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autobiografia di Aldo Capitini
Sono nato a Perugia il 23 dicembre 1899.
I primi venti anni della mia vita si sono svolti secondo un modello tipico.
Precoce come sensibilita', riflessivita' e interesse per la lettura e anche
per la poesia, non avevo nessuna guida, sicche' mi fu una grande scossa
l'incontro con la letteratura futurista, i suoi manifesti, i suoi programmi
innovatori, che mi presero per un po' di tempo dal 1913 al 1916, associando si
al nazionalismo di adolescente, e in contrasto col fondo del mio carattere,
che invece preferiva letterati e poeti meditativi e moralisti.
Fu il periodo dei molti amici, delle esperienze varie, della mescolanza di
poesia e di grossa polemica, finche' mi avviavo alla "conversione" che avvenne
negli anni 1918-19: dalla vita di "esperienze" all'austerita', dal
nazionalismo all'umanitarismo pacifista, dalle letture contemporanee allo
studio delle lingue e letteratura e latina e greca ... autodidatta
accuratissimo, in condizioni di poverta' per le grammatiche e i classici che
compravo ad uno a d uno, sottoponevo la mia gracile costituzione fisica (che
mi aveva risparmiato il servizio militare e la guerra) ad uno sforzo che mi
porto' all'esaurimento. Acquisii in quegli anni anche l'esperienza della
finitezza umana, del dolore fisico, dell'inattivita' sfinita in mezzo alle
persone attive, un'esperienza che con la componente culturale, era la
componente della ricerca etico-religiosa, gia' da anni indipendente dalla
religione tradizionale. ...
Nel ventennio dal 1924 al 1944 ho potuto mettere a frutto quel senso etico-
classico dei valori della vita, in un modo che indicherei mediante quattro
punti:
1) negli studi universitari a Pisa nel 1924, passai sempre piu' agli studi
filosofici , che meglio mi servivano per costruire le giustificazioni
dell'opposizione al fascismo e della costruzione libero-religiosa;
2) alla posizione di intellettuale associai, dopo la Conciliazione e la vista
del tradimento del Vangelo, il lavoro pratico di propaganda di idee, di
cercare altri, di formare gruppi, lavoro che cominciai alla Normale di Pisa,
dove ero segretario , nel 1931, e continuai con Claudio Baglietto (morto poi a
Basilea nel 1940, esule e obiettore di coscienza) , uniti nel diffondere nuovi
principi di vita religiosa, teistica, nonviolenta (avevamo conosciuto la
noncollaborazione di Gandhi) ...
3) presa da Gandhi l'idea del metodo nonviolento impostato sulla
noncollaborazione, potevo avere una guida per dir di "no" al fascismo (quando
Giovanni Gentile mi chiese la tessera del PNF per conservarmi nel posto della
Normale), e soprattutto un modo per realizzare concretamente quel certo
francescanesimo a cui tendevo da fanciullo, col vantaggio che san Francesco
era prima dell'Illuminismo, mentre Gandhi veniva dopo il Settecento con la
serissima applicazione dei principi di liberta', fratellanza, eguaglianza, e
del valore fondamentale della ragione critica e della coscienza; per oppormi
alle guerre che Mussolini preparava, presi la decisione vegetariana, nella
convinzione che il risparmio delle vite di subumani inducesse al rifiuto di
uccidere esseri umani;
4) la mia spinta alla politica, finalmente si veniva concretando, anche per
opposizione alla dittatura, in una sintesi di liberta' e di socialismo ,
criticando nel liberalismo la difesa dell'iniziativa privata capitalistica e
nel socialismo vittorioso la trasformazione in statalismo non aperto al
controllo dal basso e alla liberta' di informazione e di critica per ogni
cittadino, anche proletario .
Dal 1933 al 1943 ho fatto propaganda girando in molte citta' e con
frequentissimi incontri a Perugia, specialmente tra i giovani, per costruire
gruppi di antifascismo; forse in quel periodo ho avvicinato piu' giovani di
ogni altro in Italia: questo era noto, tanto che un amico mi disse
enfaticamente "le donne partoriscono per te", e lo ricordo per insegnare il
valore dell'attivita' nonviolenta che cerca e stabilisce le solidarieta' e
puo' contare sull'esempio (in quel caso, il mio "no" al fascismo) e sulla
parola.
Il mio proposito dal 1931 che l'Italia si liberasse dal fascismo mediante la
noncollaborazione nonviolenta diventava non previsione, ma lezione. I miei
amici si prospettavano i modi nei quali sarebbe stato possibile rovesciare la
dittatura; io non potevo che associarmi con loro nella diffusione
dell'opposizione (e andai per mesi in prigione), ma, nello stesso tempo, non
attenuavo per nulla il mio proposito. Anzi nella prigione e durante
l'esplicazione della rivolta partigiana (a cui non partecipai) mi si concreto'
l'idea dello stretto rapporto intersoggettivo che si esprimeva nella
nonviolenza.
