenti,
e guardano dal sotto in su i tiranni
quando lenti attraversano la citta',
struggendosi di invidia di essere veduti
nel gruppo e di raccontarsi parenti;
meglio guardare sereni: il rumore del trionfo
e' come un fiume che si e' sporcato.
Meglio decidere e fare, al servizio
del pronto cuore, e lottar contro il mondo,
unendo sempre piu' nel tu le persone.
Da qui l'inizio certo di un infinito,
e andare, come aspettando, incontro al vivente:
s'apre pari a una luce sicura di se' il tu,
salendo lieto dal grembo delle musiche,
imperterrito alle minacce dei potenti,
e si pone vicino ad ascoltare e parlare,
chino mitissimo ai fratelli moribondi:
e' impossibile che non veda stoltezze e perfidie,
ma vince la tentazione che tutto si annientato,
per scoprire tra l'ombre del mondo faticoso
uno sguardo che insiste e che si apre.
Felici coloro, pronti a lasciare ogni cielo
di pace di felicita' di lavoro,
perche' hanno saputo di dannati in eterno:
si sono levati per scendere laggiu',
e liberare portando un insperato perdono,
e unendoli; perche' che cosa e' la gioia,
se non si e' tutti nel silenzio e nel canto?
[ Aldo Capitini da "Colloquio Corale" Pisa 1956 ]