La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 7 settembre 2010
Giorgio Nebbia
nebbia at quipo.it
Dove
troveremo tutto il petrolio per far camminare mille milioni di autoveicoli, che
aumentano in ragione di circa 50 milioni all'anno
?
Finora il pericolo di un impoverimento delle riserve mondiali di petrolio è
stato oggetto di analisi da alcuni "pessimisti"; altri, ancora più pessimisti,
hanno ricordato le previsioni fatte nel 1956 da un certo Hubbert secondo cui si
sta avvicinando, o si è già verificato, un "picco" nella quantità di petrolio
estratto dalle riserve, al di là del quale non sarà facile, forse neanche
possibile, far aumentare la quantità di petrolio prodotta ogni anno, oggi circa
4300 milioni di tonnellate. "Il picco" non dice che il petrolio mancherà, ma che
ce ne sarà sempre di meno disponibile nelle viscere della Terra.
Da tempo
alcuni governi e le imprese fanno fare degli studi di previsioni sull'entità
delle riserve di petrolio nel mondo. Nei giorni scorsi un articolo del
settimanale tedesco "Der Spiegel", generalmente bene informato, riferisce che
una speciale sezione di studi sul futuro del Zentrum für Transformation (il
centro per l'analisi delle trasformazioni) dell'esercito tedesco avrebbe redatto
un rapporto, ancora riservato, destinato al governo tedesco, in cui sono
indicati alcuni scenari di mutamenti della politica sia diplomatica sia militare
necessari nel caso in cui si verifichi davvero una diminuzione della
disponibilità del petrolio nel mondo. Il fatto che se ne occupino i militari fa
pensare che la cosa sia seria.
Il petrolio è indispensabile e per ora non
sostituibile: con l'elettricità si possono far funzionare le industrie, scaldare
le abitazioni, assicurare alcuni trasporti, e l'elettricità può essere ottenuta
anche senza petrolio, utilizzando il carbone, il gas naturale, con il moto delle
acque e con le forze del Sole, del vento, eccetera, ricorrendo, se si vogliono
accettarne i rischi ambientali, i costi e i pericoli, all'energia nucleare. Ma
il settore dei trasporti stradali di persone e merci, basato sui motori a
combustione interna, quelli degli attuali camion e automobili, richiede un
carburante liquido che può essere ottenuto soltanto dal petrolio (i carburanti
derivati dall'agricoltura hanno per ora soltanto un uso e prospettive
marginali), e che rappresenta circa un terzo di tutta l'energia prodotta e
consumata nel mondo.
Qui non si tratta di discutere sui mutamenti
climatici, sull'inquinamento dell'atmosfera, sulla salute, sui costi monetari
dell'energia, dei trasporti, delle merci; si tratta di discutere di dove e di
come andare a prendere il petrolio. Chi possiede il petrolio è padrone del
mondo; possono essere musulmani o cristiani, dittatori o buoni governanti.
Esclusa, come hanno dimostrato le guerre perdute in Irak, Afghanistan Asia
centrale, Somalia, la conquista militare dei pozzi petroliferi o degli oleodotti
altrui, chi ha bisogno di petrolio dovrà trattare con i padroni del petrolio e
baciargli le mani. Il gesto del presidente del consiglio dell'Italia (che
dipende quasi totalmente dalle importazioni del petrolio) nei confronti di
Gheddafi, può aver anticipato quello che tanti altri governanti dovranno fare
adottando un nuovo stile di diplomazia.
Bisognerà diventare amici dei
padroni del petrolio e nemici dei loro nemici; si profilano nuovi rapporti con
Israele e gli stati arabi, fra paesi cristiani e quelli musulmani. Chi possiede
il petrolio diventerà ricchissimo, il che porterà ad una nuova stratificazione
di classe; oggi i nuovi ricchissimi sono arabi, musulmani, asiatici, russi e li
ammireremo e adoreremo, al loro arrivo, con le loro favolose barche e ville,
magari dimenticando che fanno i generosi spreconi con i soldi portati via a noi
assetati di petrolio, destinati a diventare più poveri. Bisognerà andare a
cercare petrolio da qualsiasi parte: nei mari profondi, negli scisti bituminosi,
nelle distese ghiacciate dell'Artico, nelle paludi dei fiumi africani, in mezzo
alle foreste tropicali. Altro che salvaguardia delle pantere e conservazione
della natura.
Quanto meno accessibili saranno le riserve, tanto maggiore
sarà la devastazione ambientale; lo si è visto nel Golfo del Messico, perché i
giornali ne hanno parlato, ma i giornali non parlano delle diecine di
sversamenti e inquinamenti del petrolio che ogni anno si verificano in qualche
parte nel mondo, negli oceani e nei porti dalle petroliere. Pochi numeri
indicano quanto sia grande la dipendenza dai padroni del petrolio ormai non solo
dell'Europa e Nord America, ma anche dei nuovi giganti industriali asiatici.
Ogni autoveicolo nel mondo consuma ogni anno, in media, duemila litri di benzina
o gasolio e per produrre 1000 litri di carburante occorrono circa due tonnellate
di petrolio. In Italia i circa 40 milioni di autoveicoli circolanti richiedono
ogni anno circa 40 miliardi di litri di carburanti.
Solo una piccola
frazione di questi carburanti potrebbe essere sostituita da alcol etilico o
biodiesel di origine agricola, necessari, certamente, ma non risolutivi. I
veicoli elettrici o quelli con minori consumi di carburanti, fanno diminuire
solo di poco la richiesta di petrolio. Se i governi, soprattutto nei paesi
industriali, non avranno il doloroso coraggio di proporre di comprare meno
automobili, di avviare una nuova pianificazione energetica e radicali
cambiamenti nella mobilità delle persone e delle merci, nella struttura delle
città, nella localizzazione delle abitazioni e dei posti di lavoro, nei processi
produttivi, in modo da rallentare la crescente richiesta di petrolio, dovranno
essere preparati non solo a maggiori costi monetari pubblici e privati, ma a
gravi forme di dipendenza politica e di instabilità e
insicurezza.
Dovranno essere preparati a devoti rapporti con capi
politici e religiosi oggi considerati impresentabili, solo per sfuggire al
ricatto della chiusura degli oleodotti che portano nelle nostre strade il
petrolio indispensabile per muoverci e vivere. E chi volesse fare lo
schizzinoso, come Pinocchio quando si è rifiutato di spingere il carretto di
carbone, può sentirsi dire: "Mangiati due belle fette della tua superbia e bada
di non prendere
un'indigestione".