Certo, io ero sconfitto. Ma soprattutto perche' la mia attivita' non era
stata capace di costituire "gruppi" di nonviolenti. Con persuasione
nonviolenta c'erano stati, oltre me, amici fin dal momento pisano del 1931 ...
Ma eravamo sparsi, e nulla sapemmo organizzare che fosse visibilmente
coerente, efficiente e conseguente ad idee di nonviolenza.
La lezione era che bisogna preparare la strategia e i legami nonviolenti da
prima, per metterla in atto quando occorre; e nessuno puo' negare che in
Italia, nel 1924, al tempo del delitto Matteotti, e in Germania nel 1933, una
vasta e complessa azione dal basso di noncollaborazione nonviolenta sarebbe
stata occasione di inceppamento e di caduta per i governi.
L'impeto politico derivante dalla Resistenza armata, diverso dalla mia
posizione di nonviolento fino al sorgere di equivoci non agevolmente
comprensibili, il fatto che io non fossi di nessun partito (forse fui il primo
a usare in Italia l'espressione "indipendente di sinistra"), portarono al mio
progressivo isolamento ... al disinteresse generale, o ignoranza, per il mio
nome e i miei libri. Non posso negare che restava, almeno, una trama
larghissima di amicizie.
Subito dopo la liberazione di Perugia, nel luglio 1944 costituii il Centro
di Orientamento Sociale (COS) per periodiche discussioni aperte a tutti, su
tutti i problemi amministrativi e sociali. Fu un'iniziativa felice, che
convocava molta gente e le autorita' (tra cui il prefetto e il sindaco), molto
desiderata da tutti per l'interesse ai temi e per la possibilita' di
"ascoltare e parlare"; e si diffuse nei rioni della citta', in piccole citta'
dell'Umbria, e in citta' come Firenze e Ferrara. Nessuna istituzione la
diffuse e la moltiplico', e il mio sogno che sorgesse un COS per ogni
parrocchia, era molto in contrasto con il disinteresse e l'avversione che,
dopo pochi anni, sorse in molti contro un'istituzione cosi' indipendente,
aperta, critica; ne' si poteva dire che l'organizzazione ne fosse difficile;
ci sarebbe voluta tuttavia una virt—: la costanza. Quella fu la prima
iniziativa che presi per valermi della liberta' e per preparare la "riforma"
come la vedevo e la vedo. Tanto e' vero che, dopo le difficolta' che portarono
nel 1948 alla fine dei COS, ho svolto e svolgo lo stesso tema mediante un
foglio mensile "il potere e' di tutti", che propugna la democrazia diretta (o
omnicrazia, come la chiamo), il controllo dal basso in ogni localita' e in
ogni ente, i consigli di quartiere e i centri sociali, i comitati e le
assemblee, la liberta' di informazione e di critica, permanente e per tutti.
Il tema si riconduce, come diro' poi, a quella riforma che io propugno in nome
dello sviluppo della "realta' di tutti".
Vi sono anche due campi nei quali ho lavorato con continuita', e che qui
accenno senza illustrare: quello della liberta' religiosa in Italia,
stabilendo collaborazioni con laici, dal mio punto di vista di libero
religioso per cui la liberta' e' indispensabile per tutti; e quello della
difesa della scuola pubblica dalla pressione confessionale.
Ma un campo ancor piu' strettamente connesso con la profezia e l'apostolato,
e' quello della trasformazione della societa', per cui, rifiutando ogni carica
offertami nel campo politico, ho piegato la politica, e l'interesse in me
fortissimo per essa, alla fondazione di un lavoro per la democrazia diretta,
per il potere di tutti o omnicrazia.
Il lavoro per i COS, per il pacifismo integrale, per la proprieta' pubblica
aperta a tutti e creante continue eguaglianze, non sono che effettuazioni
dell'interesse per l'omnicrazia.
L'Europa, unita al Terzo Mondo e al meglio dell'America,
elaboreranno la piu' grande riforma che mai sia stata comune all'umanita',
quella riforma che rendera' possibile abolire interamente le disuguaglianze
attuali di classi e di popoli, e abolire le differenze tra i "fortunati" e gli
"sfortunati". Non con piani d'assistenza e di elargizione sara' possibile una
nuova societa' nel mondo, in cui tutto sia di tutti, con la massima
naturalezza, superando il vecchio individualismo borghese. Ci vorra' una
profonda concezione religiosa che abbia arricchito l'uomo, e fors'anche una
grande semplificazione nella vita, che non impedira' ai piu' alti valori di
avere il primato, perche' diventi conseguente un modo di trattare tutti, nel
modo piu' aperto, con crescenti uguaglianze, con la gioia di portare gli
ultimi tra i primi. Questa comunita' nella societa' sara' la premessa di una
vittoria sulla stessa natura, diventata al servizio di tutti come singoli
Aldo Capitini
[da: "Attraverso due terzi di secolo"]