In tv dice che i bimbi nati in Italia sono esclusi dal tetto del 30
per cento, nella circolare ufficiale no
di Vittorio
d’Almaviva
Una tempesta in un bicchier d'acqua. Se il limite del 30
per cento per classe non vale per i bambini stranieri nati in Italia, come
Mariastella Gelmini ha giurato in tv, allora poco o nulla
cambierebbe rispetto ad oggi. Le scuole da cui periodicamente si levano lamenti
di genitori italiani sono infatti quelle frequentate dai più piccini.
Ma,
secondo stime dello stesso ministero dell'Istruzione, ben il 70 per cento dei
bimbi stranieri che frequentano gli istituti dell'infanzia e quasi il 50 per
cento di quelli delle scuole elementari, è nato in Italia. Per loro, dunque, non
cambierebbe un bel nulla. Pura propaganda e basta.
"Ma nella circolare
spedita l'8 gennaio dal ministro a tutte le scuole non si dice affatto che gli
stranieri nati in Italia sono automaticamente esclusi dal tetto – osserva
Massimiliano Fiorucci, docente di Intercultura all'Università
di Roma tre – E io sono del parere che le disposizioni scritte valgano
ben più di una dichiarazione domenicale del ministro in tv. A meno che non venga
modificata la circolare. In ogni caso, un bel pasticcio".
Nel documento
ministeriale si dice esattamente che "il limite del 30 per cento può essere
innalzato – con determinazione del Direttore generale dell'Ufficio scolastico
regionale – a fronte della presenza di alunni stranieri (come può frequentemente
accadere nel caso di quelli nati in Italia) già in possesso delle adeguate
competenze linguistiche". Si decide volta per volta, dunque. L'ufficio
scolastico regionale "potrà" alzare il limite, ma non sarà obbligato a
farlo.
C'è almeno un'altra discrepanza, fra quello che ha detto la
Gelmini e le dieci pagine di circolare firmate dal suo direttore generale,
Mario G. Dutto. Nel documento non si quantificano i fondi
necessari a organizzare l’intervento, che scatterà dall'inizio del prossimo anno
scolastico.
Il ministro, invece, ha parlato di 20 milioni di euro, senza
specificare da dove verranno presi. Ma a che cosa serviranno c'è scritto chiaro
e lo ha ripetuto il ministro: alle "classi di inserimento".
Torna così in
auge, senza peraltro specificare come, un progetto della Lega Nord che
sembrava essersi fermato in Parlamento: quello di creare delle classi ad hoc per
gli stranieri che non conoscono bene la lingua.
"Chiamiamole pure classi
differenziali – chiosa il professor Fiorucci – Una soluzione banale, costosa e
inattuabile. Solo assieme agli altri ragazzi si impara l'italiano. Si prevedano
laboratori linguistici nel pomeriggio, ma collegati alla normale attività di
classe. Per giunta,il ministero dell'Istruzione aveva calcolato che solo il 10
per cento dei ragazzi stranieri nella nostra scuola ha reali problemi
linguistici".
Al di là delle correzioni televisive, per Fiorella
Farinelli, direttore generale al ministero dell'Istruzione prima che
arrivasse la Gelmini, il messaggio che il ministro ha lanciato è che "la
presenza di ragazzi stranieri nelle nostre scuole è un flagello, come
l'inquinamento dell'aria. Produce difficoltà agli altri e bisogna
contenerlo".
Fa notare che sul sito del ministero è apparso prima il
comunicato stampa della circolare, che anzi è costruita con una certa abilità e
fa tutti i riferimenti possibili al testo unico sull'immigrazione.
"Ma in
altri due punti chiave introduce elementi peggiorativi rispetto alle norme
attuali – spiega l'ex direttore che fu anche assessore alle politiche
scolastiche del Comune di Roma – Dà infatti la possibilità di inserire gli
stranieri in classi inferiori rispetto alla propria età anagrafica, aggravando
così il dramma del ritardo scolastico, e prevede addirittura la possibilità di
classi con una quota di stranieri inferiore al 30 per cento. Non va dimenticato
che il Direttore scolastico della Lombardia proponeva un tetto del
20".
Interessante, invece, l'osservazione che le indicazioni del
documento non vanno intese come vincoli posti ai genitori che iscrivono il
ragazzo, ma come un criterio organizzativo assunto dalla scuola. Se è così,
però, una famiglia si potrebbe opporre alla deportazione del figlio in un'altra
parte della città.
C'è poi il riferimento ai ragazzi che arrivano in Italia
in seguito ai ricongiungimenti familiari, quando hanno già 13 o 14 anni. Sono i
casi più complicati. Dovrebbero essere presi in gestione da delle "scuole polo",
ma non si capisce bene come funzioneranno e se i ragazzi dovranno finirci senza
il consenso dei genitori.
Vero è che quasi tutti i problemi verranno
scaricati sulle spalle dei singoli dirigenti scolastici.
Elio
Gilberto Bettinelli, ex dirigente scolastico di Milano, fra gli
animatori del sito scuolaoggi.com , è
preoccupato per quanto poco si spenda per l'insegnamento dell'italiano come
lingua due: "É mai possibile che in provincia di Milano negli ultimi dieci anni
c'è stato un aumento esponenziale di alunni stranieri, ma gli insegnanti
“facilitatori” sono passati da 700 a novanta?". Sono queste le risorse da non
lesinare, se davvero si vuol fare integrazione.
Da Il Fatto
Quotidiano del 12 gennaio
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2416757&yy=2010&mm=01&dd=12&title=confusione_gelmini