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il tempo è sostenibilità, riprendiamocelo
- Subject: il tempo è sostenibilità, riprendiamocelo
- From: "ANDREA AGOSTINI" <lonanoda at tin.it>
- Date: Thu, 6 Oct 2011 15:43:24 +0200
Il tempo è sostenibilità: riprendiamocelo 22 settembre 2011 Alessandro Farulli «Nel breve arco di sei o sette generazioni, la
tecnologia ha determinato una rapida trasformazione di una scala che è rimasta
immutabile per millenni nella mentalità umana. Grazie alla tecnologia il tempo
tradizionalmente necessario per produrre un bene, scavare un tunnel, trasportare
merci e persone da un punto all'altro del pianeta, fornire informazioni e fare
un calcolo è sensibilmente diminuito. (...) Nel termini della quantità di tempo
necessaria per la produzione, il trasporto o la comunicazione, il valore di
un'ora in questo mondo è aumentato fino a quello che - nel vecchio mondo - era
il valore di un mese, un anno o un decennio». Lo sostiene in un libro,
considerato il suo testamento intellettuale, l'economista Tommaso Padoa-Schioppa
(Nella foto), recentemente scomparso, di cui oggi il Corriere della Sera
pubblica uno stralcio. Il tempo, dunque, quello che anche per colui che ha
aperto la via alla moneta unica fa venire il fiato corto alle democrazie. Una
tesi anche da noi sostenuta come una delle variabili a cui metter mano per
contrastare la crisi mondiale. E', infatti, il mercato che detta i "tempi", che
detta «l'agenda politica economica» creando così un ulteriore divario nel
divario già enorme tra «lo spazio di azione dei mercati e quello delle politiche
pubbliche». Una situazione dove «le istituzioni preposte alle politiche
necessarie per sostenere i mercati continuano a fare capo esclusivamente agli
Stati-nazione, che interpretano la sovranità in termini assoluti e rifiutano di
riconoscere un'autorità superiore alla loro».
Per Padoa-Schioppa si può dire senza mezzi termini che ad oggi i «policy maker» hanno «abdicato alle loro responsabilità istituzionali». Da qui una crisi senza precedenti. Crisi politica quindi, ancor prima che economica, che è poi e anzi sua diretta conseguenza. Questo, secondo l'economista, ha generato "l'ottica di breve periodo" considerata ‘insidiosa poiché non considera i molti aspetti della vita umana e della realtà economica per cui la scala temporale non è cambiata. Una prospettiva di breve periodo può prolungare una bolla e ritardare il momento in cui si impongono nuovamente i fondamentali economici; non può sostenere in modo permanente ciò che non è sostenibile. Se cerca di farlo, diventa una forma di illusione temporale destinata a terminare con un brusco risveglio». Visione confermata dal livello raggiunto dalla finanziarizzazione informatizzata appunto dell'economia che ha schiantato definitivamente qualsiasi possibilità di risposta progettuale. Per questo da tempo riteniamo che o si agisce per ripristinare proprio i tempi di riflessione umana e collettiva subordinando le azioni finanziarie ai tempi della prima o sarà il default delle economie occidentali. E questo porta con sé altre riflessioni, basti
pensare all'ecologia e a cosa questa accelerazione comporta in termini di
consumi di energia e di materia. L'aggravante, poi, è che se qualcuno pensa - o
pensava - che paradossalmente la risposta "migliore" al momento potesse arrivare
da quelli Stati-nazione (vedi la Cina) in grado di prendere decisioni in tempi
quasi vicini a quelli dell'economia informatizzata, oggi può fare una
riflessione di fronte alle immagini che arrivano proprio del Dragone. Si
chiamano città fantasma
(http://www.repubblica.it/esteri/2011/09/22/foto/cina_su_google_maps_le_citt_fantasma-22035800/1/)
visibili solo grazie alle foto scattate dal satellite di Google Maps e che
mostrano migliaia di case, edifici e strade deserte. Città come Kangbashi,
costruita in cinque anni e pronta ad ospitare 1,5 milioni di persone mai
arrivate. Si tratta del fenomeno della bolla speculativa «che ha spinto il
governo cinese a creare altre soluzioni abitative rimaste però un flop. Sono
circa 64 milioni le case disabitate delle 20 città che ogni anno vengono
edificate nelle distese meno popolate dell'enorme territorio cinese». La globalizzazione, che prometteva benessere e democrazia, ci ha sottratto il tempo, cioè la stessa possibilità di esercitare la democrazia da parte degli esseri umani, che è socialità e incontro. Il benessere si è trasformato in consumo. L'erosione del tempo, la schiavitù del lavoro (per chi ce l'ha) e l'ossessione del lavoro (per chi non ce l'ha) hanno costretto la liberazione umana in un recinto ben guardato, dai poteri dittatoriali dove ci sono e dalla manipolazione dei media e delle informazioni dive le democrazie di mercato somigliano sempre più ad un mercato della democrazia. Il nostro tempo è obbligato dalle due funzioni di consumatori e spettatori e la cittadinanza diventa un'optional elettorale o addirittura un atto sovversivo se esce dal recinto dell'ovvietà massificata. Per una visione lunga, che è pianificazione, che è sostenibilità, bisogna riappropriarsi della variabile tempo. Adattarsi non è possibile. Servono regole e servono regole condivise. Anche perché queste accelerazioni temporali che dovevano darci più tempo, purtroppo ce lo hanno tolto, e il prezzo da pagare è altissimo. Il tempo non è più solo denaro, ma è sostenibilità. |
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